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ECONOMIA E DIRITTO

   Il "motore di ricerca di carne umana": 
la caccia all'uomo nell'epoca di internet*

di Ivan FRANCESCHINI

1. Definizione e funzionamentodel "motore di ricerca di carne umana"
“La pressione psicologica è stata enorme e questo ha, influenzato non solo la mia vita quotidiana, ma ha coinvolto anche i miei familiari: la sofferenza è stata grande e mi sono sentito molto depresso”1. “Ho dovuto patire una sofferenza psicologica tale che ancora oggi non mi permette di vivere come una persona normale”2. Chi scrive queste parole non è una persona anziana che richiama esperienze vissute quarant’anni fa, nel corso della rivoluzione culturale, ma un giovane di meno di trent’anni che vive nel centro di una grande metropoli della Cina di oggi. Non è stato costretto a sfilare per le strade con un cappello a punta, le mani dietro la schiena ed un cartello al collo, non gli sono stati rapati i capelli su metà della testa e non è stato selvaggiamente picchiato, ma la sofferenza che esprime non è poi così differente da quella che si può trovare in tanti racconti di reduci di quegli anni. Anche se non è stato etichettato come controrivoluzionario, revisionista o elemento borghese, è stato ugualmente additato alla pubblica vergogna senza avere la possibilità di difendersi. Il suo nome non è stato scritto a grandi caratteri su dazibao appesi sulle pareti di luoghi frequentatissimi, ma è apparso su tutti i principali forum in cui i netizen si riuniscono per discutere del più e del meno. Questo giovane è una vittima del “motore di ricerca di carne umana”.

Cos’è, dunque, il “motore di ricerca di carne umana”? L’enciclopedia online Baidu (baidu baike) fornisce questa definizione: “Si tratta di meccanismo che approfitta in maniera ancora più decisa della forza
umana per rintracciare informazioni dalle informazioni fornite dai motori di ricerca tradizionali”3. Come tutti i motori di ricerca, anche questo viene utilizzato per reperire nuove informazioni a partire da dati già disponibili all’utente. Eppure la sua unicità rispetto a omologhi più celebri quali Google e Baidu risulta evidente almeno sotto due aspetti: le dinamiche di funzionamento e la natura dei dati che generalmente vengono cercati. Per quanto riguarda la questione del funzionamento, mentre i comuni motori di ricerca in genere si basano su propri algoritmi e database, il “motore di ricerca di carne umana” non ha niente di tutto ciò. L’utente interessato ad ottenere informazioni non fa altro che pubblicare una richiesta nella semplice forma di un post su un sito, poi spetta a coloro che leggono l’appello ricercare “manualmente” i dati richiesti. E’ chiaro che maggiore è il numero degli utenti che partecipano alla ricerca, maggiore è la probabilità di successo. Per quanto riguarda invece la questione delle informazioni che possono essere cercate attraverso tale motore di ricerca, un simile strumento ha potenzialità infinite, ma negli ultimi anni in Cina è apparsa una preoccupante tendenza a concentrarsi sui dati personali di singoli individui, quali indirizzi, numeri telefonici, numeri di carta d’identità, indirizzi del posto di lavoro, etc. Da questo punto di vista, la denominazione “motore di ricerca di carne umana” è particolarmente efficace perché si basa su una certa ambiguità semantica: se da un lato “carne umana” si riferisce alla materia prima necessaria al funzionamento del motore di ricerca, vale a dire la collaborazione concreta degli utenti reali (tanto che si può parlare di renrou canyu de sousuo, “motore di ricerca con la partecipazione della carne umana”), dall’altro la formula può tranquillamente stare ad indicare l’oggetto della ricerca, vale a dire la realtà fisica, le ossa e il sangue di singoli individui nella forma dei loro dati privati (e in questo caso sarebbe più opportuno parlare di zhendui renrou de sousuo, appunto “motore di ricerca rivolto alla carne umana”).

Sono molte le strategie che gli utenti della rete adottano per reperire le informazioni richieste4. Poniamo ad esempio che sia stato pubblicato un post con la foto di una persona accompagnata da una richiesta di ottenere informazioni in più sul soggetto ritratto: i netizen sceglieranno di diffondere l’immagine su tutti gli spazi web a loro disposizione (forum, blog, social network, etc.), fino al momento in cui qualcuno che dispone di informazioni più precise sulla persona ricercata non si farà avanti con nuovi dati che permettano di restringere il campo delle indagini. Se poi si conosce il numero di telefono ma non l’identità della persona ricercata, trovare ulteriori dati è molto semplice: qualcuno andrà in banca e farà finta di dover pagare la bolletta telefonica per ottenere un nome e un cognome. Se invece si conosce un nome è semplice risalire ai dati personali e alla vita privata di una persona: non è poi così difficile ottenere i dati contenuti negli archivi di scuole, banche, agenzie immobiliari e varie unità di lavoro. Anche nei casi più difficili, vale a dire quelli in cui si conosce solamente l’indirizzo IP di un utente, non esistono ostacoli insormontabili, in quanto ci sono sempre netizen dotati delle conoscenze informatiche necessarie per penetrare i segreti che si nascondono dietro a cifre misteriose per i più. Di fatto, ottenere informazioni appartenenti alla sfera privata dei singoli cittadini cinesi è così semplice che molti sostenitori del “motore di ricerca di carne umana” arrivano a rispondere alle critiche mettendo in discussione la natura privata dei dati stessi.

Questo peculiare motore di ricerca si inserisce a pieno titolo in una più generale tendenza della rete. Negli ultimi anni infatti l’intera rete si sta evolvendo da una dimensione principalmente “meccanica” ad una dimensione più “umana”, cosa che avviene principalmente attraverso la creazione di strutture dinamiche che facilitano e massimizzano l’apporto creativo ed informativo del singolo individuo al sistema. Le manifestazioni più recenti di questo fenomeno, tecnicamente definito web 2.0, possono essere individuate nell’esplosione della blogosfera, nel fiorire dei forum, nell’emergere dei social network e nello sviluppo di forme collettive di gestione della conoscenza quali Wikipedia. I siti web non sono più strumenti rigidi di un dialogo unidirezionale tra il webmaster e un utente inteso come un’entità passiva vagamente paragonabile ad un “suddito”, ma si sono trasformati in strutture organiche in continua espansione grazie all’apporto attivo di quelli che ora possono essere definiti a tutti gli effetti netizen, veri e propri cittadini in grado di esprimere le proprie idee e di contribuire in maniera significativa allo svolgimento della vita pubblica della rete (e non solo). La Cina, che ormai può contare sulla cifra record di 253 milioni di utenti internet5, si è inserita rapidamente in questa generale tendenza e continua a dare un proprio fondamentale contributo allo sviluppo del web 2.0. Eppure, nonostante ciò, al momento è il “motore di ricerca di carne umana” ad occupare il centro dell’attenzione.

2. L’evoluzione del “motore di ricerca di carne umana”: i principali casi degli ultimi anni
Sono già alcuni anni che in Cina si parla di “motore di ricerca di carne umana”. Il primo caso in cui compare questa formula risale al 2001, quando sul forum Mop viene pubblicato un post in cui l’autore riporta la foto di una bellissima ragazza e scrive che si tratta della sua fidanzata6. L’affermazione solleva dubbi tra i netizen cinesi che si mobilitano immediamente, arrivando a scoprire in breve tempo che la signorina in questione è una portavoce di Microsoft e nulla ha a che fare con l’autore del post. Da allora questo particolare motore di ricerca ha continuato ad operare limitandosi però, nella maggior parte dei casi, a smascherare tradimenti coniugali o altre vicende private di scarsa rilevanza pubblica.

E’ stato solamente a partire dal 2006 che il “motore di ricerca di carne umana” ha iniziato a giocare un ruolo fondamentale nella risoluzione di tutta una serie di casi che, per un motivo o per l’altro, hanno attirato l’attenzione dei media nazionali. Nel febbraio del 2006 è entrato in azione per individuare la protagonista di un filmato circolato sul web che mostrava una donna torturare ed uccidere un gattino con il tacco di una scarpa7. La responsabile è stata individuata nella persona di un’infermiera di mezza età che viveva nel nord-est: dopo essere stata identificata, la donna ha perso il lavoro e non è stata in grado di trovare una nuova occupazione. Nell’aprile del 2006 è stata la volta del “caso di Tongxu” (tongxumen), quando il “motore di ricerca di carne umana” ha reso pubblici su internet i protagonisti di una storia di amore adulterina nata nel contesto del popolare gioco di ruolo online World of Warcraft: i dati personali della donna adultera e del suo amante, un giovane studente, sono stati resi pubblici nei minimi dettagli e i due sono stati messi alla gogna8. Nell’agosto del 2006 i netizen hanno cominciato a dare la caccia all’autore di un blog dal contenuto scabroso in cui l’autore, un sedicente insegnante britannico di lingua inglese residente a Shanghai che si firmava come “Chinabounder”, raccontava le proprie avventure sessuali con giovani ragazze del posto, abbandonandosi a più riprese a considerazioni razziste nei confronti dei maschi cinesi9. Anche se un gruppo di artisti cinesi ha affermato di aver ideato questo blog come un esperimento artistico d’avanguardia, ad oggi rimangono seri dubbi sull’identità di “Chinabounder”, tanto che recentemente è stata diffusa la notizia dell’imminente pubblicazione in Giappone di un libro in cui verrebbe finalmente rivelato il nome di questo fantomatico lettore10.

Gli scandali a sfondo erotico sembrano essere una delle materie predilette dal “motore di ricerca di carne umana”: storie di triangoli, tradimenti e foto senza veli finiscono immancabilmente nelle sue fauci. Nell’estate del 2007 i netizen hanno deciso di indagare sulla protagonista di alcune foto senza veli che si diceva fosse l’assistente di un manager straniero dell’azienda Electrolux in vacanza sull’isola di Hainan con il suo capo11. A quanto si diceva, queste foto erano state sottratte dall’album del blog privato (protetto da password) del dirigente e successivamente diffuse su vari siti internet, quanto bastava al popolo della rete per condannare la ragazza per la sua presunta “condotta immorale”. All’inizio del 2008 è toccato poi al caso di Wang Fei, uno degli incidenti più celebri che hanno contribuito a rendere di uso comune l’espressione “motore di ricerca di carne umana”12. Il 29 dicembre del 2007 a Pechino una donna di trentun anni di nome Jiang Yan si è suicidata gettandosi dalla finestra della sua abitazione al ventiquattresimo piano di un palazzo. Le cose tra lei ed il marito, il venticinquenne Wang Fei, ormai da tempo non andavano bene, tanto che l’uomo aveva una storia con un’altra, una collega conosciuta al lavoro. Pochi giorni dopo la morte di Jiang Yan, il contenuto del suo blog (inclusa una foto del marito con la nuova fiamma) ha iniziato a circolare sul web e su diversi siti è apparso un post intitolato “L’ultima pagina del blog di una ragazza che si è suicidata gettandosi dal ventiquattresimo piano”. Per i netizen non è stato difficile risalire ai dati personali di Wang Fei, additato come responsabile della morte della moglie. Da quel momento per il giovane è iniziato un incubo: oltre a ricevere quotidianamente minacce, insulti e intimidazioni da sconosciuti, fino a non avere più il coraggio di uscire di casa, ha perso il lavoro e non è più stato in grado di trovare una nuova occupazione, perché ovunque vada l’ombra della sua storia lo segue. Qualche mese fa egli ha deciso di incaricare un avvocato di denunciare alcuni siti web per diffamazione e il “caso del blog della morte” (siwang boke an) è diventato il primo caso giudiziario riguardante il “motore di ricerca di carne umana”, fatto che ha attirato un notevole interesse da parte dei media cinesi.

Quelli citati finora sono solamente alcuni dei tantissimi casi che hanno coinvolto il “motore di ricerca di carne umana” negli ultimi anni. L’utilizzo del sistema è ormai talmente diffuso che sui principali forum cinesi è comune leggere post nei quali gli utenti esprimono la propria paura di scrivere qualcosa di troppo che ne permetta l’identificazione. Nessuno ha più il coraggio di pubblicare qualcosa che possa portare alla propria identificazione, il proprio nome, il luogo in cui vive, il lavoro: ognuno sembra avere i propri scheletri nell’armadio, e nessuno vuole essere messo alla gogna senza avere la possibilità di difendersi

3. Errori, limiti e pericoli del “motore di ricerca di carne umana”
Ma l’implacabile “motore di ricerca di carne umana” può anche sbagliare. Ad esempio, lo scorso aprile ha diffuso i dati di quello che si presumeva fosse l’attivista tibetano che aveva aggredito l’atleta disabile
Jin Jing a Parigi nel tentativo di sottrarle la fiaccola olimpica: si è poi scoperto che si trattava di un tibetano residente negli Stati Uniti che, pur avendo partecipato ad alcune manifestazioni di protesta, non era mai stato in Francia in vita sua13. E lo scorso giugno, una giovane madre ventiseienne di Chengdu è stata erroneamente indicata come l’autrice di un post in cui si elencavano i vantaggi di farsi mantenere come amante (ernai) da un uomo ricco e potente14. In entrambi i casi, le vittime hanno descritto ai giornalisti che li hanno intervistati la pesantezza delle pressioni psicologiche subite, le telefonate a tutte le ore del giorno e della notte, le minacce e gli insulti, gli attacchi ad amici e parenti.

E’ da notare il fatto che il sistema non entra in gioco solo nel caso di azioni che vanno contro una non precisata morale comune, ma anche qualora qualcuno si permetta di esprimere “opinioni” intollerabili per il sentire comune dei netizen. Recentemente due sono stati gli incidenti di questo tipo. Il primo caso è quello di Wang Qianyuan (Grace Wang), la studentessa della Duke University che lo scorso aprile è stata fotografata negli Stati Uniti mentre scriveva sulla schiena di un compagno americano uno slogan a favore della indipendenza del Tibet durante un’accesa manifestazione che vedeva a confronto studenti cinesi ed americani sulla spinosa questione tibetana15. Il secondo è quello della ventunenne Gao Qianhui, che in un filmato girato con una webcam si è abbandonata a commenti volgari e sprezzanti sulla popolazione del Sichuan qualche giorno dopo il sisma16. In entrambi i casi, le opinioni espresse sono discutibili e, specialmente nel secondo caso, esse non avrebbero neppure meritato di essere prese in considerazione, eppure i netizen cinesi le hanno trovate inaccettabili ed hanno avviato una caccia all’uomo con effetti devastanti per la vita delle due ragazze, al punto che Gao Qianhui è stata addirittura trattenuta dalla polizia per qualche giorno. Il dibattito sul web è stato poi riformulato nei seguenti termini: se le ragazze avevano il pieno diritto di esprimere le proprie opinioni, era altrettanto legittimo per i netizen avvalersi della stessa libertà di parola per esprimere la propria opposizione, a patto che alle giovani “colpevoli” non venisse causato alcun danno fisico.

D’altra parte bisogna ricordare che il “motore di ricerca di carne umana” non ha sempre scopi “punitivi”: è successo spesso che i netizen si mobilitassero per salvare persone in difficoltà, oppure per ritrovare ed encomiare “eroi della porta accanto” che avrebbero preferito rimanere nell’anonimato. Emblematico è il caso dello scandalo delle fornaci di mattoni in nero dalla provincia dello Shanxi scoppiato lo scorso anno17: quando si è scoperto che alcuni dei lavoratori salvati dalla schiavitù delle fornaci erano nuovamente scomparsi senza lasciare traccia, sul web è stata avviata una campagna per ritrovarli18. In particolare, le foto ed i dati personali di due giovani, Shi Guoqiang e Feng Jianwei, sono stati riproposti su migliaia di blog, forum e siti internet insieme ad una richiesta di aiuto19. Purtroppo oggi, a più di un anno di distanza, le foto sono ancora lì, ma dei due ragazzi non si ha ancora nessuna notizia20. Questo può essere letto come prova di uno dei limiti più evidenti del “motore di ricerca di carne umana”, vale a dire il fatto che esso non funziona con tutte le persone fisiche, ma solamente con quelle che utilizzano abitualmente la rete e contribuiscono attivamente ad arricchirla di significato (con i propri blog, le foto, i commenti, ecc.): per il “motore di ricerca di carne umana” rintracciare il contadino, il lavoratore indigente, il poveraccio che chiede l’elemosina per strada è estremamente difficile, se non impossibile.

4. Prospettive per la regolamentazione giuridica del fenomeno
Per quali ragioni questo sistema ha trovato un terreno fertile per svilupparsi in Cina? In primo luogo possiamo individuare una ragione tecnica, in quanto non sono molti i paesi che possono contare su siti
web finalizzati alla discussione degli utenti (forum) con un traffico tale da poter sostenere una funzione tanto costosa in termini di risorse umane. In Cina sono almeno due le piattaforme in grado supportare con efficacia una simile attività, vale a dire Mop (più di sessanta milioni di utenti registrati e cinquecento milioni di visualizzazioni giornaliere delle pagine web) e Tianya (oltre venti milioni di utenti registrati e più di cento milioni di visitatori giornalieri)21. In secondo luogo, esiste un effetto trainante da parte degli altri siti e dei media tradizionali: ogni volta che scoppia un grosso caso in cui è coinvolto il “motore di ricerca di carne umana” quasi tutti i media – inclusa la televisione nazionale – scelgono di dare ampio risalto alla vicenda. Vi è infine una ragione giuridica, in quanto in Cina non esiste ancora una legislazione sulla privacy e l’unico modo in cui le vittime del “motore di ricerca di carne umana” possono tutelarsi giuridicamente è quello di fare ricorso per diffamazione. Come osserva Liu Deliang, docente dell’Università delle Poste e delle Comunicazioni di Pechino, il concetto di privacy è estraneo alla tradizione cinese: “In Cina manca una cultura della privacy, così come una legislazione sull’argomento: di fatto esistono in Cina profonde divergenze sulla definizione di privacy e su cosa rientri nella sfera privata. Lo stesso termine ‘privacy’ è stato introdotto dall’estero, come prestito dalla legislazione americana”22.

Almeno per quanto riguarda l’aspetto giuridico, sembra che le cose siano in procinto di cambiare. Già nel 2003 il Consiglio per gli Affari di Stato aveva incaricato un gruppo di specialisti dell’Accademia delle scienze sociali di approfondire la questione della tutela legale dei dati personali e di redigere una proposta di legge in materia23. Ma anche se la bozza della “Legge sulla protezione dei dati personali” è stata consegnata agli organi responsabili nell’aprile del 2005, il processo legislativo procede a rilento, tanto che nel corso dell’ultima sessione dell’Assemblea nazionale del popolo e della Conferenza politico consultiva del popolo cinese diverse voci si sono levate per richiederne l’accelerazione24. La notizia più recente è che il Comitato permanente dell’Assemblea nazionale del popolo ha avviato la discussione di un emendamento al Codice penale in cui si prevede l’aggiunta di un nuovo articolo che prevede una pena massima di tre anni di reclusione per i dipendenti di unità di lavoro nel campo finanziario, delle telecomunicazioni, dei trasporti e sanitario che vendono o forniscono illegalmente a terzi informazioni personali sui propri clienti25. Anche se si ritiene che questo porrà le basi per la definizione della responsabilità giuridica degli utenti del “motore di ricerca di carne umana”, nell’attuale situazione di vuoto giuridico la questione della diffusione dei dati personali in rete sta diventando così pressante che alcuni siti web stanno pensando di adottare codici di autodisciplina per controllare l’attività del “motore di ricerca di carne umana”, arrivando eventualmente ad assumere personale specializzato per gestirne il funzionamento26. Interrogato sulla questione, uno dei responsabili del sito Mop ci ha detto: “Aspettate ancora un paio di mesi e saprete tutto”27.

Attualmente per una vittima del “motore di ricerca di carne umana” l’unico modo per tutelarsi giuridica-
mente è quello di ricorrere contro i siti web per il reato di diffamazione, come si evince da quanto spiegato in diversi commenti della Corte popolare suprema28. Per vincere la battaglia legale, le due parti sono dunque tenute ad impegnarsi in una lunga guerra in cui devono fornire prove e controprove a dimostrazione dell’autenticità o meno di ogni singola affermazione contestata. Si tratta di un colossale impegno che rischia di oscurare il fatto che la sostanza del problema non sono tanto le pur discutibili azioni commesse dalle vittime (azioni che in ogni caso, per un motivo o per l’altro, non sono perseguibili legalmente), quanto la violazione del diritto alla riservatezza di alcuni privati cittadini. 

Il dibattito sul caso riguardante Wang Fei sembra ormai concluso, la sentenza era attesa per la metà del mese di settembre29. Il giovane, per il tramite del suo avvocato, ha richiesto a tre siti web (Daqi, Tianya e un sito creato appositamente dopo la morte di Jiang Yan da Zhang Leyi, un amico della donna) di interrompere gli attacchi, ripristinare la sua reputazione, smettere di influire pesantemente sulla sua vita e rendere pubbliche le proprie scuse; inoltre ha chiesto un risarcimento di 75.000 yuan per il salario non ricevuto e 60.000 yuan per danni psicologici subiti30. Pur in assenza di una legislazione apposita, con questa decisione i giudici di Pechino hanno la possibilità di riaffermare l’autorità del potere giudiziario su quello che finora è stato considerato come un giusto e legittimo meccanismo di espressione della volontà popolare. In questo modo una semplice sentenza può stabilire per la prima volta una forma esterna di supervisione che non sia il semplice arbitrio dei netizen. La responsabilità di una simile decisione è così grande che recentemente cinquantaquattro giudici del tribunale di Chaoyang, sede del processo, si sono riuniti per discutere gli aspetti legali della vicenda31

In un suo intervento sul blog Dai san ge biao di qualche mese fa, Wang Xiaofeng, un blogger che sulla rete ha costruito tutta la sua notorietà, si è espresso in questa maniera: “Il motore di ricerca di la carne umana è davvero una cosa tipicamente cinese, esso è un mascalzone che quando la Cina entra nell’era della informazione ritorna al periodo della rivoluzione culturale”32. Oltre a Wang Xiaofeng, diversi commentatori discutendo del problema della violenza in rete hanno richiamato presunte analogie con il periodo della rivoluzione culturale. Infatti, anche se i fatti che vengono attribuiti alle vittime del “motore di ricerca di carne umana” a volte appaiono davvero estremi, queste vengono condannate sommariamente senza avere la minima possibilità di controbattere alle accuse e, una volta condannate, cessano automaticamente di venire considerate persone, per essere gratuitamente sottoposte ad ogni tipo di angheria e di insulto. Analogie possono poi essere individuate anche con realtà ben più antiche, risalenti addirittura al periodo imperiale: il “motore di ricerca di carne umana” non va a colpire solo i (presunti) diretti responsabili dei “misfatti”, ma anche tutta la cerchia delle loro conoscenze, in una sorta di riproposizione moderna della colpa collettiva quale si poteva trovare nei codici legali dell’epoca imperiale ove si prevedeva che nei casi più gravi venissero condannati a morte non solo i colpevoli, ma anche i loro famigliari ed il loro clan.

Alla base del “motore di ricerca di carne umana” si trova un profondo dilemma etico: agli occhi della opinione pubblica alcuni meriterebbero di essere puniti, ma la giustizia ordinaria non è in grado provvedere. La rete permette quindi ad ogni netizen di trasformarsi in un giustiziere e di soddisfare il proprio senso di giustizia senza correre troppi rischi. Come ci ha detto Liu Deliang: “La natura aperta e virtuale della rete può oggettivamente portare le persone a credere erroneamente che le proprie azioni on-line non possano essere scoperte e non siano sottoposte ad alcun vincolo”33. Come porre dei paletti all’arbitrio dei netizen senza per questo limitare la loro libertà di espressione sarà la sfida che i legislatori e i gestori cinesi della rete si troveranno ad affrontare nei prossimi anni. La regola aurea “non fare agli altri quello che non vuoi sia fatto a te”, espressa un tempo da Confucio ma comune anche al pensiero occidentale, non va di moda nell’epoca dell’informazione

MONDO CINESE N. 136, LUGLIO - SETTEMBRE 2008

Note

* Questo articolo è la traduzione italiana, corredata di note, di un pezzo a firma di chi scrive per il settimanale cinese Nandu Zhoukan (Il settimanale della Metropoli del sud), che avrebbe dovuto essere pubblicato a metà settembre 2008, in coincidenza con l’uscita della sentenza del primo processo riguardante il “motore di ricerca di carne umana”. Tuttavia, poiché i giudici di Pechino non hanno ancora emesso alcun verdetto, la pubblicazione è ad oggi sospesa. Wang Fei, una delle vittime del “motore di ricerca di carne umana”, la cui storia verrà raccontata in seguito, mi ha rilasciato questa dichiarazione per scritto tramite il suo avvocato, Zhang Yanfeng, in un messaggio mail datato 28 luglio 2008. Wang Fei di norma non rilascia interviste.
1La dichiarazione è contenuta nei documenti presentati alla corte popolare del distretto di Chaoyang a Pechino da parte dell’avvocato di Wang Fei, più precisamente nella procura (dailici).
2 L’enciclopedia online Baidu è un’enciclopedia open source cinese. Per la definizione del “motore di ricerca di carne umana” qui riportata si veda il sito http://baike.baidu.com/view/542894.htm  .
3 Si vedano in proposito: Li Hao, “Renrou sousuo yao zhao zhengguijun: keyi wu zuzhi dan yao you jilu” (Il “motore di ricerca di carne umana” deve impiegare un esercito regolare: può non essere organizzato, ma deve avere una disciplina), Beijing Chenbao, 24.6.08, p. 5; Tang Yong, “Kongbu de renrou sousuo” (Il terribile “motore di ricerca di carne umana”), Xin Shiji Zhoukan, 21.1.08, pp. 91-92.
4 Cfr. Liu Baijia, “Chinese world’s top netizen group”, China Daily, 25.7.08, p. 1.
5 Sono molti a ricondurre la nascita della formula “motore di ricerca di carne umana” a questo caso. Si veda il citato articolo di Tang Yong.
6 Si vedano Chen Sai, “Nüemao shijian minjian zhuijiling” (L’ordine di cattura popolare per il caso delle sevizie al gatto), e Wang Kai, “Nüemao shijian nüzhujue: shuxi de moshengren” (La protagonista del caso delle sevizie al gatto: una sconosciuta familiare), Sanlian Shenghuo Zhoukan, 20.3.06, pp. 29-36.
7 Chen Li, Ding Jia, “Wangluo wanren zhuisha touqing nansheng, dangshiren yinsi bei chedi baoguang” (In rete diecimila persone danno la caccia ad un uomo che ha avuto un amore clandestino, la privacy dei protagonisti è stata completamente svelata), 30.4.06, su http://news.sina.com.cn/s/2006-04-30/10469758875.shtml  .
8 Su questo caso si veda Hang Xiaolin, Zhou Changtian, “Liumang waijiao shijian diaocha” (Indagine sul caso del lettore canaglia), Nandu Zhoukan, 8.9.06, pp. 14-18.
9 Cfr. Goldkorn Jeremy, “Chinabounder is back, with a name and a book”, post datato 14.7.08 sul blog Danwei, http://www.danwei.org/the_department_of_deranged_fore/chinabounder_is_back_with_a_na.phpm  .
10 Si veda Deng Yifu, Wang Yiying, “Waiqi nügaoguan shailuozhao: zhe xie tupian jiujing shi you he er lai” (Il caso delle foto nude del manager di alto livello di un’azienda straniera: in realtà da dove vengono quelle foto?), Xinkuaibao, 28.8.07, p. 25. Per una parziale traduzione in inglese si veda http://zonaeuropa.com/20070828_1.htm  .
11 Gli articoli sul caso di Wang Fei sono innumerevoli. Tra gli altri si possono vedere Ding Yihe, “Siwang boke an dangshiren jiemi bailing zisha shimo” (I protagonisti del caso del blog della morte rivelano la storia completa del suicidio del colletto bianco), Minzhu yu Fazhi Shibao, 5.5.08, pp. 8-9; Wang Luan, “Renrou sousuo, shi emo haishi tianshi?” (Il motore di ricerca di carne umana è un demone o un angelo?), Fazhi yu Xinwen, luglio 2008, pp. 6-11.
12 Si veda Yi Sandra, “Utah man receiving threats after case of mistaken identity”, 13.4.08, http://www.ksl.com/?nid=148&sid=3074908  .
13 Si veda l’articolo in rete, “Chengdu mei: wo bu shi “ernai”, wo yao gao ren” (Una ragazza di Chengdu: non sono una concubina”, voglio denunciare), 8.7.08, http://sc.news.163.com/08/0708/10/4GAQT3DO00500079.html  .
14 Il caso di Grace Wang è stato ampiamente riportato anche sulla stampa internazionale, in particolare su quella americana (si veda ad esempio Eunjun Cha Ariana, Drew Jill, “New freedom, and peril, in online criticism of China”, Washington Post, 17.4.08, p. A01). Il 20 aprile 2008 Grace Wang ha anche pubblicato un lungo intervento sul Washington Post in cui spiegava la propria posizione; cfr. Wang Grace, “Caught in the middle, called a traitor”, Washington Post, 20.4.08, p. B01.
15 Sul caso di Gao Qianhui (inclusa una traduzione inglese di quanto affermato dalla ragazza davanti alla webcam) si veda Hannah Fletcher, “Human flesh search engines: Chinese vigilantes that hunt victims on the web”, Times Online, 25.6.08, http://technology.timesonline.co.uk/tol/news/tech_and_web/article4213681.ece  .
16 Per un compendio sulla copertura mediatica dello scandalo delle fornaci clandestine nella provincia dello Shanxi si veda Duan Hongqing, Wang Heyan, “Heizhuanyao shijian: yulun de youli yu wuli” (Lo scandalo delle fornaci clandestine: la forza e l’impotenza dell’opinione pubblica), Caijing, 9.7.07, http://magazine.caijing.com.cn/20070708/24118.shtml  . Si veda anche Liu Xiaobo, “Gli schiavi nelle fornaci di mattoni smascherano il gelido volto della dittatura”, Mondo Cinese, n. 132, luglio-settembre 2007, pp. 68-80.
17 La campagna è stata avviata da Dou Jiangming, all’epoca uno dei redattori del Nanfang Dushibao, che, servendosi dello pseudonimo IamV, ha aperto alcuni blog finalizzati specificamente alla pubblicazione di informazioni, aggiornamenti e annunci di persone scomparse correlati al caso delle fornaci di mattoni in nero dello Shanxi. Si veda ad esempio il blog Xunzhao zaidu shizong de yaogong, http://www.bullog.cn/blogs/lansidai  .
18 La foto dei due ragazzi è visibile su tutti i blog ospitati sul celebre portale Niubowang, http://www.bullog.cn  .
19 Per capire quale sia la situazione delle vittime delle fornaci ad oltre un anno di distanza dallo scoppio dello scandalo si veda il mio (Fang Yiren), “Yiwang yu xunzhao: yinianhou de heizhuanyao” (Dimenticare e cercare: le fornaci clandestine un anno dopo), Nandu Zhoukan, 29.8.08, pp. 16-17.
20 Le informazioni sui flussi di visitatori di Tianya http://www.tianya.cn   e Mop http://www.mop.com   sono state ottenute attraverso interviste telefoniche con responsabili dei due siti nel mese di agosto 2008.
21 Intervista via mail con Liu Deliang, corrispondenza datata 3.8.08.
22 Si veda il volume di Zhou Hanhua, Zhonghua Renmin Gongheguo geren xinxi baohufa (zhuanjia jianyi gao) ji lifa yanjiu baogao (Bozza di Legge sulla protezione dei dati personali della Rpc consigliata dagli esperti e rapporto sull’analisi della legislazione), Beijing, Falü chubanshe, 2006.
23 Si veda ad esempio il discorso di He Yue, “Ying jinkuai zhiding woguo geren xinxi baohufa” (Bisogna stabilire rapidamente la legge nazionale sulla protezione dei dati personali), disponibile in rete su http://www.china.com.cn/2008lianghui/2008-03/15/content_12721733.htm  
24 Si veda Ye Doudou, “Xingfa qixiu zhuzhi jingji fanzui” (Il settimo emendamento al codice penale colpisce i crimini economici), Caijing, 1.9.08, pp. 139-141. Per il testo integrale della bozza dell’emendamento si veda http://www.npc.gov.cn/huiyi/lfzt/xfq/2008-08/29/content_1447399.htm  .
25 Si veda Bai Xu e Ji Shaoting, “‘Human flesh search engine’: an Internet lynching?”, 4.7.08, su http://news.xinhuanet.com/english/2008-07/04/content_8491087.htm  .
26 Intervista via mail con Abel Yule, uno degli amministratori del sito Mop; corrispondenza datata 29.7.08.
27 Si veda Yang Lixin, “Yinsiquan de fazhan yu woguo yinsiquan de falü baohu” (L’evoluzione del diritto alla privacy e la tutela giuridica del diritto alla privacy in Cina), Renmin Fayuanbao, 22.4.08, p. 5.
28 La sentenza è in ritardo rispetto ai termini stabiliti per legge. Interrogato telefonicamente sull’argomento, l’avvocato di Wang Fei ha affermato di non aver ricevuto alcuna notifica dalla corte e ha imputato il ritardo al fatto che si tratta di una “situazione eccezionale”.
29 Per queste cifre si vedano i documenti presentati da Wang Fei alla corte popolare del distretto di Chaoyang a Pechino. Questi documenti mi sono stati consegnati direttamente dall’avvocato Zhang Yanfeng.
30 Cfr. He Chunzhong, “‘Renrou sousuo di yi an’ zenme pan?” (Come giudicare il “primo caso sul motore di ricerca di carne umana?), Zhongguo Qingnianbao, 19.7.08, p. 3.
31 Cfr. Wang Xiaofeng, “Yi zhengyi zhi ming” (In nome della giustizia), post del 26.4.08 sul blog Dai san ge biao, http://www.wangxiaofeng.net/?p=1986  . A proposito di Wang Xiaofeng si veda Silvia Pozzi, “Wang Xiaofeng, il blogger eroe
simbolo del 2006”, Mondo Cinese, n. 131, aprile-giugno 2007, pp. 33-45.
32 Intervista via mail con Liu Deliang, corrispondenza del 3.8.08.
33 Per una trattazione approfondita della regola d’oro nei Dialoghi di Confucio si veda Tiziana Lippiello, “La regola d’oro nei Dialoghi di Confucio”, in La Regola d’Oro come Etica Universale, a cura di C. Vigna e S. Zanardo, Milano, Vita e pensiero,
2005, pp. 53-84.

 

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