La
via della seta e la civiltà cinese
LA NASCITA DEL
CELESTE IMPERO
Catalogo Mostra |
La nascita del celeste impero ( del
ciclo "La via della seta e la civiltà
cinese") |
Curatore |
Adriano Màdaro |
Editore |
Edizioni Sigillum, Treviso |
Esposizione |
Treviso, 22 ottobre 2005/ 30 aprile
2006 |
Pagine |
368 |
La Cina e la sua Civiltà costituiscono una delle realtà più affascinanti del pianeta. Rispetto alla portata storica di una cultura così ampia e così profonda, poco ancora si conosce in Occidente. Eppure, paradossalmente, in passato l'Ovest del mondo era più informato sulle lontane contrade d'Oriente. Per oltre quindici secoli una grande strada ha messo in comunicazione i popoli dal Mediterraneo al cuore profondo della Cina, una straordinaria avventura che ha attraversato i secoli costituendo la prima grande via di trasporto tra i due continenti: la Via della Seta.
Nel momento in cui finalmente
l'Occidente prende coscienza dell'importanza della Cina, collocandola in
una posizione centrale rispetto alla periferia del mondo nella quale
l'aveva per lungo tempo confinata, aprire una finestra sulla Storia,
sulla Cultura, sulla Civiltà di quel "pianeta" costituisce un
atto di responsabilità piena.
II progetto delle grandi mostre
biennali dedicate alla Via della Seta e alla Civiltà Cinese, che Casa
dei Carraresi ospiterà da qui al 2012, è stato fortemente voluto dal
Presidente di Fondazione Cassamarca Ori. Dino De Poli, sempre
lungimirante e precursore dei tempi. Egli aveva visto con sorprendente
anticipo la necessità di spalancare una finestra sulla Cina mediando
attraverso la cultura una conoscenza che oggi si è fatta
indispensabile. Capire la Cina nella sua anima antica, prima di
giudicarla sul terreno meramente economico, significa superare i
pregiudizi che purtroppo hanno alimentato pericolose diffidenze e
ostinate ignoranze.
La cultura, dunque, scelta quale
campo di confronto e terreno di comunicazione tra i due mondi che per
tanti secoli si sono sviluppati separatamente e talora in maniera
antagonistica, perfino ostile. Oggi la globalizzazione impone il
superamento delle diffidenze, pur rispettando le diversità, ma impone
anche la conoscenza di ciò che pertanto tempo abbiamo giudicato lontano
e talvolta incomprensibile, sebbene nell'antichità questi due mondi
avessero stabilito comunicazioni e rapporti perfino straordinari
attraverso la Via della Seta.
Raccogliendo la forte intuizione
del Presidente De Poli, e dopo avere compiuto insieme a lui un lungo
viaggio in Cina attraverso le regioni della Via della Seta, in due anni
di lavoro entusiasmante ho realizzato - con la preziosa collaborazione
dell'Accademia Cinese di Cultura Internazionale - la prima puntata di
questo grande progetto espositivo: "La Nascita del Celeste
Impero". Con questo titolo abbiamo inteso dare corpo alla Mostra
che propone l'incontro con le origini e il successivo affermarsi della
Civiltà Cinese radicatasi nell'arco di dodici secoli, dalla fondazione
dell'Impero ad opera di Gin Shi Huangdi sino all'apoteosi della Dinastia
Tang, l'età d'oro del Celeste Impero. Dodici secoli attraverso i quali
la specificità di questa cultura si è diffusa nella metà del mondo a
noi lontana, per molti aspetti a noi alternativa.
La scelta dei reperti è avvenuta
nella rigorosità scientifica tesa ad offrire un compendio storico ed
artistico della cultura cinese attraverso il tempo e attraverso lo
spazio. Coniugando lo spazio del lungo percorso della Via della Seta con
il tempo del divenire della Civiltà Cinese nel succedersi delle antiche
Dinastie, abbiamo "costruito" un percorso di oltre un
millennio scegliendo i reperti ritenuti più significativi e ricchi di
suggestioni, spesso custoditi nei caveaux blindati dei Musei, la gran
parte poco noti anche agli esperti.
Come responsabile del progetto, e
curatore della Mostra, il mio speciale ringraziamento va innanzitutto
all'On. De Poli per la fiducia accordata e per l'entusiasmo con il quale
ha sostenuto questa impresa fin
dall'inizio. Ringraziamento che estendo al Segretario Generale di
Fondazione Cassamarca Renato Sartor ed agli amici dell'Accademia Cinese
di Cultura Internazionale i quali con tanta competenza e passione mi
hanno assistito in ogni fase di questo lavoro straordinario. Così come
ringrazio i professori della Commissione Scientifica che ho avuto
l'onore di presiedere e che sono stati generosi distributori di tanti
preziosi consigli. Infine un grazie del tutto particolare agli amici
della Direzione Nazionale dei Musei della Cina, e ai Direttori dei
numerosi Musei, i quali mi sono stati vicini in ogni fase dei
sopralluoghi, accompagnandomi nelle più sperdute regioni percorse dalla
Via della Seta e assistendomi "sul campo" con la loro
straordinaria competenza.
La solitudine e le difficoltà di
tanti momenti sono state superate felicemente grazie alla collaborazione
affettuosa di tanti amici cinesi che fin dall'inizio hanno visto in
questa iniziativa di Fondazione Cassamarca - con la partnership
dell'Accademia Cinese di Cultura Internazionale e la collaborazione di
Fondazione Italia Cina - un desiderio sincero di spalancare le porte del
nostro Paese a quello che per noi Italiani, e in particolare conterranei
di Marco Polo, è un grande Paese amico da sempre: la Cina.
Il progetto delle Quattro Grandi
Mostre ha avuto una sorta d'atto costitutivo fondante nella sua
specificità tutta italiana. E che esso sia maturato contemporaneamente
in due poli estremi del pianeta, sulle
rive del Mar Giallo là dove si inarcano nel golfo del Bohai, e su
quelle dell'Adriatico dove con straordinaria analogia morfologica
s'inarcano nel golfo di Venezia, non è affatto un caso. Semmai una più
che logica conseguenza di una forte similitudine tra questi due punti
geografici tanto distanti tra loro.
Uno sguardo alle due mappe
suggerisce una sorprendente giustapposizione, tanto straordinariamente
simile da far trasalire per la somma di coincidenze. II profilo
terracqueo dei due golfi è pressoché identico, le due pianure sono
uguali, le montagne che le chiudono a settentrione ripetono lo stesso
arco: il ritaglio spazioso di panorama che va dal Grappa all'Isonzo è
la copia delle montagne che limitano la pianura pechinese sulle quali
monta di guardia la Grande Muraglia. E concedendoci una piccola
forzatura, suggerita peraltro dalla simile localizzazione geografica,
dove là sorge Pechino quasi nella stessa posizione qua sorge Treviso.
Non è quindi una mia suggestione fuor di luogo se nelle limpide
giornate dell'autunno di Pechino affacciandomi alla finestra della mia
camera d'albergo guardando verso Occidente ammiro lo stesso paesaggio
che vedo srotolarsi da casa mia, appunto dal Grappa fino alle Alpi
Giulie, che poi è lo stesso che nelle giornate di grande trasparenza si
può godere dal cuore di Venezia.
C'è un feeling speciale a
cominciare dal paesaggio, dunque, tra la terra di San Marco e quella
dell'antica Prefettura di Shuntien. E il grande valore aggiunto di
questa "familiarità" lo abbiamo assorbito nel nostro DNA dal
gusto dell'avventura e della meraviglia che non solo Marco Polo, non
solo Odorico da Pordenone, non solo Martino Martini, ma una moltitudine
di anonimi coraggiosi viaggiatori del passato ci hanno testimoniato con
il loro "andare in Cina" seguendo i percorsi interminabili
della Via della Seta.
Ma appena lasciamola similitudine
del paesaggio, tanto familiare qua quanto là, subito la strada perla
Cina si affolla di italiani intrepidi che con la fede, la scienza e
l'amicizia hanno fatto aggiudicare all'Italia un primato indiscutibile
nei rapporti specialissimi con il Celeste Impero, i più forti in
assoluto rispetto a qualsiasi altro Paese del mondo.
Qualche nome oltre ai nostri
triveneti già citati? Giovanni da Montecorvino, primo vescovo di
Pechino nel XIII secolo, Giovanni da Pian del Carpine, che fu alla corte
dei sovrani mongoli, Matteo Ricci, insignito perfino dell'onorificenza
mandarinale, Giuseppe Castiglione che con il nome di Lang Shining fu il
più grande pittore "cinese" del Settecento, ritrattista
ufficiale dell'Imperatore Qian Long. Grandi, grandissimi il nome e il
prestigio dell'Italia in Cina fin dai tempi antichi, quando nel terzo
secolo avanti Cristo l'Imperatore Qin Shi Huangdi bramava un'alleanza
con l'Impero Romano per proporre la continuazione della Grande Muraglia
fino al Mare Oceano Occidentale chiudendo così a nord i Sarmantici e i
Xiongnu, comuni nemici delle due grandi Civiltà sorelle: Roma e la
Cina. E fu allora che nacque l'idea di una strada protetta dagli
eserciti lungo la quale sviluppare i commerci dalle sponde del Mar
Giallo a quelle del Mediterraneo, o più verosimilmente dell'Adriatico
poiché dalla Turchia l'approdo più prossimo era sulle coste pugliesi.
Via marittima che in futuro verrà monopolizzata dai Veneziani, gli
"orientalisti" per eccellenza e nel Medioevo i più numerosi
nell'affrontare il mare fino a San Giovanni d'Acri per poi incamminarsi
lungo le carovaniere per il Gran Catai.
Quell'interminabile filo di seta
che all'inizio aveva legato la mitica capitale cinese Chang'an con
l'antica Roma, sotto la stretta sorveglianza dei Parti che si erano
attribuiti il ruolo di doganieri, collegherà poi Chang'an e Khanbaliq
con Venezia, e quando Venezia diventerà non solo l'emporio europeo
della seta, ma ne diverrà centro di produzione e di tessitura, non lo
farà in laguna evidentemente, ma soprattutto in terraferma, nel
Trevigiano. È qui infatti, nelle zone di collina vicino alle rogge, che
sorgeranno le filande, mentre nelle campagne verrà raggiunto il primato
europeo della produzione della seta allevando i bachi in ogni famiglia
contadina.
Ancora una volta dichiariamo di
forzare un poco la mano, ma non è esagerato affermare che Treviso e il
suo territorio potrebbero con tante buone ragioni candidarsi a
"capolinea ovest" della Via della Seta. Una forzatura
sciovinista? Un eccesso di patriottismo di bandiera? Magari un sussulto
di provincialismo esagerato? Non mi pare poichè i fatti accennati hanno
solide fondamenta di verità o per lo meno di verosimiglianza con i dati
fornitici dalla Storia. Per di più alcuni storici dell'Accademia Cinese
di Cultura Internazionale condividono questa osservazione, pertanto non
è peregrino avere trovato un legame terminale tra la Via della Seta e
Treviso, complice l'antica orientalità di Venezia, la più titolata fra
tutte le città dell'Occidente a una sua naturale "vocazione"
cinese.
Ma torniamo ora al progetto delle Mostre, alle
motivazioni delle scelte scientifiche. La Storia multi millenaria della
Cina poteva suggerire una partenza anticipata di almeno altri venti
secoli, facendoci risalire alle mitiche Dinastie Xia o Shang. La
decisione di partire invece dalla Dinastia Qin rappresenta una scelta
che coincide appunto con la nascita del Celeste Impero, certificata da
quel 221 avanti Cristo che costituisce la "svolta" storica
della Civiltà Cinese. È, questa, la data della fondazione dell'Impero,
l'inizio della Storia moderna della Cina, lo spartiacque tra la non
identità e l'identità definitiva. La Cina come Paese nasce in
quell'anno 221 avanti Cristo, ed è da questa data che parte il percorso
della nostra prima Mostra. La fulminea apparizione di Qin Shi Huangdi
sulla scena cruenta di sette Stati che da secoli si combattono per la
supremazia è l'avvenimento più importante dell'antichità cinese.
Iniziare dunque a raccontare la storia della Civiltà Cinese da questo
momento ci è sembrata una scelta più che motivata. I famosi
"guerrieri di Xi'an", oramai universalmente ritenuti l'ottava
meraviglia del mondo, accompagnano la nascita del Celeste Impero con la
dignità della loro provocatoria bellezza.
I reperti risalenti alla Dinastia
Qin scelti per la Mostra testimoniano l'alto valore artistico raggiunto
dalla Cina di ventidue secoli fa e costituiscono una pietra miliare
nella storia dell'arte mondiale. Ad essi immediatamente si collega, e
subito però si distingue per sofisticata ricerca estetica, la
straordinaria sequenza di testimonianze archeologiche risalenti alle
Dinastie degli Han Occidentali ed Orientali che per quattro secoli hanno
plasmato e arricchito in maniera straordinaria la Civiltà Cinese.
L'apporto culturale degli Han, oggi sinonimo della stessa etnìa cinese,
è stato determinante per la formazione della specificità stessa di
quella Civiltà.
La Mostra testimonia con
straordinaria ampiezza il trionfo della cultura degli Han: al di là
dell'enorme varietà di soggetti statuari e quindi della fantasia
plastica di una moltitudine di artigiani ed artisti ignoti, la
spettacolare modernità delle sete, i modellini in terracotta delle
abitazioni, la rappresentazione realistica della quotidianità
domestica, la sapiente lavorazione del bronzo, delle lacche, delle
giade, la raffinata visione di quel mondo e la sua accurata
raffigurazione suscitano in noi un sentimento di spontanea ammirazione.
Chiusa l'epopea Han, l'arrivo
sulla scena della Cina Settentrionale di alcune minoranze etniche di
origine mongola, siberiana e tartara genera quell'amalgama di razze
centrasiatiche‑cino‑tartare che danno vita ad un'éra di
grande significato culturale. La poltiglia etnica che ne deriva avvia
una nuova tappa nello straordinario processo di sinizzazione delle
culture. L'introduzione proprio in quel periodo della dottrina buddista
dall'India completerà l'affermarsi di una Civiltà oramai ben definita,
che la brevissima Dinastia Sui saprà egregiamente interpretare con
sintesi di grande efficacia artistica. Le testimonianze riferite
all'arte buddista Sui presenti nella Mostra sono più che eloquenti.
II cambio dunque di staffetta tra
terzo e sesto secolo avvenuto con intermittenze di guerre tra le
Dinastie dei Wei, dei Jin, dei Nan Bei e dei Sui è testimoniato con
reperti che possiamo definire "di passaggio" e che
costituiscono un trait‑d'union con il trionfo che ci attende
quando compare sulla scena la grande Dinastia Tang.
Comincia qui, all'alba del settimo
secolo, il capitolo conclusivo, ma straordinariamente affascinante,
della Mostra. La scelta dei reperti Tang è davvero eccezionale:
numerosi fra essi i "tesori di Stato" prestati dal famoso
Museo di Storia del Shaanxi di Xi’an, a ragione il primo Museo della
Cina.
L'apoteosi archeologica di questa
sezione della Mostra è indiscutibile. La raffinata plasticità della
statuaria non abbisogna di essere commentata ma semplicemente goduta con
la vista, con la contemplazione. Si tratta di una folta schiera di
preziosi reperti che testimoniano a ragione la definizione di "età
d'oro della cultura cinese" che viene unanimemente attribuita dai
critici alla Dinastia Tang. Ed è qui, al termine di questa autentica
parata di gioielli della Civiltà Cinese, che si conclude la Mostra
dedicata alla nascita del Celeste Impero. Siamo nell'anno 960 della
nostra éra. La Dinastia Tang è cessata ufficialmente nel 907 ma i suoi
riverberi influenzano tutto il secolo e in verità non si spegneranno
mai del tutto. Anche Tang, come Han, è oggi sinonimo dell'etnìa
cinese, soprattutto nelle comunità cinesi d'oltremare, lontane dalla
madrepatria.
Le prossime tappe partiranno da
qui, intorno all'anno Mille, fino al 1368, e la Mostra del 2007,
intitolata "II Tesoro dei Mongoli", sarà dedicata alle
Dinastie Liao, Jin e Yuan, con una sezione riservata alla Dinastia Song
travolta dagli eserciti di Kubilai Khan all'epoca di Marco Polo.
Continueremo il viaggio nel 2009
con la terza Mostra, "Lo Splendore dei Ming", interamente
dedicata alla Dinastia che più di altre contribuì a far conoscere ed
ammirare la Cina in occidente, e che comprende il periodo 1368-1644.
Infine concluderemo nel 2011 con
"Manciù, l'Ultimo Impero" (1644-1911), la Mostra dedicata
alla Dinastia Cing, nel corso della quale la Cina ha vissuto il suo
apogeo di Impero più ricco e potente del mondo, finchè nel 1839
l'aggressione britannica con la Prima Guerra dell'Oppio ne avviò la
decadenza, accelerata nel corso del XIX secolo dalle aggressioni delle
Grandi Potenze, fino al crollo nel 1911. Ma questa, purtroppo, è tutta
un'altra storia.
ADRIANO MÀDARO
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