La tecnica e l'arte della
lacca sono state inventate e create dai cinesi. Insieme alla seta e alla
porcellana costituiscono uno dei maggiori apporti della Cina all'arte
universale. Da venticinque secoli le lacche, in Cina, sono state
considerate oggetti artistici e di lusso. Erano realizzate dopo una lunga
serie di operazioni lente, minuziose e complicate, che facevano
intervenire, uno dopo l'altro, una decina d'artigiani e d'artisti.
Morbidi, gradevoli, vellutati, con una lucentezza al tempo stesso calda e
brillante, sorprendentemente leggeri, e tuttavia estremamente resistenti,
poco rumorosi quando vengono urtati, gli oggetti di lacca hanno un fascino
irresistibile, e non bisogna scordare altre proprietà incomparabili: sono
resistenti all'acqua, anche se bollente, all'umidità, agli acidi e al
calore, mentre la loro anima interiore nella maggior parte dei casi è di
legno, di stoffa o di cartapesta.
Oltre alla "lucentezza e alla freschezza" che le caratterizzano,
padre Le Comte notava già con ammirazione, in una lettera del 1685, che i
recipienti di lacca non conservavano alcuna traccia d'odore e non
restavano macchiati di grasso neppure dopo essere stati semplicemente
lavati con acqua. Isolanti eccellenti, oggi trovano impieghi inattesi
nell'industria: cruscotti per automobili e lampade da scrivania, per
esempio. A dire il vero la lacca fu la prima materia plastica di cui sia
stato fatto uso.
La lacca: materiali e tecniche.
Il termine lacca può
designare una vernice, gli oggetti fabbricati con essa, il materiale di
base, una resina - si tratta di una vernice derivata dalla resina succosa,
grigio-rossastra, di una terebintiacea, il Rhus vernicifera: è il qishu
dei Cinesi, un albero che vive una ventina d'anni e in estate viene inciso
come un pino delle Lande. Oggi l'albero è passato anche in Corea, in
Giappone e nell'Annam. Non si deve confondere questa resina corrosiva e
delicata da maneggiare con la gommalacca dell'India, di Ceylon e della
Birmania, prodotta da un insetto arboricolo. Una volta raccolta, la resina
fermentata viene depurata tramite filtraggi attraverso stoffe di canapa, e
sottoposta a una lenta ebollizione; poi viene tinta di nero tramite
l'aggiunta di nerofumo o di solfato di ferro, o di rosso, con del cinabro
(o solfuro naturale di mercurio).
Si possono anche ottenere lacche bruno-rossastre o dorate, di varie
sfumature. Questa vernice protettiva viene quindi passata su ogni genere
di oggetti, recipienti (vasellame per la tavola o a fini funerari), vasi
rituali, piatti, schermi da tavolo, cesti, scatole da regalo, cappelli (su
seta), scarpe, bare, mobili (stipi, armadi, sgabelli portaoggetti,
paraventi, guanciali...), strumenti musicali (liuto, siringa ecc...),
oggetti da toilette (pettini, scatole per cosmetici, per unguenti...),
armi (impugnature e foderi di spada, archi, scudi...).
In tutti i tempi, anche i pilastri e le colonne dei palazzi e dei templi,
nonché le grandi statue buddhistiche furono laccati. Come si può vedere,
moltissimi oggetti della vita quotidiana erano rivestiti con questa
vernice protettiva, bella e adatta a ricevere ogni genere di decorazione
(poteva essere dipinta, scolpita, incisa, incrostata, incavata e poi
dipinta).
Materiali di ogni genere servivano da supporto a questi oggetti da
laccare: il più usato era un legno di pino che veniva oliato, e su cui
talvolta veniva applicata una tela di canapa o di ramia (fibra tessile
ricavata da una specie di ortica). Ma si laccavano anche bronzi,
porcellane e terraglie, cuoio, cartapesta, oggetti di scorza di bambù, e
carcasse di tela indurita, di canapa o di ramia. Su di una forma d'argilla
o di gesso veniva applicata della tela che era laccata e lasciata
asciugare. Queste applicazioni di tela e lacca venivano ripetute a più
riprese, fino a ottenere uno spessore adeguato. Questi supporti di tela
erano altrettanto durevoli e più leggeri di quella di legno.
Una volta pronta questa forma, come procedevano i sette o otto lavoranti
che se la passavano uno dopo l'altro?
Il primo preparava l'apprettatura, poi stendeva questo rivestimento, una
vernice mista a ceneri di ossa carbonizzate; una volta che
quest'apprettatura si era asciugata, i laccatori passavano uno strato dopo
l'altro di lacca, che si lasciava asciugare lentamente (operazione
estremamente lunga e delicata, che richiedeva circa una settimana per ogni
laccatura), in un ambiente umido e oscuro, al riparo dalla polvere,
all'interno di fosse o barche, sui laghi.
Quando ogni strato si era seccato (una decina o più durante la dinastia
Ming), veniva sfregato con cura per mezzo di una pietra pomice o con
carbone di legna, poi veniva levigato e lisciato a mano. Ogni otto, dieci
giorni, quest'operazione veniva ripetuta: verniciatura, pomiciatura,
levigatura, asciugatura ecc... Quindi interveniva il laccatore
responsabile dell'ultimo strato, talvolta un doratore, ed era soltanto
dopo altri otto giorni circa, dopo tutte queste asciugature, che
intervenivano gli artisti; il pittore, l'incisore (per l'iscrizione,
poiché molte lacche recano il nome degli artigiani e dei funzionari
responsabili), e infine il pulitore-lucidatore.
Tutto il lavoro della laccatura preludeva dunque alla decorazione. Si
dipingeva sulla lacca dura, oppure la si scolpiva, tagliava, incideva, si
incavava per dipingerla, oppure la si incrostava d'argento (durante la
dinastia Han), di madreperla (durante le dinastie Tang e Ming) oppure di
piccoli motivi d'avorio, madreperla, tartaruga, corallo, lapislazzuli,
quarzo, corniola, giada, agata, turchese ecc. (nel XVIII-XIX secolo).
Si osserverà che, dal IV secolo a.C., si diffuse la consuetudine di
riservare il nero alle superfici esterne (scatole, recipienti, bare
ecc...) e il rosso all'interno. Per di più, nel caso di applicazioni
sovrapposte di colori diversi, in ultima istanza, il rosso è sempre
applicato sul nero, non avviene mai l'opposto.
L'arte
della lacca attraverso le dinastie
L'arte della lacca risale
alla dinastia Shang, nel XV secolo a.C., come si può dedurre osservando
il vasellame imperiale o le pareti e i pilastri di alcune camere
funerarie. Nel periodo seguente, quello della dinastia Zhou (XIX-VIII
secolo), veicoli, finimenti e armi sono a loro volta laccati. Dal loro
avvento al trono, i sovrani Zhou facevano preparare la propria tomba e la
propria bara su cui, sembra, ogni anno veniva steso uno strato di lacca.
Durante il periodo dei Regni Combattenti (476-221 a.C.), mentre la grande
arte del bronzo è in declino, la lacca sembra prenderne il posto, e ne
consegue un considerevole sviluppo della produzione di lacca.
I laccatori e i decoratori disponevano di una gamma relativamente vasta di
tinte, a fianco del rosso e del nero classico, che dominano nel vasellame
delle famiglie agiate (ciotole, piatti, coppe ecc.). Una decorazione
dipinta veniva applicata sulla lacca o incisa sulla superficie di questa,
in modo da far comparire lo strato sottostante, che era di colore diverso;
l'ornamento dipinto è comparso nel IV secolo a.C., e poiché la lacca ha
resistito particolarmente bene nei diversi strati ar- cheologici, anche se
umidi, rappresenta il mezzo più adatto a informarci sugli inizi della
pittura cinese, perché in effetti ci sono pervenuti pochi supporti in
seta antichi. Gli oggetti rinvenuti a Jincun nello Henan e soprattutto a
Mawangdui (presso Changsha), nello Hunan, hanno rivelato decorazioni molto
ricercate, elegantissime, manifestamente ispirate ai motivi che ornano i
bronzi arcaici incrostati.
La dinastia Han (due secoli prima e due secoli dopo la nascita di
Cristo) è un periodo importante per la produzione delle lacche; ma dalla
fine della dinastia, la ceramica si guadagnerà il favore generale,
soppiantandole. Durante la dinastia Han, la decorazione dipinta testimonia
una grande delicatezza e padronanza della tecnica. Oltre al nero e al
vermiglio si sono imposti altri colori: verde di cromo, blu, giallo
cadmio, bianco e ocra. Esistono inoltre decorazioni scolpite nello
spessore della lacca, e oggetti di lusso incrostati di bronzo, argento,
oro e madreperla. I centri più rinomati si trovano nel Sichuan, e nei
distretti di Shu e di Guanghuan; esempi di produzione provenienti da
questi luoghi e firmati, sono stati rinvenuti perfino in Mongolia e in
Corea del nord, a Lelang, nota per il famoso cesto col fregio tutto
intorno, pieno di vivacità, con raffigurati 49 personaggi in fila, che
sembrano conversare tra loro. (È conservato al museo di Pyongyang).
Alcune iscrizioni forniscono le date, i nomi, - talvolta perfino quelli
degli 8 artigiani e dei 5 funzionari - la capienza ecc... di questi
articoli prodotti dalle manifatture governative. Ma i reperti più
stupefacenti e tra i più recenti sono stati trovati nelle tre tombe di
Mawangdui, vicino a Changsha (datate tra il 186 e il 168 a.C.). Sono le
tombe del marchese di Dai, di sua moglie e dei loro figli; hanno rivelato
rispettivamente 186, 180 e 316 oggetti di lacca, un “bottino”
favoloso, senza contare le grandi bare di legno laccato. Si tratta per la
maggior parte di oggetti di una raffinatezza infinita.
Poco prima della dinastia Tang (618-907), si sviluppò un nuovo
procedimento, detto guri, che venne poi ripreso dai giapponesi e
che consiste nella sovrapposizione di una dozzina di strati alternati di
rosso cinabro e di nero, o di altri colori ancora. Questa patina veniva
poi intagliata con lo scalpello a taglio obliquo, con una lama inclinata;
il risultato ottenuto era quello di strisce arcobaleno disposte a disegni
sinuosi o geometrici.
Durante la dinastia Tang nacquero le lacche rosse scolpite, che in Cina
vengono chiamate tihong: su di un'unica anima di legno (mobili,
armi ecc...) si praticavano delicati incavi sullo spessore della lacca, in
corrispondenza delle zone che contornavano i motivi precedentemente
disegnati, i quali quindi, in seguito, si staccavano in rilievo sul fondo
cavo.
A quest'epoca appare inoltre il procedimento detto pingtuo che si
diffonderà in Giappone (XI-XII secolo): fasce ricavate da sottili fogli d’oro
e argento venivano applicate sul supporto laccato e ricoperte da diversi
strati trasparenti. Un altro procedimento decorativo, destinato ad avere
un grande successo in Giappone, consisteva nello spruzzare la polvere d’oro
sul fondo laccato. Infine, il procedimento detto "lacca
secca" permise di realizzare grandi statue. La tecnica consisteva
nel sovrapporre su uno stampo di argilla o di legno diversi strati di
tessuto (generalmente canapa) impregnati di lacca, talvolta mescolata ad
argilla o a polvere di carbone di legna. Poiché tali statue erano portate
a spalla dagli uomini in occasione delle processioni buddhiste era
preferibile che fossero leggere; quest'epoca è caratterizzata da un gusto
per la grandiosità. Alcuni musei possiedono rari esempi di lacche secche
del periodo Liao (XI-XII secolo).
Le lacche Song (960-1280), rarissime, erano di eccezionale qualità
e rigorosa perfezione tecnica. Anche se i testi continuano a parlare di
lacche rosse scolpite, gli scavi hanno rivelato soltanto pezzi neri senza
decorazioni, coppe, ciotole frastagliate a corolle e scatole delicatamente
lobate. I laboratori più rinomati dell'epoca erano nello Hebei, nel
Jiangsu e nella sua vicina provincia meridionale, il Zhejiang.
Nel periodo Yuan (1280-1368), viaggiatori come il marocchino Ibn
Battutah, di passaggio a Canton nel 1345, furono colpiti dall'ottima
qualità delle lacche che a quel tempo venivano spedite principalmente
verso l'India e la Persia. Molte di queste lacche erano scolpite
e cesellate in superficie e rivelavano vari strati di pigmenti a diversi
colori. Uccelli, rami, fiori, venivano asportati con grande abilità su
piatti o scatole rotonde, con i bordi ornati a volute o spirali.
Durante la dinastia Ming (1368-1644), le lacche assumono
un'importanza sempre maggiore. Vengono utilizzate tutte le tecniche, e la
più frequente è il tihong, a cui si è già accennato, ovvero il
"rosso scolpito e cesellato". Alcuni oggetti sono dipinti,
altri, influenzati dall'influsso giapponese, sono decorati in foglia
d'oro, e altri ancora, estremamente raffinati e con riflessi meravigliosi,
sono detti "madreperlati", per le incrostazioni di madreperla,
conchiglie e pagliuzze d'oro e d'argento. Nel XVI secolo e all'inizio del
XVII, è prediletta una nuova tecnica: si tratta delle lacche "incise
e colorate". Su di uno spesso strato di lacca levigata, sovente color
camoscio o rossa, arancione, chiara, i motivi decorativi (frutta,
personaggi, paesaggi, simboli, viticci, draghi ecc...) sono asportati e
poi riempiti di lacche colorate (verdi, brune, ocra, rosso vivo e nere),
poi levigati con la pietra pomice. Le linee esterne e certi particolari
vengono quindi incisi prima di ricevere un sottile strato d'oro, quasi
traslucido, che lascia intravedere l'incisione. Comparsa dall'XI secolo,
questa tecnica, "incisa e colorata", dall'aspetto prezioso tanto
caratteristico, raggiunge il suo culmine durante il regno di Jiajing
(1522-1566) e Wanli (1573-1620). Poi le composizioni si appesantiranno e i
rilievi si appiattiranno.
I tihong, o lacche di cinabro, detti "di Pechino", spesso
eseguiti su un'armatura di canapa-ramia, stupiscono per la loro leggerezza
e per la raffinata decorazione scolpita, soprattutto le scatole
quadrilobate, estremamente particolari, dell'inizio di quest'epoca, quella
dei regni di Yongle (1403-1425) e di Xuande (1426-1436), periodo che segna
l'apogeo di tale tecnica.
Durante la dinastia Qing, molte lacche saranno prodotte per venir
esportate in Europa; Pechino e Suzhou si specializzano nelle lacche
incise, Fuzhou e Canton nelle lacche dipinte. Troppo frettolosa, la
produzione di Canton, a motivi d'oro su fondo nero, non era affatto
apprezzata dai cinesi del tempo, e quindi venne riservata
all'esportazione. I paraventi e i cofanetti, dalle incisioni energiche ma
dai colori tenui e lumeggiati di polvere d'oro, realizzati a Fuzhou,
furono esportati in tutto il mondo.
Ai mobili madreperlati si aggiunsero mobili sovraccarichi
di incrostazioni (lapislazzuli, avorio, corallo, quarzo, agata, turchese,
giadeite ecc...) che furono molto ricercati in Europa per più di tre
secoli. Il XVIII secolo è caratterizzato da una specie di orrore per gli
spazi vuoti, con le sue composizioni eccessivamente decorate e un
virtuosismo che diventa sterile. Nel corso di questo secolo, la tecnica
delle lacche scolpite dette di Pechino è limitata alla fabbricazione del
mobilio di corte, ma anche in questo caso, il fondo rosso spento è
guastato da decorazioni sovraccariche e monotone che fanno rimpiangere le
splendide opere del regno di Kangxi (1662-1723) di cui si conoscono
stupendi armadi, ornati di paesaggi policromi, o di draghi in rilievo,
dorati. Ma nella maggior parte dei casi, il mobilio di gran pompa dei
templi e dei palazzi era costituito soprattutto da mobili laccati dipinti
semplicemente. Alcuni armadi (gui) - generalmente in coppia -
spesso resi più elevati della metà della loro altezza tramite l'aggiunta
di un baule per i copricapi sulla parte superiore - nonché alcuni stipi,
in particolare usciti dai laboratori dello Shanxi, ci affascinano per la
freschezza d'ispirazione delle decorazioni e per l'aspetto della
"lacca cuoio"; i pannelli sono incisi e presentano zone colmate
di lacca rossa, nera e bruna, così che la mescolanza di questi toni
ricorda il colore lievemente fulvo del cuoio.
I
paraventi
Conosciuti
in Cina dall'epoca Han, i paraventi cinesi (allora erano dipinti) godranno
di un immenso successo in Europa, soprattutto nel XVII e XVIII secolo;
vengono spesso chiamati "di Coromandel" dal nome della Costa
orientate del Dekkan indiano, dove venivano immagazzinati nei porti delle
Compagnie delle Indie per essere poi distribuiti a seconda delle
ordinazioni e delle diverse destinazioni. Questi paraventi venivano
realizzati con una tecnica diversa; su un fondo bruno si applicava e si
incollava una tela sottile, su cui si stendevano una serie di strati di
lacca. La decorazione veniva poi incisa, le parti incavate erano ricoperte
di colori dai toni sfumati e opachi.
Gli esempi più belli risalgono al regno di Kangxi. In generale
comprendono un numero pari di "fogli" (o pannelli), 8, 10 0 12,
nella maggior parte dei casi, fatta eccezione per i paraventi che fungono
da schermo ai troni, che invece presentano un pannello supplementare, al
centro, in origine destinato a essere situato proprio dietro al trono dei
dignitari o dei principi. Piuttosto rari, questi paraventi da trono sono
molto apprezzati dagli appassionati d'arte.
Nel XVIII secolo osserviamo anche che i colori si fanno più vivaci e meno
delicati; il rosa, a base di cromo d'oro, è comparso dopo il 1730. Dal
1800 in poi, il numero degli strati di lacca si riduce, e i toni si fanno
progressivamente sempre più freddi e violenti. I paraventi a sfondo color
crema sono moderni.
Il criterio principale per valutarli è l'antichità. I più
costosi sono i pezzi del XVII secolo, soprattutto quelli con lo sfondo
tartaruga, i più rari, o quelli a fondo oro, ancora più straordinari.
Il secondo criterio è lo stato di conservazione, dato che le riparazioni
sono delicate, difficili ed estremamente onerose.
Terzo criterio: la qualità, il fascino della decorazione e della
composizione. Le decorazioni chiare e cangianti, dalle tonalità attutite
dalla patina sono quelle maggiormente apprezzate. Le composizioni con
uccelli e rami, o con fiori (peonie, crisantemi, papaveri ecc...) sono le
più richieste, poi vengono i paesaggi animati di personaggi, nei giardini
o in descrizioni di palazzi, con specchi d'acqua, fiumi e strane rocce,
visti con una prospettiva dall'alto.
Infine sopraggiunge un altro criterio, quello dell'altezza dei paraventi,
che varia da 1,20 m e 3,50 m; le misure medie sono le più apprezzate,
perché si adattano meglio ai volumi delle stanze e all'effettiva altezza
dei soffitti dei nostri appartamenti moderni.
Infine, si sappia che molti paraventi antichi sono stati smembrati per
essere trasformati in ripiani di tavolini bassi.