9/11 giorno -
Da Turpan a Tashkorgan
Basta
un'occhiata dal 24° piano dell'Holiday Inn per vedere che Urumqi - capoluogo dello Xinjiang, un milione di abitanti, industria chimica, tessile ed
estrattiva - non č proprio quella che ci si aspetterebbe. Che to sviluppo
economico avesse trasformato in un lustro Pechino, Shanghai a tutta la Cina
orientale lo avevo messo nel conto. Ma che a migliaia di chilometri dalla
capitale, in mezzo a due deserti, agli estremi confini del Paese, vi sia una
metropoli a sviluppo verticale, con grattacieli altissimi e cantieri ovunque,
con superstrade affollate da migliaia di piccoli, rumorosissimi taxi rossi e
assediate da un traffico inestricabile, č davvero una sorpresa.
Un'improvvida
tempesta di sabbia ci costringe a Urumqi un giorno di troppo, impedendoci almeno
in parte di gustare uno dei piatti forti di tutto il viaggio: il mercato
domenicale di Kashgar (Kashi, in cinese). Quando riusciamo ad arrivare in cittā,
molti dei 100.000 contadini che ogni settimana si accollano ore di viaggio per
venire a vendere spezie, verdure, frutta, abitī cuciti dalla pazienza delle
donne, sementi, sono giā ripartiti da un pezzo verso i villaggi. Tra ragli,
belati, muggiti e semplici schiamazzi, il primo a svuotarsi č il grande
serraglio in muratura che cinge il mercato degli animali.
Sono
le otto a mezzo quando gli ultimi carretti si caricano delle loro masserizie, ma
al tramonto mancano ancora un paio d'ore: il grande progetto di unitā di Mao - che ha portato acqua potabile, corrente elettrica e telefono dallo
Yunnan alla Mongolia, da Canton a Lhasa e fino a Kashgar - ha preteso
anche che sull'intera Cina gli orologi scoccassero la stessa ora, quella della
capitale. Con buona pace dei ritmi biologici di questi cinesi d'Occidente.
Strani
davvero, questi cinesi senza occhi a mandorla e dai nasi lunghi, dai tratti
centro-asiatici: sono musulmani osservanti, con donne velate e mercati che
hanno l'odore dei suk, con fuochi che mandano un inconfondibile aroma di kebaab
e di pane arabo. Strani cinesi, quei piccoli nuclei familiari di nomadi
tagiki, kirghisi e kazaki che ci accompagnano lungo le pendici del Pamir per
portare le greggi a brucare l'erba fresca dei magri pascoli alti, verso i 3.600
metri di Tashkorgan, ultimo avamposto cinese nel cuore dell'Asia.
|