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Il piacere della lettura
DRAGHI E LEGGENDE (2)
LA FIGLIA DEI DRAGHI
(dell’etnia Dai)

All’indomani della separazione tra il cielo e la terra, vivevano nel firmamento nove draghi giganteschi che venivano sovente a divertirsi tra le nuvole multicolori. Quando questi nei loro giochi si avvicinavano alla terra, tutto ciò che la copriva si disegnava sotto i loro occhi: le montagne, i fiumi, gli alberi, le piante, gli animali…

Un giorno, furono affascinati da una gemma che sulla terra brillava di tutti i suoi bagliori ora rossi, ora verdi, ora violetti. Come era magnifica! La natura aveva voluto che i draghi avessero un debole per le pietre preziose, e così si precipitarono facendo a gara su questo tesoro per appropriarsene. Ma, cosa strana, la pietra che vedevano così bene dal cielo, scomparve al loro arrivo sulla Terra, sommersa nell’immensa foresta. Non volendo ritornare a mani vuote, i draghi restarono per continuare le loro ricerche. Il tempo passava senza che se ne accorgessero, e a forza di persistere nella ricerca di questo gioiello, finirono per metamorfizzarsi nel fiume Lancang. È per questo motivo che questo fiume si chiama anche il Fiume dei Nove Draghi.

A fianco del Fiume dei Nove Draghi si ergeva un enorme picco chiamato Picco Dorato, ai piedi del quale c’era una grotta estremamente profonda, detta Grotta della Roccia d’Oro. Essendo questo un luogo spazioso e luminoso, i draghi decisero di trasformarlo in un palazzo e di istallarvisi.

Parecchi anni più tardi uno di loro, il Re dei Draghi bianchi, mise al mondo una bambina. Questa, molto sincera, vivace e graziosa, aveva la pelle così bianca e fresca come quella delle radici di loto e gli occhi brillanti come delle perle. All’età di sedici anni la figlia dei draghi, annoiata di vivere sempre nel palazzo sotto il fiume, usciva sovente dalle acque per giocare. Un giorno, salita in superficie, scoprì lungo le rive dei ciottoli bianchi, delle sensitive verdeggianti, dei fiori rossi e degli alberi dai frutti color arancio. Ella si divertiva così tanto che si dimenticò che doveva tornare indietro. Dapprima, si divertì un mondo lungo il fiume, poi, desiderosa d’andare vedere altrove, giunse, seguendo un sentiero sinuoso, in cima ad una montagna a nord del fiume. Oltre la montagna scoprì una pianura verdeggiante coperta da palme, da bambù nani e da piante di areca molto slanciate.

Estasiata, la figlia dei draghi continuò ad avanzare. Arrivata davanti alla pianura, vide degli uomini che tiravano dei buoi per arare, delle donne trapiantare del riso con dei cesti sulla schiena, dei bambini e dei bufali bagnarsi in uno stagno. Quanto la vita sulla terra era gioiosa e animata! A quella vista, presa da una grande passione per quel tipo esistenza, non ebbe più voglia di rientrare al Palazzo dei draghi.

Proprio in quel momento, le si avvicinò un giovanotto dai che camminava su un sentiero tra i campi conducendo un bue. Aveva all’incirca vent’anni, ed era vestito con una giacca da contadino, con dei pantaloni voltati in su. Portava una fascia sulla testa e aveva le mani piene di fango. Vedendolo, la figlia dei draghi comprese immediatamente che era lavoratore ed onesto. E senza saperlo se ne innamorò. Gli andò incontro e chiese timidamente:
— Fratello coltivatore, mi potresti dire il nome di questo luogo?

Il ragazzo si fermò e rispose molto educatamente:
— È la pianura Mengyang dei Dai. Da dove vieni, sorella? Perché sei tutta sola?

La figlia dei draghi avrebbe ben voluto dirgli la verità ma per timore di non essere creduta, rispose in maniera sibillina:
— Fratello coltivatore, abito vicino al fiume Lancang. Questa mattina, sono andata a cogliere delle verdure selvatiche nella montagna vicino al fiume. Là, mi sono perduta ed eccomi qui per caso…

Nel sentirla parlare in tale maniera, il ragazzo le disse affabilmente:
— Vuoi venire a riposarti un po’ a casa mia? Devi essere molto stanca. Casa mia, quella palafitta, è piccola ma comunque ci sono degli sgabelli per gli ospiti.

La figlia dei draghi abbassò la testa, molto felice, e si lasciò condurre dal giovane.

Il ragazzo si chiamava Yan Maoyang. I suoi genitori erano morti da molti anni. Senza fratelli, viveva solo in una piccola casa di bambù. Aveva lavorato come guardiano di buoi sin dall’infanzia e sapeva già arare la terra all’età di dieci anni. Era povero ma di grande bontà. Quando le persone avevano delle difficoltà, era sufficiente dire una sola parola perché lui andasse in loro aiuto. Tutti gli abitanti del villaggio lo trovavano molto simpatico. Parecchie donne molto premurose avevano da molto tempo l’intenzione di aiutarlo a fondare una famiglia. Ma non avevano ancora trovato la ragazza giusta. Il sole era già tramontato e gli uccelli sarebbe ben presto ritornati al loro nido. I paesani, stupiti di veder Yan Maoyang rientrare con una bella ragazza, andarono tutti sul balcone per guardarli. Il ragazzo era un po’ infastidito ma per niente imbarazzato. «È naturale, si disse, condurre a casa qualcuno che si è smarrito, perché dovrei infastidirmi?»
Rientrato a casa, Yan Manyang depose una catinella d’acqua sul balcone e chiese alla ragazza di lavarsi i piedi. Poi, dispose una tavola rotonda di striscioline di giunco sulla quale mise una ciotola di riso glutinoso, della zuppa di germogli di bambù e dei cetrioli salati.
— Sorella smarrita, disse con tenerezza, avrai probabilmente fame dopo aver digiunato tutto il giorno, vieni subito a man-giare qualcosa!

Vedendo che la giovane era arrossita e sembrava confusa, aggiunse:
— Queste verdure selvatiche e la zuppa fredda non sono certamente molto appettite, ma il riso glutinoso, però, è buono, vieni ad assaggiarne!
— Fratello coltivatore, come posso ringraziarti! Esclamò la figlia dei draghi. Era la prima volta che mangiava il cibo del mondo terrestre e lo trovava migliore di quello del Palazzo dei draghi.

Finito di mangiare, era già buio. L’orfano si mise in agitazione. Cosa sarebbe accaduto se un uomo pieno di salute avesse dormito con una bella ragazza sotto lo stesso tetto? Ma la notte gli impediva di riac-compagnarla a casa. La figlia dei draghi era intelligente, e si era già accorta dell’angoscia del giovane. Pensando che era giunto il momento della verità, gli disse con franchezza e tenerezza:
— Fratello coltivatore, scusami; in realtà io sono la figlia dei draghi e vivo nella Grotta della roccia d’oro del fiume Lancang. Il desiderio per la vita umana mi ha spinto a venire sino qui. Ti supplico di tenermi, diventerò volentieri tua moglie e ti coprirò di cure e tenerezza.

A queste parole, Yan Maoyang fu costernato. Come era possibile che questa graziosa figliola fosse la figlia dei draghi del fiume Lancang? Scettico, egli la interrogò e rinterrogò per esserne certo. Ed ogni volta la giovane giurava di dire la verità. Yan Maoyang non insistette più. Che quello che diceva fosse vero o falso, egli decise di rispondere alla preghiera della ragazza. Così le disse sinceramente:
— Figlia dei draghi, tu hai un’anima pura come una goccia d’acqua! Ma io sono un uomo molto povero. Hai pensato alle difficoltà alle quali andrai incontro se vivrai con me?
— Se si ama veramente, rispose la figlia dei draghi, il più aspro dei frutti diventa dolce nella bocca degli innamorati.

Essi procedettero alla cerimonia nuziale la sera stessa.
L’indomani, a questa notizia, i paesani andarono a felicitarsi con dei fiori, del riso dell’ultimo raccolto e dello zucchero rosso in polvere. Vedendo che questi contadini erano tutti molto onesti e benevoli, la gio-vane sposa giunse le mani per esprimere loro i suoi ringraziamenti sinceri:
— Mille volte grazie per avermi dato il diritto d’asilo nel vostro villaggio malgrado la mia bruttezza. A partire da oggi, se voi avrete delle difficoltà, io farò del mio meglio per aiutarvi.

Queste parole colmarono di gioia i paesani che cominciarono ad esprimere i loro desideri:
— Ebbene, figlia dei draghi, dacci più pioggia, il nostro villaggio non ha abbastanza risorse d’acqua, il trapianto del riso non si può fare senza la pioggia, implorò un vecchio.
— E poi, proseguì una nonna, la gente di Mengyang non sa nuotare né condurre le zattere. Quando abbiamo bisogno di recarci in visita dai nostri parenti sull’altra riva del fiume, non potresti aiutarci ad attraversare il fiume?

La nuova venuta acconsentì con gioia. Da allora, si dice, il tempo divenne molto favorevole per la risicoltura nel villaggio Mengyang. Quando la gente di Mengyang aveva voglia di andare al villaggio Jinghong, doveva solo gridare: «Sono del villaggio Mengyang, che la figlia dei draghi abbia la gentilezza di aiutarmi ad attraversare il fiume», perché apparisse un ponte sul fiume.

Un anno più tardi, la figlia dei draghi era incinta. I paesani andavano sovente a trovarla a casa, augurandole di mettere al mondo un neonato paffuto senza difficoltà. Ma proprio in quel periodo accadde qualcosa di catastrofico.

Con lo scopo di farsi costruire un altro palazzo, il nuovo capo del villaggio Jinghong ordinò a tutti gli uomini del villaggio di andare ad abbattere il legname necessario sulle montagne. Un mese dopo, essi ne avevano già raccolto la quantità necessaria. Ma al momento di attraversare il fiume, le zattere di bambù furono rovesciate dalle onde e tutto il carico di legname cadde nel fiume Lancang. I battellieri, diverse migliaia, si adoperarono per recuperare tutto quel legno per novantanove giorni, ma fu tutta fatica inutile. Come fare? Il capo del villaggio Jinghong era molto inquieto, quando un uomo molto intelligente andò a suggerirgli una soluzione:
— Mio signore, gli disse, io mi reco sovente al villaggio Mengyang per rendere visita a dei parenti. Ho saputo che là un giovanotto ha sposato la figlia dei draghi. Se si chiedesse aiuto a quest’uomo, forse si ritroverebbe facilmente il legno perso nel fiume.

A queste parole, il capo fece chiamare immediatamente Yan Maoyang.
Costui era un uomo di cuore. Era sempre disponibile. Ma questa volta egli esitò, poiché sua moglie era incinta di nove mesi e avrebbe ben presto partorito. Ma il messaggero lo implorò tanto e ancor di più:
— Se noi non possiamo recuperare il legname, il capo del nostro villaggio ci farà picchiare sino alla morte. Abbiate pietà di noi e aiutateci a venirne fuori.

La figlia dei draghi si commosse e disse a suo marito:
— Va’, mio caro sposo. Aiutare gli altri a superare le difficoltà è nostro dovere. I paesani si occuperanno di me, stai tranquillo!
Le parole della sua sposa lo rassicurarono e così si recò a Jinghong accompagnato da colui che aveva chiesto aiuto.

Dopo la partenza di suo marito, la figlia dei draghi andò furtivamente sulle rive del piccolo fiume del villaggio Mengyang. Là, ella pregò il genio del fiume di dire al Re dei draghi di aiutare suo marito a recuperare il legname caduto, il più presto possibile. Il Re dei draghi del fiume Lancang, per far piacere a sua figlia, inviò immediatamente numerosi pesci e gamberi ad assistere Yan Maoyang nel ripescaggio. In meno di mezza giornata, essi riuscirono a tirare fuori dall’acqua più di un migliaio di tronchi d’albero. La gente di Jinghong ne era stupefatta. «Oh, diceva, è miracoloso! Solamente il genero del Re dei draghi è capace di fare questo!» Ma qualcuno ne aveva fatto partecipe il capo del villaggio Jinghong. Convinto dei talenti di Yan Maoyang, questi riconobbe che nessuno a Jinghong era capace quanto il giovane. Ma proprio in quel momento, un uomo gli mormorò all’orecchio:
— Mio rispettabile maestro, il giorno della vostra morte è vicino!

Il capo spalancò gli occhi e chiese:
— Cosa succede? Qualcuno cerca di uccidermi?

L’uomo rispose con astuzia:
— Non ora, ma bisogna stare all’erta! Riflettete bene, Yan Maoyang è mille volte più forte di voi, se avesse l’intenzione di diventare, al posto vostro, il capo del villaggio Jinghong, sareste in grado di misurarvi con lui?
— Allora cosa bisogna fare, secondo te?

Chiese il capo con un tono ansioso.
— La cosa migliore sarebbe quella di ucciderlo prima che egli sospetti qualcosa, rispose l’uomo estraendo la propria sciabola.
Il capo scosse la testa, vedendo pagato con l’ingratitudine il suo benefattore. Ma subito gli balenò un’altra idea per la testa: «il capo del villaggio Jinghong deve essere un uomo del posto, non bisogna cedere questa carica ad un uomo del villaggio Mengyang. Sarà meglio agire per primo». Fece allora arrestare Yan Maoyang con l’intento di trascinarlo nella foresta per decapitarlo. A questa notizia, la gente del villaggio Jinghong che abitava lungo il cammino dove doveva passare il condannato andò ad intercedere in suo favore e a dissuadere il loro capo dall’agire alla leggera. Ma costui non non sentiva da questo orecchio e tranciò la testa di Yan Maoyang con un colpo di sciabola.

Avendo appreso della morte di suo marito, la figlia dei draghi cadde in deliquio. Grazie alle cure dei paesani, ella ritornò poco a poco in sé. Nella sua collera, disse:
— Non credevo che esistessero a questo mondo degli uomini così malvagi. Mio marito ha avuto la bontà di andare ad aiutarli. Ma invece di essergli riconoscenti, essi l’hanno ucciso, io non glielo perdonerò!

La notte stessa, la giovane ritornò nel Palazzo dei draghi per far partecipe del suo dolore il Re dei draghi bianchi. Questi, preso dal furore, ordinò immediatamente ai soldati dei gamberi di gettare grosse pietre nel fiume Lancang. Subito le acque del fiume iniziarono a scorrere a ritroso e, in un niente, inondarono Jinghong e le sue risaie. Il capo e gli abitanti trovarono scampo sulla sommità delle montagne dove si nutrirono di foglie d’alberi e di frutti selvatici.
— Perché le acque del fiume salgono così in fretta, visto che non è caduta una sola goccia di pioggia? S’interrogò il capo del villaggio Jinghong che dava per scontato che la cosa sarebbe stata di breve durata.

Ma trascorsero otto o nove giorni senza che si avesse alcun segno di decrescita. I sinistrati avevano mangiato tutte le foglie degli alberi e i frutti selvatici e ora rischiavano di morire di fame. Allora un vecchio disse al responsabile:
— Hai avuto torto ad uccidere il bravo giovane che ci ha aiutati a ripescare il legname. Ti rendi conto che è la tua cattiveria che ha provocato la collera della figlia dei draghi ed è indirettamente la causa di questa apocalisse! La sola via d’uscita che ti permette di sopravvivere è quella di andare a riconoscere i tuoi crimini davanti alla figlia dei draghi.

Il capo comprese solo allora le cause di quella catastrofe. Rimpianse molto la sua imprudenza e fece fare una zattera di bambù che lo conducesse verso le montagne sull’altra riva in compagnia dei suoi consiglieri. Là, scesi dalla zattera, si recarono a piedi del villaggio Mengyang per domandare perdono alla giovane vedova:
— Figlia dei draghi, disse il capo del villaggio Jinghong, la nebbia ha ostruito la mia vista, quanto me ne voglio d’aver ucciso tuo marito su istigazione di cattivi consiglieri. Uccidimi se vuoi, ma ti supplico di non annegare gli abitanti del villaggio Jinghong.

La figlia dei draghi gli lanciò uno sguardo furioso, gli rimproverò la sua ingratitudine e gli chiese di rendergli suo marito. Incapace di assolvere a tale richiesta, il capo non sapeva che implorare la clemenza. Fu soltanto dopo aver lungamente pianto che la figlia dei draghi si calmò. Allora il capo le disse:
— Figlia dei draghi, se tu ci perdoni e lasci gli abitanti del mio villaggio vivere tranquillamente, noi saremo felici di nutrirti di generazione in generazione.
La figlia dei draghi, nonostante la sua tristezza e la sua indignazione, non se la sentiva di annegare tutti gli abitanti del villaggio Jinghong. Così acconsentì.

La sera stessa, essa ritornò nel Palazzo dei draghi per domandare al Re dei draghi di far togliere lo sbarramento di pietre dal fiume. La mattina del giorno dopo, le acque del fiume avevano ripreso il loro corso normale, i villaggi e i campi emersero nuovamente dall’immensità delle acque.

Da allora, per esprimere la loro riconoscenza, la gente del villaggio Jinghong considerano la figlia dei draghi come il genio del loro villaggio e vanno a venerarla ogni anno lungo le rive del fiume. Si narra anche che, poco dopo il suo ritorno al Palazzo dei draghi, la figlia dei draghi avesse partorito un bel neonato. E poiché durante la maternità ella aveva avuto bisogno di uova, quando la gente va a renderle omaggio le porta come offerta centoventi uova di differenti colori.

Frammenti d'Oriente, febbraio 2000

 

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