Tra le molte novità di questi mesi vi proponiamo:
Visto per Shanghai ovvero il secondo avvincente caso dell’ispettore Chen Cao della polizia di Shanghai;
Viaggio nella Cina proibita, diario di un viaggio lungo tre mesi attraverso le regioni meridionali del Sichuan e delloYunnan, gli altipiani del Tibet sino ai territori dello Xinjiang;
L’impero di Gengis Khan, un libro – vincitore del premio Thomas Cook per la narrativa di viaggio – di grande interesse su ciò che resta della civiltà mongola un tempo dominatrice del mondo, infine
La mia strada porta in Tibet, storia di una giovane tedesca non vedente, realizzatrice di una scuola per bambini ciechi in Tibet.
VISTO
PER SHANGHAI
Cosa si nasconde dietro l'improvvisa scomparsa di una ex Guardia Rossa, moglie di un testimone chiave in un processo contro le Triadi che controllano il traffico di clandestini tra la Cina e gli Stati Uniti? Un rapimento di matrice mafiosa? Un segreto che affonda le sue
radici nella Rivoluzione culturale? O è lo stesso governo cinese, poco entusiasta di collaborare con le autorità americane, a non essere
estraneo alla vicenda? L’ispettore Chen Cao, a capo della squadra speciale della polizia di Shanghai, aiutato da Catherine Rohn, una collega americana dell’U.S. Marshals Service, deve ritrovarla per scongiurare un grave incidente diplomatico. La nuova inchiesta di Chen è un viaggio tra le bande mafiose che a Shanghai, punta di diamante della nuova Cina, come nelle province più povere,
stendono i loro tentacoli ovunque, anche tra le forze di polizia. In un Paese che si apre all'Occidente con un ritmo di sviluppo che stravolge una società ancora irrigidita da gerarchie e vecchi privilegi, neppure il Partito riesce a impedire che si creino spazi per attività illegali e
poteri paralleli sempre più forti, con i quali dietro le quinte deve scendere a patti. Indagando sul passato di una donna la cui vita è stata spezzata dalla politica di rieducazione in una sfida continua alla
violenza delle Triadi, Chen accompagna la collega americana, che vuole conoscere la «vera Cina», in luoghi incantevoli, mostrandole gli
aspetti più nascosti di una città scintillante e facendole toccare passato e presente di una terra ricca di contrasti. Ispettore atipico, curioso gourmet e raffinato letterato, per Catherine Chen si trasforma in una guida perfetta a una cultura di cui vuole sfatare gli stereotipi e
raccontare i segreti: la sua indagine è anche una sorta di reportage sulla quotidianità in un Paese diviso tra capitalismo selvaggio e burocrazia di regime, alla ricerca di un'armonia tra tradizione e modernità
Ancora una volta l’ispettore capo Chen Cao, del Dipartimento di polizia di Shanghai, si trovò ad attraversare la nebbia mattutina
diretto verso il parco del Bund.
Il parco era di dimensioni piuttosto ridotte, più o meno sei ettari, ma occupava una posizione che lo rendeva uno dei luoghi più popolari di Shanghai.
Il cancello principale fronteggiava l’Hotel Pace, all’estremità nord del Bund, mentre il cancello posteriore dava accesso ai ponte
Waibaidu, nome rimasto immutato fin dal giorno in cui era stato ultimato, ai tempi della colonizzazione, e che significava letteralmente “ponte bianco dello straniero”. Il parco era particolarmente famoso per il suo lastricato in pietra multicolore, un lungo percorso a curve che si elevava sopra la scintillante distesa d’acqua, punto d’incontro dei fiumi Huangpu e Suzhou. Da lassù la gente poteva scrutare in lontananza le navi che andavano e venivano stagliandosi sul lontano Wusongkou, il Mare Cinese Orientale. . […]
Qiu Xiaolong è nato a Shanghai e dal 1989 vive negli Stati Uniti, dove
insegna letteratura cinese allo University College di Chicago. Il primo romanzo con l’ispettore Chen Cao come protagonista,
La misteriosa morte della compagna Guan (Marsilio 2002), ha vinto l’Anthony Award come miglior
poliziesco d’esordio. Questo è il secondo caso dell’ispettore Chen Cao, della polizia di Shanghai.
L'IMPERO DI GENGIS KHAN
A cavallo fra i nomadi
A metà del XIII secolo l’impero mongolo si era ormai esteso su tutta l’Asia, dalla Cina alle porte dell’Europa. Fu allora che i principi
della cristianità decisero di inviare delle missioni per scoprire chi fossero davvero questi indomiti guerrieri nomadi. Che vivevano a cavallo e non avevano città. Così, nel 1253 – vent’anni prima di Marco Polo – il frate Guglielmo da Rubruck partì per un lungo viaggio che lo portò fino a Karakorum, nel cuore della Mongolia.
Dopo oltre sette secoli uno dei maggiori reporter viventi, Stanley Stewart, inseguendo i suoi sogni di ragazzino, ripercorre le orme di Guglielmo, da Istanbul fino alle infinite distese erbose della
Mongolia, “il primo schizzo di Dio per la terra”. Prima in nave, poi con il “Kazakistan Express”, famigerato treno che attraversa le rovine di un altro impero, quello sovietico, e finalmente a cavallo, come un vero guerriero nomade.
Il risultato è un affresco appassionante e a volte struggente, e un documento di grande interesse su quanto rimane, oggi, della civiltà nomade che un tempo aveva dominato il mondo.
“Quel primo mattino odorava di timo selvatico. Sui fianchi delle
colline greggi di pecore si spostavano in mulinelli attraverso i crinali rocciosi e si ammassavano nelle depressioni erbose. Sguazzammo nelle marcite dove la neve sciolta si era rovesciata attraverso i
pascoli. Passammo davanti a ger collocate tra piramidi di concime secco usato come combustibile e sacchi di vello della tosatura
primaverile. A distanza sui lunghi orizzonti di erba si vedevano le silhouette di altri cavalieri. Sopra di noi gheppi volteggiavano in un cielo azzurro. Il sole stava già spazzando via il gelo dai pascoli e i canti degli uccelli accarezzavano l’erba carica di rugiada.
Attraversammo un torrente così giovane da dover ancora formare le sue sponde. In un mattino simile, in un posto simile, il mondo sembrava appena nato”. […]
Stanley Stewart. Irlandese di nascita, è cresciuto in Canada e oggi vive a Londra, dove collabora come corrispondente con il “Sunday Times” e il “Daily Telegraph”.
I suoi reportage – mai pubblicati in edizione italiana – gli hanno fruttato numerosi riconoscimenti. Tra le sue opere precedenti, grande successo di pubblico e critica hanno avuto
Old Serpent Nile, viaggio lungo il grande fiume africano, e Frontiers of
Heaven, la storia del cammino attraverso la
Cina lungo l’antica via della seta. Questo libro, e in seguito L’impero di Gengis
Khan, hanno ottenuto il premio Thomas Cook per la narrativa di viaggio.
VIAGGIO NELLA CINA PROIBITA
Un giro nelle regioni più selvagge e remote della Cina,
alla ricerca del volto autentico di un paese
che a pochi si dimostra davvero
«La Cina di cui mi parlava non era quella del primo arrivato né
tanto meno quella delle riviste patinate. Era un mondo perduto di cui lui aveva trovato la chiave… Era il paese dell’alcol e dei deserti di ghiaccio, della sabbia infuocata e dei Buddha viventi, delle strade accidentate e delle luci velate, un mondo in cui ci si poteva perdere e mai più ritrovarsi.» . […]
Una telefonata inattesa da Pechino, da parte dell’amico di sempre, e l’invito a partire per le regioni occidentali della Cina, quelle meno conosciute e più incontaminate. Detto fatto: assieme all’amico
Constantin e a due cinesi, entrambi appassionati fotografi, in un viaggio che durerà tre mesi, Luc Richard attraverserà tutto l’Ovest della
Cina, dalle regioni meridionali del Sichuan e dello Yunnan, agli altipiani del Tibet sino ai territori dello Xinjiang. Un’esperienza
indimenticabile, scandita dagli incontri con le popolazioni locali, dalle visite di città, di villaggi rurali e di luoghi di culto, dagli imprevisti causati da una natura selvaggia e da bizzarri disguidi. Come un
album di fotografie, il libro di Luc Richard ci restituisce visivamente territori che soltanto pochi viaggiatori hanno visitato e, pagina dopo pagina, non solo di quei luoghi riusciamo a cogliere i colori e gli
odori, ma possiamo percepire, con la stessa intensità e partecipazione, le emozioni provate in prima persona dall’autore.
LA MIA STRADA PORTA IN TIBET
I bambini ciechi di Lhasa
«Volevo lasciare tutto ciò alle mie spalle, e perciò escogitai un nuovo viaggio. Questa volta, però, non volevo semplicemente spostarmi di luogo in luogo, ma realizzare il desiderio che stavo coltivando da tanto tempo: costruire, da qualche parte sull’altopiano del Tibet, una scuola per ciechi.»
Sabriye Tenberken, giovane tedesca non vedente, decide di sfidare il proprio handicap e di realizzare un sogno grandissimo: la
costruzione di una scuola per bambini ciechi in Tibet, paesi in cui la
percentuale di non vedenti è altissima a causa dei raggi solari d’alta quota e della carenza di vitamina A nel regime alimentare. Con forza d’animo non comune, affronta viaggi disagevoli e difficoltà
economiche e burocratiche di ogni genere per dare a quei bambini la possibilità di imparare a leggere e a scrivere. Grazie a una versione
tibetana del Braille, da lei inventata, riesce a offrire loro quell’istruzione che costituisce l’unica speranza per un futuro migliore, per una vita non più ai margini della società. Una storia di straordinario coraggio e determinazione.
Sabriye Tenberken è nata vicino a Bonn nel 1970. A due anni le è stata
diagnosticata una retinite pigmentosa che l’avrebbe resa cieca. Ha studiato
tibetologia, filosofia e sociologia e ha fondato a Lhasa, in Tibet, la prima
scuola per ciechi. Per questo impegno l’8 marzo del 2000 ha ricevuto il premio Norgall dell’International Woman’s Club. Oltre a questo titolo, ha pubblicato anche un libro per bambino.
Qiu Xiaolong, Visto per Shanghai, Marsilio, Venezia, 2004, € 16,50
Stankey Stewart, L’impero di Gengis Khan, Touring Club Italiano, Milano, 2004, € 14,00
Luc Richard, Viaggio nella Cina proibita, Tea, Milano, 2004, € 8,00
Sabriye Tenberken, La mia strada porta in Tibet, Tea, Milano, 2004, € 8,00