Nella tradizione cinese Il tesoro delle lettere: un intaglio di draghi
costituisce il punto di partenza, fondamentale e imprescindibile, per gli studi di
retorica e di critica letteraria. Scritto nei primi anni del secolo VI d.C. da Liu Xie, un
letterato - già monaco buddhista e traduttore di testi sacri dal sanscrito - della corte
della dinastia meridionale dei Liang, il testo affronta, nei 50 capitoli che lo
compongono, tutte le principali tematiche della creazione letteraria, analizzando in
maniera sistematica (per la prima volta in Cina) i generi e le forme, i modi e le tecniche
della composizione e i fondamenti della creazione artistica.
Questopera, prodigiosamente compatta, è tutta costruita intorno alla nozione di wen
che è, insieme, "segno", "configurazione", "modello", ma
anche "opera scritta", e perciò diviene elemento fondatore di
"cultura", e quindi di "civili istituzioni" (in contrapposizione a wu,
"la forza delle armi"). In un sapiente equilibrio sono qui mirabilmente
intrecciate la confuciana teoria didattico-morale della letteratura con quella
individualistico-emozionale di chiara influenza taoista, mostrando come queste due
concezioni non siano in disaccordo ma focalizzino due aspetti diversi della riflessione
poetica, quello "espressivo" la prima, quello "emotivo" la seconda. In
questo modo, ad esempio, Liu Xie descrive il processo della creazione artistica: il mondo
esterno, ovvero le "diecimila cose", tocca i sensi dellautore, che
risponde a questo stimolo servendosi di parole. Egli esprime il proprio pensiero per
iscritto, attingendo a quellinesauribile tesoro di sapere che solo la tradizione dei
Classici può solidamente fornire. Senza la complementarietà del rapporto tra il sentire
- prodotto sempre in risposta a uno stimolo esterno - e il sapere - frutto di costante
studio, paziente, apprendimento e accurata scelta dei testi, i Classici - non ci può
essere valida opera letteraria, che resista nel tempo e possa essere di insegnamento per i
posteri. Liu Xie è infatti il primo a teorizzare in maniera sistematica la nozione di
intertestualità, intesa non solo come connessione e intreccio di testi interpretati in
chiave diversa, ma piuttosto come risultato di una "naturale coincidenza di alcuni
generi e forme con alcuni temi e sentimenti" (va ricordato, peraltro, che lidea
di mimesis è assente dal pensiero letterario cinese, o almeno, non viene mai
considerata in maniera sistematica).
È, comunque, la grande fascinazione del segno scritto, il vero trionfo del wen,
quello che viene celebrato lungo tutti e 50 i capitoli che compongono lopera, con
tutto il mistero e il segreto delle infinite possibilità combinatorie che
laggregazione tra i segni consente, e sterminato appare il patrimonio letterario che
emerge attraverso la lettura.
La traduzione italiana qui proposta (curata da Alessandra C. Lavagnino, professore di
lingua cinese presso la Facoltà di Scienze Politiche dellUniversità Statale di
Milano) è stata interamente condotta in base ai più recenti commenti cinesi e consente,
mediante un ampio supporto di note esplicative e di apparati critici, di ripercorrere il
labirinto di citazioni e di connessioni intertestuali che fanno di questo testo uno dei
fondamenti della tradizione cinese, paragonato, in Cina, alla Poetica di
Aristotele.
Liu Xie nacque intorno al 465 da una famiglia di nobile stirpe ma
ormai povera; entrato giovanissimo in un monastero buddhista diventa un ottimo traduttore
di sutra dal sanscrito al cinese. Il successo letterario arriva in età ormai
matura grazie a uno stratagemma col quale presenta il Wen xin diao long al principe
ereditario, dispiegando il manoscritto davanti agli zoccoli dei cavalli mentre lo stesso
principe passava con la carrozza, al pari di un qualunque venditore di pezze di stoffa. In
tarda età si ritirò in solitudine in u7n monastero fino alla morte, avvenuta nel 530
d.C.