Ma la maggior parte dei
frammenti proviene dalle antiche zone archeologiche della Via della Seta,
nella parte dello Xinjiang, l'ex Turkestan cinese. A partire da Dunhuang,
si conoscono due vie diverse che si addentrano verso ponente, in direzione
dell'Afghanistan; quella del sud, che costeggia il deserto dei Taklamakan,
passa per Loulan, Miran, Niya (o Minfeng), Khotan, Yarkand a Kashgar; fu
in attività soprattutto durante la dinastia Han, perché i mongoli
xiongnu in quel periodo erano particolarmente minacciosi a nord. Poi,
durante la dinastia Tang (618-907), la situazione si rovesciò; sotto la
minaccia dei tibetani, a sud, il traffico si spostò nuovamente sulla
pista del nord, che costeggia il deserto del Taklamakan e del Tarim, e che
passava per i piccoli stati‑oasi di Hami, Turfan, Kutcha, per
congiungersi a Kashgar. Tutte queste città, molte delle quali sono
ritornate ad essere polvere, all'inizio del XX secolo sono state meta di
vari viaggiatori-archeologi (Sven Hedin, Sir Aurel Stein, Von Le Coq,
Grunewedel, Paul Pelliot, Otani, Oldenbourg ecc.) che vi hanno fatto
ritrovamenti sorprendenti a magnifici. Dal 1959 al 1969 principalmente,
anche gli archeologi cinesi sono tornati su queste zone archeologiche
eccezionali. Sono stati effettuati scavi net cimiteri e nelle varie tombe,
come le 114 tombe d'Astana, vicino a Turfan, o quelle di Karakhoja, non
lontane. In breve sono stati riesumati centinaia di frammenti di tessuti
che attestano che la seta svolgeva senz'altro il ruolo predominante nel
traffico in questione, anche se sappiamo che i cinesi esportavano inoltre
pellicce, ferro, cannella, rabarbaro ecc. per comprare, in cambio,
cavalli, giada, tessuti di lana, e articoli di vetro colorato, romani (1).
Oltre a Turfan, gli
archeologi cinesi hanno fatto degli scavi anche net siti Han di Wuhei, nel
Gansu, di Minfeng (ex-Niya), e di Yutian, (ex-Yumi). A Niya nel 1959 fu
scoperta una coppia mummificata, pertanto ricca di abiti di seta, intatti
(2).
Durante la dinastia Han,
i motivi dei damaschi erano realizzati nel senso dell'ordito, ed
esistevano ricami a broccati rigati. Nel Vicino Oriente, a Palmira, Doura‑Europos
e Lalabieyeh sono state rinvenute sete operate di origine cinese che
risalivano ai primi tre secoli dell'era cristiana. Poi, nel III e IV
secolo, alle due estremità della Via della Seta, si assistette a profondi
sconvolgimenti politici ed economici; crollarono la dinastia Han e
l'impero romano. Verso il 300 la Persia sassanide, che era in concorrenza
con Bisanzio, cercò di monopolizzare il commercio della seta che in parte
si riversò via mare; tuttavia, in seguito ad accordi tra Bisanzio e i
sassanidi, lo scambio della seta avveniva nella città di frontiera di
Nisibis. Ma il traffico sembra moribondo fino alla fine del VI secolo.
Sarebbe ripreso con la dinastia nazionale cinese dei Tang, che si
impadronì nuovamente del Xinjiang-Turkestan in cui, nel frattempo, si
erano insediati i turchi Uighur, di fede nestoriana.
II periodo Tang - del
VII, VIII e IX secolo - inizialmente subì una forte influenza iraniana; i
temi preferiti furono sicuramente sassanidi. Si tratta di medaglioni
perlati, che racchiudono una coppia di animali posti l'uno di fronte
all'altro, di cavalli o di uccelli, ma anche di cavalieri montati su
cavalli celesti, fenici, anatre querquedule, pavoni, galli, cervi, teste
di cinghiali, ma anche fiori e piante, fiori di loto, acanti, caprifogli.
Ma stranamente non c'era il Simurgh, il drago pavone che forse era un
emblema reale, in Persia, in cui del resto tale tema era molto apprezzato.
Del periodo in questione conosciamo varie migliaia di frammenti di seta
conservati in Giappone (nel Shoso-in), e altri provenienti da Dunhuang, da
Turfan-Astana, e da Bachu. Molti sono broccati con decorazioni tessute
(nei fili della trama) o ricamate. Ma a quest'epoca sono comparsi anche i
batik (o gaojie, in cinese), sete policrome i cui motivi si
ottengono annodando il tessuto, in certi punti; o ancora stoffe stampate
tra cui alcune con motivi eseguiti per mezzo di stampini di cartone o di
carta.
I numerosi frammenti
ritrovati nelle 455 tombe del cimitero d'Astana hanno potuto essere datati
grazie alle iscrizioni funerarie all'ingresso e sono compresi tra il VII e
il IX secolo. Molti dei medaglioni sono circoscritti in un disco
d'ispirazione sassanide, risalgono al VII secolo e soprattutto all'VIII.
Venivano usati per i famosi "fumian" o coprivolto dei
morti, una grande sorta di focaccia rotonda, con un medaglione centrale in
un disco sassanide circondato da seta monocroma, pieghettata. Questi
fumian nascondevano il volto del defunto.
Il commercio
della seta
Durante la dinastia Tang la Cina moltiplicò i propri
contatti con la Corea e con il Giappone (nell'805, per esempio, 270
ufficiali giapponesi in visita in Cina ne ritornarono con 1.350 pezze di
seta, consegnate in dono. Ma il VII e l‘VIII secolo videro il dominio
dell'islamismo su tutta la parte meridionale del bacino mediterraneo, e
l'Iran, centro del traffico cinese - che da poco ha carpito i segreti
della fabbricazione della seta - a sua volta è appena caduto nelle mani
dei califfi abassidi. Ormai la Persia mussulmana produce, tesse la seta e
la vende a tutto l'occidente. Ma non in quantità sufficiente, né di
qualità paragonabile a quella della Cina. Anche quest'ultima continua a
smerciare seta, in particolare lungo le piste che attraversano il Caucaso.
A quel tempo l'impero cinese si estendeva fino al lago Balkach e fino a
Samarcanda. Ma nel 751 i cinesi vengono sconfitti dagli arabi sui bordi
del Talas, e gli Uighuri del Xinjiang, da nestoriani che erano, più tardi
si faranno mussulmani. Dopo la sconfitta sui bordi del Talas, il potere
cinese venne respinto a est e, ormai per lunghi secoli, i rapporti con
l'Asia centrale furono soltanto di natura religiosa a commerciale. Dalle
oasi del Tarim, l'islamismo si infiltrò in Cina, inizialmente nel Gansu,
poi fino al Shaanxi. Nel XVIII secolo, il Xinjiang passò sotto
l'autorità delle tribù mongole, gli Eleuti o Zungari che saranno
sterminati dai cinesi in seguito alle campagne militari di Kangxi (nel
1690) a soprattutto da Qianlong (nel 1757): la Kashgaria venne allora
annessa a prese il nome di Xinjiang o "Nuova Frontiera". Il
programma imperiale, che risaliva a quasi due millenni prima, veniva
finalmente portato a termine.
Ma torniamo
all'insediamento islamico; oggi sappiamo che è esistito un importante
centro di fabbricazione di tessuti di seta dal VII al IX secolo, in
Sogdiana, vicino all'odierna Buchara. Alcuni dei coprivolto di Astana
probabilmente provengono da tale località. Da lì, lentamente, la
sericoltura si diffuse nel Mediterraneo, quando i veneziani si
accaparrarono il commercio della seta e delle spezie. In Sicilia, a Lucca,
a Pisa e ben presto anche a Lione, si svilupparono bachicolture e vennero
diffusi gli articoli per la fabbricazione della seta. Contemporaneamente -
durante il nostro Medioevo -, vari mercanti cinesi, sulle proprie navi,
vendevano molte porcellane e sete ai giapponesi; dei resto, un editto dei
1219 imponeva ai commercianti cinesi di pagare gli acquisti effettuati
all'estero esclusivamente con tessuti di seta e ceramiche, al fine di
arginare l'emorragia di rame.
Durante la dinastia Yuan
mongola (1271-1368), il traffico delle carovane attraverso l'Asia centrale
fu nuovamente florido, è l'epoca in cui arrivarono in Cina i Polo di
Venezia. Ma la via marittima non era certo meno attiva, e varie
imbarcazioni trasportavano gli articoli cinesi fino al porti di Aden, di
Zanzibar, di Mogadishu e del Mar Rosso, da cui pervenivano fino alla Mecca
e al Cairo.
Questo traffico finì
improvvisamente con la dinastia seguente, i Ming (1368-1644). Soltanto, o
quasi, il grande esploratore Zheng He, un eunuco mussulmano dello Yunnan
che fece sette viaggi per mare tra il 1405 e il 1433 e visitò una
trentina di paesi, fu autorizzato a commerciare. La sua flotta raggiungeva
le 200 imbarcazioni, con 27.800 marinai e soldati. Sappiamo che nel 1428
fece preparare a Nanchino 330000 pezze di seta destinate all'estero. Di
fatto, la proibizione di commerciare al di là delle frontiere aveva avuto
come conseguenza il crearsi di un vero a proprio "mercato nero";
arrivata in Giappone, la seta cinese di contrabbando valeva venti volte il
suo prezzo, e si contavano fino a 10.000 imbarcazioni e giunche che si
dedicavano al contrabbando! Trovavano rifugio nell'Isola di Shuangyu, a
sud di Shanghai.
L'editto d'interdizione
venne tolto nel 1567 e, da allora, gli scambi con la Corea e le Filippine,
diventate da poco spagnole (1565), furono fecondi. Da Manila, galeoni
carichi anche di 1.200 balle di seta facevano vela verso le Americhe. Alla
fine del XVIII secolo, il Messico, per esempio, svolgeva i due terzi del
proprio commercio con la Cina, ed esisteva una comunità cinese in Messico
dal XVI secolo. Questo spiega perché il dollaro messicano d'argento, con
impressa un'aquila, era diventato "moneta corrente" in Cina,
verso il 1800. Davanti a questa fuga d'argento, fu il Messico, a sua
volta, a proibire le importazioni di seta.
Tranne in un breve
momento, prima del 1688, la dinastia Qing (1644-1911) aveva mantenuto la
libertà di commercio per la seta; il traffico aumentò notevolmente e
regolarmente e la seta rappresentava il 70% delle esportazioni. Di fatto,
per molto tempo, la seta è stata considerata pari all'oro, come valore
puro, una specie di moneta di scambio con i paesi stranieri.
D'altronde veniva
invariabilmente annoverata tra i regali diplomatici. Infine, nella stessa
Cina, veniva offerta come ricompensa per servizi eccezionali, e per molto
tempo i funzionari furono pagati con scampoli di seta.
Importanza
culturale delle vie della seta
Così quindi, sia per mare che per terra, la seta,
e in seguito la porcellana, furono articoli che obbligarono i cinesi,
spesso egocentrici, a rivolgersi ai paesi stranieri. Senza la complessa
rete delle vie della Seta, vero e proprio cordone ombelicale con
l'occidente e regale via di comunicazione, la Cina avrebbe avuto un
destino completamente diverso.
Prodotti, tecniche, idee,
religioni, motivi stilistici vennero scambiati grazie a una sfilza
sorprendente di città oasi, al tempo stesso mercati, guarnigioni, centri
religiosi e artistici nonché grandi mete di pellegrinaggio.
Prima di inoltrarsi nelle
pericolose piste del deserto, infestate di briganti e torride, i mercanti
si mettevano - insieme alle loro ricche mercanzie - sotto la protezione di
tutte le divinità possibili, che a quel tempo svolgevano il ruolo delle
nostre attuali compagnie di assicurazione! Da cui la grande ricchezza dei
molteplici santuari buddhisti o altri (nestoriani, manichei ecc.) che non
temevano di "provocare" il cliente, attirando la sua attenzione
con statue colossali, protettive, alte varie decine di metri (35 e 53 m a
Bamyan, nel cuore dell'Afghanistan).
È attraverso queste vie
commerciali che viaggiarono alcune grandi personalità cinesi, spesso
monaci buddhisti, che si recarono in India per studiare i testi sacri.
Tornarono in Cina, talvolta carichi di una carovana di libri e di opere
d'arte, il cui impatto sul paese fu strepitoso, e di un'importanza
difficile da valutare; il ritorno di Marco Polo in occidente è soltanto
una curiosità, uno scherzo, rispetto all'influenza esercitata per esempio
dai viaggi in India dei monaci buddhisti Faxian (nel 399 attraverso l'Asia
centrale e il ritorno via mare, nel 412) a Xuanzang (629-645 attraverso le
piste dell'Asia centrale). Quest'ultimo venne accolto trionfalmente, al
suo ritorno nell'odierna Xi'an, dal grande imperatore Taizong.
Sicuramente, se non
avessero scoperto la seta, i cinesi avrebbero avuto una civiltà e una
storia completamente diverse.
_________________
(1) I cinesi appresero la
tecnica del vetro soltanto nel V secolo d.C.
(2) Infine, bisogna anche menzionare i
ritrovamenti stupefacenti di Mawangdui (1972), vicino a Changsha, nello
Hunan; all'interno di tombe sorprendenti furono raccolti frammenti di
libri su seta, un vessillo dipinto su seta e molte pezze di stoffa, di
taffettà, di garza, di damasco, sete policrome o ricamate, tra cui una
veste che pesa 49 kg!
Mappa Via della Seta
Frammenti d'Oriente, dicembre 2008