Bollywood . Che
parola è? È la parola che designa la capitale dell’industria
cinematografica indiana che si trova a Mumbay.
Il termine di Bollywood è stato creato combinando il nome di Bombay - l’attuale
Mum-bay – e quella di un altro simbolo dell’industria cinematografica,
per la precisione americana : Hollywood.
A guardarlo da vicino,
però, si può notare che il cinema indiano deve ben poco all’industria
americana, poiché le fonti d’ispirazione sono molto differenti.
Bollywood rappresenta
tutta l’identità e tutte le aspirazioni di un popolo. Al di là dell’aspetto
carico di lirismo e kitsch dei suoi film, tutto qui è fatto affinché
ciascun Indiano, sia esso induista, musulmano, cristiano, sick, giainista
o buddhista, sia esso nobile o intoccabile, possa proiettarsi nel film.
I costumi, le tradizioni,
come pure le cerimonie religiose, fanno dunque parte del quadro, a volte
qualcosa sfugge al pubblico occidentale che si trova a dover decifrare
alcune scene.
Il canto e la danza, molto popolare nella cultura indiana, hanno un posto
molto importante nei film bollywoodiani.
La maggior parte dei film
indiani ha delle scene con delle coreografie calcolate al millimetro e
accompagnate da canzoni integrate alla sceneggiatura, gran parte delle
scene sono girate in modo o da far avanzare la trama del film o, al
contrario, sono estemporanee (è spesso il caso di quando un attore o un
attrice celebre appare in qualità di « guest star » giusto il
tempo della canzone).
Non bisogna stupirsi se
in questi film si vedono apparire le piramidi, le Alpi Svizzere e altri
paesaggi tipicamente non indiani ; non si deve dimenticare che lo
scopo è di far viaggiare lo spettatore, ed ecco perché alcune scene sono
girate in luoghi paradisiaci fuori dell’India.
In India si va al cinema
con la famiglia ed è per questo che nei film rivolti al grande pubblico
non appare nessuna scena d’amore né alcun bacio appassionato, poiché
sarebbe estremamente sconveniente e imbarazzante assistere a questo genere
di scene in compagnia dei propri familiari.
E, anche se da questo
lato l’India di oggi tende ad una più grande libertà e le giovani
generazioni si mostrano più audaci, questo modo di fare i film resta come
una sorta di tradizione molto radicata.
D’altro canto però, se
si considera l’evoluzione dei costumi e, soprattutto, il fatto che gli
sceneggiatori si ispirano a temi più occidentali, a volte facendone
addirittura dei remake, non bisogna più stupirsi se vi sono scene in cui
le attrici indiane lasciano cadere il sari o che le scene sensuali,
suggerite solamente qualche anno fa, invadano il grande schermo senza
alcun pudore e siano ormai parte integrante del cinema indiano.
Bollywood
è un cinema totalmente a se stante, che a noi occidentali fa desiderare
di scoprire, al di là dei pregiudizi, un mondo ricco di cultura cosparso
di sapore indiano.
Al giorno d’oggi gli
studios di Bollywood sono i più importanti al mondo non solo per il
numero di film girati ma anche, da circa una decina d’anni, per qualità
delle opere che vi sono create. Mumbay è anche un centro importante per
la produzione e l’edizione dei film indiani.
I film bollywoodiani
rispettano codici molto particolari, si rivolgono a un pubblico vastissimo
e devono essere compresi da tutto un popolo i cui valori cambiano da una
casta all’altra. Il cinema fa realmente parte della cultura indiana,
tutti vanno al cinema.
Inoltre, con questi film
gli Indiani possono evadere dal loro quotidiano. Essi sono infatti una
sapiente miscela di ingredienti ben dosati: quel tanto che occorre di
morale, di amore, di passione, di gioia, di musica, di canti, di danza e
di suspence. È per questo motivo che vengono chiamati film Masala
(il termine indiano Masala identifica il miscuglio di spezie
conosciuto in occidente come curry).
Breve
storia del cinema in India
In India il cinema vede
la luce il 7 luglio 1896 con la proiezione di sei cortometraggi dei
fratelli Lumière nell’ l’hôtel Watson di Bombay. Nel 1912, Dadasaheb
Phalke, considerato come il padre del cinema indiano, gira il primo film
di fantasia, Raja Harishchandra, un episodio del Mahâbhârata che
è presentato alla stampa e a qualche invitato il 21 aprile 1913. Il film,
che il realizzatore medesimo porta di villaggio in villaggio, conoscerà
un enorme successo.
Verso il 1920, l’industria
cinematografica indiana produce una trentina di film all’anno. Sin dagli
anni Trenta e dalla comparsa del sonoro, la produzione oltrepassa i 200
film. Nel 1931, Alam Ara, con i suoi dialoghi in hindi e le sue
sette canzoni, è il modello di ciò che diventerà la maggior parte della
produzione indiana. E, grazie al gioco del rilancio, l’anno successivo
il film Indrasabha conterrà ben 71 canzoni.
Una cosa notevole è la
rapida diffusione dei film sonori in tutta l’India e in tutte le
« lingue filmate », Ayodhiyecha Raja (1932) in marathi,
Narasinh Mehta in gujarati (1932), Dhurvkumar in kannada
(1934), Sita Bibaha in oriya (1934), Joymati in assamese
(1935), Sheila in punjabi (1935) e Balan in malayalam
(1938).
Il
cinema indiano conosce un certo successo internazionale con l’uscita di Pather
Panchali del regista bengali Satyajit Ray nel 1955. Satyajit Ray, che
ha ricevuto un oscar per la carriera nel 1995, poco prima della sua
scomparsa, è considerato come uno dei più grandi registi di tutti i
tempi.
Negli anni Cinquanta, il
cinema indiano conosce un’età d’oro, con dei registi che diventeranno
dei classici, come Raj Kapoor, o Guru Dutt. Ma le porte del mercato
internazionale non si aprono veramente che all’inizio degli anni 2000,
grazie al successo di Lagaan e di Devdas, due produzioni
curate. Nel maggio 2006, il distributore Eros fa la sua entrata alla Borsa
di Londra.
L’India è il primo
produttore mondiale per numero di film all’anno – ben 1200 nel solo
2002 – anche se la maggior parte di essi è un fiasco commerciale
(generalmente solo il 5% dei film risulta essere veramente redditizio).
I film indiani si
differenziano in maniera significativa da qualsiasi altro genere di film
nel mondo. La maggior parte di essi è melodrammatica e di lunga durata ma
nonostante ciò il cinema indiano si presenta come un temibile concorrente
per il cinema hollywoodiano.
La musica filmi
(musica popolare composta appositamente per il cinema indiano) ha un ruolo
significativo nel cinema indiano, assumendo una parte del supporto
narrativo, favorendo la sintesi delle sceneggiature, facilitando la
partecipazione del pubblico a ciò che il cinema deve essere: una festa
tanto per gli occhi quanto per le emozioni.
I cinema indiani
La diversità delle
lingue e dei riferimenti culturali in India ha favorito lo sviluppo di un
cinema vario. Si fa riferimento a volte all’industria cinematografica
indiana con nomi differenti a seconda delle regioni.
Bollywood identifica
l’industria cinematografica in hindi e urdu, con base a
Mumbai. I film di Bollywood sono diffusi in tutta l’India e si
esportano nel mondo intero.
I film in marathi
sono prodotti a Mumbai e a Pune.
Quelli in tamil provengono dagli studi di Kodambakkam,
un sobborgo di Chennai. Questa produzione, popolarissima, viene
generalmente designata con il termine Kollywood.
Ugualmente apprezzato da un vasto
pubblico, il cinema bengali è realizzato nella regione di Kolkata.
I film in lingua kannada sono prodotti a Karnataka.
Quelli in telugu a Hyderâbâd.
E quelli in malayalam nel Kerala.
Per meglio comprendere
alcuni gesti e alcuni rituali che si possono vedere sovente nei film di
Bollywood, eccovi una piccola guida.
Cosa vuol dire quando
una persona volteggia le mani
sopra
o dietro la testa di un’altra
persona?
Con questo gesto si vuole
togliere il “malocchio”, manifestando la volontà di prendere su di
sé qualsiasi male possa toccare ad esempio una sposa. È anche un modo
per esprimere l’ammirazione per la sua bellezza (talmente sfolgorante e
il suo matrimonio così propizio che sicuramente provocherà gelosia e
invidie).
Quando una persona è
particolarmente bella, la credenza vuole che ciò sia fonte di molta
gelosia.
Mettere un punto nero (spesso con il kajal) sul viso come “difetto”
serve ad allontanare il malocchio che potrebbe invece essere attirato
dalla sua perfezione. Questo viene fatto solitamente ai bambini molto
piccoli. Anche le donne a volte si applicano un punto nero (che noi
occidentali leggiamo come un neo di bellezza) quando indossano abiti
particolarmente eleganti.
I danzatori di
Bharatanatyam, ad esempio, ne porteranno uno in occasione di qualche loro
rappresentazione.
Cosa vuol dire quando una
persona volteggia un lume sopra un
vassoio?
Abitualmente questo
capita in alcuni film in due contesti differenti: salutando un invitato e
adorando Dio.
Nel secondo caso, si volteggia con movimenti circolari una lampada, o un
piatto in cui sta bruciando del burro chiarificato (ghee) attorno
all’immagine di una deità (la cerimonia si chiama aarti). La
persona volteggia il piatto e fa un’offerta a Dio.
Spesso sul piatto vi sono
anche delle caramelle che, dopo essere state offerte a Dio vengono
nuovamente offerte ai fedeli come nutrimento sacro (in hindi prashad).
Il piatto viene
volteggiato davanti alle persone come atto di riconoscimento del sacro
nelle effigi o immagini. Poiché gli invitati sono considerati come sacri,
salutarli in questo modo vuol dire onorarli in quanto invitati.
Perché alcune persone
toccano i piedi?
Nella
cultura indiana, i piedi sono considerati come la parte più sporca del
corpo poiché perennemente in contatto con il suolo (la testa invece è
quella più pura).
Di conseguenza, quando si
rispetta enormemente qualcuno, toccargli i piedi è contemporaneamente un
onore e un segno di grande umiltà.
Questo segno di rispetto
è particolarmente accordato ai fratelli maggiori o ai capi religiosi, i
quali risponderanno toccandone la testa, gesto che equivale ad una
benedizione.
A volte dopo aver toccato
i piedi di una persona si portano le mani al cuore. Questa pratica viene
chiamata ashriwat.
Perché a volte alcune
persone si tirano le orecchie?
Capita a volte di vedere
(molto più di frequente nei film) qualcuno che, con uno sguardo contrito,
si tira le orecchie. Non è un gesto di masochismo bensì un modo per
esprimere le proprie scuse, una sorta di dimostrazione di pentimento.
Cosa vuol dire una persona
quando congiunge i palmi delle
proprie mani?
Certamente tutti avranno
visto almeno una volta in un film un Indiano che incontrando un’altra
persona giunge i palmi delle mani (posizione anjali) dicendo “namasté”
o “namaskar”.
Esistono diversi significati
per il namasté. Quando si saluta con le mani in posizione anjali
sopra la testa, si saluta Dio; con le mani davanti al viso si saluta la
guida spirituale o il maestro, con le mani davanti al petto si salutano i
nostri simili.
Potrebbe essere tradotto
con “Saluto il sole che è in voi” o “Saluto il divino in
voi”.
Il gesto (o mudra)
di namasté è dunque un gesto effettuato congiungendo i palmi
delle mani davanti al cuore e inclinando leggermente la testa. Più
semplicemente, è accettato come un umile saluto venuto direttamente dal
cuore spoglio di qualsiasi cattivo pensiero.
Si può dire che per i
non iniziati questo equivale a una stretta di mano, ma unire i propri
palmi suggerisce un maggiore rispetto che una semplice stretta di mano.
L’insieme del gesto del
namasté si svolge su tre livelli: mentale, fisico e verbale.
Il semplice atto fisico
del namasté è in realtà molto ricco di simbolismo. Innanzitutto
la buona esecuzione del namasté esige che le cinque dita della
mano sinistra coincidano esattamente con le dita della mano destra.
L’importanza di questo
semplice gesto regge l’insieme della nostra vita attiva. Le cinque dita
della mano sinistra rappresentano i cinque sensi del karma e quelli
della mano destra i cinque organi della conoscenza. Conseguentemente vuol
dire che il nostro karma deve essere in armonia e che è retto
dalla dirittura e la conoscenza, incitandoci a pensare e ad agire
correttamente.
Combinando le cinque dita
di ciascuna mano si raggiunge un totale di dieci. Il numero dieci è
simbolo di perfezione, di misticismo, del compimento e dell’unità.
Ciò è vero per tutte le
tradizioni antiche. Dieci è il numero dei comandamenti rivelati a Mosè
da Dio. Nel sistema di Pitagora dieci era un simbolo di tutta la
creazione.
Che significato ha
il
punto rosso (bindi) sulla fronte?
Alcuni affermano che il
punto rosso in mezzo alla fronte sia segno di matrimonio, anche se viene
portato ugualmente da donne nubili e uomini.
Gli Indù danno una
grande importanza a questo segno ornamentale sulla fronte situato tra le
sopracciglia – un punto considerato come un punto importante nel corpo
umano dai tempi antichi.
Conosciuto anche come tika,
pottu, sindoor, tilak, tilakam o kumkum,
un bindi è abitualmente un piccolo o grande segno rotondo fatto
sulla fronte come ornamento.
Un punto rosso sulla
fronte è un segno di buon auspicio per il matrimonio e garantisce lo
status e la santità sociale dell’istitu-zione del matrimonio.
La sposa indiana fa un
passo sopra la soglia della casa del marito, vestita con abiti e gioielli
scintillanti nonché con un bindi rosso sulla fronte che dovrebbe
portare prosperità e concederle lo status di custode del benessere della
famiglia e della progenie.
Altri affermano che sia
un simbolo che rap-presenta un punto di energia, o chakra, situato
tra e leggermente sopra gli occhi. Ognuno ha un parere diverso sul bindi?
Ma una cosa è certa, sono diventati una moda e che tutte le donne, di
qualsiasi ambiente o qualsiasi origine lo portano come un gioiello…
Come applicarlo
Il bindi
tradizionale è principalmente rosso o marrone ma può essere anche di
altri colori. Viene applicato un pizzico il polvere vermiglia abilmente
con la punta del dito. Per aiutarsi vengono inpiegati anche piccoli dischi
circolari.
In primo luogo si applica
una pasta collante di cera nello spazio vuoto del disco. Questo viene
allora coperto di kumkum o vermiglione quindi il disco viene
rimosso per ottenere un perfetto bindi rotondo.
Fenomeno di moda
Ai nostri giorni, con la
moda che cambia, le donne cercano tutti i tipi di forme e concezioni. A
volte è una linea retta verticale o un ovale, un triangolo o una
miniatura artistica (alpana), fatta con un sottile bastoncino
inclinato, spolverato con polvere d’oro e d’argento, tempestato di
perle e incrostato di pietre brillanti. L’arrivo del bindi
autoadesivo, fatto di feltro con la colla su un lato, non solo ha aggiunto
colori, forme e dimensioni, ma è un’alternativa alla polvere facile da
utilizzare.
Oggi il bindi è
più una dichiarazione di moda che un simbolo mistico o maritale.
LO SAPEVATE ?
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Benché nessun film
indiano abbia mai vinto un Oscar, il film britannico Slumdog
Millionaire (The Millionaire), grande vincitore agli Oscar 2009,
è un omaggio al cinema di Bollywood, con una co-realizzazione di una
regista indiana (Loveleen Tandan), una musica originale, un cast di
star indiane e dei dialoghi in hindi.
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Molti film di
Bollywood sono degli adattamenti dei film di Hollywood.
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La durata media di un
film di Bollywood è di 3 ore con intervallo compreso.
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Sugli schermi indiani
il bacio appassionato è probito.
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Gli attori indiani
recitano in una decina di film all’anno e hanno l’abitudine di
girarne diversi contemporaneamente.
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Alcune famiglie di
attori, registi e produttori indiani dominano Bollywood di padre in
figlio da diverse generazioni ; questi clan familiari vengono
identificati con l’espressione «Le dinastie di Bollywood».
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Il pubblico indiano
è in grandissima maggioranza composto da uomini nelle sale e da donne
davanti al piccolo schermo.
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La cantante indiana
Lata Mangeshkar, specializzata in colonne sonore, detiene il record
del più grande numero di canzoni registrate con circa 50.000 titoli,
mentre il cantante più prolifico è stato Mohammed Rafi, con
26.000 titoli, dei quali 440 interpretati assieme a Lata
Mangeshkar.
- Le Alpi svizzere rappresentano l’immaginario
esotico degli Indiani e numerosi film le hanno scelte come location
pittoresche. Esse rappresentano, spogliate da qualsiasi tensione
politico-militare, un Kashmir ideale le cui verdi vallate accolgono
abitualmente le giovani coppie in viaggio di nozze.
Frammenti d'Oriente, settembre 2009