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SAGGI

Realismo e autobiografia: la nuova strada di Wang Shuo?
A proposito del suo ultimo libro Kan shangqu hen mei (Bello a vedersi)

di Rosa Lombardi

Dopo anni di assenza dalla scena letteraria, Wang Shuo è tornato alla ribalta con il suo ultimo libro Kanshanqu hen mei (Bello a vedersi)1.

Lo scrittore si era imposto all'attenzione del pubblico cinese negli anni Ottanta, con la pubblicazione di oltre una ventina di romanzi raccolti nel '92 in quattro volumi2. In seguito si è dedicato maggiormente alla televisione e al cinema, curando la sceneggiatura di serial televisivi3 e la regia di film tratti anche dalle sue opere4 con i quali ha accresciuto la sua già consolidata notorietà.

Sin dall'apparizione del suo primo romanzo, Kong zhong xiaojie5, uscito nel 1984, Wang Shuo è diventato argomento di discussione in Cina, amato e seguito dal pubblico dei giovani, ma più volte attaccato dalla stampa e dalla critica ufficiale che considerano le sue opere come letteratura poco seria e di scarso valore. E dal momento che queste opere non rientravano per tematiche e stile negli schemi di suddivisione in correnti o movimenti in base a cui viene generalmente presentata la letteratura dell'ultimo ventennio (letteratura della ferita, di reportage, di ricerca delle radici, e sperimentale), i critici hanno coniato per questo tipo di narrativa una nuova definizione, quella di "letteratura dei teppisti o delinquenti" (pizi wenxue), con riferimento ai personaggi che Wang Shuo presenta e di cui racconta le storie. I protagonisti dei suoi romanzi sono infatti nella maggior parte dei casi giovani che vivono ai margini della società, senza un'occupazione fissa. Campano di espedienti, sono dediti al gioco, al bere e ai piaceri materiali, amano divertirsi e non pensare a nulla. Sono personaggi alquanto comuni per un pubblico occidentale ma del tutto inconsueti per quello cinese, e soprattutto per la letteratura cinese degli anni Ottanta. Si tratta infatti di un gruppo al di fuori della tradizionale suddivisione in classi di operai, soldati e contadini (gong nong bing) da una parte e intellettuali (zhishi fenzi) dall'altra che caratterizzava il tessuto sociale cinese sino a qualche tempo fa. Questo gruppo, che potremmo definire di emarginati di città, riflette una nuova realtà prodotta dagli anni turbolenti e di sbandamento della Rivoluzione Culturale e dai cambiamenti intervenuti con l'attuazione della politica di riforma e di apertura economica avviata a partire dalla fine degli anni Settanta. La crisi di valori seguita alla Rivoluzione Culturale e le innovazioni introdotte da un accelerato sviluppo economico hanno determinato grandi trasformazioni sul piano sociale, morale e ideologico, visibili negli anni ottanta soprattutto nelle grandi città.

È proprio in una grande città come Pechino che Wang Shuo ambienta le sue storie, mostrandoci un aspetto sconosciuto della nuova realtà metropolitana cinese in un periodo in cui lo sguardo degli scrittori era ancora rivolto verso il mondo contadino, dove molti di loro avevano trascorso gli anni della rivoluzione culturale o si erano stabiliti. Questo rappresenta senza dubbio un elemento di novità nel panorama della letteratura cinese di quegli anni. Oltre alle tematiche strettamente legate alla realtà urbana ed ai personaggi che vi compaiono.

Nuovo è anche il tono leggero, irriverente e ironico usato dallo scrittore. Nei suoi romanzi Wang Shuo racconta, nel modo realistico a cui i lettori sono abituati, storie dalla trama molto semplice e prevedibile; possono essere storie sentimentali che descrivono amori difficili dal finale tragico, come avviene in Kongzhong xiaojie, Liu Huifang, Guo bayin jiu si6, Yiban shi huoyan yiban shi haishui7, oppure sono storie che affrontano argomenti di interesse generazionale, come ad esempio in Wo shi ni baba8, dove il tema centrale è il difficile rapporto tra un padre divorziato e suo figlio adolescente. In altri romanzi come Wanr de jiu shi xin tiao9, Wanzhu, Yidian zhengjing ye mei you10, la narrazione non segue una trama vera e propria ma si sviluppa intorno ad una serie di azioni o di incontri del protagonista con personaggi secondari che raccontano la propria storia o partecipano alla vicenda senza che però l'attenzione dell'autore si soffermi più di tanto sulla loro caratterizzazione. In tutti i romanzi c'è sempre una voce narrante fissa che racconta la storia, e la lingua usata è il gergo popolare dei giovani di Pechino o, secondo i critici più severi, "la lingua usata dai bigliettai d'autobus, dai teppistelli di strada e dai giocatori d'azzardo"11. Il punto forte dello stile sono senza dubbio i dialoghi serrati costruiti su battute irriverenti, una sottile ironia politica e trovate ingegnose che rendono la lettura altamente godibile.

Si tratta di una letteratura popolare e di largo consumo, priva di intenti morali, di cui Wang Shuo è stato senza dubbio l'iniziatore.

L'ultima opera dell'autore, Bello a vedersi, uscita dopo sette anni di assenza di Wang Shuo dalla scena letteraria e dopo una lunga gestazione12, malgrado sia subito entrata nelle classifiche cinesi dei libri più venduti, appare poco convincente, e vedremo per quale motivo.

Il libro è preceduto da una lunga introduzione, nella quale Wang Shuo cerca di spiegare ai suoi lettori le ragioni che hanno ispirato l'opera, ed anche di fornire ragguagli al pubblico non pechinese sull'uso e il significato di alcuni termini del dialetto di Pechino usati nel testo.

In questa introduzione lo scrittore spiega di aver riflettuto a lungo sulla sua vasta produzione, e di essersi reso conto che i suoi romanzi offrono una visione semplificata della vita, o per essere più crudi la distorcono, perché non riescono a rappresentare la ricchezza e complessità dell'esperienza umana. L'autore cerca di giustificare questa carenza adducendo come motivo l'interazione che si stabilisce tra scrittore e opera mentre questa prende forma, che a volte può causare persino un allontanamento dall'idea iniziale e uno svolgimento imprevisto indotto dallo sviluppo della storia stessa e dai personaggi in essa creati. Cosicché si finisce per seguire come ammaliati il percorso che la storia in quel momento suggerisce, preoccupandosi unicamente che questa risulti piacevole per i lettori. Wang Shuo sostiene che in quest'opera tenterà invece di seguire un'idea che accarezzava sin dall'inizio della sua attività, e che col tempo si è arricchita e ha preso forma precisa: racconterà in tutta sincerità della sua infanzia e di se stesso con l'intento di trasmettere ai lettori la freschezza delle esperienze dei suoi primi anni di vita.

La lunga introduzione in cui l'autore si prodiga in spiegazioni sulla produzione passata e quella futura sembra in realtà rivolta più ai critici cinesi che al pubblico dei lettori, malgrado egli sottolinei a più riprese di nutrire una scarsa considerazione nei confronti dei primi. La risposta che questa nuova opera otterrà dal pubblico sembra aver preoccupato molto lo scrittore, tanto da indurlo a scrivere per la prima volta una prefazione.

Più che di un romanzo si tratta di un libro "autobiografico", vista l'assenza di una trama vera e propria, in cui l'autore rievoca ricordi, sensazioni, impressioni, immagini ed esperienze della sua infanzia nel modo frammentario e discontinuo tipico della reminiscenza. Le vicende si svolgono in un nuovo quartiere di Pechino, costruito nel '49 sulla via Fuxing, ad ovest dei vecchi quartieri, abitato esclusivamente da famiglie di militari provenienti da tutto il paese e comincia nel '61 procedendo sino al '66, anno d'inizio della Rivoluzione Culturale.

La prima parte del libro si svolge interamente in un asilo nido, dove i figli dei militari vivono e vengono allevati collettivamente secondo la prassi in uso all'epoca. Siamo nei dieci anni successivi alla fondazione della Repubblica Popolare, le famiglie sono numerose perché non è stata ancora messa in atto una politica di controllo delle nascite, e perché non avere una progenie numerosa è segno di scarsa salute. I ricordi di Wang Shuo - Fang Qiangqiang (questo il nome del personaggio principale) risalgono al primo anno trascorso nel nido, dove quasi subito dimostra di essere un bambino impudente, caparbio e ostinato, le cui monellerie vengono sovente punite pubblicamente dalle maestre per dare un esempio agli altri bambini.

In questa prima parte del libro l'autore ci fornisce un'idea dell'educazione data ai figli dei quadri attraverso il racconto delle 'lezioni politiche' impartite dalle maestre e la descrizione dei ritmi ben scanditi della vita che si svolgeva all'interno del quartiere, i dettagliati riferimenti ai film proiettati nella piazza e nel campo sportivo dell'abitato e alle canzoni rivoluzionarie diffuse giornalmente dagli altoparlanti. Ancora prima dell'età scolare Fang Qiangqiang dimostra, sin troppo precocemente per la sua età, di aver acquisito una sorta di 'coscienza politica' su parole chiave del vocabolario dell'epoca e quindi su argomenti al centro del dibattito di quegli anni. Leggiamo ad esempio:

Stati Uniti: Fang Qiangqiang se n'è fatto un'idea. Quel tenore di vita così alto non è poi una cosa buona. Per loro il benessere consiste nel mangiare e vestirsi, quando vanno all'estero amano maltrattare i bambini. In passato hanno maltrattato quelli di un posto che si chiama 'Corea'. La mamma di Fang Qiangqiang e altre donne del quartiere sono andate a litigare con quei gran teppisti, se non ci fossero andate non ci sarebbero più i piccoli amici coreani… Fang Qiangqiang si è fatto l'idea che... se si vuole fare la guerra, l'ideale è cercare dei soldati americani, perché mangiano bene e combattendo contro di loro non solo si rimedia del cibo ma si possono portare a casa anche le loro pentole13.

Vietnam: ...Quei teppisti degli americani non avevano niente da fare e sono andati a combinar guai anche là, c'è stata un'altra gran lite. Fang Qiangqiang non riesce a spiegarsi una cosa...: se mangiano e vestono bene cosa ci vanno a fare in posti tanto poveri e lontani?... 14

Anche su interrogativi e questioni 'esistenziali' il giovane protagonista dimostra di avere già trovato una risposta mettendo insieme slogan del tempo e frasi udite dagli adulti in un immaginario infantile in cui forte è il peso dell'ideologia. Leggiamo ad esempio a proposito del concetto di morte:

Morte: era una parola che ricorreva molto spesso tra noi, la sentivamo ogni giorno, molti ci morivano accanto - nelle storie e nei film. Tutte le storie per quanto insulse finivano sempre con qualche morto...

I ragazzi che avevano studiato sapevano che 'morire' e 'sacrificarsi' erano due cose diverse. 'Morire' significa che non capisci più niente, che non vai più da nessuna parte, e che marcisci nel posto dove sei caduto e diventi fango...

'Sacrificarsi' significa che quando ti colpiscono non sopravvivi, ma fai una bella fine e vai molto lontano, non saprei dove di preciso, forse in cielo o nello spazio. Ma non devi preoccuparti, dicono che il posto non è male, tutti i buoni che muoiono vanno là. Nessuno è scemo. Per questo tutti doniamo la nostra vita al Partito. Cos'è il Partito? Che tutti mangiano e si vestono sempre bene e se la spassano alla grande…15

Arriva finalmente il momento di andare a scuola. Per il protagonista significa essere diventato un adulto, avere una divisa e, finalmente, un ruolo all'interno della società; esser diventato una persona seria che, come i suoi coetanei, aspira a diventare un Giovane Pioniere e a portare il fazzoletto rosso al collo per mostrarlo agli altri ragazzi. Sa già quale sarà la strada che da bravo cinese dovrà seguire: dopo essere stato ammesso nei Giovani Pionieri, accederà alla Federazione Giovanile Comunista e infine farà la sua entrata trionfale nel Partito. A scuola l'indottrinamento prosegue e il suo vocabolario si arricchisce ulteriormente di parole complesse; apprende che il capitalismo è il non permettere ai ragazzi di andare a scuola, non dargli da mangiare, ma mandarli a pascolare, a fare i lustrascarpe e a vendere fiammiferi.16

Si giunge infine allo scoppio della Rivoluzione Culturale, ed è il caos all'interno del quartiere, microcosmo che riflette la realtà dei paese: cadono le regole che prima avevano governato la vita politica e sociale, gli insegnanti e il direttore della scuola vengono sottoposti a sedute pubbliche di critica. Qiangqiang è confuso, non può più portare il fazzoletto rosso dei giovani pionieri di cui andava tanto fiero perché l'Organizzazione è stata soppressa in quanto revisionista17. A sei anni non sa cosa significa 'revisionismo', è stato abituato ad associare la parola all'Unione Sovietica, di cui non sa nulla tranne che li mangiano patate e carne di manzo. In un crescendo paradossale e con infantile candore Fang Qiangqiang giunge alla conclusione che mangiare carne di manzo e patate non è una cosa giusta, perché lui sa che il vero marxista non sceglie cosa mangiare.18 Crollano tutti i valori, le convinzioni, il brillante futuro rivoluzionario in cui Fang Qiangqiang aveva confidato. Le scuole vengono chiuse e i bambini trascorrono le giornate riunendosi in bande che sfuggono al controllo delle famiglie e della scuola. Anche gli uffici pubblici saranno chiusi e molti quadri mandati in campagna per periodi di rieducazione politica. Il quartiere di Fang Qiangqiang sembra essere abitato prevalentemente da bande di bambini che scorrazzano liberamente. Questi bambini cresceranno in fretta in quegli anni di miseria e fame e di scontri tra fazioni politiche, e apprenderanno ciò che sanno da soli, per la strada, insieme ai coetanei e a ragazzi più grandi di loro.

Il tema affrontato in questo libro non è nuovo per Wang Shuo. In un altro romanzo, Dongwu Xiongmeng19 (La ferocia degli animali), aveva descritto con maggiore vigore e freschezza la vita di un gruppo di adolescenti di Pechino collocando la vicenda sempre durante la Rivoluzione Culturale, ma più avanti nel tempo, verso la metà degli anni Settanta. Anche in Dongwu xiongmeng l'autore era protagonista e voce narrante (lo scrittore adulto che ricorda) e raccontava del senso di solitudine e di abbandono provato all'età di dodici anni, della libertà senza precedenti di cui i giovani godevano a quell'epoca mancando il controllo da parte della famiglia e della scuola. Anche qui il protagonista, ancora adolescente, sogna di entrare nell'Esercito di Liberazione e di partecipare ad una Terza Guerra Mondiale per sconfiggere americani e russi.

In Dongwu xiongmeng tuttavia lo sguardo dell'autore si era soffermato principalmente sulla vita degli adolescenti, sui loro primi innamoramenti, sull'attaccamento e il senso di appartenenza al gruppo di amici; le vicende politiche, a differenza dell'ultimo romanzo, facevano soltanto da sfondo alla storia. In questo romanzo accanto al protagonista comparivano gli stessi personaggi (Gao Yang, Gao Jin, Wang Ruohai)20 che troviamo ancora bambini ma già ribelli e prepotenti in Bello a Vedersi.

In quest'ultimo libro, malgrado le anticipazioni offerte dall'autore nell'introduzione riguardo la volontà di esplorare più in profondità moti e meccanismi dell'animo umano, e al tentativo di rendere più vividamente la complessità dei caratteri da lui creati, non ci sembra che si aggiunga nulla di nuovo rispetto al passato. I personaggi rimangono senza un volto, come appena abbozzati, e ignote restano le motivazioni profonde che li spingono ad agire e a comportarsi in maniera ribelle e insolente. Quasi totalmente assenti anche le figure dei genitori, fatto alquanto sorprendente per il periodo trattato, e in generale le figure di adulti, tranne quella di una arcigna e rigida maestra che incute timore a tutti i bambini che vivono nella stessa camerata. In questa, come in opere del passato, Wang Shuo continua ad essere la voce narrante e il protagonista intorno a cui tutto il resto del mondo (personaggi, vicende, avvenimenti) sembra ruotare. Dunque se l'intento, come aveva annunciato anche in Italia21, era quello di esplorare le più oscure profondità della sua coscienza, il libro non appare nel complesso ben riuscito. La descrizione dell'infanzia trascorsa nel nido, che occupa tra l'altro una buona metà del libro, si riduce spesso ad un facile autobiografismo privo di spessore, anche se a volte esilarante, e alla creazione della solita immagine di bambino precoce, furbo, e smaliziato che abbiamo già incontrato altrove da adulto.

Il lettore si rende ben presto conto che il vero motivo ispiratore del libro non è tanto la ricostruzione della propria memoria da parte dell'autore, ma il tentativo di indurre i lettori ad una riflessione sulla memoria collettiva, su un periodo denso di avvenimenti e particolarmente importante della storia cinese. Sotto questo aspetto il libro è certamente prezioso soprattutto per il lettore non cinese perché offre una quantità di informazioni sulla vita sociale e culturale di quegli anni, riferimenti particolareggiati e difficilmente reperibili altrove alle opere letterarie - cinesi e in traduzione - in voga all'epoca, le letture di una generazione che oggi ha quarant'anni, a canzoni, musiche, spettacoli rappresentati nel periodo, e infine a come era stato costruito il culto di Mao.

Ciò che emerge dal libro è il ruolo dominante assunto dalla politica nella vita quotidiana, il carattere rigido e severo di un sistema che si impone sul singolo sin dalla più tenera età, ponendo l'individuo al servizio del collettivo, scoraggiando la diversità e l'individualità a favore di una conformità a modelli di comportamento politicamente corretti e accettabili. Risalta inoltre il contrasto tra la società 'chiusa' ma ben salda nei suoi principi etici e politici nel periodo seguito alla fondazione della Repubblica Popolare e la disgregazione sociale e il crollo dei valori e delle certezze a cui si era assistito durante la Rivoluzione Culturale.

Come già si è detto, in passato Wang Shuo aveva calato le sue storie nel presente, descrivendo un nuovo modo di vivere; una nuova concezione della vita e nuovi personaggi, i suoi 'teppisti' che si burlano delle convenzioni sociali e della morale tradizionale, per affermare la propria libertà creativa e il distacco da scelte letterarie considerate troppo 'serie'. Aveva anche proclamato in più occasioni di essere un anti intellettuale, uno che preferisce stare al di fuori del sistema culturale ufficiale per avere maggiore libertà e scrivere secondo i propri desideri22. Oggi, a distanza di dieci anni, sembra invece voler accettare e assumere quelle responsabilità 'etiche' di cui gli scrittori cinesi hanno dovuto farsi carico per tanto tempo, per affrontare argomenti estremamente delicati come la storia più recente, quasi a voler dire ai lettori: 'guardate com'eravamo, la Cina era così'. Wang Shuo non rinnega dunque lo stile realista scelto all'inizio della sua attività, ma allarga la sua visuale e cambia atteggiamento. In passato era stato soprattutto creatore di storie semplici in cui i giovani, i suoi coetanei, si erano rispecchiati; e oggi, da quarantenne, volge il suo sguardo alla grande Storia e tenta di ricostruire la realtà del tempo, restituendola alla sua autenticità e liberandola dagli schemi precostituiti dei resoconti ufficiali. In quest'ottica Wang Shuo sembra volersi affiancare a scrittori 'seri' come Mo Yan, Yu Hua, Su Tong e ad altri contemporanei che hanno contribuito in modo diverso con le loro opere alla decostruzione, come la definisce Leo Oufan Lee23, del paradigma cinese di realismo (la costruzione lineare della storia, il tempo presente, i caratteri positivi), ricostruendo o inventando la realtà passata in maniera più autentica e reale.

Mo Yan nel suo Hong gaoliang jiazu24, così come nel più recente Feng ru fei tun25 racconta mezzo secolo di storia cinese come è stata vissuta dai contadini della sua regione. Sceglie come teatro delle vicende il villaggio di Gaomi nello Shandong, sua terra d'origine; una zona rurale distante dal governo centrale e ne racconta le tradizioni, le usanze e le credenze. In questo modo traccia un confine immaginario tra la Cina e la Storia ufficiale e il 'suo' mondo, un mondo diverso che possiede un proprio passato e una propria storia e ne dimostra l'esistenza facendo parlare una moltitudine di personaggi: briganti, contadini, maghi, monaci, proprietari terrieri, soldati, figure di antieroi imperfetti e contraddittori ma artefici di una storia più vera e autentica.

A differenza di Mo Yan, Su Tong ambienta i romanzi Qiqie chengqun26 e Yingsu zhi jia27 in un passato indefinito di inizio secolo per narrare tragiche storie di famiglie patriarcali in declino e disfacimento. In lui l'interesse per il passato non è motivato, come in Mo Yan, da una volontà di ricostruzione storica bensì dall'esigenza di stabilire un distacco, una distanza dalla realtà presente. Del passato Su Tong ci offre spaccati di vita privata, di storie 'personali' che si esauriscono nel mondo chiuso e soffocante delle dimore patriarcali. Dalla decadenza e dal declino di questo mondo di cui Su Tong ci racconta non sembra comparire segno di rinascita, è il racconto di un'epoca che lentamente si spegne e muore.

Yu Hua in Torture28 usa un linguaggio freddo e violento per raccontare atti brutali, torture aberranti e descrivere con macabra precisione la morte. In questa antologia non fa esplicito riferimento al passato o alla Rivoluzione Culturale, ma il ricorrere continuo e quasi ossessivo di atti brutali, che appaiono spesso anche immotivati, fa pensare ad una lettura simbolica della storia, ad una metafora usata dall'autore per esprimere l'atmosfera di violenza che aveva dominato i rapporti umani e sociali per decenni e gli orrori della Rivoluzione culturale. In un romanzo più recente, Cronache di un venditore di sangue29, il riferimento al passato diventa invece esplicito. L'autore ripercorre gli ultimi cinquant'anni di storia a partire dalle Comuni Popolari, attraverso il Grande Balzo in avanti e gli anni di carestia che seguirono, sino alla Rivoluzione Culturale, raccontando con tono leggero la strana storia di un uomo comune, Xu Sanguan, che nei momenti di maggiore difficoltà si vede costretto a vendere il proprio sangue per sopravvivere.

L'ossessione per il passato e il tentativo di riappropriazione della Storia che, come abbiamo visto negli esempi citati30, trova una diversa espressione, sembra dunque essere un aspetto ricorrente nella narrativa contemporanea.

Tuttavia, in quest'ultimo libro Wang Shuo non riesce a creare l'atmosfera carica e densa di aspettative che caratterizzava le opere precedenti, e neanche a dare freschezza e originalità al testo. Manca il ritmo veloce e vivace a cui eravamo abituati, il dialogo serrato fatto di battute irriverenti che lo scrittore aveva usato cosi sapientemente in passato conferendo brio e dinamicità al testo; in generale il tono è più sobrio, riflessivo, pacato, fatto dovuto anche alla scelta del monologo interiore e del ricordo come forma espressiva. Il ritmo ne risulta rallentato e non manca di cadute di tono soprattutto nella prima parte, soltanto verso la fine la narrazione riacquista velocità e ritorna il Wang Shuo ironico e divertito che conosciamo. Inoltre l'uso di una lingua più curata e vicina alla forma scritta, in cui compaiono pochi termini dialettali, che si sostituisce al parlato, allo slang dei giovani presente nelle altre opere, conferma l'impressione che Wang Shuo abbia voluto alzare il tono, affidandosi ad un registro più elevato e perdendo, in definitiva, di originalità.

MONDO CINESE N. 104, MAGGIO 2000

Note

1 Wang Shuo, Kan shangqu hen mei, Huayi chubanshe, Pechino, 1999.
2 Wang Shuo Wenji, Wenyi chubanshe, Pechino, 1992.
3 Quelli che hanno avuto maggior successo sono senza dubbio Bianjibu de gushi (Storie di redazione); Kewang (Bramosia); e Yidi jimao (Ovunque piume di gallina) tratto da un racconto di Liu Zhenyun.
4 Tra questi ricordiamo: Wanzhu, Yiban shi huoyan, yiban shi haishui (Metà fuoco metà acqua), Taiyang shanlan de rizi (I giorni in cui splendeva il sole) tratto dal romanzo Dongwu Xiongmeng (La ferocia degli animali), Baba (Padri).
5 In Wang Shuo wenji, op.cit., vol. 1.
6 In Wang Shuo Wenji, op.cit., vol.1 e 3.
7 In Wang Shuo Wenji op.cit., vol. 1; ed. it. Metà fuoco, Metà acqua, Mondadori, 1999, traduzione di Rosa Lombardi.
8 In Wang Shuo Wenji op.cit., vol. 3.
9 In Wang Shuo Wenji op.cit., vol. 2; ed. it. Scherzando col fuoco, Mondadori,1998, traduzione di Rosa Lombardi.
10 In Wang Shuo Wenji op.cit., vol.4.
11 In "Wo kan Wang Shuo" (Cosa penso di Wang Shuo) in Wang Shuo, Wu zhizhe wu wei (Chi ignora non teme), testo reperibile alla pagina web: http://www.shuku.net/novels/wanggshuo/wzzww/wzz.
12 Cfr. Wang Shuo, Wo de sixiang huibao (Parlando delle mie idee), documento reperibile alla pagina web http://www.jrzj.com/cll/jzzj/ws/WS3.
13 Cfr. Kan shangqu hen mei, op. cit. pag. 107
14 c.s.
15 Cfr. Kan shangqu hen mei, op. cit. pagg. 161-162.
16 Cfr. Kan shangqu hen mei, op. cit. pag. 211.
17 Cfr. Kan shangqu hen mei, op. cit. pag. 241.
18 Cfr. Kan shangqu hen mei, op. cit. pag. 217.
19 In Wang Shuo Wenji op.cit., vol.1.
20 In realtà questi personaggi compaiono anche in altre opere dell'autore, vedi ad es. Wanr de jiu shi xintiao e Yiban shi huoyan, yiban shi haishui in Wang Shuo Wenji op. cit. rispettivamente ai vol. 2 e vol.1.
21 Dall'intervento di Wang Shuo al Convegno Uno sguardo ad Oriente organizzato dal premio Grinzane Cavour a Torino il 23 gennaio 1998.
22 C.s.
23 Leo Oufan Lee, "Afterword: Reflections on Change and Continuity in Modern Chinese Fiction" in Widmer &Wang, From May Fourth To June Fourth, Harvard, 1993, pp.361-383.
24 Mo Yan, Hong gaoliang jiazu, Jiefangjun Wenyi chubanshe, Pechino, 1987; ed. it. Sorgo Rosso, Teoria, 1994; Einaudi, 1997, traduzione di Rosa Lombardi.
25 Mo Yan, Feng ru fei tun, Zuojia chubanshe, Pechino, 1996.
26 Su Tong, Qiqie chengqun, ed. it. Moglie e concubine, Theoria, 1992; Feltrinelli 1996, traduzione di Maria Rita Masci.
27 Su Tong, Yingsu zhi jia, ed. it. La casa dell'oppio, Theoria, 1993, traduzione di Rosa Lombardi.
28 Yu Hua, Torture, Einaudi, 1998, traduzione italiana di Maria Rita Masci.
29 Yu Hua, Xu Sanguan mai xue ji, ed. it. Cronache di un venditore di sangue, Einaudi, 1999, traduzione di Maria Rita Masci.
30 L'argomento meriterebbe una più ampia trattazione che qui per ovvi motivi è stata limitata ad alcune opere di autori contemporanei più note e reperibili anche in traduzione italiana.

 

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