Il più alto numero di reperti mai concesso dalle autorità cinesi per una mostra in Occidente:
oltre 300 pezzi per il racconto di un millennio di storia e arte cinese, dalla dinastia Zhou
(1045-221 a.C.) al Primo Impero (221 a.C.-23 d.C), durante il quale si plasmò e consolidò un
impero che ebbe continuità, con la sua raffinata cultura e la capillare struttura
amministrativa, per oltre ventun secoli.
La mostra è organizzata da MondoMostre e dall’Azienda Speciale Palaexpo–Scuderie del
Quirinale, ed è curata da Lionello Lanciotti e Maurizio Scarpari, con il supporto
dell’Università Ca’ Foscari di Venezia. L’esposizione si avvarrà di un allestimento originale,
creato dal regista Luca Ronconi e dalla scenografa Margherita Palli.
Il periodo storico preso in esame dall’esposizione, ovvero quello che va dall’ultima dinastia pre-imperiale dei
Zhou (1045-221 a.C.) alle due dinastie imperiali dei Qin (221-206 a.C.) e degli Han Occidentali (206 a.C.-23
d.C.), fu caratterizzato dallo scontro tra culture diverse che, mirando all’egemonia, tendevano tanto a
combattere le popolazioni vicine quanto ad assimilarne costumi e innovazioni, in un continuo processo di
integrazione iniziato già in epoca neolitica. All’inizio della dinastia i Zhou seppero creare uno stato unificato
come mai era esistito e come mai più si vedrà fino alla costituzione dell’impero. L’area della loro influenza
culturale era vastissima, estendendosi dai confini occidentali dello Shaanxi alle regioni costiere dello
Shandong, del Jiangsu, del Zhejiang e, più a nord, nell’area di Pechino fino a comprendere a sud lo Hunan e
il Jiangxi.
L’ordine politico e istituzionale che aveva caratterizzato i primi secoli della dinastia andò gradualmente
disgregandosi. La casa reale Zhou, sprovvista ormai di una forza militare in grado di mantenere coesi e di
difendere i territori posti sotto il suo dominio, perse qualunque autorità politica, anche se manteneva saldo il
ruolo di massima autorità religiosa. Un gran numero di regni e principati, piccoli e grandi, governati dai
discendenti dei capi di lignaggio che nel corso dei secoli avevano ricevuto l’investitura dai re Zhou in
cambio di tributi e aiuti militari, lottava per affermare la propria autonomia o la propria supremazia. Nel 256
a.C. la capitale Zhou venne annessa a Qin, il potente regno situato a occidente del fiume Giallo, nello
Shaanxi, che nel 221 a.C. riuscì a creare un immenso impero posto sotto la guida di un unico sovrano, Qin
Shi Huangdi, il Primo Augusto Imperatore dei Qin.
Il lungo e difficile processo di integrazione tra le popolazioni che vivevano sul vasto territorio cinese era
giunto a compimento. Il periodo che va dal 221 a.C. al 23 d.C. fu cruciale per la formazione della struttura
amministrativa, economica e sociale dell’impero. Per favorire la coesione politica ed economica vennero
unificati il sistema di scrittura, il sistema monetario, i pesi e le misure, lo scartamento assiale per i carri.
Furono promulgati codici molto articolati e vennero realizzate opere pubbliche maestose, destinate a sfidare i
secoli, come l’imponente rete di strade, lunga 6800 km, e di canali, che permisero di collegare rapidamente
regioni dell’impero piuttosto distanti tra loro, facilitando il transito delle persone e delle merci e l’irrigazione
di vaste aree agricole. Collegando, consolidando e ampliando gli sbarramenti preesistenti eretti ai confini
degli stati più settentrionali, costantemente minacciati dalle incursioni delle tribù nomadi delle steppe, venne
edificata la Grande Muraglia, grandiosa costruzione difensiva che già all’epoca si snodava per oltre 5000 km.
L’edificazione di grandi opere pubbliche volute dal Primo Imperatore dei Qin continuò anche durante la
successiva dinastia Han. La rete viaria fu ampliata ulteriormente e furono realizzate strade che potevano
avere anche tre corsie, con quella centrale, lastricata, ad uso esclusivo dei funzionari e dei corrieri postali.
L’unificazione politica, le imponenti opere di ingegneria civile realizzate e l’alto livello tecnico raggiunto
resero possibile uno sviluppo demografico e un’espansione territoriale ed economica come mai si era avuto.
Le fiorenti imprese artigianali e mercantili crearono enormi ricchezze, le arti conobbero uno sviluppo senza
precedenti e gli ignoti artisti del tempo hanno lasciato opere di impareggiabile bellezza e raffinatezza che la
terra ha gelosamente conservato per noi per tanti secoli e che un po’ alla volta ci sta generosamente
restituendo.
La mostra comprende oltre 300 reperti di grande raffinatezza e impatto, alcuni dei quali mai usciti finora
dalla Cina, provenienti da 14 musei cinesi. Tra i bronzi cerimoniali, particolare rilievo per bellezza e
importanza storica hanno quelli provenienti da Zhuangbai (Fufeng, Shaanxi), parte di un tesoro costituito da
103 vasi rituali appartenuti a cinque generazioni di una potente famiglia aristocratica Zhou, rinvenuti in un
deposito del 771 a.C. Per la prima volta in Italia vedremo inoltre le lacche e i bronzi provenienti dalla tomba
del marchese Yi di Zeng, scoperta nel 433 a.C. a Leigudun (Suixian, Hubei), il cui corredo funerario
ammonta a oltre 15.000 reperti. Le lacche comprendono uno splendido cervo disteso dalle lunghe corna, una
coppa riccamente intarsiata e il sarcofago dipinto di un’ancella o di una concubina del marchese. Tra i
bronzi, si distinguono il misterioso animale dal corpo di uccello e le corna di cervo, ageminato in oro e
intarsiato di turchesi, alto 143 cm, unico nel suo genere, e l’imponente porta-ghiaccio con contenitore per
bevande alcoliche di squisita fattura.
Ma la grande attrazione saranno certamente i famosi soldati di terracotta del Primo Imperatore, un’armata
imponente composta da migliaia di guerrieri, cavalli, carri da combattimento, tutti a grandezza naturale e
diversi tra loro, rinvenuti in più fosse situate nei pressi del mausoleo, ancora inviolato, a Lintong (Xi’an,
Shaanxi), nei pressi dell’antica capitale imperiale. Dalla Cina uscirà il maggior numero di statue mai prestato
all’estero, e per la prima volta in Occidente verranno esposte statue e reperti provenienti da tutte le fosse
dell’area sepolcrale del Primo Imperatore e non solo da quelle riservate all’esercito: un generale, un arciere,
un balestriere inginocchiato, un cavaliere e il suo cavallo sellato, una quadriglia di cavalli al tiro di un
immaginario carro da guerra (degli originali in legno essendosi preservata solo l’impronta fossile) guidato da
un auriga e scortato da due soldati armati, ma anche funzionari in abiti civili, giocolieri, rematori, stallieri,
anch’essi a grandezza naturale, ritrovati negli ultimi anni in fosse diverse rispetto a quelle destinate
all’esercito e mai giunti in Italia, un’armatura in pietra completa di elmo e uno splendido airone di bronzo
che fa parte di un gruppo di animali di straordinaria bellezza.
Consistente per il numero e impressionante per l’impatto che avrà sul pubblico, grazie anche al particolare
allestimento curato da Luca Ronconi, sono le oltre 150 statuette, alte fino a 70 cm, raffiguranti animali
domestici, cavalli, fanti e soldati a cavallo provenienti in prevalenza dai depositi rinvenuti nei pressi dei
mausolei imperiali, a tutt’oggi inviolati, del primo imperatore Han, Gaozu (206-195 a.C.), e del quarto,
Jingdi (157-141 a.C.). Eccezionale per la qualità della giada impiegata, di colore bianco, è la veste funeraria
di dimensioni umane costituita da oltre duemila piastre di varia grandezza e diversi spessori cucite insieme
con centinaia di metri di filo d’oro, prerogativa degli aristocratici di rango più elevato.
Leggi:
Lista delle opere in mostra
Le
iscrizioni sui bronzi rituali -
Saggio di Attilio Andreini
I bronzi rituali creati per la sepoltura
costituiscono un vero e proprio archivio storico genealogico, grazie alle
iscrizioni in essi riportate. Gli storici ne hanno ricavato importanti
informazioni, riguardanti svariati argomenti, dalle vittorie militari, al
calendario, all’assetto giuridico-istituzionale. La loro funzione era
soprattutto quella di esaltare il potere del morto e, per il morto, di
prendere contatto con gli antenati. I destinatari delle iscrizioni erano
infatti le divinità. Con il passare di secoli tuttavia, le iscrizioni
perdono il loro carattere narrativo.
La
Cina e i barbari - Saggio di Lionello Lanciotti
Che rapporti ebbero i cinesi con le
popolazioni limitrofe? Come consideravano i “barbari”? L’idea dei
cinesi era quella di un unico stato universale da civilizzare. Le
caratteristiche dei barbari, ci racconta Lanciotti, sono quelle di un’etica
comportamentale inferiore: poca cura per gli anziani, nutrimento con cibi
crudi etc. La Cina comunque, quando venne in contatto con altri popoli,
più che ricevere usi e costumi li sinesizzò.
La
vita nell'oltretomba: credenze religiose e pratiche culturali -
Saggio di Tiziana Lippiello
Il saggio di Lippiello è una disamina delle pratiche cultuali
cinesi, sia della dinastia Zhou Occidentali che Orientali, sia dell’evoluzione
subita dalle medesime nell’epoca Quin e quindi strettamente correlate ai
materiali esposti in mostra, quali bronzi rituali (inclusi le tipologie di
decori e i significati dei medesimi) e manufatti di terracotta che
servivano perlopiù a riprodurre il mondo dei vivi, dal momento che si
credeva in un’esistenza parallela anche nella morte. Di particolare
interesse, oltre alla spiegazione di credenze e al motivo della forma dei
sepolcri (vere e proprie città), la funzione della giada che richiama la
struttura del cosmo come inteso dai cinesi e che veniva applicata ai
defunti, sia per evitare la fuoriuscita dell’anima sia, successivamente,
come simbolo di potere.
Le origini
dell'impero cinese -
Saggio di Mario Sabbatini
Il saggio di Sabattini è un excursus storico che prende in
esame la forma statuale e politica della “Cina” dalle Tre Dinastie
ereditarie (2025 a.c) fino alla dinastia Han e oltre (140 a.c.) Si tratta
di una dettagliata e chiara ricostruzione, utile per capire sia i
cambiamenti di carattere etico (vedi, avvento del confucianesimo) e
politico, sia sociale (il tipo di potere venne a cambiare infatti, anche e
soprattutto grazie alle innovazioni tecnologiche).
Qin
Shi Huangdi, Primo Augusto Imperatore dei Qin - Saggio di Maurizio Scarpari
Augusto Imperatore, un appellativo dato per sancire l’eccezionale
successo ottenuto da Ying Zheng nel 221 a.c.: costituire un grande impero.
Il Primo Imperatore attuò diverse spedizioni al confine dell’Impero che
si riteneva tout court il confine del mondo; durante uno di questi viaggi,
morì. Il giudizio dei posteri fu vario a seconda di chi interpretava il
suo agire: Confucio ne diede giudizio negativo. Il Primo Imperatore
consapevole delle possibili rivolte, data la vastità dell’impero,
attuò riforme legiste, quindi più legate a premi e punizioni, che non
all’etica del buon agire confuciana. Il vecchio sistema feudale fu
sostituito da una burocrazia fortemente centralizzata. Venne anche
effettuato il primo rogo di libri. Recenti fonti archeologiche hanno
mitigato la visione di tiranno del Primo Imperatore.
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