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AOMEN
La città delle sette colline
Macao torna cinese

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Composta di un’area di 23 kmq, sulla costa cinese meridionale e sul lato occidentale dell’estuario del Fiume delle Perle, Macao comprende una penisola collegata attraverso uno stretto istmo all’isola di Zhongshan (appartenente alla Cina popolare) e due isolette, Taipa e Coloane. Si rammenti però che Macao, come alcune terre olandesi, è rubata al mare e ogni anno può avere qualche metro in più o in meno.

Paragonata a un fiore di loto che galleggia sul mare, Macao è considerata dai suoi 420 mila abitanti come un luogo che porta fortuna.

Il 97% della sua popolazione – di cui il 96% è cinese, il resto portoghese; 11 mila circa i veri e propri "nativi", spesso meticci e anch’essi di nazionalità portoghese – vive sulla penisola e la sua densità è la maggiore al mondo e i suoi appena 90 km di strade sono percorsi da oltre 60.000 veicoli.

Il nome originario di Macao era Ho Keng, che in cantonese significa « specchio a forma d’ostrica », e si riferisce alla forma della baia di Macao. I portoghesi, quando vi si insediarono verso la metà del sec. XVI, ne romanizzarono il nome in Oquem, o Foquem. Macao, nome che viene correntemente usato per indicare questo territorio, deriva dal cantonese A-ma Gao, e cioè «baia di A-ma»; ad A-ma, la dea protettrice dei naviganti, è dedicato infatti il più antico tempio della città. Il nome in cinese è Aomen.

Accadrà senza tutti quei clamori che hanno accompagnato il rientro della "sorella" più famosa. Accadrà all’alba dell’anno 2000, all’alba dell’anno del Drago, segno simbolo del mutamento, del rinnovamento.

Ci potrebbe essere un inizio migliore per questa Nuova Era che attende Macao? Certo c’è l’esperienza di Hong Kong e quindi Macao sarà in un certo qual senso avvantaggiata, avrà cioè spigoli già smussati. Inoltre la RPC adotterà ancora una volta la formula "un Paese, due sistemi" assieme a "Macao gestita dai suoi residenti".

Gli abitanti di Macao, però, attendono la mezzanotte del 20 dicembre 1999 con trepidazione, auspicandosi un ritorno indolore. Per questo hanno costruito all’entrata del porto quella trionfale Porta della Comprensione che con la sua altezza di 40 metri inneggia alla convivenza.

Macao che ancora per pochi giorni è un "territorio cinese sotto amministrazione portoghese" — secondo lo stato giuridico attribuito dal governo portoghese dopo la rivoluzione del 1974 — è considerata una base ideale per le spedizioni e, soprattutto, un paradiso legalizzato per i giocatori d’azzardo.

Ma la "città delle sette colline" vuole essere ed è molto di più.

Il patrimonio storico, artistico e culturale della città e del suo territorio è di tutto rispetto.

Per 400 anni Oriente e Occidente si sono, innanzitutto, affrontati, poi hanno scelto di coesistere per far nascere una società, nata da un ibrido tra la cultura tradizionale cinese, la cultura regionale di Lingnan (regione del Guangdong e del Guanxi) e la cultura portoghese e latina, che è stata capace di integrare successivamente altre culture, quelle dell’India, della Malesia, perfino dell’Africa per non dire quelle degli Stati Uniti e della Gran Bretagna. Piuttosto che i conflitti, ha cercato l’armonia; piuttosto che respingere ha preferito accogliere. Nell’ambito dello sviluppo multiculturale, questa società ha trovato un equilibrio e una stabilità che ormai si chiama «modello Macao». Ed è per questo motivo che Macao non conosce conflitti da oltre 400 anni, ne sono prova tangibile gli archivi perfettamente conservati, in particolare quelli dei documenti ufficiali (dei quali è in atto una meticolosa classificazione e un’altrettanto precisa computerizzazione). Questo patrimonio culturale così sfaccettato è un tesoro della civiltà mondiale e rimarrà una delle risorse, forse la più importante, dello sviluppo futuro di Macao.

Il primo contatto con la cultura specifica di Macao è legato alla lingua: nel volo Pechino-Macao gli annunci sono fatti in portoghese, in inglese, in cinese e in cantonese. E la molteplicità delle lingue è una caratteristica ripetitiva anche nei depliant degli alberghi, nei giornali e in quasi tutti gli annunci pubblicitari.

I cosiddetti "nativi", ovvero i discendenti incrociati e non dei portoghesi vivono a Macao da generazioni e parlano il portoghese, il cantonese e contemporaneamente un dialetto che è un frullato delle due lingue. Fanno gruppo a parte: si sentono portoghesi per cultura, letteratura e costumi, spesso però hanno fisionomie tipicamente cinesi.

I cinesi di Macao, peraltro, osservano sia le feste occidentali sia le feste orientali. I fedeli vanno a messa e partecipano agli avvenimenti religiosi, in particolare i cattolici che celebrano la Pasqua e spesso partecipano a pellegrinaggi (secondo le statistiche ufficiali ci sono a Macao 23 mila cattolici e parecchie dozzine di sacerdoti).

Nella vita quotidiana l’influenza pluriculturale è sempre evidente. Per esempio il gioco del mahjong appassiona sia i cinesi che i portoghesi. Nei negozi si usano diversi sistemi di peso e di misura. Per il peso si usa indifferentemente il "chilo", la "libbra" o il "jin"; e il "jin" di Macao, proprio come la libbra inglese si divide ancora in sedici "liang", mentre nella Cina continentale la sua divisione si ferma a dieci.

I turisti — circa 8 milioni all’anno, venti volte la popolazione locale — meno frettolosi rimangono piacevolmente attratti dal particolare melting pot di culture di Macao che si snoda nell’urbanistica e nell’architettura e che emerge anche nel formicolio delle strade e nei costumi degli abitanti.

La prima caratteristica di Macao che balza subito in primo piano è la sua fisionomia urbanistica e archittetonica. Tra l’aeroporto di Taipa, uno dei più moderni al mondo, e il centro città due spettacolari ponti (lunghi 2,5 e 4,5 km) scavalcano il mare collegando la penisola di Macao con l’isola di Taipa. In città i grattacieli dai profili imponenti, come quello della Bank of China, non si contano e il traffico urbano compete con quello delle metropoli internazionali.

Ma l’architettura racconta sempre la storia di una città. Se si volge lo sguardo verso il basso si può riconoscere la sua fibra antica: le stradine strette, le vecchie costruzioni di classico stile europeo, le finestre con le persiane in stile mediterraneo, le botteghe che vendono qualsiasi cosa e le loro insegne che mescolano allegramente il portoghese con gli ideogrammi cinesi. Per esempio il Palacio do Governo, edificio coloniale della metà del XIX secolo di un bel rosa mediterraneo; o il Largo do Senado, di 3700 metri quadrati, che rammenta anch’esso il Mediterraneo, col selciato ricoperto di mosaici che sembrano "vibrare" sotto i raggi del sole, le sue facciate ordinate e i suoi porticati, l’aria rétro che rappresenta bene l’anima portoghese della città. Tra i luoghi religiosi i templi cinesi sono una quarantina, quasi una quarantina le chiese cristiane di cui una ventina circa quelle cattoliche, e c’è anche qualche moschea. Queste presenze sono segni tangibili della libertà religiosa che esiste a Macao da più di 400 anni.

I templi cinesi sono buddhisti e taoisti, per lo più. Basti ricordare il tempio Lin Fong Miu, vecchio di oltre 400 anni, nel cortile del quale c’è una scalinata di pietra dove Lin Zexu, un inviato imperiale della dinastia Qing, comunicò nel 1839 a un ufficiale portoghese che il commercio dell’oppio era stato proibito; o quello che il più celebre, cioè Ma Kok Miu, dedicato ad A-Ma (Mazu in cinese), la dea del mare, costruito nel 1488 sul fianco della montagna, di fronte al mare, a ovest della penisola, o ancora il monastero buddhista Kun Iam Tong, anch’esso con 400 anni di storia, dedicato alla dea della Misericordia. Nel suo giardino, si trova un tavolo di pietra dove, nel giugno 1844, fu firmato il trattato di Wangsha fra gli Stati Uniti e la Cina.

Le chiese cattoliche invece furono costruite per lo più in stile barocco seppure con l’aggiunta di un tocco orientale, come quella che alcuni considerano il più bell’esempio di barocco di tutto l’Oriente: la Cattedrale dedicata a São Paulo voluta nel ’600 dai gesuiti per sottolineare la loro potenza: distrutta nel 1835 da un incendio, di essa non rimane che la splendida facciata a strapiombo su una larga scalinata di 70 gradini. Questo muro maestoso è ricco di sculture di peonie e di leoni, soggetti tipicamente cinesi.

E come non ricordare il cimitero monumentale dei protestanti, dove sono sepolti i personaggi che hanno fatto grande la città? O ancora le sette fortezze con le loro batterie di cannoni sono altri testimoni della lunga storia di Macao? Costruite sulle colline all’inizio del XVII sec., sia per proteggere la città dagli attacchi dei pirati e degli Olandesi, sia per la sicurezza dei missionari cattolici, queste fortezze, perso il ruolo primario, hanno assunto, e continuano a ribadire, quello turistico.

E poi ci sono i giardini lussureggianti, cuore verde e accogliente della penisola, come il parco Luís de Camões, quello in stile cinese di Lou Lim Iok, o quello di Flora.

Se tutto ciò non bastasse si possono ritrovare gli scenari da film esotico anni ’30, con le balconate dell’ Hotel Bela Vista affacciate sul lungomare con le torri di cristallo di oltre 40 piani che sembrano sorreggere il cielo. Le decine di negozi di chincaglierie del porto da una parte e il pacchiano Casinò galleggiante dall’altra.

E la cucina? Naturalmente coesistono la gastronomia portoghese e quella cinese anche se è la contaminazione non solo tra i due sapori, ma anche con quelli indiani e brasiliani, a creare veri prodigi: dal baccalà alla sogliola, dalle «sopas», le zuppe, agli scampi speziati.

Un consiglio a chi leggendo queste poche righe si sentisse attratto da Macao. Una volta giunti, fatevi sì portare tranquillamente dal pedicab, il caratteristico triciclo cittadino senza però dimenticare di proseguire a piedi tra il dedalo di stradine e di botteghe, alla ricerca e alla scoperta della città autentica.

icon1.gif (533 byte) Un po' di storia


Frammenti d'Oriente, dicembre 1999

 

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