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L'IMPORTAZIONE DEL CAPITALISMO
Il ruolo delle istituzioni nello sviluppo economico cinese

L'importazione del capitalismo

Autore Giuseppe Gabusi
Editore Vita e Pensiero, Milano
Prima edizione 2009
Pagine 256
N. ISBN 978-88-343-1791-4

Il successo di trent'anni di riforme economiche cinesi ha posto in discussione l'efficacia delle politiche di sviluppo - note come postWashington consensus - promosse dalle organizzazioni multilaterali. Partendo dall'assunto che le istituzioni sono importanti per la crescita, il consenso prescriverebbe che i paesi in via di sviluppo si dotino di governi che disciplinino un sistema di diritti di proprietà stabili e definiti e creino istituzioni capaci di rafforzare i mercati: in sostanza la good governance - ossia un mix di liberalizzazione, privatizzazione delle proprietà statali, trasparenza della pubblica amministrazione e assenza di corruzione - dovrebbe indurre lo sviluppo economico. Non era così nella Cina di Deng Xiaoping: i diritti di proprietà non erano né stabili né chiari, la corruzione era diffusa, il governo era coinvolto in tutti i settori dell'economia. Ancora oggi le istituzioni cinesi si conformano poco ai paradigmi liberali. Eppure la Cina si è sviluppata con estremo successo.
Come si spiega questo esito in apparenza paradossale? Per dare una risposta il volume utilizza gli strumenti della political economy, mostrando la messa in pratica che le istituzioni cinesi hanno fatto della lezione del capitalismo: i diritti di proprietà, pur essendo instabili, erano definiti in senso 'verticale'; lo stato, grazie allo sfruttamento dei flussi di capitale straniero in entrata, ha potuto guidare la transizione capitalistica perché il sistema clientelare, con il partito nel ruolo di political economy residual claimant, era compatibile con i costi e i benefici connessi alla diffusione delle attività di mercato.
Quindi la Cina si è sviluppata importando (pur senza ammetterlo) il capitalismo, e da questa esperienza è utile trarre conclusioni che sfidano il consensus, soprattutto ora che la crisi finanziaria del 2008 costringe anche i paesi storicamente industrializzati a rivedere i rapporti tra stato e mercato.

Giuseppe Gabusi è dottore di ricerca in Istituzioni e Organizzazioni presso l'Università Cattolica di Milano. Ha tenuto corsi e seminari presso I'ASERI, l'Università Cattolica di Budapest, l'Università di Bologna, l'Università di Torino e l'Università Santo Tomas di Manila. È stato Visiting Research Student presso la SOAS di Londra. È assegnista di ricerca presso la Facoltà di Scienze politiche dell'Università di Torino, docente a contratto di International Political Economy e Political Economy dell'Asia orientale nella sede di Brescia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, e vice direttore del portale TheChinaCompanion.

 

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