DELLA ENTRATA DELLA COMPAGNIA DI GIESU' E CHRISTIANITA'
NELLA CINA
Autore |
Matteo Ricci |
Editore |
Quodlibet, Macerata. |
A cura di |
Maddalena Del Gatto |
Prima edizione |
2000, 2010 |
Pagine |
LXIV-776 |
N. ISBN |
978-8886570664 |
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Il testo qui pubblicato, noto anche come i Commentari
della Cina, è il resoconto dell’avventurosa penetrazione, fra il 1582 e
il 1610, della prima missione cristiana in Cina che abbia lasciato
traccia durevole. Esso fu scritto da Matteo Ricci (Macerata 1552-Pechino
1610), il principale artefice dell’impresa, nell’ultimo scorcio della
sua vita, e completato da Nicholas Trigault con alcune informazioni
tratte da appunti ricciani e con la narrazione della morte dell’autore e
delle trattative per la sua sepoltura in terra cinese.
Il primo libro contiene una descrizione sistematica e dettagliata della
vita, usi, abitudini e istituzioni della Cina dell’epoca, tanto da
rendere l’opera per secoli la fonte principale attraverso cui l’Europa
ha attinto notizie su quell’impero. Nei libri successivi si ha quindi la
narrazione dell’impresa, con le sue fasi per lungo tempo alterne e il
coronamento con l’ingresso e la fondazione di una missione a Pechino. Si
vede bene quanti pochi mezzi materiali i missionari abbiano avuto a
disposizione, ma anche lo spiegamento di forze intellettuali e
culturali, l’acume diplomatico, e spesso l’astuzia, con cui essi
supplirono a tale mancanza. Al di là degli espedienti più noti –
l’apprendimento tempestivo del cinese, il travestimento da bonzi, poi da
letterati confuciani –, i gesuiti mirarono in primo luogo a mostrare
l’ampiezza e la profondità dei risultati raggiunti dalla cultura in
Occidente. Lasciando inizialmente a margine la dottrina, Matteo Ricci –
reduce dalla più avanzata formazione scientifica che un uomo della
seconda metà del ’500 potesse avere – si curò principalmente della
traduzione in cinese dei libri di Euclide, della stesura di opere a
carattere morale-filosofico, della costruzione di strumenti per la
misurazione terrestre e astronomica, dell’edizione di mappamondi,
dell’introduzione di nuovi criteri calendaristici; soprattutto della
costruzione di orologi – perizia grazie alla quale, innanzi tutto,
furono accettati alla corte di Pechino. Dall’altro lato, egli approfondì
la conoscenza dei maggiori classici cinesi e delle diverse “religioni”
diffuse nel territorio, per potersi confrontare ad armi pari su
qualsiasi questione gli venisse posta. Il suo atteggiamento aperto e
sensibile ai problemi della comunicazione con una cultura totalmente
“altra” può essere una delle cause per cui, almeno fino all’inizio del
’900, il nome di Ricci è stato singolarmente dimenticato e la sua opera
ascritta senza troppi scrupoli a Nicholas Trigault, che peraltro l’aveva
resa disponibile in una propria versione latina.
Il testo, oltre alla sua efficacia narrativa, alla forza dello stile che
unisce in modo sorprendente la concreta secchezza del giudizio con la
vastità della prospettiva culturale, e lo iscrive a pieno titolo nella
tradizione di classici come Erodoto, Tacito o Tito Livio, è soprattutto
il resoconto dell’impatto fra due tradizioni millenarie il cui esito è
ancora tutto da interpretare e i cui insegnamenti potrebbero costituire
una guida preziosa nel crescente disorientamento determinato dalle
odierne figure dell’estraneità.
Matteo Ricci nacque a Macerata nel 1552. Missionario della Compagnia di Gesù, astronomo, letterato, cartografo, matematico dotato di una memoria prodigiosa, gettò un ponte fra la cultura occidentale e quella cinese. Destinato alle missioni d'Oriente, partì da Lisbona nel 1578 e, dopo un viaggio di cinque mesi, giunse in India, dove, per quattro anni, studiò teologia e insegnò nei collegi dell'Ordine. Chiamato a Macao nel
1582, l'anno successivo entrò in Cina, rimanendovi per il resto della sua vita. Si presentò ai cinesi quale letterato occidentale in cerca di dialogo e di amicizia con la classe dirigente confuciana. La sua cultura enciclopedica lo spinse ad apprendere perfettamente il cinese, una lingua nella quale poteva scrivere e parlare. Morì a Pechino nel
1610, ottenendo dall'imperatore un terreno per la sepoltura.
I testi già apparsi sono:
Della entrata della Compagnia di Giesù e Christianità nella Cina (2000, nuova edizione 2010), Lettere
(2001), Dell'amicizia (2001, nuova edizione 2010) e Dieci capitoli di un uomo strano
(2010). Con Guerini e associati
Il castello della memoria. La mnemotecnica occidentale e la sua
applicazione allo studio dei caratteri cinesi (2016).
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