Per
la prima volta, con questo romanzo, cadono i veli e gli stereotipi dalla realtà
della Cina Moderna. Recuperando il grande tema della narrativa cinese moderna,
il rapporto intercambiabile tra macrocosmo e microcosmo, cioè tra la Storia e
le infinite storie familiari, Wang Meng, uno dei grandi narratori di questo
secolo, ci mette direttamente a contatto con la vita quotidiana del suo paese,
facendola apparire per sortilegio attraverso le maglie del suo originalissimo e
straordinario linguaggio: una scintillante e devastante verbosità mette in luce
pieghe e anfratti della coscienza individuale e collettiva, malattie dell’anima
e follie della società. Il romanzo, ambientato a Pechino tra gli anni Trenta e
i giorni nostri, si focalizza però sugli anni dell’occupazione giapponese,
seguendo la parabola del protagonista, Ni Wucheng, un “precursore”, un uomo
assolutamente fuori posto nella società e nella sua famiglia, uno straordinario
personaggio che, come tutte le gradi figure della letteratura, ha in sé le
connotazioni eroicomiche della realtà umana. La tragedia e la commedia,
registrate con spietata obiettività da due bambini, il figlio e la figlia di Ni
Wucheng, si evidenziano nel contrasto tagliente fra le “magnifiche sorti e progressive”
agognate dal protagonista e la tradizione, “l’altra metà - quella
apparentemente più ottusa e refrattaria - “del cielo”.
Ma
nei giochi drammatici e crudeli all’interno dell’universo familiare, i rapporti
sono destinati a invertirsi, rivelando il terribile equivoco in cui rischia di
cadere non solo l’individuo, ma una società intera, un paese di oltre un
miliardo di abitanti. Il romanzo di Wang Meng è la prima grande opera
letteraria che affermi la propria autonomia dalla propaganda politica, sin
dalla nascita della Repubblica Popolare, venendo così a colmare la grave lacuna
che si era creata nel mondo letterario contemporaneo, con l’assenza di una
voce, quella cinese, dalle caratteristiche così peculiari, dalla tradizione
così ricca e antica.
Wang Meng, nato nel 1934 a Pechino, ha cominciato a
scrivere racconti e romanzi in giovanissima età. Il lungo racconto Il novellino
del Dipartimento di organizzazione gli causò aspre critiche per certe allusioni
politiche. Condannato al silenzio durante la “campagna contro la destra” nel
1957, trascorse quasi vent’anni al confino nel Xinjiang, tra le popolazioni
uigure. Riabilitato dopo la rivoluzione culturale, ha pubblicato una grande
quantità di racconti scritti negli anni precedenti. È ministro della cultura
dal 1986. Di recente si è dedicato anche alla scrittura poetica. In Italia è
stato pubblicato il suo poemetto Pensieri vaganti nel Tibet (Scheiwiller,
1987). Nel 1987 ha ottenuto il premio speciale Mondello.