I morti, per il fatto di essere divenuti meno umani e soprattutto
meno agili dei vivi, possono dalloggi al domani vedersi riconoscere più
intelligenza, talento, virtù, dunque più valore che in vita. Disprezzati, non abbastanza
o malamente amati, cancellati dalla distrazione o dalleccesso damore altrui,
rischiamo di vivere nellinvisibilità, di non arrivare mai a noi stessi, di non
imparare a riconoscerci e ad amarci per ciò che siamo. Ed ecco che lestremo
sacrificio di sé, il suicidio, la teatralità muta della morte, si delineano come sola
possibilità vitale, come grido, rivendicazione, manifestarsi della propria non più
equivocabile e singolare umanità.
Sono queste le tesi sostenute con lucida ferocia ne Lingratitudine,
straziante monologo damore e rivolta che una figlia rivolge alla propria madre.
Scritto in una prima persona straniante - sappiamo infatti da subito che la protagonista
si è tolta la vita per punire chi glielha data e annegare così la madre nel gelo
del rimorso e del rimpianto -, questo romanzo affronta con durezza e senza sentimentalismi
il grande e complesso tema del "difficile" amore tra madre e figlia.
Sullo sfondo, la Cina contemporanea, in bilico tra valori tradizionali e nuovi modelli di
comportamento. Un vetriolico atto daccusa nei confronti dellistituzione
familiare e di una società che non ha saputo lavorare sulle contraddizioni del privato e
sulla fissità dei sentimenti.
Era dai tempi de La pianista di Elfriede Jelinek che non si leggeva un testo
letterario altrettanto esemplare sulla mortifera simbiosi madre-figlia.
Ying Chen. Nata a Shanghai nel 1961, Ying Chen vive
oggi a Montreal. Finalista al premio Femina, Lingratitudine ha ricevuto il
premio Québec-Paris, il gran premio Lettrici di "Elle" Québec e il premio
Librierie del Québec. Lingratitudine è il terzo romanzo di Ying Chen, già
autrice di La mémoire de leau (1992) e Les lettres chinoises (1993).