APOLOGIA
DEL TAOISMO
Autore |
Giuseppe Tucci |
Editore |
Luni Editrice, Firenze |
Prima edizione |
2006 |
Pagine |
76 |
N. ISBN |
88-7435-126-7 |
In questo breve saggio pubblicato nel 1924, il grande orientalista Giuseppe Tucci si propone di fornire una chiave di lettura corretta del Taoismo, evitando le trappole contrapposte dell’identificarlo ora con la religiosità popolare cinese, intrisa di superstizioni e di rituali magici, ora con un sistema speculativo astratto da ogni esigenza etica (due posizioni tipiche degli studiosi di orientalistica del tempo) ora con un’interpretazione esoterica (tipica degli ambienti teosofici) che travisa Lao-tze (Laozi) mettendogli addosso i panni della mistica occidentale cristiana rispetto alla quale il Taoismo presenta «differenze irriducibili».
Per intendere il Tao-te-king (Daodejing) «occorre … superarne la forma per intuirne e riviverne in una immediatezza spontanea il reale contenuto. Punto di partenza è senza dubbio l’ermeneutica filologica: ma chi volesse intendere il Tao-te-king col solo aiuto di quella, correrebbe il rischio di travisarne il senso: come è molto spesso accaduto agli interpreti filologi. Altri per converso, illudendosi di possedere una luce interiore capace di svelare l’arcano senso di ogni più oscuro testo mistico a qualunque tempo appartenga, ha creduto di poter afferrare il significato ascoso del Tao-te-king prendendo a base delle proprie speculazioni le traduzioni preesistenti, incapace tuttavia di giudicare sul merito intrinseco delle stesse, o più audace ancora, con una scarsa ed insufficiente conoscenza del cinese, proponendo delle nuove interpretazioni… Così, per intendere Lao-tze occorre senza dubbio come prima cosa una certa affinità spirituale con il grande pensatore cinese, che renda possibile quella perfetta fusione coll’autore che nessun mezzo estrinseco e puramente filologico potrà mai provocare; ma è pure indispensabile non soltanto essere padroni della lingua in cui il Tao-te-king fu scritto, bensì anche non ignorarne le interpretazioni che gli indigeni ne hanno dato, avere una certa dimestichezza con la folla dei commentatori, e un’idea almeno delle forme assunte dal pensiero di Lao-tze e degli influssi da questo esercitati attraverso i secoli, sulla letteratura, sull’arte, sull’anima cinese insomma».
Giuseppe Tucci (1894-1984), il più grande orientalista italiano del Novecento e fra i massimi tibetologi a livello internazionale, fu giornalista, scrittore, archeologo, antropologo, esploratore, Accademico d’Italia. Nel 1933 fondò, insieme a Giovanni Gentile, l’Istituto italiano per il Medio ed Estremo Oriente (Is.M.E.O., oggi IsIAO).
Dai suoi viaggi di ricerca nella regione dell’Himalaya – crocevia naturale delle culture dell’Asia – e in particolare dalle spedizioni in Tibet che effettuò tra il ’29 e il ’48, scaturirono opere capitali, come i sette volumi di
Indo-tibetica, Tibetan Scrolls o i notissimi Tibet
ignoto, Tra giungle e pagode, La via dello Swat.
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