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Repubblica Popolare Cinese - Storia

Sommario - Premessa - I. Periodo di apertura (1949-'52): 1) fondazione (1-10-1949); 2) campagne politiche 1950-'52; 3) provvedimenti e riforme socio-economiche (1950-'52); 4) relazioni internazionali - II. 1953-'56: 1) I Piano quinquennale; 2) Costituzione 1954; 3) difesa; 4) istruzione e propaganda; 5) gruppi religiosi e minoranze etniche; 6) politica estera; 7) VIII Congresso del Pcc - III. 1957-'65: 1) la svolta politica del 1957; 2) Balzo in avanti e conseguenze politiche; 3) le "due vie" nel 1962-'65; 4) politica estera - IV. 1966-'76: 1) ascesa e crollo di Lin Biao; 2) il 1972; 3) il 1973; 4) flessione e ripresa economica; 5) politica estera - V. Gli ultimi anni di Mao: 1) modernizzazione e polemiche; 2) X Congresso del Pcc; 3) campagne politiche; 4) IV Assemblea nazionale del popolo; 5) nuova campagna politica; 6) economia e relazioni estere; 7) il fatidico 1976.

PREMESSA - Dal 1° ottobre 1949 il territorio cinese è chiamato ufficialmente "Repubblica Popolare Cinese" (Rpc).

La Costituzione (1978) la definisce giuridicamente " uno Stato socialista di dittatura proletaria, diretto dalla classe operaia, e basato sull'alleanza operaio-contadina" (art. 1). La stessa Costituzione specifica che, nella Rpc, "il Pcc è il nucleo direttivo di tutto il popolo cinese. La direzione della classe operaia nei riguardi dello Stato si esercita attraverso la sua avanguardia, il Pcc" (art. 2).

Secondo il dettato costituzionale, la Rpc ha, in quanto Stato, non solo un partito-guida, ma anche un'ortodossia politica statutaria: " Base teorica che guida la mente del nostro Paese è il marxismo-leninismo-pensiero di Mao Zedong " (art. 2).

Sempre in forza della Costituzione, "il presidente del CC (Comitato Centrale) del Pcc comanda le Forze Armate della Rpc" (art. 19); d'altra parte, "i cittadini devono sostenere la guida del Pcc, sostenere il sistema socialista" (art. 56).

Vedi Costituzione, Partito Comunista Cinese, Armata popolare di Liberazione ecc. 

I. PERIODO DI APERTURA (1949-'52)

1. Fondazione (1-10-1949)

La Rpc è proclamata da Mao Zedong a Pechino dalla loggia della Tian'anmen ("Porta della pace celeste") all'entrata meridionale dell'ex città imperiale; la proclamazione viene fatta in nome della Conferenza politico-consultiva del popolo cinese, convocata allo scopo dal Pcc dal 21 al 30 settembre.

La Conferenza promulga inoltre un Programma politico comune che funge da Costituzione provvisoria della Rpc; approva inoltre la legge organica del governo centrale, formato da un Comitato governativo che lo dirige collegialmente e da quattro organismi operativi.

Il Comitato governativo popolare centrale ("Zhongyang renmin zhengfu weiyuanhui") si compone di un presidente (Mao Zedong), sei vice presidenti (Zhu De, Liu Shaoqi, Song Qingling, Li Jishen, Zhang Lan, Gao Gang), 56 membri e un segretario generale (Lin Boqu).

I quattro organismi formati dal Comitato e operanti alle sue dipendenze sono:

a) il Consiglio degli affari governativi (Zhengwu yuan) con il primo ministro (Zhou Enlai), 4 vice primi ministri (Dong Biwu, Chen Yun, Guo Moruo, Huang Yanpei), una commissione popolare di controllo e 30 ministeri (più esattamente: 21 ministeri, 6 uffici ministeriali e 3 commissioni) raggruppati in tre superministeri (politico-legale, economico-finanziario, educativo-culturale) diretti da 3 vice primi ministri. Il ministro degli esteri (Zhou Enlai), la Commissione per i cinesi d'oltremare e la Direzione generale dei servizi di informazione sono alle dipendenze dirette del primo ministro; b) la Commissione militare rivoluzionaria popolare, con presidente Mao Zedong; c) la Corte suprema popolare; d) la Procura suprema popolare.

Nell'amministrazione periferica, un regime misto militare-civile è messo in atto nel dicembre 1949: il territorio cinese viene suddiviso in sei grandi regioni amministrative corrispondenti alle zone d'azione delle "Quattro armate di campagna" e governate ciascuna dai comandi militari corrispondenti.

2. Campagne politiche 1950-'52

Sulla base dell'articolo 7 del Programma comune viene pubblicata (21 febbraio 1951) una legge sulla "repressione dei controrivoluzionari", che dà il via ad un'ondata di arresti e di processi popolari. Vengono contemporaneamente avviate grandi campagne di massa, dette di "informazione, critica e autocritica", per l'approfondimento del controllo politico del Pcc nel Paese, e per il suo dominio sull'economia.

Alla fine del 1951 viene lanciata la campagna detta dei "tre anti" (sanfan, contro "corruzione, spreco, burocratismo") intesa a creare una nuova etica pubblica. La segue e continua la campagna dei "cinque anti" (wufan) contro la corruzione politica, la frode, le evasioni fiscali, la sottrazione di beni allo Stato e lo spionaggio di segreti economici di Stato. Le campagne si protraggono fino a tutto il 1952 e comportano il controllo capillare delle imprese (un totale di 450.000 imprese controllate in sette maggiori città). Il ministro delle finanze dichiara di aver riscontrato irregolarità nel 76% delle imprese. Secondo D. Barnett, il governo cinese attraverso multe e incameramenti incassò allora l'equivalente di 1.700 milioni di dollari USA.

Attraverso le campagne sanfan e wufan, il Pcc prende in mano decisamente il settore economico urbano e commercio-finanziario, e impone inizialmente su tutta la popolazione l'amministrazione e i controlli politici del nuovo regime.

3. Provvedimenti e riforme socio-economiche (1950-'52)

La base giuridica per le campagne sanfan e wufan è formata da una serie di decreti governativi. Quelli del gennaio-dicembre 1950 riguardano in sintesi: dogane marittime (gennaio); politica unificata in materia di economia e di finanze (febbraio); inflazione (febbraio); commercio (marzo); distribuzione dei rifornimenti (marzo); ammassi delle derrate alimentari (marzo); risparmio pubblico (marzo); relazioni di lavoro nelle imprese private (aprile); prezzi dei cereali (settembre); tasse rurali (settembre); sistema dei contratti negli enti, imprese e cooperative (ottobre); contro la speculazione commerciale (novembre); ispezione finanziaria (dicembre); imprese private (dicembre).

Nel 1951 seguono altri decreti, riguardanti: assicurazione del lavoro (marzo); bilanci preventivi (marzo); produzione e ricostruzione nelle industrie di Stato (aprile); distribuzione del potere economico tra il centro e le regioni (maggio); fondazione della Banca agricola (luglio); valutazione dei beni di capitale fisso nelle imprese di Stato (luglio).

La legge della riforma agraria viene pubblicata il 28 giugno 1950. A riforma completa (verso i primi mesi del 1952) si annunciano aumenti sensibili nella produzione di cereali, cotone e soia; soprattutto si valutano positivamente i risultati politici, verso il traguardo proposto dal Pcc, di "appoggiarsi sui contadini poveri, allearsi ai contadini medi, neutralizzare i contadini ricchi, eliminare gli agrari". La I Conferenza nazionale del lavoro agricolo (ottobre 1952) corona la prima fase del riassetto rurale.

Il governo popolare emana, il 30 aprile 1950, una nuova legge sulla famiglia. Vieta la bigamia, il concubinato, l'adozione di bambine-spose, il matrimonio concordato tra famiglie, i maneggi dei mediatori, gli ostacoli frapposti al matrimonio delle vedove; sottolinea invece il dovere dei coniugi di "adoperarsi in uno sforzo comune per l'edificazione della nuova società". Queste e altre riforme, radicali nel senso della modernità, rendono però difficile l'applicazione della legge, che urta contro dolorose situazioni di fatto ed usi inveterati; a due riprese (settembre 1951 e gennaio 1953) il governo deve intervenire nuovamente per farla rispettare.

Una campagna per la rieducazione degli intellettuali viene lanciata a Pechino da Zhou Enlai nel 1951 in occasione di una grande riunione di intellettuali. Sono di questo periodo varie campagne, di rieducazione ideologica, ímperniate nella critica-condanna di autori e opere particolari, come quella sulla "Questione del [filosofo] Liang Shumin",contro i film "Vita di Wu Xun" e "La storia segreta della corte dei Qing", e la denuncia dello scrittore Hu Shi. Lo strumento del Pcc in questo campo è la "Federazione nazionale degli scrittori e degli artisti" (presidente Guo Moruo e vice presidenti Mao Dun e Zhou Yang) fondata nel luglio '49 in occasione della I Conferenza nazionale degli scrittori e degli artisti, alla quale parteciparono 750 delegati.

Nell'ottobre del '51 si lancia la prima riforma dell'insegnamento: obbligo scolastico a partire dai sette anni di età; cinque anni di insegnamento primario, due trienni di insegnamento secondario (sette anni per le scuole tecniche), cinque anni per l'insegnamento superiore (tre anni per quello tecnico). Il governo si preoccupa di favorire l'insegnamento tecnico-scientifico, contro il predominio tradizionale delle discipline letterarie, artistiche e morali.

Nel novembre 1949 viene creata l'Accademia delle scienze (Kexueyuan), intesa inizialmente come un ufficio ministeriale. Prende il posto dell'"Academia sinica", l'organizzazione scientifica fondata dai nazionalisti, passata a Taiwan; comprende quattro sezioni: matematica, fisica, chimica; geografia, biologia, geologia; tecniche; filosofia e scienze sociali.

4. Relazioni internazionali

L'Unione Sovietica riconosce subito ufficialmente la Rpc nell'ottobre 1949; la riconoscono presto tutti i Paesi socialisti. Seguono, nei primi mesi del 1950, alcuni Stati europei (Gran Bretagna, Svezia, Finlandia, Danimarca, Olanda e Svizzera) e asiatici (Pakistan, India, Birmania e Indonesia).

Col viaggio di Mao Zedong a Mosca nel dicembre del '49 si pongono le basi per un Trattato cino-sovietico, firmato poi da Zhou Enlai e Vysinskiji il 14 febbraio 1950. Il Trattato consta di tre documenti: un trattato d'amicizia, alleanza e reciproca assistenza; un accordo riguardante la ferrovia russo-cinese nel nord-est (ex Manciuria), i porti di Dalian e Lüxun (Port Arthur); e un accordo di aiuto finanziario. Successivamente, nel marzo, verranno aggiunti tre nuovi accordi di cooperazione economica.

Il Trattato (trentennale) d'amicizia importa la reciproca assistenza militare tra i due Stati socialisti nel caso di aggressione e mutue consultazioni su tutti i problemi internazionali di comune interesse. Il secondo documento prevede da parte russa: la cessione alla Cina della ferrovia manciuriana dopo la conclusione di un trattato di pace col Giappone o al più tardi entro la fine del '52; entro lo stesso tempo il ritiro delle truppe sovietiche da Port Arthur; e la restituzione alla Cina degli impianti portuali di Dalian, dopo il trattato di pace con il Giappone. Con il terzo documento la Cina riceve un prestito di 300 milioni di dollari USA (35 dollari per un'oncia di oro) al tasso dell'1% e restituibili in dieci anni. Gli accordi del 27 marzo decidono pure la creazione nello Xinjiang di due compagnie russo-cinesi per lo sfruttamento del petrolio e di minerali non-ferrosi per la durata di trent'anni, e l'organizzazione per dieci anni di una compagnia d'aviazione civile cino-sovietica.

Con lo scoppio della guerra di Corea, qualche mese dopo, il Trattato d'amicizia diviene operante soprattutto per gli aspetti militari. La notte del 16 ottobre 1950 i cinesi varcano il fiume Yalu; le operazioni si protraggono fino all'armistizio del 27 luglio 1953. Le perdite cinesi, secondo le stime americane, sono di 900 mila morti; tuttavia l'intervento prova l'efficienza del soldato cinese e offre un quadro di sostegno per la propaganda interna del Pcc. Nel Rapporto alla XXIV sessione del Comitato governativo (12 settembre 1953), il ministro della difesa Peng Dehuai afferma che la guerra di Corea "prova incontestabilmente che è finito per sempre il tempo in cui un aggressore occidentale poteva occupare un Paese disponendo di qualche pezzo di artiglieria sulle rive".

II. 1953-'56

1. I Piano quinquennale

Tra il 1949 e il 1952, la produzione artigianale e industriale passa da 14 mila milioni di yuan (renminbi) a 34 mila milioni, concorrendo per il 41,5% alla produzione totale agricolo-industriale. I trasporti ferroviari sono riattivati e migliorati. La moneta si stabilizza. Si presentano le premesse per un rilancio economico, che prende la forma di piani quinquennali di sviluppo.

Il I Piano quinquennale si propone come compito primario nel 1953-'57 un aumento del 98,3 % nella produzione industriale (una media del 14,7% all'anno), e un aumento del 23,3% (cioè del 4,3% all'anno) per l'agricoltura. È prioritario, secondo il ministro Li Fuchun, edificare un'industria di base come premessa per il progresso agricolo.

Il piano viene gestito con la cooperazione finanziaria e tecnica dei sovietici, mediante la concessione di crediti a lunga scadenza (300 milioni di dollari USA nel febbraio '50 e 130 milioni di dollari USA nell'ottobre '54) e attraverso la partecipazione russa alla costruzione di 258 grandi progetti, con la creazione o la modernizzazione di importanti settori dell'economia, quali le acciaierie e le industrie petrolifera, motoristica, meccanica, elettrica, elettronica. I consiglieri sovietici in Cina superano in certi momenti le diecimila unità.

Il progresso del piano accelera l'assorbimento dell'impresa privata in quella statale e la collettivizzazione agricola. Nel 1952 le statistiche ufficiali distribuiscono il valore della produzione industriale nel modo seguente: imprese private che lavorano su commesse di Stato 21,9%, industria capitalistica 17,1%, imprese miste privato-statali 5%, industria socialista 56%. Con il 1956 il settore privato scompare del tutto e con esso la "borghesia nazionale" (ossia l'imprenditoria privata non legata al capitale straniero o al servizio del regime nazionalista).

Il 16 dicembre 1953 il Comitato Centrale adotta una "Decisione sullo sviluppo delle cooperative agricole di produzione". Alla fine dell'anno '54 si contano 400 mila "cooperative" che raggruppano il 7% delle famiglie e l'8% delle terre. Un anno dopo, alla fine del '55 si contano 1 milione e 900 mila "collettive" che raggruppano 70 milioni di famiglie contadine che con la fine del '56 si porteranno a 120 milioni, vale a dire la totalità delle famiglie contadine.

Si tratta nella fase iniziale di "cooperative" di primo tipo (cooperative elementari o semisocialiste), di carattere transitorio, che raccolgono da venti a cinquanta famiglie. Nel 1955-'56 si passa al secondo tipo (cooperative superiori o socialiste), che raccolgono da 100 a 250 famiglie a seconda della densità della popolazione. Per la regolamentazione e la gestione di queste collettive vengono emanati la "Risoluzione della VI sessione del VII Comitato Centrale" (ottobre 1955) e il "Regolamento modello per una cooperativa di produzione" (marzo del '56). Nel marzo-agosto del 1955 viene inoltre adottata la politica detta "delle tre cose fisse" (sanding), e cioè: lo Stato fissa la quantità da produrre e da consegnare all'ammasso, e quella che si riserva di acquistare in caso di necessità.

2. Costituzione 1954

Il 20 settembre 1954 la prima Assemblea nazionale approva la Costituzione, a cinque anni dall'avvento della Rpc. Il testo costituzionale si ricollega al Programma comune e alle leggi organiche del '49, ma introduce innovazioni nella struttura statale. Organo supremo dello Stato e organo legislativo "unico" è l'Assemblea nazionale del popolo, eletta ogni quattro anni dalle assemblee provinciali, a loro volta elette dalle assemblee delle aree amministrative minori, fino alle elezioni dirette al livello di base.

La Costituzione abolisce il Comitato governativo centrale e crea la figura del presidente della Repubblica, carica che nel 1954 viene assegnata dall'Assemblea nazionale a Mao Zedong. "Governo centrale" diventa quello che nel 1949-'53 era il Consiglio degli Affari governativi e viene denominato Consiglio degli Affari di Stato.

La convocazione dell'Assemblea nazionale e la proclamazione della Costituzione preannunciano un clima di "legalità", dopo la fase di emergenza rivoluzionaria seguita alla conquista del potere nel 1949. La legalità stenta però a prendere forma, specie a causa di resistenze da parte della base del Pcc, che è contraria a farsi legare le mani da norme precise e vincolanti.

3. Difesa

La guerra di Corea, il Trattato cino-sovietico, la Costituzione del '54 avviano una riorganizzazione delle Forze Armate. Nel giugno '54 la Cina viene divisa in tredici regioni militari. Seguono nel '55: i regolamenti sullo stato degli ufficiali (8 febbraio) e sulle decorazioni e medaglie (12 febbraio), e una legge sul servizio militare obbligatorio (30 luglio); il 27 settembre Mao Zedong, come capo dello Stato, nomina dieci marescialli, nelle persone di Zhu De, Ye Jianying, Lin Biao, Peng Dehuai, Liu Bocheng, He Long, Chen Yi, Lo Ronghuan, Xu Xianqian, Nie Rongzhen. Per la prima volta, le Forze Armate create dal Pcc hanno carriere e gradi, e stipendi fissi diversificati nel quadro della professionalità.

Prende il via anche l'ammodernamento degli armamenti. Nel maggio del '57, verso la fine del primo Piano quinquennale, viene istituito l'Ente per l'energia atomica; il 15 ottobre dello stesso anno viene firmato con i sovietici un accordo per la produzione di armi nucleari. Tuttavia questa trasformazione dell'Armata popolare di liberazione in un esercito di tipo sovietico incontra resistenze e opposizioni, che esploderanno nel conflitto politico del 1956.

4. Istruzione e propaganda

Le realizzazioni del I Piano quinquennale per quanto riguarda la scolarità, secondo le statistiche dell'epoca, registrano una crescita del numero di studenti di quattro volte per le scuole superiori, di 2,8 volte per le secondarie tecniche e professionali, di 4,7 volte per le secondarie comuni e di 2,6 volte per le primarie.

L'analfabetismo rimane però alto. Per facilitare la soluzione del problema dell'istruzione, viene affrontato anche il problema della semplificazione della scrittura, attraverso la riforma dei caratteri. Un Comitato di riforma, costituito il 23 dicembre 1954, raccoglie e perfeziona i risultati raggiunti da una Associazione per la riforma (1949-'52) e da un Comitato di studio (1952-'54). Nell'autunno del '55, nel corso di una Conferenza nazionale, la riforma della lingua scritta raggiunge un traguardo ufficiale, ratificato dal Consiglio degli Affari di Stato il 28 gennaio 1956: vengono soppressi, e cioè assorbiti in altri ideogrammi che li sostituiscono, 1.055 caratteri a grafia complicata; 515 caratteri di uso comune e 56 radicali vengono "semplificati" ossia ridotti a scrittura più agile. A questi si aggiungono più tardi altri 196 caratteri semplificati.

Per la trascrizione alfabetica della lingua, problema che si dibatte da oltre cinquant'anni, viene reso pubblico nel febbraio 1956 un progetto, che crea l'alfabeto "cinese" pinyin, basato sulle lettere latine. Il Consiglio degli Affari di Stato l'adotta il 1° novembre '57 e tale decisione è ratificata dall'Assemblea nazionale l'11 febbraio 1958. L'uso dell'alfabetizzazione per il momento è limitato alla fonetizzazione con l'intento di diffondere in tutta la Cina, dove abbondano lingue e dialetti, l'uso della putonghua ("lingua comune") basata sulla parlata di Pechino. E ciò sia per scopi di unità nazionale e di istruzione, sia per facilitare l'indottrinamento politico e la propaganda.

Per il '57 le cifre ufficiali parlano di 2.442.000 copie quotidiane di giornali (nazionali e locali), di 315 milioni di copie di riviste e di 1.728 milioni di libri. Il Quotidiano del popolo, organo del Comitato del Pcc, ha una tiratura giornaliera, nel 1954, di 550.000 copie. Nel '56 le statistiche ufficiali riferiscono un numero complessivo di 347 giornali, 484 riviste. Nel '54 l'editoria conta 20.000 titoli con 900 milioni di volumi e 2 mila opere straniere tradotte. Il cinema nel '57 conta 119 film doppiati o realizzati, con 6.692 gruppi di produzione, ma è il teatro a detenere un posto molto importante con 2.808 troupes nel '57.

5. Gruppi religiosi e minoranze etniche

La libertà religiosa, garantita dall'articolo 88 della Costituzione del '54, viene condizionata in pratica da esigenze politiche, prima fra tutte quelle di organizzare i credenti in associazioni di appoggio alla rivoluzione.

Nel maggio del '53 viene formata l'"Associazione islamica di Cina" che raccoglie i musulmani sotto la presidenza dell'uighur Burhan. Nello stesso anno è creata una "Associazione buddhista" con pubblicazione di riviste, restauro di templi, invio di delegazioni buddhiste all'estero. Il taoismo ha pure nel '57 una sua "Associazione taoista", ma in generale è considerato con diffidenza, in quanto più legata a pratiche magiche e divinatorie.

I protestanti tengono il loro primo congresso nazionale nell'agosto 1954; vengono convocati 232 membri, in rappresentanza di 400.000 fedeli, ed è formato un comitato nazionale di 150 membri. Per i cattolici la situazione si presenta più difficile, si hanno dapprima arresti e condanne anche del clero cinese, oltre alla confisca di edifici religiosi e l'espulsione dei missionari esteri. Infine il Pcc riesce a raccogliere sufficienti consensi, da convocare nel luglio 1957 una conferenza di esponenti cattolici, dalla quale nasce poi l'"Associazione dei cattolici patriottici".

La Costituzione del '54 riconosce l'uguaglianza di tutti i gruppi etnici, e cioè dei maggioritari Han e di una cinquantina di minoranze per complessivi 35 milioni di individui. Alle minoranze viene concessa, almeno sulla carta, l'autonomia amministrativa. Nasce così il 1-10-1955 la regione autonoma dello Xinjiang, dove abita la nazionalità Uighur. Due anni dopo, nel '57, vengono istituite le regioni autonome del Guangxi per la nazionalità Zhuang, e del Ningxia per la nazionalità Hui. La Mongolia interna, come regione autonoma, esisteva dal '47. Resistenze locali ritardano fino al '65 la costituzione in regione autonoma del Tibet. Vengono pure creati xian (distretti) e zhou (prefetture) autonomi per aree minori abitate da altre minoranze. Queste zone autonome dipendono dal governo centrale allo stesso modo delle province e distretti ordinari; ma l'autonomia, con il suo valore simbolico, conferma l'immagine della Cina "plurinazionale".

6. Politica estera

Nella primavera del '54, la Cina entra tra i grandi nella scena internazionale, in occasione delle due Conferenze di Ginevra sulla Corea e sull'Indocina.
Il primo ministro Zhou Enlai brilla per talento e duttilità nelle trattative. Alla Conferenza per l'Indocina, la Cina aderisce alla formulazione di Nehru sui "Cinque principi della coesistenza": integrità e sovranità territoriale degli Stati, non aggressione, non ingerenza, eguaglianza e reciproci vantaggi, coesistenza pacifica.
Segue nel 1955 (18-24 aprile) la Conferenza di Bandung (Indonesia) dove la Cina si propone come uno dei leader del Terzo Mondo. Scambio di visite e firma di accordi diplomatici e commerciali con vari Paesi asiatici seguono l'assise di Bandung.
Al viaggio di Zhou Enlai a Mosca per i funerali di Stalin (marzo 1953) segue nel 1954 (1° ottobre) la visita in Cina di Kruscev; in questa occasione l'Unione Sovietica restituisce definitivamente la base navale di Port Arthur e amplia gli accordi di cooperazione tecnica con la Cina. 
Il XX Congresso del PCUS (febbraio 1956) e la destalinizzazione provocano una prima incrinatura nei rapporti tra i due partiti comunisti. Per il momento il disaccordo resta sopito; l'anno '57 vede ospiti a Mosca Zhou Enlai (gennaio) e Mao Zedong (novembre): il primo come mediatore tra i partiti comunisti europei, il secondo come delegato cinese alla conferenza di dodici partiti comunisti.

7. VIII Congresso del Pcc

Il 26 settembre 1956, l'VIII Congresso del Pcc approva un nuovo Statuto del partito in sostituzione di quello in vigore dal VII Congresso (1945) e in alcune parti dal VI (1928). Il Comitato Centrale, l'Ufficio politico e il suo Comitato Permanente, la Segreteria e la Commissione centrale di controllo vengono rinnovati.

Vengono confermati in posizioni di potere Liu Shaoqi e Zhou Enlai, vice presidenti del CC, e Deng Xiaoping, segretario generale del partito. Mao Zedong rimane il capo indiscusso; ma il clima di destalinizzazione si riflette sul Congresso, che tende a ridimensionare il "culto" a Mao.

La relazione di Liu Shaoqi all'VIII Congresso si concentra sull'esaltazione dei successi del I Piano quinquennale, specie in campo industriale, e solo secondariamente nel settore agricolo. Ottimista è la valutazione del commercio interno ed estero e della stabilizzazione dei prezzi. Li Xiannian e Bo Yibo, responsabili del settore economico, dichiarano che il reddito nazionale è aumentato del 9,5% all'anno nel 1953-'56, mentre il tasso di accumulazione è cresciuto del 19,5% all'anno e il tasso di consumo del 6,7%; le risorse di bilancio (passate dal 27,6% del reddito nazionale nel 1952 al 31,5% nel 1956) sono impiegate per un crescendo (il 29,9% nel 1952 e il 46,7% nel 1956) di spese di costruzione di base.

Secondo i dati ufficiali, ponendo l'indice 100 nel 1949, il reddito nazionale passa da 170 nel '52 a 260 nel '57; la produzione agricola e industriale si eleva da 177,5 a 297,6 (da 82.720 milioni di yuan nel 1952 a 138.740 milioni di yuan nel 1957); l'industria registra tra il '52 e il '57 un aumento del 128% con una media del 18% all'anno (da 34.330 milioni di yuan a 78.390). L'agricoltura passa da un indice 100 nel '49, a 148,5 nel '52, e 185,1 nel '57: un aumento del 4,5 % all'anno, contro una crescita industriale del 18-20% all'anno, sebbene l'agricoltura garantisca i finanziamenti, entrando tra l'altro per il 75% nelle esportazioni. Il commercio estero registra un aumento da 6.460 milioni di yuan del '52 a 10.450 milioni nel '57.

III. 1957-'65

1. La svolta politica del 1957

L'VIII Congresso del Pcc, con il suo tono trionfalistico, cerca in effetti di coprire la crisi economico-finanziaria che si sta facendo strada a causa dell'accento privilegiato sull'industria pesante e l'eccessivo investimento di fondi e materiali. Questa crisi, che si inasprisce a fine 1956, provoca a sua volta profondi dissensi politici al vertice del Pcc sulla scelta del modello di sviluppo. I dirigenti del Pcc ammettono inoltre apertamente che il partito a tutti i livelli si sta alienando le simpatie di larghi strati della popolazione, specie nei settori "intellettuali", meglio preparati professionalmente, ma che insieme mal sopportano il peso dell'autoritarismo politico.

Il tentativo di ricuperare gli intellettuali, attraverso la campagna dei Centofiori, non ottiene i risultati sperati, nella direzione di un reclutamento di capacità professionali, in vista di una gestione più razionale e oculata dell'economia. E questo insuccesso diventa uno dei fattori che decidono la svolta che va sotto il nome di Balzo in avanti.

2. Balzo in avanti e conseguenze politiche

Lanciato nel 1958, il Grande Balzo in avanti si ispira al principio che attraverso la mobilitazione massiccia della manodopera e la ricerca collettiva di vie nuove senza l'impaccio di preconcetti, la Cina può bruciare le tappe.

L'accelerazione che lo caratterizza si estende sia ai settori produttivi e al commercio, sia a quelli della scienza, della cultura, dell'insegnamento, e in genere a tutta la vita nazionale. Il Grande Balzo in avanti comporta la ridefinizione di priorità, l'individuazione di nuovi obiettivi, un accelerato ritmo di lavoro, la combinazione di metodi antichi e moderni, sostanziale assenza di pianificazione, il decentramento delle aziende e l'enorme aumento della manodopera. Si tratta di produrre tutto, immediatamente, in grandi quantità, secondo lo slogan ufficiale: di più, più rapidamente, meglio, a miglior mercato; la produzione dell'acciaio nelle "fornaci di cortile" è solo un'esempio di questo impegno febbrile.

Solo nel 1958 il Balzo ha ottenuto risultati numerici rilevanti, anzi straordinari, nella produzione minero-industriale e agricola; e in seguito solo in momenti di rottura è stato utile appellarsi allo spirito del Balzo.

Il successo molto relativo del Balzo rende più profonde le scissioni in seno al partito comunista cinese. Nel maggio 1958 si tiene a porte chiuse una insolita II sessione dell'VIII Congresso, intonata all'auto-critica dei dirigenti economici e accentuata dall'esaltazione di Mao, in pieno contrasto con la I sessione del 1956. Al Congresso segue la svolta politico-economica del Balzo, con la contemporanea epurazione dal CC di quanti dissentono dal nuovo corso che si annuncia.

D'altra parte il nuovo corso rivela presto le sue falle. Si susseguono così vari incontri dei dirigenti del partito, che cercano di concordare una linea d'azione per fronteggiare la situazione complicata da un crescendo di difficoltà. Gli incontri sono anche scontri tra tendenze e valutazioni diverse. Il più famoso è il Plenum del CC tenuto a Lushan nell'agosto 1959: il Balzo e le Comuni, volute da Mao, vengono criticate apertamente dal maresciallo Peng Dehuai, ministro della difesa. Come conseguenza, Peng perde il posto assieme a quelli che ne prendono le parti; ma anche Mao è costretto ad addossarsi una parte di responsabilità per l'insuccesso di politiche di cui si è fatto promotore, e rinuncia simbolicamente alla carica di presidente della Repubblica. Mao si occupa inoltre meno direttamente degli affari quotidiani del partito, mentre Liu Shaoqi e Deng Xiaoping si adoperano invece per ripristinare il corso regolato del pre-balzo.

3. Le "due vie "nel 1962-'65

Nel 1960-'62 prendono forma sempre più distintamente due concezioni e due metodi di sviluppo economico e di trasformazione sociale: uno più volontaristico e spontaneista propugnato da Mao, e un altro più disciplinato e organizzato preferito dall'apparato del partito, che nelle sfere più alte si abbandona anche a riserve e a critiche a mala pena velate sull'operato di Mao.

Queste due tendenze si combattono in sordina nel 1963-'65, dopo un intervento di Mao al X Plenum del CC nel settembre 1962; intervento incentrato con vigore sul concetto della permanenza della lotta di classe. La risoluzione adottata al Plenum esorta a non "dimenticare che questa lotta di classe è complicata e tortuosa, che ha degli alti e bassi e che a volte è molto acuta. Tale lotta di classe trova inevitabilmente la sua espressione in seno al partito. Le pressioni dell'imperialismo straniero e l'esistenza delle influenze borghesi all'interno del Paese costituiscono la fonte sociale delle idee revisioniste nel partito. Mentre lottiamo con i nemici di classe interni e stranieri dobbiamo vigilare e opporci decisamente, in tempo utile, alle diverse tendenze ideologiche opportuniste che si manifestano in seno al partito".

La risoluzione viene sottoscritta dagli esponenti delle due tendenze, in quanto il richiamo alla lotta di classe, e cioè a una più rigida applicazione dei canoni collettivisti, si impone dopo un periodo di lassismo tattico, reso inevitabile dalla difficile situazione economica e sociale. Tuttavia nella realizzazione pratica dei principi della risoluzione affiora sempre più evidente il confronto-conflitto: da una parte, la linea d'azione che privilegia la disciplina di partito ed i provvedimenti amministrativi, e dall'altra la linea che fa appello invece allo spirito rivoluzionario di massa e denuncia il peso frenante dell'apparato del partito.

Il nome dato al risanamento ideologico e politico è "campagna per l'educazione socialista" (1963-'65). Si presenta come un'incisiva azione di carattere psicologico, indirizzata alla popolazione nel suo insieme e sovrapposta alla normale propaganda peraltro già molto intensa, e rivolta soprattutto a quelle categorie sociali più sensibili: quadri politici, amministrativi, tecnici, studenti, intellettuali e artisti.

Tre brevi scritti di Mao, risalenti ai tempi di Yan'an, diventano i testi fondamentali per una formazione leale e coraggiosa nonché impregnata di spirito di sacrificio verso la patria socialista: "Alla memoria di Norman Béthune", "Servire il popolo", "Come Yu Gong rimosse le montagne".

La partecipazione al lavoro manuale dei quadri del partito è considerata un rimedio efficace onde evitare che si cristallizzi nella nuova società la secolare divisione fra il letterato-funzionario e l'uomo comune. Due categorie di quadri sono particolarmente assegnate al lavoro manuale: i responsabili amministrativi provinciali e periferici, e gli ufficiali dell'esercito. Tale pratica viene applicata anche a professori e studenti. Nell'autunno del '64, partecipano al raccolto 270 mila studenti delle scuole di Pechino e Shanghai. Così l'Accademia delle scienze, con i suoi 20 mila ricercatori, che ne manda in campagna un migliaio.

Il lavoro manuale dei quadri in fabbrica e campagne si accompagna però con i compiti specifici e autoritari loro affidati. Infatti mentre vengono inviati ai livelli di base, molti quadri divengono membri delle "commissioni di lavoro", incaricate dell'ispezione politica e munite di poteri amministrativi straordinari che si sovrappongono a quelli dei dirigenti locali. Le "commissioni di lavoro" sono il classico rimedio di autodifesa dell'apparato.

Mao da parte sua concepisce le cose in modo diverso. Nel 1963 firma un documento in dieci punti, con l'intenzione di guidare il movimento per l'educazione socialista. Nel documento sottolinea che la lotta in corso è una lotta di classe, e come tale mira a colpire quei dirigenti del partito che tendono alla "restaurazione" del capitalismo. Fra il '59 e il '62 erano comparse alcune deviazioni se non vere e proprie malversazioni ai danni dell'amministrazione statale ad opera di dirigenti del partito. La campagna per l'educazione socialista doveva combattere aspramente l'influenza della tradizione e dell'individualismo che nelle vicende di quel momento assumeva i connotati del "revisionismo". E nella tipica concezione di Mao occorreva fare affidamento sulla lotta, piuttosto che sui provvedimenti amministrativi.

Una conferenza nazionale sul lavoro, del gennaio 1965, redige un documento in ventitré punti dal titolo: "Certi problemi attuali sollevati dalla campagna di educazione socialista". I ventitré articoli del documento parlano ora di "movimento dei quattro risanamenti" (politico, economico, organizzativo, ideologico) ed auspica la creazione di una triplice alleanza fra quadri, masse e gruppi di lavoro. La risoluzione della conferenza costituisce un accordo di compromesso tra le due tendenze; un accordo provvisorio e di breve durata, che viene spazzato via dalla Rivoluzione culturale del 1966.

4. Politica estera

L'irrigidimento della politica interna, che caratterizza il periodo del Grande Balzo in avanti, si proietta anche nella politica estera cinese, che a partire dal 1958 è caratterizzata da una serie di tensioni che la oppongono a tutte le grandi potenze, mentre cerca di sfruttare la decolonizzazione in atto, particolarmente in Africa. A volte però tale linea dura, intransigente, dogmatica si trasforma in linea duttile, possibilista, pragmatica, aderente più alla situazione specifica che ai principi. In alcuni Paesi le due linee si alternano con disinvoltura tanto da creare perplessità tra gli osservatori; ciò avviene ad esempio per Egitto, Giappone e Cuba. I rapporti con l'URSS si affievoliscono, mentre si rafforzano quelli con il Pakistan, specie in seguito alla crisi dei rapporti cino-indiani.

Prevale in questo periodo ('58-'65) un'inimicizia aperta nei riguardi degli Stati Uniti - in quanto incarnazione del capitalismo e dell'imperialismo, protettori dei nazionalisti di Taiwan - e dell'ONU. Le conversazioni cino-americane (riprese a Varsavia nell'aprile '58) segnano il passo, complicate dall'intervento statunitense negli anni '60 in Vietnam. I rapporti cino-americani verso la metà degli anni '60 registrano un peggioramento nonostante il rapido raffreddamento dei rapporti cino-sovietici.

Nei confronti dell'Europa occidentale l'atteggiamento cinese è duro ma più articolato; è ispirato in parte alla speranza di nuovi sviluppi, data la crisi in atto nell'Alleanza atlantica.

Non servono a ricomporre il dissidio tra Cina e Unione Sovietica né il Congresso degli 81 partiti comunisti nell'ottobre 1960, né la destituzione di Kruscev nell'ottobre 1964. La linea maoista nell'interpretazione del marxismo-leninismo si va sempre più consolidando di pari passo con l'emergere di interessi nazionali di natura conflittuale, che trasformano la disputa ideologica in un conflitto nazionale fra due Stati che pur si richiamano a ideali comuni.

Il dissidio tra due potenze comuniste si manifesta anche attraverso incidenti di frontiera nel 1961-'62, a quel tempo non resi di pubblica ragione. Grande pubblicità si darà invece a quelli del 1969; ne trattiamo qui, per restare in argomento.

Il 2 marzo alle ore 11 antimeridiane ha luogo l'incidente dell'isola Zhenbao (Damansky), nel corso medio del fiume Ussuri, un'isola deserta e per gran parte dell'anno coperta d'acqua e di neve. I cinesi, che ne reclamavano la sovranità, attaccano una pattuglia sovietica che la occupa, e provocano l'immediata reazione dei russi; scorre il sangue da ambo le parti. Dopo pochi giorni, il 15 marzo, pare per iniziativa sovietica, avviene un altro grave scontro nella zona, che avrebbe provocato oltre 800 morti da parte cinese, e 60 da parte russa. Durante la primavera e l'estate dell'anno si verificano incidenti in altri punti della frontiera, meno cruenti dei primi: il 3 maggio nella regione di Bakhty (Kazakstan), il 10 giugno a Taheng nei monti Barluk (nord-ovest dello Xinjiang), l'8 luglio nell'isola di Patcha sul fiume Amur, il 13 agosto a Tielieketi nei pressi di Yumin.

Gli incidenti diminuiscono man mano, dopo la sosta a Pechino (11 settembre 1969) di Kossighin, di ritorno dal funerale di Ho Chi Minh, e dopo l'apertura a Pechino (20 ottobre) di negoziati di frontiera a livello dei vice-ministri degli esteri.

IV. 1966-'76

1. Ascesa e crollo di Lin Biao

La Rivoluzione culturale viene trattata, per la sua complessità e la sua importanza, in altra pagina di questo sito. Tuttavia per completezza nella cronaca della Rpc è opportuno delinearne anche qui gli avvenimenti principali, rimandando alla voce relativa le ipotesi e la valutazione sul suo significato morale.

Tra l'altro la Rivoluzione culturale provoca una spaccatura nel Pcc, dal vertice fino alle formazioni di base, con condanne politiche ed epurazioni su vasta scala ai danni di quanti sono ritenuti colpevoli di aver promosso e seguito una "linea capitalista" opposta alla "linea proletaria" di Mao. Primi fra tutti, Liu Shaoqi, vice presidente del Pcc e presidente della Rpc, e Deng Xiaoping, segretario generale del partito. Assurgono invece a nuove altezze nella gerarchia del Pcc noti dirigenti come Lin Biao e Chen Boda, e vengono alla ribalta personaggi nuovi, come Jiang Qing (la signora Mao), vari esponenti di tendenze "radicali" e ufficiali dell'Apl (Armata popolare di liberazione).

L'anno 1966 segna il disfacimento della macchina organizzativa del partito, e l'epopea delle Guardie rosse, con la "grande democrazia" di massa. Più che di un crollo organizzativo, si trattò però di una riduzione all'essenziale dei centri operativi del Pcc, coagulati principalmente attorno ai comandi militari; una riduzione voluta da Mao come fase di passaggio verso la riattivazione su nuove basi delle formazioni del Pcc.

La spinta "democratica" degenera però in anarchia. A fine gennaio 1967, devono intervenire in grande le truppe a mantenere l'ordine. Gli organi governativi sono sottomessi al controllo militare, così come le banche, le miniere, le scuole ecc. La Cina viene posta praticamente sotto regime militare. Lin Biao è capace di controllare la situazione solo associandosi formazioni militari che non controlla pienamente e deve tollerare il rafforzamento di forze politiche rivali.

La sua presa sulle Forze Armate rallenta ulteriormente dopo il pronunciamento di Wuhan (luglio 1967) che minaccia una spaccatura nell'Apl.

Dall'estate 1967 a quella dell'anno seguente si sviluppa un'operazione politica che si rivela assai ardua: l'assorbimento nella macchina politico-amministrativa, in iniziale ricostruzione, delle "organizzazioni di massa" spuntate come funghi nell'anno precedente e non controllate unitariamente dal Pcc. Viene avviata un'opera di persuasione su quanti auspicano una democrazia diversa da quella prevista dal centralismo democratico. Per quelli che si ostinano, la persuasione può diventare pesante, e per chi si ribella schiocca la frusta.

La situazione politica si complica maggiormente. Dissensi e lotte provocano nell'estate 1968 provvedimenti urgenti per ristabilire l'ordine e mantenere la disciplina. Vengono eliminate a forza le ultime resistenze dei "ribelli rivoluzionari". È completato il quadro dei comitati rivoluzionari provinciali, ponendo fine così in parte al regime di controllo militare diretto.

Le azioni politiche di Lin Biao, che per un anno hanno registrato un calo, sono in temporanea ascesa. Riprende lena il suo tipico autoritarismo. Nell'ottobre 1968, mentre si rilancia la ricostruzione del partito, i suoi uomini deridono sulla stampa il sistema "democratico" ed elettorale borghese. Mentre si prepara il IX Congresso nazionale del Pcc, Lin Biao riesce a utilizzarlo per ampliare e rafforzare la propria rete di aderenti.

Il IX Congresso viene convocato nell'aprile 1969, mentre la situazione politica è tutt'altro che stabilizzata, dopo tre anni di Rivoluzione culturale. Il processo di ricostruzione del partito è appena iniziato: funzionano solo i "nuclei" del Pcc in seno ai "comitati rivoluzíonari". Le linee di comunicazione tra centro politico e periferia passano principalmente attraverso i canali privati di fazioni e clientele. Il Congresso proclama un nuovo Statuto del partito, dove Lin Biao è ufficialmente consacrato successore di Mao. Il nuovo Politburo è una coalizione di veterani, di militari e di nuovi dirigenti catapultati dalla Rivoluzione culturale.

L'ascesa di Lin Biao era stata accuratamente preparata dallo stesso Lin e da Mao a iniziare dalla sua nomina nel 1958 a vice presidente del Pcc e nel 1959 a ministro della difesa. Nel 1966 Mao se lo associa designandolo proprio successore. Tuttavia tutta una serie di avvenimenti mette a nudo i limiti di capacità politiche e i risvolti meno positivi della personalità di Lin Biao; può imporre un proprio frasario politico e un rituale di comportamenti esterni, ma non incide a fondo nelle strutture di potere.

Alla vigilia del Congresso hanno luogo scontri di frontiera tra Cina e Russia, seguiti da altri durante l'estate. Si diffonde una psicosi di "aggressione" da parte dell'Unione Sovietica. Lin Biao e i suoi approfittano della tensione a proprio vantaggio. Gli incidenti ritardano la normalizzazione degli organi politici e amministrativi. Nel quadro del "pericolo sovietico" si tenta la militarizzazione del Paese e si stringono i freni ai villaggi. Si delinea, contro Zhou Enlai e i residui della vecchia guardia risparmiatí dall'epurazione, un'alleanza Lin-Chen, ossia Lin Biao e Chen Boda. Quest'ultimo prende a teorizzare l'ascesa e la nomina di Lin Biao, sviluppando l'idea de "l'eroe", destinato dalla storia a guidare la rivoluzione.

Alla ripresa economica nell'industria come frutto di una disciplina più rigorosa, fanno riscontro invece difficoltà in agricoltura, come conseguenza del tentativo di far avanzare la socializzazione a passo troppo celere. L'insuccesso nei villaggi mette in crisi i metodi radicali propugnati da Chen Boda, il "teorico" e segretario di Mao per trent'anni.

Nel mese di agosto 1970 si tiene nella stazione climatica di Lushan una lunga riunione, che termina nel II Plenum del CC. Viene deciso di affrettare il ristabilimento dei normali comitati di partito e sono avanzate obiezioni di fondo contro la politica agraria di Chen. Alla riunione ha luogo uno scontro frontale tra Mao e Chen Boda sulla questione del "genio". Traspare un crescente disamore di Mao per Lin Biao. Divergenze sulle aperture verso il mondo occidentale in politica estera approfondiscono il divario tra le fazioni.

Tra l'inverno 1970 e la primavera '71 vengono riorganizzati i comitati provinciali del partito. Diventa sempre più chiara la strategia di Lin Biao: consolidare il proprio potere attraverso una rete di alleati e aderenti; diventano però ancor più manifeste le resistenze contro di lui, anche in campo militare. Uomini di Lin Biao vengono inseriti nei nuovi comitati, ma solo nella prima fase della riorganizzazione, e cioè al maggio 1971.

Mao è ormai deciso a disfarsi di Chen Boda e a mettere Lin Biao all'ultima prova. Interviene direttamente, indebolendo alcuni casi di non conformismo militare ai suoi danni. Nell'aprile 1971, si tiene una "riunione di lavoro" del Comitato Centrale, dove si esaminano problemi di politica interna, di disciplina e di organizzazione. In questa occasione viene liquidato politicamente Chen Boda. Devono sottoporsi all'autocritica anche alcuni dei più stretti collaboratori di Lin Biao, che continua a perdere terreno.

L'oscura fine di Lin Biao porta la data ufficiale del 12-13 sett. 1971. Secondo la versione ufficiale, perde la vita mentre tenta di fuggire in aereo verso l'Unione Sovietica, all'indomani di un fallito colpo di Stato; il suo Trident sarebbe precipitato in Mongolia. Scompaiono con lui i suoi più stretti collaboratori.

Dall'inizio del 1972 viene lanciata la propaganda anti-Lin Biao, accusato di tradimento. Scompare il "libretto rosso" e spariscono dalla scena quotidiana i "propagandisti del pensiero di Mao Zedong" , e tutto il rituale e il linguaggio di Lin Biao.

La sua caduta indebolisce certi circoli ambiziosi nelle Forze Armate e crea difficoltà provvisorie e incertezze nell'esercito, ma senza suscitarvi grosse tempeste o epurazioni: ciò porta a concludere che Lin Biao aveva tra i militari un seguito piuttosto modesto. Dalla sua caduta traggono vantaggio direttamente i circoli vicini a Zhou Enlai e in genere la "vecchia guardia", mentre i "radicali", che hanno collaborato con lui, in un primo momento si trovano anch'essi in difficoltà.

2. Il 1972

Apparentemente incolore e calmo alla superficie, l'anno 1972 conosce in profondità un'intensa attività politica, con un dialogo tra gruppi e fazioni, riassetto di alleanze, revisioni di propositi e di programmi politici ed economici. Verso la fine dell'anno si intravedono pure segni di "normalizzazione": nel funzionamento dei ministeri, nelle conferenze nazionali e regionali sui problemi economici, nella ripresa dell'insegnamento superiore, nella ripresa delle "organizzazioni di massa".

Nel processo di normalizzazione, i comitati rivoluzionari diventano sempre più chiaramente organi puramente amministrativi. I loro membri sono nominati d'autorità; i loro dirigenti sono le stesse persone che presiedono al comitato di partito corrispondente. Si delinea un'involuzione politico-amministrativa in senso decisamente diverso dalle premesse "democratiche" proclamate dalla Rivoluzione culturale.

La campagna politica che fa da cornice alle attività dell'anno viene denominata "riforma di costume contro il revisionismo". Il contenuto teorico "anti-revisionista" della campagna mira tra l'altro ad evitare che alla base del partito prenda piede un senso di sfiducia nei capi e che la condanna di Chen Boda e "l'affare Lin Biao" diventino il pretesto per negare in blocco ogni valore alla "Rivoluzione culturale".

Nelle Forze Armate, la campagna ha lo scopo di riportare il loro ruolo nella vita nazionale all'azione prevalentemente subordinata, ma non meno efficace, del pre-1966. Rinomati ufficiali che nel 1966-'67 si erano opposti all'ascesa di Lin Biao, vengono assunti a posti di comando. La presenza militare in ministeri, uffici, fabbriche e scuole diventa meno consistente e soprattutto meno appariscente; ma per evitare gli scossoni di un ritiro in massa dei militari dal campo civile, molti di loro vengono smobilitati per potervi restare, oppure indossando abiti civili pur senza lasciare l'esercito.

Nelle campagne viene decisa una politica di accomodamento con gli agricoltori, condannando ufficialmente tendenze che vorrebbero eliminare ogni autonomia dei villaggi e ogni attività familiare dei contadini. Il Pcc, occupato da problemi fondamentali di potere ed equilibri politici nel proprio interno, chiude gli occhi per il momento su abusi e deviazioni.

Sempre nel senso della politica di accomodamento, e in contrasto con l'austerità voluta da Lin Biao, viene attuata nel 1972 una leggera revisione dei salari a beneficio di impiegati ed operai delle categorie inferiori. Viene riattivato pure un sistema semplificato di premi di produzione.

Nel campo educativo, specie in quello universitario, vengono avanzate proposte e consentiti esperimenti che ripristinano esami, studio teorico, impegno accademico. Sono rimessi in vendita libri pubblicati prima del 1966 e circolano riedizioni di opere storiche e letterarie.

Nelle librerie di Pechino viene esposta una serie di sei grandi fotografie, in quest'ordine: Marx, Engels, Lenin, Stalin, Mao e Zhou Enlai. A questa inclusione ufficiale tra i "grandi" del marxismo, corrisponde nel primo ministro Zhou il comportamento protocollare di vero capo di Stato. Questo sviluppo simboleggia il predominio crescente dell'apparato.

Tuttavia verso la fine dell'anno, i radicali, che si auto-eleggono alfieri della Rivoluzione culturale, riprendono forza, grazie all'appoggio di Mao. Ciò porta a una intesa, almeno provvisoria e di compromesso, contrassegnata all'inizio del 1973 dal cambiamento nella caratterizzazione politica di Lin Biao, combattuto l'anno precedente per il suo estremismo di sinistra. Ora invece si specifica che in Lin Biao i tratti di sinistra sono solo epidermici; la sostanza è invece di estrema destra. A parte considerazioni teoriche, il cambiamento significa simbolicamente una concessione ai settori di "sinistra", e conferma quindi una loro ripresa.

3. Il 1973

Nei primi mesi del 1973 divengono manifesti i frutti delle intese politiche maturate nell'anno precedente. Si tengono i congressi provinciali della Federazione sindacale e dei Corpi giovanili comunisti, ed alcuni congressi provinciali dell'Unione donne. La celebrazione di questi congressi riflette inoltre nuovi equilibri nelle direzioni politiche provinciali.

Altro frutto dell'intesa è il passo accelerato delle "riabilitazioni" di personaggi epurati, a volte clamorosamente, durante la Rivoluzione culturale. Nel 1972 si è assistito alla riabilitazione in grande stile del personale tecnico (e in parte nel settore artistico-letterario) e di funzionari di livello intermedio, specie dell'amministrazione periferica. Dai primi mesi del 1973 si hanno inattese riabilitazioni di personaggi di statura nazionale che hanno ricoperto cariche di rilievo nel pre-1966. Primo per importanza, Deng Xiaoping, ex segretario generale del partito, ricomparso improvvisamente in aprile ad un pranzo offerto in onore di Sihanouk.

Queste "riabilitazioni" non sono dapprima accompagnate subito dall'assegnazione di attività o responsabilità specifiche; ma molti di loro riconquistano poi posizioni di potere, equivalenti o quasi al pre-1966. Si assicura il pubblico cinese che gli ex epurati hanno rinnegato i propri errori e dimostrato con i fatti di essersi corretti; il partito non può privarsi delle loro abilità e della loro esperienza. Le riabilitazioni di importanti personaggi, che hanno un seguito e una clientela, hanno comunque uno scopo comune di prim'ordine: sanare le divisioni in seno al partito, mediante un'adesione più ampia possibile a obiettivi politici comuni. Un'adesione non necessariamente univoca, ma sufficiente per costituire una base di consenso pratico.

4. Flessione e ripresa economica

La Rivoluzione culturale, che interessa principalmente i centri urbani, incide dapprima negativamente sull'andamento dell'industria, e nel 1969 si fanno pressanti e preoccupati gli appelli ufficiali per il ristabilimento della disciplina del lavoro.

La ripresa si legge nei dati forniti da Zhou Enlai nel 1970: acciaio 18 milioni di t, petrolio 20 milioni di t, carbone 300 milioni di t, fertilizzanti chimici 14 milioni di t. Per l'anno 1971, le fonti ufficiali calcolano un aumento del 18% della produzione industriale. Per il 1972 e 1973, le stime degli osservatori sono concordi nell'indicare un progresso sostenuto.

Anche il commercio con l'estero registra dapprima un calo netto; ma si riprende attorno al 1970, con oltre 4.000 milioni di dollari di interscambio, raggiungendo così il livello del 1959. Segue nel '71-'72 un aumento del 5-6%; emergono come partner commerciali il Giappone e l'Europa occidentale.

Le campagne vengono toccate solo marginalmente dalla Rivoluzione culturale; fino al 1970. La produzione di cereali nel 1966-'71, secondo le stime degli osservatori, presenta la seguente progressione: 1966: t 175 milioni; 1967: t 190 milioni; 1968: t 200 milioni; 1969: t 230 milioni; 1970: t 240 milioni; 1971: t 250 milioni. Nel 1972 si registra un calo (t 240 milioni) dovuto a cause naturali e politiche. Segue nel 1973, dove si riflettono positivamente i cambiamenti politici del 1972, una buona ripresa con 250 milioni di t di cereali e un massimo storico nel raccolto di cotone.

L'andamento della produzione sembra confermare che l'economia pianificata soffre sensibilmente da incertezze politiche, o peggio ancora da spinte avventuristiche verso bruschi cambiamenti strutturali. D'altra parte un'economia pianificata e statalizzata può per decisione politica isolare eventualmente dalle incertezze qualche settore privilegiato, come l'industria energetica e gli armamenti nucleari. La prima bomba termonucleare viene sperimentata il 17 giugno 1967. Due satelliti terrestri vengono messi in orbita il 25 aprile 1970 e il 3 marzo 1971, con un peso rispettivamente di 173 e 221 chili. Stime americane valutano nel 1973 il possesso cinese di 20 missili a gettata media e qualche missile intercontinentale.

5. Politica estera

Negli anni di apertura della Rivoluzione culturale (1966-'67) non mancano intemperanze xenofobe a danni di personale di ambasciate straniere a Pechino e azioni inconsulte in seno a comunità di cinesi all'estero. Preoccupazioni immediate di politica interna contribuiscono poi a congelare in massima, salvo poche eccezioni, il quadro della politica estera cinese.
Nel 1969, dopo il IX Congresso del Pcc, anche la politica estera si rimette in moto, secondo quella che viene denominata la "via proletaria di politica internazionale del presidente Mao".

I rapporti intergovernativí vengono privilegiati su quelli tra partiti; cadono così nelle relazioni diplomatiche molte pregiudiziali politiche e si preannunciano nelle relazioni internazionali della Cina gli sviluppi del 1970-'71: apertura diplomatica verso Paesi dell'Europa occidentale e dell'America latina; entrata della Rpc all'ONU (ottobre 1971), le visite a Pechino di Nixon (febbraio 1972) e di Tanaka (settembre 1972) che aprono un nuovo capitolo nei rapporti cino-americani e cino-giapponesi.

V. GLI ULTIMI ANNI DI MAO

1. Modernizzazione e polemiche

La Rivoluzione culturale, con i suoi propositi di rifondere la Cina popolare su nuove basi, è decisamente chiusa con la scomparsa di Lin Biao (settembre 1971) e la susseguente riaffermazione del potere dell'apparato, dopo aver languito dall'indomani del IX Congresso del Pcc (aprile 1969). Dal 1972 inizia la riorganizzazione politico-amministrativa, che tiene conto dei mutamenti intervenuti dal 1966, ma si basa essenzialmente su forme collaudate nell'esperienza 1949-'65.

La riorganizzazione è accompagnata da una presa di coscienza delle esigenze dettate dal grado di sviluppo economico raggiunto dalla Cina, in oltre vent'anni di paziente lavoro. La Cina sembra matura per l'abbandono di forme organizzative labili e imprecise tipiche del sottosviluppo; si avverte cioè la necessità di un salto di qualità, il bisogno di una svolta nei metodi di lavoro e di gestione, un ripensamento nella scelta di priorità economiche.

Il cambiamento di metodi e di prospettive esige però una serie di decisioni politiche non facili. Soprattutto perché il mutamento di rotta importa maggiore professionalità e maggior rigore amministrativo, e quindi esige il potenziamento di quell'apparato, contro il quale si è scagliata la Rivoluzione culturale del 1966, che biasima di involuzione "borghese" proprio gli esponenti più caratteristici dell'apparato.

Alcuni, come Zhou Enlai, non ritengono inevitabile tale involuzione, a patto che il Pcc prenda le precauzioni necessarie. Altri, come i "radicali" che devono la propria carriera politica alla Rivoluzione culturale, denunciano invece le proposte di "modernità" come "revisionismo", e vedono nel dominio dell'apparato nient'altro che un tradimento della spinta popolare verso nuovi traguardi socialisti.

I "radicali" fanno capo a Jiang Qing, la moglie di Mao, e al "Gruppo di Shanghai" che conta nel Politburo del Pcc tre dei suoi esponenti: Zhang Chunqiao, Yao Wenyuan, Wang Hongwen. Sebbene non si identifichi con i radicali, Mao parteggia emotivamente per loro e li sostiene. Il vecchio rivoluzionario non sa rassegnarsi alla rivincita dell'apparato e teme l'affossamento del suo sogno di assicurare alla Cina un'eredità di fervore nel rinnovamento sociale.

Mao ha propugnato da sempre la "via delle masse", e cioè una gestione del potere dove l'apparato ha funzione di guida, ma non si limita a dare ordini, bensì dirige attraverso un'attivizzazione continua delle masse. Tuttavia la sua percezione di statista crea in lui la convinzione che l'apparato, tendenzialmente autoritario, dev'essere controllato anche dal di fuori, e favorisce quindi la crescita di forze che sembrano capaci di tenerlo in scacco.

Per portare avanti le sue idee, si affida perciò ai radicali che trova più recettivi nei riguardi dei suoi messaggi di lotta. Non ignora le loro ambizioni di potere; ma non è in grado, data l'età e a causa delle condizioni di salute, di controllare efficacemente l'uso che essi fanno della sua fiducia e in particolare del potere che concede loro nel campo della stampa-propaganda.

D'altra parte Zhou Enlai è altrettanto convinto della validità delle strutture operative da lui sistematicamente create durante oltre due decenni di paziente lavoro. Quando poi nel 1972 i medici gli riscontrano un'infermità che lo consuma inesorabilmente, si dedica con estrema lena alla sua riorganizzazione.

Il triennio 1973-'76, dal X Congresso del Pcc alla scomparsa di Mao, è così una fase di dialettica politica tra due giganti, Mao Zedong e Zhou Enlai, che hanno creato insieme la Cina popolare e che sentendosi alla fine dei propri giorni vogliono assicurare la sopravvivenza della propria opera.

2. X Congresso del Pcc

Nell'agosto 1973 viene convocato un nuovo Congresso nazionale del Pcc, a quattro anni dal IX Congresso del 1969. I cambiamenti politici intervenuti nel quadriennio esigono di venir raccolti e sanzionati in un'assise ufficiale.

Il Congresso elegge un nuovo Comitato Centrale, e da questo nasce un nuovo Politburo. Al Congresso viene anche adottato uno Statuto del partito, emendato rispetto a quello del 1969. Scompare ovviamente ogni riferimento a Lin Biao; inoltre lo Statuto risulta più spersonalizzato, in quanto evita quell'esaltazione pronunciata di Mao che lo caratterizzava nel 1969.

La struttura organica del partito e le scelte fondamentali delineate nello Statuto 1973 sono in linea di massima le stesse del 1969. Nei documenti e nelle promozioni del Congresso si riflette però il difficile compromesso raggiunto ai vertici del Pcc all'inizio del 1973. Nei documenti del Congresso risuona l'eco di posizioni politiche diversificate, in particolare a proposito del principio di "andare contro-corrente" (Campagna anti-Confucio), interpretato da Zhou Enlai nel senso di opposizione costruttiva dentro il sistema, e dai radicali come contestazione anti-apparato.

Nel nuovo Politburo, Mao fa inserire al terzo posto il giovane (meno che quarantenne) Wang Hongwen, del gruppo di Shanghai. Verso la fine del 1973, con una mossa che modifica in parte gli equilibri del X Congresso, Zhou Enlai vi fa inserire Deng Xiaoping riabilitato qualche mese prima, al quale affida la direzione quotidiana del governo.

Contemporaneamente alla piena riabilitazione di Deng, nel dicembre 1973 viene deciso il trasferimento, e quindi la rimozione da posizioni di potere, di due importanti generali-politici: Xu Shiyou (trasferito dal comando di Nanchino a quello di Canton) e Li Desheng (trasferito dalla direzione dell'Ufficio politico dell'Apl al comando di Shenyang). Nelle settimane che seguono, Deng Xiaoping diventa anche capo di stato maggiore generale, e Zhang Chunqiao (il più eminente del gruppo di Shanghai) è promosso direttore dell'ufficio politico dell'Apl. Lo spirito di compromesso pare continui a prevalere in questa ripartizione di incarichi tra le due tendenze politiche.

3. Campagne politiche

Attraverso i mezzi di stampa-propaganda, che dominano in gran parte, i radicali impostano a nome di Mao dibattiti su temi politici di fondo, collegandoli però abilmente con la denuncia velata dei loro rivali. Allo stesso tempo sí servono di un'inquadratura teorica piena di sottintesi per scatenare i propri adepti e simpatizzanti nelle unità di base, dove le denunce diventano esplicite e si accompagnano con l'assalto a posizioni di potere, in tutti i settori e a ogni livello.

La giustificazione dottrinale di questo tipo di lotta politica, insolita in un regime comunista, è offerta dal "principio marxista" enunciato da Mao e inserito per suo volere nello Statuto 1973. È il "principio" che dichiara un preciso diritto-dovere per ogni comunista quello di "opporsi alla corrente" e cioè di contestare, in nome della fede marxista, qualsiasi andazzo o scelta "sbagliata", anche se fosse sostenuta da qualche dirigente del partito.

Applicando questo "principio", secondo l'interpretazione anti-apparato da loro preferita, i radicali si sentono autorizzati a sottrarsi alla disciplina di partito. Autoeletti campioni dell'ortodossia, trovano sempre da ridire sulle proposte e i progetti di modernizzazione. In pratica, grazie al loro peso (sia pure minoritario) al centro e alle ramificazioni su cui possono contare alla periferia, riescono a creare azioni di disturbo e a bloccare anche decisioni importanti.

Le campagne politiche che si sono succedute negli ultimi tre anni di vita di Mao Zedong sono principalmente quattro: "critica a Lin Biao e a Confucio" (Pilin Pikong) nel gennaio-giugno 1974; "studio della dittatura del proletariato" (febbraio-giugno 1975); "contro Song Jiang" (estate-autunno 1975); "contro il vento di destra" (gennaio-agosto 1976).

Come si può leggere nella voce 

 

 

 

Campagna anti-Confucio, i radicali in parte tentano di deviare a loro vantaggio le campagne politiche lanciate di comune accordo, in parte ne promuovono di proprie. La base del partito e tutta la popolazione sono impegnate in una stressante polemica politica, che diffonde apprensioni e preoccupazioni: tutti sono consapevoli che attraverso simboli e contro-simboli si sta preparando il dopo-Mao.

4. IV Assemblea nazionale del popolo

Annunciata dapprima per il 1971 e rinviata poi di anno in anno, viene infine convocata senza preannuncio il 13-17 gennaio 1975 la IV Assemblea del popolo, a distanza di 10 anni dalla III Assemblea.

La precede (8-10 gennaio) un Plenum del CC del Pcc che approva lo schema di una nuova Costituzione della Rpc, le liste di promozioni e i due documenti (Rapporto sull'attività di governo e Relazione sugli emendamenti costituzionali) da fare approvare dall'Assemblea.

Nel giro di tre giorni e mezzo, i 2.864 deputati adottano all'unanimità la nuova Costituzione, che sostituisce quella del 1954, sottoscrivono ai due documenti (Rapporto e Relazione) e designano i membri del governo: 13 vice primi ministri e 29 ministri. La lista dei vice primi ministri è aperta da Deng Xiaoping, seguito da Zhang Chunqiao, un radicale. Tra i ministri figurano alcuni noti rappresentanti radicali, quali il ministro della cultura e quello dello sport; ma la quasi totalità dei ministri (compreso quello dell'educazione a cui i radicali tengono assai) va a uomini della cerchia di Zhou Enlai.

Il disappunto dei radicali si manifesta subito in una serie di grida di allarme contro i pericoli di contaminazione "borghese", contro le direzioni "impure" di settori chiave dell'economia, contro l'infatuazione della modernizzazione a danno del progresso della rivoluzione.

5. Nuova campagna politica

Secondo il loro stile preferito, i radicali lanciano nel febbraio 1975 un'altra campagna politica, che prende le mosse da una serie di affermazioni di Mao sull'imperfetta realizzazione del socialismo in Cina e sull'urgenza per tutti di approfondire "lo studio della dottrina della dittatura del proletariato", come premessa essenziale per un impegno indefesso nella trasformazione della società, secondo le traiettorie comandate dalla teoria comunista.

In marzo e in aprile nella polemica intervengono allo scoperto, con il peso politico che deriva dalla loro appartenenza al Politburo, i due esponenti radicali Zhang Chunqiao e Yao Wenyuan. I loro due articoli su Bandiera rossa tratteggiano un'immagine allarmistica dell'influsso nefasto che esercita sulla dirigenza cinese a tutti i livelli il diritto borghese, residuo nel sistema socialista.

Zhou Enlai e Deng Xiaoping sono specialmente occupati a promuovere ricerche programmatiche settoriali, allo scopo di tracciare piani organici per l'ammodernamento della Cina. Trovano però il modo di intervenire, quando l'ondata di contestazione della campagna lanciata dai radicali scatena i loro sostenitori alla base e nascono così disturbi e disordini in varie fabbriche. In più d'un caso devono intervenire le truppe.

Nell'estate del 1975 i radicali tornano però alla carica, provocando un'altra battaglia politica incentrata sulla "critica a Song liang", l'eroe di un romanzo popolare basato sulle vicende di una rivolta contadina di quasi mille anni fa. I rivoltosi del romanzo finiscono per arrendersi alle profferte pacificatrici della corte imperiale, che premia poi Song Jiang con la concessione di un mandarinato.

I radicali, che come sempre si appellano a Mao, sentenziano ora a distanza di secoli che Song Jiang è un falso eroe in quanto ha tradito la rivoluzione; e con lui la tradiscono, aggiungono, tutti quelli che abbandonano la lotta. Non fanno mistero, nel corso della campagna, che i Song Jiang moderni che hanno in mente sono due in particolare: Zhou Enlai e Deng Xiaoping.

Riescono a far breccia, almeno nei sentimenti di Mao che non ha mai accettato di buon grado la riabilitazione di Deng Xiaoping. In autunno possono così lanciare un attacco più diretto, facendo leva su di un tema molto caro a Mao: la riforma dell'insegnamento superiore. Il nuovo bersaglio indiretto è il ministro dell'educazione, Zhou Rongxin, accusato di favorire una scuola elitista, invece di promuovere un'istruzione proletaria.

Zhou Enlai è in fin di vita. Deng Xiaoping sembra tener bene alla tempesta. A 72 anni dimostra un vigore insospettato. Grazie alla posizione che ha riacquistato nel Politburo, è riuscito in poco più di un anno a metter su una struttura politico-amministrativa oculata ed efficiente, diretta in prevalenza da uomini della vecchia guardia.

La rivalità tra correnti e gruppi di potere è molto accesa e la contestazione è sempre viva benché non necessariamente chiassosa, teatrale o violenta; ma ha tutta l'aria di diventarlo presto. Che esista il timore di qualcosa di serio si può dedurre dalle severe misure di disciplina e controllo politico-sociale introdotte nei centri urbani durante l'anno ed estese nell'ultimo scorcio del 1975 alle zone rurali.

La nuova campagna di irreggimentazione dei contadini interessa direttamente l'85 % dei cinesi. I documenti di Pechino la mettono alla pari con tre spettacolari azioni politico-sociali del recente passato: la riforma agraria del 1950-'51, la collettivizzazione del 1956 e la creazione delle Comuni rurali nel 1958. Il contadino cinese non è un gregario del tutto ossequiente e questa severità potrebbe portare a notevoli complicazioni. Decine di migliaia di "gruppi di lavoro" del partito hanno invaso le campagne per attivarle e mettere in moto una vasta "rettifica" della dirigenza rurale. Si mira a un approfondimento della "socializzazione" delle zone rurali, come superamento della collettivizzazione che tende ad originare contrasti tra villaggi e collettività nazionale. Ci si prefigge anche un traguardo concreto che dovrebbe invogliare i contadini: la meccanizzazione dell'agricoltura, che dovrebbe completarsi o quasi entro il 1980, nel quadro del V Piano quinquennale.

Il 1976 è appunto l'anno di apertura di questo piano, che rappresenta la prima fase dell'ambizioso disegno venticinquennale proclamato all'inizio del 1975: prima della fine del secolo, la Cina dovrà essere modernizzata per appartenere di pieno diritto ai Paesi economicamente sviluppati e militarmente all'altezza dei tempi.

6. Economia e relazioni estere

I rapporti, parziali e confusi, sull'andamento dell'economia nel 1974-'76 lasciano trapelare due serie di difficoltà: quelle tecniche derivanti dal problema dell'utilizzazione razionale delle risorse nel quadro di un'economia moderna, e le difficoltà politiche create dalla polemica politica sul modo di risolvere il problema.

Nel dopo-Mao il rallentamento nello sviluppo economico viene addebitato al "sabotaggio della banda dei quattro", e gli scompensi vengono anzi esagerati nella foga di riversare sulla "banda" tutto quanto non ha funzionato nel 1974-'76.

In realtà l'industria ha progredito anche nel quadriennio, sebbene abbiano incontrato particolari ostacoli nel 1975-'76 la siderurgia, la produzione carbonifera e l'industria tessile, e nel 1976 anche quella meccanica e petrolifera. È andato avanti il programma nucleare: un satellite artificiale in orbita dal 26 novembre al 2 dicembre 1975 e quattro prove nucleari nel 1976 (23.1, 26.9, 17.10 e 17.11).

Nel campo di politica estera si moltiplicano nel 1974-'76 le visite in Cina di dignitari stranieri. Tra questi Gerald Ford (1-5 dicembre 1975) in un clima pre-elettorale per gli Stati Uniti; la sua visita non ottiene risultati tangibili, ma riafferma l'interesse cinese per la tecnologia e per il mercato americano.

Vanno invece a rilento i negoziati cino-giapponesi in vista di un trattato di pace riferito tuttora al conflitto del 1936-'45. Alle difficoltà giapponesi per l'accettazione delle richieste cinesi si aggiungono quelle interne della politica cinese, dove le incertezze causate dal clima di attesa del dopo-Mao fanno rimandare decisioni meno urgenti.

7. Il fatidico 1976

Il 1976 si apre così con prospettive positive, ma non mancano fattori allarmanti a moderare l'ottimismo. Il principale di questi fattori è il problema della successione a Zhou Enlai e a Mao, che sono notoriamente in fin di vita.

Successore naturale di Zhou Enlai sembra essere Deng Xiaoping, che in effetti è al primo posto nella lunga settimana di lutto nazionale che segue la morte di Zhou l'8 gennaio.

La scomparsa di Zhou Enlai è sentita vivamente e la partecipazione popolare alle onoranze funebri è imponente; ma inspiegabili restrizioni vengono imposte alle manifestazioni popolari, come se il cordoglio popolare per Zhou divenisse politicamente problematico, proprio nel giorno delle esequie il 17 gennaio. Subito dopo questa data, Deng Xiaoping "scompare". Si intensifica invece la campagna radicale contro "il vento di destra".

Il 7 febbraio arriva la sorpresa: Mao, sempre imprevedibile, assegna l'interim della presidenza del governo a un uomo relativamente nuovo sulla scena nazionale: il ministro della pubblica sicurezza Hua Guofeng.

Il Quotidiano del Popolo del 17 febbraio parla di "spaccatura nel Comitato Centrale del Pcc", di "complotti antipartito", di "dirigenti ostinatamente imborghesiti", di forze armate sottratte alla guida del partito. I dazibao di Shanghai ripropongono per Deng Xiaoping il nomignolo "Kruscev numero due". Il tema palese della polemica è nuovamente la lotta contro il fenomeno dell'imborghesimento in un'assetto socialista, ma lo scopo implicito è la candidatura al potere da parte di quelli che si autoproclamano unica garanzia contro tale involuzione: i radicali.

Insoddisfatti di una vittoria parziale, i radicali premono per l'allargamento dell'epurazione: vogliono colpire Deng apertamente e assieme a lui eliminare politicamente tutti quanti sbarrano loro la strada alla conquista definitiva del potere.

In un rinnovato clima di incertezza politica, il 5 aprile si verificano in piazza Tian'anmen a Pechino incidenti gravi, mai visti dal 1949. Il 5 aprile cade la ricorrenza popolare del Qingming, quando le famiglie cinesi commemorano i defunti. In prossimità della ricorrenza, attorno al monumento agli Eroi, in piazza Tian'anmen, vengono collocate corone di fiori; e molte sono in onore di Zhou Enlai. Nella notte del 4 aprile qualcuno le fa ritirare. La protesta contro questa "provocazione" degenera in tafferugli e violenze. Viene attaccata la polizia e si appicca il fuoco alla caserma dei militari di guardia alla piazza. Solo a sera tarda viene ristabilita la calma.

Incidenti simili turbano la tranquillità di altri grandi centri. Vengono insolitamente pubblicizzati sulla stampa cinese e addebitati allora (1976) al tentativo dei seguaci di Deng Xiaoping (paragonato a Nagy) di strumentalizzare la figura di Zhou Enlai. Due anni più tardi (1978) ne vengono incolpati i radicali, che li avrebbero provocati nel quadro di una strategia della tensione.

In parte essi ottengono quel che vogliono, perché Mao si decide ad epurare nuovamente Deng (7 aprile); ma allo stesso tempo affida a Hua Guofeng (e non a Zhang Chunqiao, come i radicali si illudevano) la successione di Zhou Enlai, creando insieme per lui il posto di primo vice presidente del CC del Pcc.

Il 6 luglio muore Zhu De, il "padre dell'esercito rosso". Le file dei veterani continuano a diradarsi: il 16 dicembre 1975 è morto Kang Sheng e il 2 aprile 1975 era morto Dong Biwu. Il 15 giugno viene comunicato alle rappresentanze diplomatiche che Mao Zedong non riceverà più dignitari stranieri; la sua salute declina senza rimedio. In vista della sua scomparsa si acuisce il problema della successione.

L'estate del 1976 trascorre in un clima di attesa nervosa. Il padre della Cina popolare si spegne il 9 settembre: la Cina lo piange in dieci giorni di lutto nazionale. Ma già nei messaggi di cordoglio pubblicati dai dirigenti delle province e delle regioni militari si percepiscono dissidi di fondo. La successione non si annuncia un processo facile; ma a giudizio comune i dirigenti cinesi non si metteranno a litigare apertamente sulla tomba fresca di Mao.

Invece succede proprio l'imprevisto. Il 7 ottobre viene messa agli arresti quella che da allora viene denominata banda dei quattro (la vedova di Mao, Jiang Qing, e i tre esponenti radicali del Politburo); l'accusa è un complotto di colpo di Stato. Hua Guofeng, designato presidente del CC in una riunione d'urgenza del Politburo, emerge formalmente come successore di Mao.

Si apre così il dopo-Mao di cui questo dizionario tratta una voce apposita. Una -> cronologia (nell'Appendice V) della Rpc raccoglie per ordine le vicende esposte e quelle che seguono fino all'inizio del 1979.

G. Melis (1979)

 

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