tuttocina tuttocina
Google Web https://www.tuttocina.it
CINA>STORIA>I CENTO FIORI

I Cento Fiori (maggio 1956 - giugno 1957)

Con l'immagine dei Cento Fiori si indica un'ardua battaglia, un grande fraintendimento tra il potere e il popolo - e più in particolare gli intellettuali - un episodio d'apertura liberale che fallì. Nella primavera del 1956, il potere stesso avviò una campagna di libera critica, che però in alcune settimane assunse proporzioni tali da far sì che fosse necessario porvi termine e perfino prendere severi provvedimenti, perché l'ondata contestataria e la denuncia politica del Partito avevano assunto dimensioni e virulenza notevoli. Questo tentativo di liberalizzazione si risolse quindi in un fallimento per il P.C.C., presto seguito da una delle purghe più spietate attraversate dal paese. Dopo tutto, i sostenitori dell'ortodossia maoista ne uscirono rafforzati, perché il Grande Timoniere non aveva nascosto la propria ostilità nei riguardi di questa liberalizzazione riformista, che aveva scatenato, ma di cui gli era sfuggito di mano il controllo.

La marea di critiche

Il 26 maggio 1956, il responsabile del Dipartimento della Propaganda, Lu Dingyi pronunciò, davanti a un'assemblea di scrittori, dei discorsi dalle risonanze liberali, nuove, sul tema che veniva chiamato dei Cento Fiori e che riprendeva l'antico slogan: "Che cento fiori sboccino, che cento scuole rivaleggino", una formula che all'inizio della nostra era aveva avuto molto successo. Tre settimane prima Mao aveva riportato in auge questa allusione storica lanciata dal grande filosofo taoista Zhuangzi (IV - III secolo a.C.) a proposito delle varie scuole filosofiche che fiorivano alla sua epoca, durante il periodo dei Regni Combattenti (480-220 a.C.). Durante quest'autentica età d'oro delle attività intellettuali in Cina, si svilupparono in modo particolare il taoismo, il confucianesimo e la Scuola dei Legisti. Questo discorso liberale e liberatore del 1956 avrebbe avuto una notevole risonanza. Sostenuti da artisti, scrittori e studenti, i piccoli partiti non comunisti che erano stati tenuti a freno, in una sorta di libertà vigilata, per salvare una parvenza di dialogo democratico, "uscirono allo scoperto" e intrapresero una campagna denigratoria che guadagnava una forza sempre maggiore e si diffondeva nell'intero paese.

Di fronte a quello che sembrava essere un allentamento nuovo e "inedito" delle pratiche coercitive del potere, agitate riunioni di giornalisti, intellettuali e studenti denunciarono a loro volta gli abusi e gli errori del Partito, abbandonandosi a una critica radicale della gestione economica. D'altronde ognuno denunciò l'assenza di libertà di opinione e di una vera legislazione civile e penale, nonché gli abusi e gli eccessi della "nuova classe dirigente". Mao stesso non venne risparmiato: "le sue collere, il suo orgoglio e la sua impulsività" iniziavano a stancare. Stranamente innescata dal Partito, questa campagna voleva sottolineare tre dei suoi errori: il settarismo, il burocratismo e il soggettivismo. Mao aveva detto, forse un po’ affrettatamente, che "il marxismo è una verità scientifica; non teme la critica e la critica non potrebbe trionfare su di esso". Parole imprudenti; ci si aspettavano delle critiche, certamente, ma sotto forma di "una dolce pioggerella e una brezza leggera" (!). Di fatto si trattò di una marea di biasimo e di ostilità, un diluvio di rimproveri e di forti rimostranze. Un vero e proprio scossone politico che inizialmente lasciò i dirigenti sbalorditi e sorpresi.

La reazione del Partito contro la destra

Nella primavera del 1957 le recriminazioni si fanno sentire in ogni ambiente. All'interno delle amministrazioni, nei giornali, sui dazibao murali, si avvicendano appelli e manifesti; l'università di Pechino, vera e propria sede dei contestatori, è in fermento, e influenza ben presto le facoltà di provincia, tra cui quella di Wuhan (nello Hubei), che si distingue in modo particolare per una campagna di dazibao estremamente critica. I dirigenti non si trovano più ad affrontare una denuncia del dirigismo intellettuale e artistico del partito, vengono proprio messe in discussione la sua stessa autorità e le sue capacità di governo. Davanti a questa rumorosa ondata di ostilità che si infrange contro di loro, le autorità inizialmente non si esprimono, immerse in un evidente smarrimento; queste sei settimane deliranti le hanno turbate. Ma la contro offensiva e la reazione non tardano ad arrivare. Se Mao, il 25 maggio denuncia qualsiasi allontanamento dal socialismo come uno sbaglio e un grave errore, l'8 giugno l'archeologo e storico Guo Moruo se la prende con i "fiori velenosi" di cui bisogna liberarsi, e li contrappone ai "fiori profumati" del socialismo. Dicevano che: "Letteratura e arte, ingranaggi e dadi del meccanismo generale, devono sottomettersi e dare il proprio apporto per concorrere alla realizzazione del compito della rivoluzione". II criterio politico, socialista e collettivista, deve sempre prevalere sul criterio artistico. E aggiungevano: 'In questo tipo di civiltà non è possibile tollerare l'individualismo, fonte di tutti i mali... l fiori che devono sbocciare sono i fiori del socialismo". Cento fiori, sì, ma "cento fiori socialisti"!

II contrattacco, la reazione "contro la destra", fu quindi messa in atto; ai contestatori venne intimato di ritrattare, e perfino di umiliarsi e di chiedere di venir puniti. A centinaia di migliaia, i comunisti e i non comunisti che si erano comportati da "nemici di classe, borghesi di destra", vennero mandati nelle campagne per essere rieducati e per sentire il polso della vita contadina. Centomila persone furono arrestate e venne lanciata un'ampia campagna di rettifica; l'epurazione comportò revoche, sventure e rieducazioni. Tre dei responsabili del delirio all’università di Wuhan furono fucilati.

Così, paradossalmente, questo movimento che andava alla ricerca di una liberalizzazione, di fatto aveva come risultato un rafforzamento dell'autorità e della dittatura del Partito, all’interno del quale i “puri e duri”, gli intransigenti, riprendevano in mano le redini meglio di prima. E sarà su basi “risanate” (!) che l'arte e la letteratura dei vent'anni seguenti dovranno svilupparsi. Qualsiasi opera sarà intesa come elemento che concorre all’edificazione del socialismo, e quindi a esaltare e diffondere il materialismo dialettico marxista. Un quadro esaltante! Identificandosi con la massa e con il popolo, l'artista "si Poiché, precisava Lu Dingyi, già citato, "l’arte per l’arte è un errore di destra".

Le motivazioni di questa campagna dei Cento Fiori possono essere spiegate dal fatto che si inseriva nel contesto ideologico e politico della destalinizzazione cheaveva colto totalmente di sorpresa le autorità cinesi, nonché dal fatto che all'interno esisteva un'effettiva corrente di malcontento generale, del proletariato delle città, dei contadini e anche dell'intellighenzia, dato che da vari anni tutti erano stati intensamente sollecitati e mobilitati dalla collettìvazione. Deng Xiaoping, che soprintendette a questa operazione, ne trasse la morale: "Nel grande problema dei Cento Fiori abbiamo acceso un focolaio per incenerire al tempo stesso i nostri nemici e le nostre debolezze". Significava riconoscere la strana contraddizione e l'equivoco di questo episodio; forse questa risoluzione drastica è stata montata di tutto punto per smascherare meglio gli scontenti o gli oppositori o forse i dirigenti hanno sottovalutato la portata delle critiche di cui erano oggetto, e che per alcune settimane sono stati scavalcati dalla violenza di queste.

 

CENTRORIENTE - P. IVA 07908170017
Copyright Centroriente 1999-2024