Le poesie dei Nove canti, scritte alla corte del regno di Chu nel periodo degli Stati Combattenti (453-221 a. C.), rappresentano la più antica testimonianza di letteratura sciamanica cinese, nei cui aspetti rituali emergono i tratti salienti dei princìpi Taoisti. Queste raffinate poesie sono pervase da un senso profondo di devozione per le divinità e gli spiriti ancestrali, non sempre corrisposto, generando quel sentimento contrastante di gioia e dolore che è il cuore e l’anima di questi canti: “Non v’è dolore più grande di chi lascia la vita, / non v’è gioia più grande di chi rinnova il reciproco amarsi”. Il lavoro di traduzione è supportato da un approfondito commento storico e filologico.
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