Silenzio, il sipario si alza e lo spettacolo sta per
iniziare... Agli occhi di uno stupito spettatore occidentale si presenta una scena quanto
mai essenziale: una tenda come fondale e al centro un tavolino o due, un paio di sedie,
magari qualche sgabello.
E lattore che riempie la scena. Certo, non
lattore come lo intendiamo noi occidentali, perché sarebbe decisamente riduttivo.
Linterprete dellOpera di Pechino è
contemporaneamente acrobata, cantante, ballerino, mimo, illusionista. Con la sua arte crea
infatti lillusione della realtà; il suo gioco fa comprendere al pubblico dove e
quando si svolge lazione e può evocare delle montagne, dei corsi dacqua, dei
battelli, dei giardini, insomma qualsiasi luogo necessario allazione.
Le convenzioni del gioco sono raffinatissime e di
svariati tipi. Comprendono ogni tipo di movimento della mano, del piede e del corpo, la
mimica e lespressione emotiva, e variano a seconda del ruolo. Ad esempio: un attore
tiene in mano un frustino con delle nappe? Vuol dire che è a cavallo. Sale su una sedia?
Sta scalando una montagna. Una donna sta cucendo, in mano non ha né filo né ago, basta
il muoversi delle sue mani e si contano uno ad uno i punti che sta dando. Un vecchio entra
e si siede su di una sedia, vuol dire che è a casa sua. E se un momento dopo si alza
dirigendosi verso una porta invisibile e solleva un piede come se stesse superando una
soglia, quindi cammina in fondo sulla scena e si siede di nuovo, significa che ha fatto un
viaggio che lha portato ad una certa distanza e che si trova in casa di un amico
anche se la sedia è rimasta sempre la stessa. NellOpera di Pechino tutto è
semplificato, quasi come nei giochi infantili, ma nello stesso tempo intensificato dalle
rigide regole di una convenzione estremamente raffinata e logica che nasce
dallosservazione precisa della realtà. Una semplicità che agli occhi di un
occidentale, spesso, si tramuta in messaggio ermetico.
Ma quando e come nasce il teatro cinese e in particolar
modo lOpera di Pechino?
Anche se lorigine del teatro in Cina si può far risalire già
allepoca della dinastia Zhou (1050-221 a.C.) quando gli antichi sciamani eseguivano
nelle loro danze esorcismi, atti divinatori, preghiere per la pioggia, ringraziamenti per
i raccolti, bisogna arrivare alla dinastia Tang (618-907 d.C.), con i suoi sovrani di
larghe vedute, perché larte drammatica inizi ad emergere come attività autonoma e
attendere gli Yuan (1280-1368) affinché il teatro cinese raggiunga il suo massimo
splendore. In quel periodo nascono due scuole teatrali, quella del Nord o Beixi e
quella del Sud o Nanqu che prosperano, ognuna a modo suo, fino allinizio
della dinastia Ming (1368-1644), quando il teatro del Nord conosce un inesorabile declino
tutto a vantaggio del teatro del Sud. Verso la metà della dinastia Ming nasce, vicino
Suzhou, una nuova scuola detta Kunqu destinata a restare popolare per più di
trecento anni sui palcoscenici cinesi.
Si racconta che, quando limperatore Qianlong della
dinastia Qing (1644-1911), durante il suo regno (1736-1795), intraprese unispezione
nei territori del suo impero a sud dello Yangzi (Yangtse nella vecchia trascrizione),
assistette ad una rappresentazione locale di un insieme dOpera; ne rimase
così affascinato che, in occasione del suo ottantesimo compleanno, convocò nel 1790 a
Pechino molte compagnie dOpera da varie parti del paese; tra queste ve ne erano
quattro particolarmente dotate, provenienti dalla provincia dellAnhui. Queste
restarono a Pechino e iniziarono a soppiantare lentamente lOpera Kunqu, che
era stata sino a quel momento la favorita della corte imperiale e delle famiglie ricche.
Nel 1828 una compagnia teatrale della provincia dello Hubei arrivò a Pechino, e si unì
poco a poco alle quattro compagnie già presenti e da questa formazione si sviluppò in
modo organico il Jingxi (capitale-dramma) ovvero lOpera di Pechino, così
come la conosciamo.
Negli anni 50, per ragioni politiche, il
repertorio dellOpera di Pechino scomparve dalla scena cinese. Fu solo dopo la caduta
della Banda dei Quattro (ottobre 1976) che si poté nuovamente ammirare tutta la ricchezza
di queste opere classiche. Il riapparire sulla scena delle commedie tradizionali segna,
per lOpera di Pechino, lo sbocciare di una seconda primavera.
Aspetti tipici e caratteristici
Il repertorio, in gran parte lo stesso del periodo
dellImpero, mostra oggi una preponderanza netta di episodi che finiscono
positivamente, poiché molti attori famosi scrissero dei ruoli "su misura" ed è
chiaramente comprensibile che preferissero mostrarsi vincitori. Anche se datati di almeno
150 anni, i soggetti sono moderni oggi come allora. Questo fenomeno si spiega facilmente
dal fatto che la vita e le sue circostanze furono, sono e saranno, nella storia, sempre le
stesse. NellOpera tradizionale cinese le tre unità aristoteliche di tempo, luogo e
azione sono sconosciute: sono gli attori stessi, al loro apparire sulla scena, che
spiegano ciò che succede sul palcoscenico, dove ci si trova, chi sono i personaggi.
Il canto, la recitazione, la musica
daccompagnamento, la pantomima e lacrobazia sono gli aspetti caratteristici
inseriti in modo tipico nellazione degli episodi, che si rivelano il più delle
volte di una semplicità toccante. Le parti vocali, a voce alta e forzata, sono
parzialmente presentate da uomini, di modo che è impossibile capire se si tratta di un
attore o di unattrice. Daltra parte ci sono dei ruoli maschili recitati da
attrici ed è quasi impossibile rendersi conto quale sesso si nasconde dietro a un costume
ingombrante e a una maschera dipinta sul viso. In ogni caso, tutte le voci impressionano
per la ricchezza delle possibilità della loro modulazione e per la maestria vocale degli
interpreti.
La lingua utilizzata per le canzoni e le recitazioni è
accentuata e ciascuna sillaba è accuratamente articolata.
Esiste un contrasto espressivo tra gli strumenti a corda
con i tamburi e i gong da un lato e le voci da soprano e penetranti dallaltro, ma
quando si è abituati, i due estremi formano una simbiosi ideale.
I costumi e le maschere
I costumi lussuosi e ingombranti permettono tuttal
più delle danze in tondo, durante le quali i danzatori girano solennemente e lentamente.
Questi movimenti ristretti si trovano in bizarro contrasto con le azioni acrobatiche
effettuate dagli attori vestiti in modo leggero. I costumi sono quelli che erano indossati
sotto la dinastia Ming e danno un quadro solenne e fastoso allo svolgersi
dellazione. Secondo la tradizione confuciana anche i colori dei costumi, come
daltra parte tutta la gestualità, sono legati a certi ruoli: giallo è il
colore dei membri della famiglia imperiale, rosso quello delle persone di alto
rango, viola e blu quello dei funzionari, il nero denota uno strato
sociale inferiore mentre il bianco è riservato ai giovani. Questi costumi sono
confezionati con sete preziose ricamate finemente e ogni disegno ha un suo preciso
significato. Il pipistrello significa lunga vita, la tigre simboleggia la
virilità e la potenza guerriera mentre il fior di susino o la peonia
esprimono la delicatezza muliebre ed infine, la svastica, di origine buddhista,
equivale alla rassegnazione dello spirito. Per arricchire questa gamma, soprattutto quando
in scena ci sono numerosi attori, vengono utilizzati altri cinque colori: violetto,
rosa, blu, verde chiaro e scarlatto.
In ogni caso, i costumi rivestono una tale importanza
allinterno dellOpera che fra gli attori si dice che è meglio vestire un
costume consunto che un costume sbagliato. Ma mentre i costumi possono variare, le
maschere dipinte sul viso forniscono sin dallinizio le informazioni necessarie per
decifrare lenigma della distribuzione dei ruoli.
Secondo la leggenda, il trucco è unevoluzione del
Daimian, che era una maschera. Come riportato nella Storia antica dei Tang
(618-907 d.C.), il Daimian esisteva già sotto le dinastie del Sud e del Nord
(420-581 d.C.). A quellepoca, il principe Lanling, quarto figlio
dellimperatore Shizong della dinastia dei Qi del Nord, era un bel ragazzo ed un
valente guerriero. Ad ogni battaglia, per terrorizzare i suoi nemici portava sovente sul
viso una maschera che gli dava dei tratti feroci. Credendolo un genio sceso dal cielo, i
nemici, spaventati, si disperdevano, salvavandosi. In seguito si compose un canto da
questa storia, il Canto della partenza del principe Lanling per la battaglia.
Man mano che larte teatrale si sviluppava, i
personaggi e le trame presentate diventavano sempre più complessi. Dunque, il daimian
non bastava più ai bisogni della rappresentazione, quindi si inventò un modo per
truccare direttamente il viso.
La funzione del trucco è quella di accentuare la
rappresentazione della fisionomia e del ritratto morale del personaggio, gli attori
possono esagerare certe parti dellaspetto dei personaggi nel trucco attraverso
simboli e iperboli. Per mezzo di colori vivi e di linee ben delineate, si accentuano i
contorni delle sopracciglia, degli occhi, della bocca, del naso e della fronte al fine di
rendere i tratti del viso più "viventi" e più espressivi di modo che si
mostrino il carattere, le qualità, landatura e la posizione sociale, letà e
la vita dei personaggi come il loro dono e talento particolari. È così che larte
del trucco ha conosciuto unevoluzione dal realismo al simbolismo e che ciascun
personaggio è caratterizzato da un motivo, che è daltronde molto decorativo, e che
esprime la lode e il rimprovero, il bene e il male.
Sulla scena cinese, si trovano quattro tipi principali
di personaggi: sheng (ruoli maschili), dan (ruoli femminili), chou
(ruoli comici) e jing (ruoli maschili interpretati da attori col viso dipinto).
A questo proposito è bene ricordare che il ruolo dan
o femminile è stato intepretato solo da attori maschili dal 1777 in poi, da quando,
cioè, il già menzionato imperatore mancese Qianlong proibì alle donne, per ragioni di
moralità, di calcare le scene.
È solo dal 1911, con lavvento della Repubblica,
che le donne sono ritornate a recitare sulle scene dellOpera di Pechino accanto agli
uomini; e, come dicono i cinesi, le donne si trovano ora a dover imitare gli uomini che
hanno imitato le donne!
È dobbligo, a questo proposito, ricordare il
famissimo interprete del ruolo dan Mei Lanfang, conosciuto e apprezzato in teatri
di tutto il mondo e morto nel 1961. A lui si deve tutta la ricchezza espressiva che le
figure femminili hanno acquisito negli ultimi anni.
I trucchi del viso sheng e dan sono
relativamente semplici. Il trucco è utilizzato soprattutto per il ruolo jing che
si chiama sovente personaggio dal "viso dipinto". Come il jing,
anche il chou si dipinge il volto: il suo segno distintivo è il naso colorato di
bianco, circondato da altri disegni che richiamano spesso quelli delle ali delle farfalle.
Con il moltiplicarsi dei testi teatrali e conseguentemente dei personaggi, il rosso, il
nero e il bianco - i colori originari - non sono sono stati più sufficienti e quindi i
narratori ve ne hanno aggiunti molti altri. Pertanto, sul pia-no dei colori, il trucco del
viso, che dipende naturalmente dal ruolo e dal carattere del per-sonaggio, comporta
diverse centinaia di variazioni che si possono raggruppare in otto categorie principali:
il viso bianco simboleggia la perfidia, il viso rosso la lealtà e il
valore, il viso blu la crudeltà, il viso verde la brutalità, il viso
giallo la perspicacia e il coraggio, il viso nero la benevolenza e la
sincerità . Quanto al viso doro e al viso dargento, questi sono
riservati ai geni, alle divinità o ai demoni (ma si hanno anche il viola per la
pietà filiale, il rosso chiaro la generosità degli anziani, il bianco opaco
la perfidia, il bianco lucente la presunzione, il grigio la cupidigia).
Oltre che dai colori, il carattere espressivo è rappresentato dai
motivi del trucco, perché lo spettatore possa distinguere subito il bene e il male, il
vizio e la virtù.
LOpera
di Pechino ne impiega 16 categorie nelle quali la fisionomia del personaggio esprime il
suo carattere: il
viso monocromatico (
zhenglian) rappresenta un carattere
sincero, il
viso variopinto (
huanlian) un carattere complicato, il
viso
trilobato (
sankuaiwalian) un carattere onesto, il
viso deformato (
wailian)
un carattere disinvolto, il
viso a croce (
shizimenlian) si usa per un
uomo il cui carattere è comico o tragico, il
viso a forma di sei (
linfenlian)
per i vecchi che sono generosi, mentre il
viso a forma di lingotto doro (
yuanbaolian)
raffigura un uomo che dissimula la sua debolezza sotto una aria aggressiva. La franchezza
e la fermezza di carattere sono rese dal
viso variopinto a forma di lingotto doro
(
huayuanbaolian ). Il
viso impastato (
roulian) designa un innocente,
il
viso deunuco del palazzo (
taijianlian) un orgoglioso, il
viso
dun monaco (
sengdaolian) un carattere calmo ma attivo, il
viso
dun genio (
shenfolian) un uomo dalle capacità eccezionali, il
viso
dun fantasma (
jinglinglian) rappresenta un originale. Palese è, invece,
ciò che può rappresentare il
viso dun eroe (
yingxionglian) mentre il
viso dun piccolo diavolo (
xiaoyaolian) un uomo che utilizza il potere di
qualcuno con dei fini personali. Infine la duplicità viene data dal
viso trilobato e
variopinto.
Recitazione e pantomima
Le grandi difficoltà per uno spettatore occidentale
cominciano con le pantomime che a volte riservano sorprese inattese. Ad esempio se un
attore porta la mano alla bocca, beve. Se invece fa il movimento di remare, si trova su
una barca. Oppure ancora, quattro generali con quattro soldati che portano delle bandiere,
rappresentano 1000 soldati. Se questi marciano lentamente in tondo attorno alla scena,
fanno una marcia lunga e dura. E via dicendo.
Inoltre, come se tutto ciò non fosse già abbastanza
complicato, bisogna aggiungere le oltre cinquanta posizioni convenzionali delle mani.
Nemmeno poi tante se si pensa allimportanza che ha la mano nella comunicazione del
pensiero e del sentimento, un linguaggio muto che ogni cultura conosce e che larte
drammatica cinese ha elaborato in stilistica perfezione.
Il buon attore si giudica però prima di tutto dal più
semplice, apparentemente, dei movimenti: il passo. Alla scuola di Cheng Zhangbu, uno dei
grandi attori dellOpera di Pechino del secolo scorso, i giovani aspiranti attori
erano sottoposti a un severissimo addestramento. Zheng insegnava prima loro uno ad uno
larte di camminare sul palcoscenico a seconda dei ruoli. Poi li divideva in squadre
e li faceva camminare per due o tre ore al giorno in un ampio spiazzo. Lui se ne stava
seduto a guardare attentamente e non appena qualcuno sbagliava il passo, subito
interveniva a correggerlo. Un attore non poteva essere considerato bravo nellarte di
camminare se non dopo tre anni almeno di questa quotidiana passeggiata.
Lincedere varia dunque a seconda dei ruoli: una
donna anziana avanzerà a passetti lenti esitanti con la schiena curva, un uomo adulto a
passi lenti e a piedi larghi, un ragazzo a passi più veloci; il guerriero invece avanza
sollevando alto un piede dopo laltro e curvando molto le ginocchia, movimento che va
eseguito con studiata maestosa lentezza.
La musica
LOpera di Pechino è per diversi aspetti simile al
nostro melodrama. In essa laccompagnamento musicale assume infatti una funzione
essenziale : anche se la maggior parte dei dialoghi è parlata, la musica mantiene sempre
un ruolo fondamentale. Molto spesso, del resto, i personaggi si esprimono direttamente
attraverso il canto: e non si tratta di semplici intermezzi cantati ma di vere e proprie
arie. Resta tuttavia una differenza so-stanziale: mentre è possibile godere la bellezza
di un melodramma occidentale attraverso il semplice ascolto - magari grazie a un CD -,
lOpera di Pechino vive soltanto grazie allo spettacolo: fuori dal teatro perde quasi
tutto il suo fascino.
I motivi sono diversi. Per esempio, nellOpera di
Pechino il percussionista (che svolge anche la funzione di direttore di orchestra) non
segue una partitura fissa: gli stessi musicisti imparano una serie di brani popolari che
poi adattano alle esigenze dello spettacolo. Inoltre linterpretazione di un attore
dellOpera implica in pratica una vera e propria danza, con gesti fissi e codificati,
che guidano il ritmo della musica; mentre nel nostro teatro lirico, dove la partitura è
fissa, sono piuttosto i gesti e i movimenti ad obbedire alla libera interpretazione
dellinterprete.
La preponderanza dellaspetto musicale, con tutti i
limiti sopra indicati, dipende inoltre dalla struttura della lingua cinese:
nellOpera di Pechino vi è infatti uno stretto rapporto tra il canto e le necessità
di emissione fonetica di una lingua in cui lo stesso suono, a seconda
dellinflessione (ascendente, discendente, ecc.) può assumere diversi significati.
Dunque, come la lingua può suonare strana alle orecchie
occidentali, anche la musica appare indubbiamente poco familiare, con un grande uso di
percussioni e una indubbia mancanza di armonia: tuttavia, oltre alla monotonia
(determinata anche dallo scarso numero dei componenti dellorchestra), non è
difficile scoprire e apprezzare il fascino di uno stile musicale inconfondibile. Del
resto, nel caso dellOrchestra dellOpera di Pechino, non si tratta di semplici
esecutori, ma di veri e propri musicisti cui è lasciato durante lo spettacolo un certo
margine di improvvisazione.
E, inoltre, la musica cinese ha una sua storia
particolare, profondamente legata al simbolismo dei cinque elementi che costituiscono
luniverso (cui corrispondono le cinque note delle antiche scale musicali cinesi).
Alla fine di questa chiacchierata, permetteteci un
consiglio: se vi capitasse di assistere ad uno spettacolo dellOpera di Pechino, non
abbiate paura di farvi affascinare anzi, lasciatevi trasportare dalle ali della fantasia
nel suo mondo magico, non ve ne pentirete.