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DRAGHI

Tra i vari temi e motivi caratteristici dell'arte cinese, quello del drago è sicuramente il più sorprendente e quello che colpisce maggiormente l'immaginazione. È una delle figure simboliche o fantastiche più frequenti, e tra le più ricche di significato della tradizione cinese. Dalle terrecotte neolitiche, dai bronzi arcaici e dalle giade dell'epoca Shang (XVI-XI a.C.) fino ai ricami delle vesti dei mandarini dell'inizio del nostro secolo, questo tema è stato riprodotto con costanza instancabile ed evidenza continua; si trova sulle ceramiche, le lacche, gli abiti da cerimonia, le balaustre delle gradinate, le grandi pareti-schermo di ceramica policroma, lo si vede sui soffitti dei teatri, sui muri di recinzione dei giardini, ondeggiante, sui cloisonné, su disegni a inchiostro, sulla prua delle imbarcazioni, arrotolato intorno alle colonne all'entrata e sulle tende degli altari dei templi taoisti...

In occasione delle festività, in città la gente del popolo si diverte a nascondersi sotto a lunghi draghi fatti a bruco, di carta dipinta, che spaventano i bambini. In breve, il drago è onnipresente ed è pane integrante della vita quotidiana cinese.

Una creature benefica

Innanzitutto è caratterizzato dal suo aspetto soprannaturale, ibrido e composito. Di fatto nel corso di tre millenni il suo aspetto talvolta è variato, ma poco. Il drago più comune (detto "lungo"), prende a prestito le proprie caratteristiche da veri animali, nove, si diceva: la testa al cammello, le corna al cervo, gli occhi al coniglio (o al gamberetto, secondo altri), le orecchie alla mucca, il corpo alla lucertola, il ventre alla rana, le scaglie alla carpa, le zampe o le palme alla tigre, gli artigli all'aquila. Accade di rado che sia dotato d'ali (di pipistrello, in tal caso) e poteva essere di vari colori. Si credeva che fosse sordo e si nutrisse di carne di rondine. Infine, elemento importante per il nostro approccio: diversamente da quanto accadeva nell'occidente medievale, in cui rappresentava l'incarnazione del male e delle forze maligne, al contrario, in Cina, il drago è una creature benefica e di buon augurio. Annunciava la pioggia e distribuiva fertilità. Aveva il potere della metamorfosi, il dono di rendersi, a piacimento, visibile o invisibile, e le sue apparizioni in cielo - sempre folgoranti - erano accolte come presagi di messi abbondanti, garanzie di future ricchezze. Si riteneva che i draghi potessero nascondersi e annidarsi ovunque, nei cieli, in acqua, sulla terra e sottoterra.

D'altronde, negli ultimi secoli, il drago venue anche associato al potere imperiale: divenne “l’animale emblematico dell'imperatore", detto "Figlio del Cielo", ma anche "Volto di Drago". In questo caso il nostro animale soprannaturale simboleggiava la funzione, che spettava all'imperatore, di assicurare i ritmi stagionali e lo scorrere armonioso della vita. L'Imperatore era garante dell'ordine e della prosperità dell'universo.

Al collo dei draghi era spesso rappresentata una perla appesa, che ricordava il fulgore e la perfezione delle parole dell'imperatore, la precisione del suo pensiero e l'assennatezza degli ordini del sovrano. "Non si discute la perla del drago" soleva ripetere lo stesso Mao Zedong!

Così, in Cina, nonostante il suo aspetto fantastico, il drago non ha mai assunto quelle caratteristiche paurose e bellicose che gli conferirono i nostri artisti, opponendolo a San Giorgio o a San Michele, per esempio. A1 contrario, in Cina lo vediamo spesso bonario, che gioca con un compagno a rincorrere una perla infiammata, il "rubino magico", una specie di pallina irta di una voluta, che si riteneva richiamasse la folgore e il rombo del tuono. Per altri, questa "perla lucente", spesso rossa, rappresenterebbe la luna, o ancore il sole, o perfino l'uovo cosmico, che si ritiene contenga tutta l'energia umana condensata. Di fatto, la voluta raffigurata su questa palla, riproduce il segno figurativo del tuono nella scrittura arcaica. Ed è indiscutibile che il drago fosse del resto strettamente connesso alla pioggia, all'acqua e alle nuvole. Di natura essenzialmente acquatica, il drago compariva regolarmente nel mezzo di nuvole o di flutti, e se spesso si contorce con veemenza, è più per manifestare la propria forza, foga e vitalità, che per esprimere aggressività o furore. In Cina veniva percepito come un animale bonario e giocherellone.

Nelle raffigurazioni dei combattimenti tra draghi, questi non si mordono e non si dilaniano mai come si può invece vedere in Iran, nei manoscritti o sulle ceramiche. In Cina la loro fugace apparizione annunciava la pioggia o qualche felice avvenimento politico, per esempio la nascita di un futuro grande imperatore.

II drago e la pioggia

La maggior parte dei cinesi credeva all'esistenza di queste creature e, ancora all'inizio del nostro secolo, in occasione di un'inchiesta, si è scoperto che quattro persone su cinque condividevano fermamente tale convinzione. Padre Huc, un lazzarista della metà del secolo scorso, nel suo famoso libro “L’Empire chinois" ha raccontato che la gente implorava il drago affinché ponesse fine a una siccità catastrofica. Il mandarino della regione sinistrata, inizialmente emise un proclama per invitare i suoi amministrati a osservare una rigorosa astinenza. Poi ognuno fu invitato ad appendere sopra all'ingresso della propria abitazione delle strisce di carta gialla con scritte formule incantatorie, e ornate con una rappresentazione del drago della Pioggia. Infine, come ultima risorsa, se la siccità persisteva, c'era la consuetudine di organizzare processioni burlesche e stravaganti, nel corso delle quali, accompagnati dal rumore di una musica infernale, si portava per le strade e per i campi un immenso drago fatto di legno e di carta. La pioggia si ostinava ancora a non cadere? Allora, in preda all'esasperazione, a male estremi, estremi rimedi, e le preghiere si trasformavano in maledizioni e, dagli ossequi, si passava alle invettive. E il nostro drago da quel momento veniva "sbeffeggiato e fatto a pezzi dai suoi adoratori inferociti". Un comportamento estremamente significativo, che rivela alcuni aspetti della religiosità cinese.

Durante il regno di Jiaqing (1796-1821), nel corso di una siccità persistente, nessuna cerimonia in onore del drago era riuscita a produrre alcun effetto, perciò il sovrano ordinò di esiliare fino alle frontiere del Turkestan l'inflessibile drago che si ostinava a non far scendere la pioggia. Indubbiamente si trattava di un'immenso modellino conservato in qualche tempio (in Cina esistevano ovunque templi dedicate al Re dei Draghi, in cui il popolo pregava per ottenere abbondanti raccolti). Sconvolti per questa partenza in esilio e per la disgrazia di cui era vittima il paese, alcuni dignitari di Pechino intercessero presso il Figlio del Cielo, che si degnò di revocare la sentenza; e il drago, richiamato, fu reintegrato nelle proprie funzioni. Si ricorda che all'inizio del secolo scorso molti contadini si opposero alla costruzione delle vie ferrate, con il pretesto che i chiodi e le traversine indisponevano i draghi che vivevano nelle viscere della terra. Per loro, i draghi incarnavano le vene dell'energia cosmica percettibile, manifestatasi sotto forma di catene e di rilievi montani. Questi lavori, questi chiodi e queste rotaie, diceva la gente di campagna, importunano i draghi ferendo loro la spina dorsale.

Di fatto, in Cina, ognuno, a seconda della posizione sociale e del grado di istruzione, aveva il proprio modo di percepire o di interpretare i draghi. Per l'uomo comune, della strada o dei campi, il drago era quindi, come abbiamo visto, una creatura benevola e di buon augurio, che annunciava la pioggia e la fertilità, e inoltre era l'emblema dell’imperatore. La sua natura yang, maschile, lo contrapponeva allo yin, di natura femminile e quindi alla fenice, l'emblema dell'imperatrice. Si spiega perché questa due animali emblematici molto spesso siano stati associati e riprodotti insieme.

Ma per gli adepti della setta buddistica contemplativa Chan (o Zen in Giappone), il drago rappresentava infinitamente di più. Simboleggiava la visione fugace, istantanea, evanescente e illusoria della Verità, ed era quindi equiparato a una manifestazione cosmica. D'altra parte, per i taoisti il drago era il Tao stesso, incarnato, cioè la Via, la forza onnipresente che si rivela a noi in un baleno per svanire immediatamente. Perché su questo punto tutti i cinesi sono d'accordo: un drago si mostra soltanto in modo fugace, in una frazione di secondo e soltanto parzialmente; non lo si coglie mai nella sua interezza. Animale fantastico, il drago (di natura yang) abitualmente vive nascosto negli abissi mari, nelle viscere della terra o nelle nubi vaganti (di natura yin). Simboleggia quindi lo slancio spirituale, la potenza divina. Per cui, nel campo dell'arte, si hanno rappresentazioni nervose, gonfie di energia. Come se fossero colti da convulsioni, i draghi torcono e inarcano i loro corpi muscolosi. Nell'arte della Corte imperiale, il drago riveste un aspetto maestoso, brutale e temibile al tempo stesso. Deve esprimere la dignità del potere imperiale.

Artisti e draghi

Questa intensità di vita, questa forza intensa non potevano fare a meno di affascinare gli artisti, e in particolare quelli che usano l'inchiostro e il pennello, gli specialisti del disegno a inchiostro monocromatico. Dal III secolo, Cao Buxing era stato il primo pittore di talento a specializzarsi in draghi, ma il più grande di tutti fu indiscutibilmente Chen Rong, attivo dal 1235 al 1260. I suoi straordinari Nove Draghi, dipinti (nel 1244) a inchiostro, su carta, oggi al museo di Boston, lasciano un'impressione profonda (vedi dipinto). Non si dimentica facilmente questa visione fantastica, gli animali unghiuti, dalla vitalità sorprendente, che si arrotolano e scompaiono parzialmente negli squarci delle nuvole notturne. Sembra che Chen Rong dipingesse in stato d'ebbrezza e si servisse, a mò di pennello, del suo berretto intinto nell'inchiostro; poi terminava i dettagli con il pennello. La sua opera è d'ispirazione nettamente taoista e, di fatto, ritroviamo spesso dei draghi nelle evocazioni del Paradiso taoista, in cui questa servono da cavalcature agli Immortali che viaggiano tra le nuvole (nuvole che nella maggior parte dei casi sono rappresentate da viticci).

Secondo la tradizione, le raffigurazioni dei draghi a cinque artigli erano riservate all'imperatore (per i suoi abiti, il palazzo, il vasellame, il mobilio, ecc.). I principi di quarto e quinto rango avevano diritto soltanto a draghi con quattro artigli; agli altri restavano i draghi con appena tre artigli! Ma questa regola tardiva non è sempre rispettata e ha subito varie modifiche.

Vengono chiamati draghi Kui i primi draghi raffigurati sui bronzi arcaici, le giade e la ceramica bianca della dinastia Shang. Da quest'epoca (secondo millennio a.C.), sono associati ai riti "di invocazione della pioggia". L'immagine del drago viene allora ravvicinata al tamburo - che effettivamente serviva a chiamare la pioggia -; si pensava che per magia imitatoria il fulmine prolungasse il tuono del tamburo. Quindi, l'alligatore cinese (Alligator sinensis), attualmente in via di estinzione, e che vive in caverne-tane nelle tre province del Basso-Yangtse (Jiangsu, Zheijiang e Anhui), probabilmente è servito da modello ai primi artisti. Lungo circa due metri, questo animale sverna da ottobre ad aprile per ricomparire in primavera, con il ritorno della vita attiva, della vegetazione e della fecondità. D'altronde la sua pelle veniva utilizzata per realizzare tamburi per il culto, che del resto ancor oggi sono detti "tamburi di Pioggia" nell'estremo sud della Cina e nelle attigue contrade montane (Laos, ecc.). Esiste quindi una sicura identità (in origine, almeno) tra il drago e l'alligatore.

ll drago in tutte le sue forme

Padroni della Pioggia, manifestazioni delle forze celesti, si credeva che i draghi lasciassero i propri rifugi terrestri (come l'alligatore!) o le profondità degli oceani, in aprile, per salire in cielo e da lì far cadere la pioggia tra i lampi e il fragore del tuono. Così annunciavano il risveglio della natura e delle sue energie. Poi, all'equinozio d'autunno, ridiscendevano sulla terra, sotto terra e negli abissi oscuri dei mari. La denominazione "long" era riservata al drago residente nei cieli, il più potente, quella "li" al drago (allora sprovvisto di corna) che si nascondeva nell'oceano, e quella "jiao" al drago dalla corazza di scaglie che aveva la tana nelle paludi o nelle grotte delle montagne.

Si credeva che la pioggia risultasse dal combattimento amoroso tra due draghi di sesso "opposto", e alcuni cinesi sensibili, un tempo, rifiutavano di uscire sotto la pioggia, per non essere testimoni indiscreti di questi trastulli fantastici. II combattimento amoroso è sopravissuto in forma di gare e di competizioni tra imbarcazioni-drago, in occasione della festa del 5° giorno del 5° mese lunare (Festa delle barche-drago, Duanwujie in cinese). In occasione della festa delle Lanterne, il 15 della prima luna, grandi draghi a bruco, fatti di tela e di cartone, sotto i quali si nascondono portatori burleschi, serpeggiano nelle strade, in un grande tumulto di grida, risate, petardi, gong e ottoni. In questo caso simboleggia le forze sotterranee della germinazione primaverile, e quindi della fecondità. Nelle superstizioni popolari il drago ha svolto in ogni tempo un ruolo preponderante, come non si può fare a meno di constatare.

Così, per molto tempo, nel nord della Cina, i contadini sono stati incuriositi da strane ossa fossili che capitava loro di dissotterrare spesso e che, con la massima naturalezza, chiamavano "ossa di drago". Di fatto questi resti fossilizzati di dinosauri del trias superiore, che hanno da 70 a 225 milioni di anni, richiamano decisamente quelli degli attuali coccodrilli... Con l'unica differenza che il Phobosuchus del cretaceo superiore, per esempio, probabilmente raggiungeva i dodici metri di lunghezza! Si capisce la perplessità dei contadini davanti a ossa di tali dimensioni, quando le dissotterravano. Le ammucchiavano coscienziosamente per farne medicine e polveri magiche.

Nelle leggende della mitologia antica, i draghi fungono da veicoli o da traino per le grandi divinità, per esempio il Padre d'Oriente e la Regina Madre d'Occidente. Huangdi, l'Imperatore Giallo, sovrano leggendario, avrebbe, per primo, realizzato un tamburo con la pelle di un drago. Questi tamburi dominavano il fulmine, e Pangu, il nano cornuto, colui che metteva ordine nel caos, che è rappresentato sulle mura di Dunhuang mentre è intento a fare il giocoliere in un cerchio di tamburi. Dunque simboleggia anche il tuono! Durante il periodo della "società primitiva", il drago fu il simbolo delle forze soprannaturali.

Con il passare dei secoli, il drago nel Medio Evo assume una forma sempre più fantastica, e l'imperatore si impadronisce della sua immagine, facendone un suo antenato. Nella società feudale, divenne simbolo dell'autorità assoluta dell'imperatore. Lo si vedrà raffigurato su lingotti d'argento che servivano da moneta, e sul trono imperiale, chiamato precisamente "Trono del Drago". Dall'XI secolo, come si può osservare su alcuni affreschi di Dunhuang, viene inserito nei grandi dischi e quadri posti sul petto delle vesti, ricamato sugli abiti e sulle cappe di importantissimi personaggi, e sui flabelli e parasoli portati dai loro fedeli servitori. Il drago a tre artigli era già visibile sulle vesti Tang (618-907), e diventa un elemento costante durante la dinastia Yuan (1279-1367). Alcune leggi suntuarie, severe, promulgate nel XIV secolo, autorizzavano i nobili e gli alti funzionari a portare una veste decorata di draghi ricamati, riservando ai sovrani e a certi principi i draghi con cinque artigli. A partire dai Ming (1368-1644) e durante la dinastia Qing (1644-1911) soprattutto, queste vesti semi ufficiali, di gala, dette esattamente "vesti-drago", divennero sempre più frequenti.

I Nove Draghi

Abbiamo accennato al tema dei Nove Draghi a proposito dei disegni a inchiostro di Chen Rong. Lo si ritrova su una serie di grandi muri schermo, in ceramica policroma smaltata, conservati a Pechino (nella città proibita e nel Parco Beihai) e a Datong. Su una lunga fascia che si distende in larghezza, nove draghi fantastici, disposti a fregio e di colori diversi, si contorcono in mezzo a onde e nubi. Una credenza popolare in effetti distingueva nove specie diverse di draghi (con nomi precisi). Pulao viene sempre raffigurato sulle campane e sui gong; Qiuniu, ama la musica di tutti i generi; Bixi e Baxia sono raffigurati, il primo in cima alle steli - poiché era appassionato di letteratura - e alle mensole, il secondo alla base delle stesse, capace di sopportare grandi pesi. In quest'ultimo caso accade che alla testa della tartaruga che porta sul dorso la pesante stele, vengono conferiti i lineamenti di un drago; Chaofeng appare alle estremità scolpite delle travi dei tempi per la sua inclinazione al pericolo; Chiwen orna le balaustre dei ponti per la sua passione per l’acqua; Suanmi scolpito sull trono di Buddha per la sua propensione al riposo; Yazi è raffigurato sull'elsa delle spade; e infine Bi’an si allunga sull'architrave e sulle porte delle prigioni.
In breve, questo essere mitico e fantastico, tuttavia familiare, e che a suo piacimento poteva ridursi alle dimensioni di un lombrico o, viceversa, assumere dimensioni gigantesche, in Cina ha finito per acquistare una autenticità sorprendente, fino al punto di convincere ognuno della sua "reale" esistenza. All'inizio del secolo, serissimi insegnanti dell'Università di Shanghai giuravano di averne visti con i propri occhi! Ma lungi dall'essere una creatura inquietante e apocalittica, il drago in Cina ha sempre suscitato la simpatia di tutti e, al tempo della dinastia Mancese, ognuno fremeva per poter essere ammesso nell'ordine del Doppio Drago, e portare sul petto una medaglia su cui erano raffigurate due di queste creature benefiche affrontate. I drago, essendo di buon augurio, poteva portare soltanto felicità, ricchezza e prosperità. Si capisce perciò l'enorme e duraturo successo di questo tema che si mantiene vivo da più di trenta secoli, un tema che agli occhi degli occidentali potrà risultare leggermente inquietante, ma che al contrario è benefico e gradevole per gli abitanti dell'Impero celeste. Molti cinesi continuano a battezzare i propri figli con il nome "Long", drago, e ai candidati chc hanno superato brillantemente esami e concorsi, nonché agli accademici viene a loro volta conferito l'ambito titolo di "drago".

 

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