“Diario di un pazzo” è il primo dei racconti di questa raccolta, pubblicata da Lu Xun nel 1923 e qui tradotti dall’originale cinese. E un “pazzo” doveva sembrare l’autore ai suoi contemporanei. Nella Cina di inizio Novecento – in pieno declino, appena transitata dall’impero alla repubblica, scossa da lotte tra fazioni politiche e militari, in cui l’educazione era ancora fondata su testi filosofici e politici risalenti a più di mille anni prima, e la produzione letteraria era in una lingua classica avulsa dalla realtà quotidiana – i suoi racconti, crudamente realistici e scritti in lingua vernacolare, avevano un effetto dirompente e spiazzante: i racconti di un “pazzo”, appunto. Fortemente intrisi di notazioni autobiografiche e di reminiscenze esperienziali, sono altrettanti “spaccati” di una Cina in drammatica crisi sociale e di una popolazione stremata, disorientata e oppressa da ataviche abitudini e da superstizioni che non fanno che peggiorarne le condizioni. Sono pagine magistrali e potenti che, pur intrise della lacerante contraddizione tra l’anelito verso l’innovazione della cultura e della società e l’amara presa di coscienza dell’impossibilità di recidere il legame con il passato e con la tradizione, donano al mondo indimenticabili ed emblematiche figure e personaggi paradigmatici: il pazzo, il tragico Ah Q, il padre amorevole accecato dalla superstizione, bislacchi letterati e studiosi “vecchia maniera” e tanti, tanti personaggi, alcuni reali, altri di fantasia, tutti dolorosamente sospesi tra il vecchio mondo e il nuovo che preme per avanzare.
Lu Xun, pseudonimo di Zhou Shuren (1881 – 1936) è considerato il padre della letteratura cinese moderna, poiché è stato il primo a scrivere racconti in lingua vernacolare. Convinto sostenitore delle istanze di riscatto nazionale e di rinnovamento della cultura e della società propugnate dal Movimento del Quattro Maggio e profondamente deluso dall’esperienza negativa vissuta alla facoltà di medicina nel Giappone “modernizzato”, scelse di dedicarsi all’educazione e alla formazione delle nuove generazioni cinesi. Pubblicò saggi e articoli su riviste letterarie e culturali e nel 1923 diede alle stampe la sua prima raccolta di racconti, proseguendo poi l’attività di scrittore fino alla morte. La critica cinese gli ha riservato alterne fortune: osannato, criticato, rivalutato, fino a essere rimosso dai testi scolastici, a seconda delle oscillazioni politiche. Lu Xun resta, in ogni caso, il maggiore scrittore cinese del Novecento e il padre della lingua cinese moderna. Di Lu Xun Luni Editrice ha pubblicato Fuga sulla luna e altre leggende e I racconti del Misantropo.
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