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CULTURA E SOCIETA'

Giornalisti si diventa: i percorsi professionali dei reporter cinesi

di Emma LUPANO

1. Premessa
Quando cominciò l’università, alla Beijing Waiguo yu Daxue, Yang Aiguo non sapeva che sarebbe diventato giornalista. Per quattro anni studiò la letteratura, la cultura e la lingua italiana e soltanto alla fine del corso di laurea pensò che avrebbe potuto fare domanda per lavorare all’interno dell’agenzia di stampa Xinhua. Era l’inizio degli anni ’90.

«In Cina il percorso per diventare giornalisti non è rigido come in Italia – spiega oggi Yang, che da quattro anni vive a Roma come corrispondente dell’agenzia Xinhua –. Nel nostro paese non è indispensabile essere laureati in giornalismo per fare questo mestiere. Io l’ho imparato sul campo, con la pratica. Quando sono stato assunto nell’agenzia sapevo molte cose sull’Italia, ma nulla sul giornalismo a livello teorico. Per chi fa il corrispondente è importante innanzitutto conoscere il paese in cui si lavora»1.

Dieci anni prima di lui, Hu Shuli sognava di diventare corrispondente all’estero. Invece per lei, robabilmente la giornalista donna più famosa in Cina e nel mondo, fondatrice e direttrice della rivista finanziaria Caijing2, la fama giunse grazie al lavoro svolto dentro i confini nazionali: nel 2003 fu incoronata “International editor of the year” dalla World Press Review3 per aver portato alla luce la notizia dell’emergenza Sars mentre il resto della stampa cinese taceva.

Dal punto di vista accademico, il percorso di Hu fu lineare. Più per caso, però, che per vocazione. Della propria formazione come giornalista ricorda: «In realtà, io fui assegnata a studiare giornalismo, ma non scelsi spontaneamente di diventare reporter. Alla fine della rivoluzione culturale, quando vennero ripristinati gli esami di accesso alle università, fui ammessa al Dipartimento di letteratura cinese dell’Università di Pechino. Poco tempo dopo, l’Università del Popolo fu riaperta e i suoi dipartimenti, che erano stati dispersi in altri atenei, furono riportati al loro posto. Il Dipartimento di giornalismo dell’Università del Popolo era stato inserito in quello di letteratura cinese dell’Università di Pechino, così una parte del dipartimento a cui appartenevo fu riportato all’Università del Popolo. È così che sono diventata una studentessa di giornalismo»4. Hu Shuli si laureò nel 1982.

2. Il percorso istituzionale: le scuole di giornalismo
I primi corsi universitari per diventare giornalisti furono fondati in Cina all’inizio del XX secolo. La palma della scuola di giornalismo più antica è contesa tra l’Università di Pechino e l’Università Fudan.
Entrambe, sul proprio sito internet, sostengono infatti di aver avviato il primo corso di giornalismo della Cina. Per l’Università di Pechino, però, la data risale a «oltre novanta anni fa», mentre per l’Università
Fudan la data di riferimento è il 19295.

Nei decenni successivi nuovi corsi di giornalismo nacquero in altre università e oggi la scuola ritenuta più prestigiosa è probabilmente quella dell’Università del Popolo, fondata nel 19556.

Sottoposte al Ministero dell’educazione cinese sono in tutto circa 120 le istituzioni specializzate nella formazione dei giornalisti di stampa, radio e tv7. Ci sono poi anche corsi di livello inferiore, promossi dagli stessi editori o dall’associazione dei giornalisti. Nei primi anni Ottanta, l’agenzia di stampa Xinhua fondò una propria scuola, mentre il Renmin Ribao (il Quotidiano del Popolo), preferì investire nella scuola
dell’Accademia delle scienze sociali8.

Nelle scuole di giornalismo delle Università di Pechino, Università del Popolo e Università Fudan di Shanghai gli studenti vengono suddivisi in almeno tre indirizzi: giornalismo e stampa, giornalismo
radiotelevisivo e comunicazione commerciale9. All’Università Fudan e all’Università del Popolo il corso di studi prevede esami di tre tipi: quelli del curriculum nazionale, che includono filosofia, storia, principi
di politica attuale, classici, storia del mondo, storia della Cina e lingue straniere; le materie principali del corso in giornalismo, cioè teoria delle notizie, interviste e reportage, editing e analisi delle notizie; e
infine le materie opzionali che gli studenti possono scegliere da altri dipartimenti10.

All’Università di Pechino e a quella del Popolo è stato aperto un centro di ricerca sul management dei mezzi di comunicazione11, a dimostrare l’attenzione di questi atenei per il processo di riforma della stampa entrata in una fase di accelerazione con la privatizzazione dei media12.

Secondo il sito della scuola di giornalismo dell’Università di Pechino, che dedica alla propria presentazione soltanto poche righe e non segnala l’anno di avvio del Dipartimento di giornalismo, l’Università di Pechino “è la culla dello studio e dell’insegnamento del giornalismo in Cina. L’Università di Pechino è stata il primo istituto di formazione superiore ad aprire un corso di giornalismo in Cina, qui è stato scritto il primo libro, è nato il primo gruppo di ricerca ed è stata pubblicata la prima rivista accademica sul giornalismo della Cina”13.

La scuola di giornalismo dell’Università di Pechino (nata dal Dipartimento di giornalismo) vide invece la luce soltanto nel maggio 2001 e a settembre 2006 contava 678 studenti, di cui 55 di dottorato, 216 di master e 407 di corso di laurea14. L’obiettivo della scuola è “fornire alla società giornalisti professionisti e studiosi della comunicazione che abbiano familiarità con le politiche e le regole del governo, solide basi teoriche e abilità pratiche sul campo”15.

L’Università di Fudan festeggiava il settantesimo anniversario della fondazione della sua scuola di giornalismo il 7 novembre del 199916. Il Dipartimento di giornalismo, da cui nacque la scuola, era stato istituito nel 1929 e rappresentò (scrive il Renmin Ribao, confermando la confusione su quale, tra Università di Pechino e Fudan, sia la vera antesignana) “la culla dei giornalisti cinesi”, essendo il “primo organismo” deputato alla formazione di questi professionisti. La scuola di giornalismo fu creata nel 1988 e fu “la prima nel suo genere in Cina”17

La caratteristica principale della scuola di Fudan sembra essere il respiro internazionale. Da sempre, si legge sul sito dell’ateneo, la scuola di giornalismo dell’università “ha avuto la vocazione per gli scambi e il confronto con il resto del mondo”18.

A partire dai primi anni ’80, la scuola entrò in una fase di riorganizzazione. In continuità con il Dipartimento di giornalismo, nel giugno del 1988 fu fondata “la prima scuola di giornalismo di formazione superiore della nuova Cina”19. Attualmente, nella scuola ci sono più di 500 iscritti al corso di laurea, oltre 80 studenti di master, oltre 50 dottorandi e circa 20 studenti stranieri20.

A conferma della sua vocazione internazionale, negli ultimi 10 anni la scuola di Fudan ha stabilito legami accademici con istituti di circa 20 paesi: americani, inglesi, francesi, russi, giapponesi, australiani, canadesi, svedesi, coreani, di Singapore, tailandesi, malesi, ma anche taiwanesi e delle regioni speciali di Hong Kong e di Macao; ha accolto delegazioni straniere, studenti stranieri e professori in visita, inviando propri docenti a Taiwan, Hong Kong e Macao a tenere lezioni e partecipare alla ricerca, ma anche a convegni internazionali, e infine selezionando studenti meritevoli per trascorrere periodi di studio a Hong Kong o negli Usa “per aprire i loro orizzonti”21.

L’attuale Direttrice di Caijing22, Hu Shuli, fu invece una dei primi laureati del Dipartimento di giornalismo dell’Università del Popolo, ricostituito all’indomani della morte di Mao. Il Dipartimento di giornalismo dell’ateneo era stato fondato nel 1955. 

“Nel luglio del 1954 la Risoluzione del Comitato centrale del Pcc per migliorare il lavoro della stampa ha sottolineato la necessità di ‘aumentare il numero degli studenti esistente nei dipartimenti universitari di giornalismo’. A quei tempi, soltanto le università di Fudan e di Pechino avevano un dipartimento e un corso di laurea in giornalismo23, perciò il Ministero per l’educazione superiore richiese all’Università del Popolo di fondare un Dipartimento di giornalismo.Con il sostegno del Dipartimento di propaganda del Comitato centrale del Pcc, nell’aprile del 1955, la scuola nominò il Vicedirettore del Renmin Ribao a capo del Dipartimento di giornalismo, cominciando a organizzare i lavori di preparazione”24.

Il Dipartimento centrale di propaganda decise di trasferire dal Renmin Ribao, e in parte da giornali di provincia, alcuni quadri e dirigenti editoriali affinché diventassero docenti del neonato Dipartimento di giornalismo. Il 29 aprile del 1955 il Dipartimento di giornalismo apriva ufficialmente le porte e dopo tre anni fu unita ad esso anche la laurea in giornalismo dell’Università di Pechino25.

Il 27 luglio 1988 il consiglio d’ateneo decise di fondare la scuola di giornalismo. Il 1 luglio 2006, la scuola contava 948 studenti iscritti, di cui 536 del corso di laurea, 243 del master, 80 del dottorato e 89 stranieri26.

A distinguere questa da altre scuole di giornalismo è la presenza di un Istituto di ricerca sull’opinione pubblica, fondato nel 1986 e diretto da Yu Guoming27. Si tratta del “primo organo della Cina continentale deputato allo studio dei sondaggi sull’opinione pubblica”28

3. Il percorso del freelance
Si intitola Vademecum del libero collaboratore editoriale29, è stato pubblicato nel 2004 ed è un testo voluminoso (quasi 700 pagine) che descrive una figura sempre più presente nel panorama del giornalismo cinese grazie alle riforme in corso, quella del giornalista freelance. Fino agli anni ’80, il giornalista era inserito nel sistema del partito, per il quale doveva fungere da “cinghia di trasmissione”30 verso le masse o da “bocca”31: il suo lavoro si svolgeva a stretto contatto con il Dipartimento di propaganda del Pcc e al suo rigido controllo doveva sottostare. Secondo le “Norme di etica professionale per i lavoratori dell’informazione in Cina”32, rese note nel 1991 dalla Federazione nazionale dei giornalisti cinesi, i giornalisti devono “essere il ponte e la cintura di trasmissione fra il partito, il governo e le masse, mantenendosi responsabili in modo unanime verso il partito, il governo e le masse. [Devono inoltre] svolgere la funzione di controllo da parte dell’opinione pubblica criticando atti e parole contrari al benessere del popolo e i fenomeni degenerativi e negativi [e infine], nel riportare le notizie, diffondere il sistema melodico principale del patriottismo, del collettivismo e del socialismo”33.

Dagli anni ’90, invece, con l’ampliamento delle tematiche oggetto di indagine e con la commercializzazione delle testate giornalistiche, anche in Cina cominciano a emergere figure indipendenti, spesso determinanti nella diversificazione dei contenuti e dei modi della scrittura: consulenti e collaboratori editoriali, giornalisti freelance.

Il Vademecum intende essere una guida per “sviluppare la propria personalità, costruire il proprio successo e le proprie fortune facendo qualcosa che ci piace […]: così anche tu, oggi, puoi diventare un giornalista freelance”34. Agli aspiranti collaboratori il testo fornisce consigli pratici che vanno da come organizzare l’ufficio in casa a quali temi privilegiare, dallo stile di scrittura da adottare a come affrontare gli argomenti di attualità.

Per una figura professionale che, si legge nel Vademecum, si era diffusa tra gli anni ’20 e gli anni ’50, per poi scomparire fino agli anni ’80, nel mondo dell’editoria cinese di oggi gli spazi non mancherebbero:
secondo “dati incompleti forniti da specialisti del settore editoriale, i circa 100.000 collaboratori editoriali attuali contribuirebbero per più di un terzo al lavoro editoriale complessivo di oggi, con notiziari, commenti, editoriali, rubriche e inchieste. E le attuali esigenze del settore dell’informazione e dell’editoria, ripartite tra i circa 3.000 quotidiani, 9.000 periodici e 560 case editrici, sarebbero di 130 miliardi di caratteri, di cui i 200.000 giornalisti professionisti riescono a coprire solo 50 miliardi”35
.
4. L’etica professionale dei giornalisti cinesi
Sebbene esista una Associazione nazionale dei giornalisti cinesi36, nella Repubblica popolare non sono previsti né un percorso codificato né esami ufficiali per accedere alla professione giornalistica37. È forse
anche per questo che per i giornalisti cinesi oggi è difficile definire in modo univoco i codici della propria eccellenza professionale. Tuttavia, dei corsi di qualificazione fondati sui principi del marxismo
leninismo, del pensiero di Mao, della teoria di Deng Xiaoping e del pensiero delle “Tre rappresentatività”38 sono stati resi obbligatori per tutti i giornalisti nel 200539. Da allora è stato inoltre sancito l’obbligo di un esame specifico per tutti i giornalisti che vogliano occuparsi di tematiche ufficiali a livello governativo. Chi supera il test ottiene una licenza che gli permette di seguire questo tipo di argomenti.

Il tema del professionalismo viene analizzato da due studiosi, Pan Zhongdan e Lu Ye40, i quali riadattando ’interrogativo posto da altri sul livello di professionalismo dei giornalisti cinesi, decidono di “esplorare il modo in cui i giornalisti cinesi costruiscono la propria autorappresentazione collettiva nelle riforme”41.

Dal 1949, dicono gli autori, “i giornalisti cinesi sono stati quadri della propaganda del partito-stato. Se le riforme hanno diluito il modello della stampa di partito, concedendo un po’ di spazio alla presentazione
fattuale delle notizie nei media, le forze di mercato in rapida espansione a partire dal 1992 hanno anche eroso l’etica giornalistica, dal momento che i giornalisti sono più allettati dalla logica del mercato dei beni di consumo che da quella del professionalismo”42.

L’aspetto problematico della definizione del professionalismo per un giornalista cinese sta nella “contraddizione strutturale tra il sistema della stampa di partito e la commercializzazione dei media”.
Questa contraddizione solleva domande sull’identità dei giornalisti cinesi, sulla natura del loro lavoro, sui loro ruoli nella società, sui principi alla base del loro mestiere e sui criteri per la sua valutazione.
Quesiti che, secondo Pan e Lu, i giornalisti cinesi devono affrontare ogni giorno e per rispondere ai quali tendono a costruire definizioni della propria etica professionale che oscillano tra quattro modelli: quello della “stampa di partito”, dell’ “intellettuale confuciano”, del “professionalismo” e dell’ “economia di mercato”43.

I giornalisti cinesi “si muovono tra varie risorse discorsive44 per svolgere la loro professione. Sentendo la pressione e le opportunità che provengono dal mercato, essi aggiungono alla qualità del buon giornalista la comprensione del mercato e l’essere abili nell’addomesticare le sue forze. Prendono poi in prestito dall’Occidente, invocando icone professionali occidentali per trovare ispirazione, per stabilire criteri di eccellenza tecnica, per legittimare le proprie iniziative non previste nel modello della stampa di partito e per restaurare la sicura autorità morale degli intellettuali confuciani di attenersi alla ‘verità’ e parlare per il popolo”45.

In questo modo, proseguono Pan e Lu, i giornalisti cinesi “non inquadrano il proprio lavoro né nel modello universale del professionalismo, né in quello ‘dirigista’ della stampa di partito. Essi piuttosto, attraverso
pratiche improvvisate e specifiche, utilizzano e si appropriano di idee del giornalismo diverse e spesso in conflitto tra loro”46.

Il problema di identità dei giornalisti cinesi è evidenziato indirettamente anche da Yu Guoming nella sua analisi dei cambiamenti nelle regole dell’industria dei media in Cina47. Secondo Yu, i giornali
cinesi sono passati dal dover “soddisfarne uno” a “soddisfarne tre”: durante il maoismo, l’unica preoccupazione degli addetti ai lavori era di “guardare in alto e sentirsi responsabili nei confronti delle
autorità”; in seguito, nel periodo della diversificazione dei giornali, “si preoccupavano di far contenti sia i funzionari che la gente”. Fino a che, con la “sempre più evidente competizione a livello di mercato, poiché il prezzo dei giornali non arrivava più a coprire i costi, si dovettero reperire nuove fonti di finanziamento”: è il momento di soddisfare anche i gusti dei pubblicitari, che secondo Yu sono responsabili del 70% dei finanziamenti che giungono ai giornali48.

Anche momenti di particolare apertura, come quelli vissuti dalla società cinese in generale, e dai media in particolare, nel corso degli anni ’80 (anche grazie alla linea “progressista” abbracciata da leader come l’allora Segretario generale del partito Zhao Ziyang), si sono chiusi poi con una brusca inversione di rotta culminata nei fatti di Tian’anmen49. Proprio in quegli anni sembrava essere quasi pronta una “Legge sul giornalismo” che avrebbe finalmente fatto chiarezza nel rapporto estremamente contraddittorio tra giornalisti e potere50.

È opinione diffusa tra gli studiosi che fino a quando non sarà promulgata una normativa che elenchi chiaramente i diritti e i doveri dei professionisti dell’informazione in Cina il cambiamento nel mondo
dei media non sarà completo. Da una parte, è dall’incertezza in cui si muovono i giornalisti cinesi che deriva la possibilità di abusi incontrollati da parte delle autorità51. Dall’altra, in assenza di un codice di comportamento certo, essi continueranno ad attuare “pratiche improvvisate e specifiche”52 facendo prevalere di volta in volta uno o l’altro dei modelli contrastanti di etica professionale53.

Varieranno i modi, ma anche i temi trattati: in modo discontinuo, i giornalisti si lasceranno convincere dall’interesse del pubblico a trattare argomenti politicamente sensibili, ma saranno anche pronti a fare marcia indietro al verificarsi di minacce o di nuovi casi di colleghi condannati (se non per reati più fantasiosi) per violazione di segreti di Stato54.

MONDO CINESE N. 132, LUGLIO - SETTEMBRE 2007

Note

1. Intervistato da chi scrive in occasione del settimanale incontro dei corrispondenti stranieri presso il Circolo della stampa estera a Roma, il 12 ottobre 2007..
2  La rivista Affari e finanza fu fondata da Hu Shuli (già reporter e direttrice del Gongren Ribao, (Quotidiano dei Lavoratori) nel 1998 ed esce due volte al mese. Cfr. <www.caijing.com.cn> ..
3 Si veda l’intervista pubblicata a ottobre 2003, in occasione dell’assegnazione del premio, sul sito della World Press alla pagina
<www.worldpress.org/print_article.cfm?article_id=1625&dont=yes> ..
4 Ibid..
5 Cfr. <www.fudan.edu.cn/new_dep/xinwen.htm e http://sjc.pku.edu.cn/School.aspx#> ..
6 Pur non facendo parte del sistema di formazione universitario per la professione giornalistica, è interessante citare il caso della Scuola di giornalismo dell’agenzia di stampa Xinhua (Nuova Cina), che aprì le porte agli studenti nel 1986. L’istituto, riconosciuto come ente di formazione superiore, dipende dall’agenzia giornalistica ed è nato dalla scuola per il training dei dipendenti dell’agenzia Xinhua. Si veda la pagina <http://202.84.17.11/xhjs/xwxy/index.htm> ..
7 Si veda l’articolo pubblicato dal fondatore e direttore del “China Media Centre” della Westminster University di Londra sul sito della World Association for Christian Communication Mission intitolato “China: new public sphere, new journalism?”,
<www.wacc.org.uk/wacc/content/pdf/1277, 1998> ..
8 Ibid. Di norma, gli studenti dei corsi di laurea in giornalismo studiano per quattro anni, in sette semestri. L’ottavo semestre viene speso all’interno di una redazione, nel corso del terzo anno di studi. Il luogo in cui si svolge il tirocinio dovrebbe trasformarsi nel posto di lavoro del giornalista, una volta laureato..
9 Ibid..
10Ibid..
11 Fondato nel 1995, contemporaneamente con quello sul giornalismo di Hong Kong, Macao e Taiwan.
12 Il fenomeno cresce con il progressivo taglio dei contributi statali tradizionalmente forniti a giornali, radio e tv. La “marketization” dei media cinesi e i suoi effetti sono al centro dei saggi raccolti in Lee Chin-Chuan (a cura di), Power, Money and Media. Communication Patterns and Bureaucratic Control in Cultural China, Northwestern University Press, Evanston, Illinois, 2000. La riforma dei diritti di proprietà è indicata in Daniel C. Lynch, After the Propaganda State. Media, Politics and “Thought Work” in Reformed China, University Press, Stanford, CA, 1999, p. 7, tra le variabili causali che hanno condotto, nell’era del dopo Mao, al “pretorianismo” (definito come “partecipazione politica caotica e de-istituzionalizzata”) in cui si trova il mondo dei media cinesi oggi. Manifestazioni di questa condizione sono, secondo Lynch, la commercializzazione, la globalizzazione e la pluralizzazione dei mass media (ivi, p. 6). Per un’analisi aggiornata della riforma dei media in Cina, anche in chiave giuridica e politica, si veda in italiano Alessandra C. Lavagnino (a cura di), Il Drago che Parla. La Riforma della Stampa in Cina, Fondazione Italia Cina, Milano, 2005..
13 Cfr. <http://sjc.pku.edu.cn/School.aspx#> ..
14 Ibid..
15 Ibid..
16 “Prestigious school celebrates 70th anniversary”, People’s Daily online, 08.11.1999. .. 
17 Ibid..
18 Ibid. Qui si legge anche che mentre il Dipartimento era ancora in formazione, il primo direttore Xie Liuyi dichiarava già l’obiettivo di rivaleggiare con i corsi di giornalismo delle università straniere. Nel 1935, il dipartimento tenne una “esposizione dei giornali del mondo”, con oltre 2000 giornali provenienti da 33 paesi, un lavoro definito “pionieristico nella storia del giornalismo cinese”..
19 Ibid. Come si vedrà più avanti, la trasformazione del Dipartimento di giornalismo della Fudan precede di pochissimi mesi quella del Dipartimento di giornalismo dell’Università del Popolo di Pechino..
20 Cfr. la già citata pagina web <www.fudan.edu.cn/new_dep/xinwen.htm> ..
21 Ibid. Tra le iniziative di collaborazione con università straniere è interessante l’avvio del Master con doppio diploma in Comunicazione e Media Globali avviato in collaborazione con la London School of Economics and Political Science. Il programma
del corso prevede che gli studenti trascorrano il primo anno a Londra e il secondo a Shanghai. Si veda la pagina dedicata al Master: <www.xwxy.fudan.edu.cn/new/zhaosheng/LSE/fudan_LSE.htm> ..
22 Come racconta nell’intervista citata, rilasciata alla rivista della World press, <www.worldpress.org>.
23 Ben più tardi, nel 2002, è stata invece fondata la scuola di giornalismo e comunicazione dell’Università Qinghua di Pechino. Prima della nascita della scuola, già dal 1985, studi sulla comunicazione erano stati già inseriti nel Dipartimento di Lingua e Letteratura Cinese e dal 1998 in quello di Comunicazione. Si veda la pagina <www.tsjc.tsinghua.edu.cn/index.php?id=118> ..
24 Inizia così la ricostruzione della storia della scuola di giornalismo dell’Università del Popolo, a cura dell’attuale Vicedirettore esecutivo Gao Gang. La versione stampata del testo Xinwen Xueyuan Yuanzhi Chugao (Bozza sulla scuola di giornalismo), datata giugno 2006 e attualmente in fase di stampa, è stata consegnata a chi scrive dallo stesso Gao Gang, lo scorso maggio..
25 Ibid., p. 1. Durante la rivoluzione culturale, quando l’Università del Popolo fu chiusa, nel 1973, il Dipartimento di giornalismo tornò a far parte dell’Università di Pechino e così rimase fino a che, nel 1978, come scrive Gao Gang (op.cit.), “per volontà personale di Deng Xiaoping e degli altri leader del Partito e dello Stato, l’Università del Popolo fu riaperta e di nuovo il Dipartimento di giornalismo fu spostato all’Università del Popolo”..
26 Ibid., pp. 1-2..
27 Yu Guoming è oggi Vice direttore della Scuola di giornalismo. Una sua breve nota biografica si trova su <http://jcr.ruc.edu.cn/showLeader.aspx?typesID=21> ..
28 Gao Gang, op.cit., p.8..
29 Shen Weidong (a cura di), Ziyou Zhuangaoren Shiyong Baodian, Guangxi Shifan Daxue Chubanshe, Guilin, 2004..
30 Lee Chin-chuan, “Chinese Communication. Prisms, Trajectories and Modes of Understanding”, in Power, Money and Media, op. cit., p.10..
31 Wu Guogang, “One head, many mouths”, in Ibid., op. cit., p. 45. La definizione ufficiale delle caratteristiche che i media dovevano avere negli anni del maoismo è spiegata da Laura De Giorgi, La via delle parole, Cafoscarina, Venezia, 1999, e nel suo contributo “L’informazione pubblica nella Repubblica popolare cinese: un excursus storico”, nel già citato Il Drago che parla (pp. 31-59). Si tratta del “carattere di partito” (dangxing) e del “carattere di popolo” (renminxing): il primo corrispondente al dovere di fungere da portavoce del Partito comunista; il secondo al ruolo di strumento per la rappresentazione degli interessi delle masse
popolari. Come si vedrà più avanti nell’ultimo paragrafo del presente lavoro, attraverso le parole di Yu Guoming, queste due prerogative, impossibili da conciliare e complicate da un terzo “dovere”, contribuiscono a rendere problematica la definizione, da parte dei giornalisti cinesi, di che cosa sia la professionalità giornalistica (si veda la successiva nota n. 47)..
 32 “Zhongguo xinwen gongzuozhe zhiye daode zhunze” (Norme di etica professionale per il lavoratori dell’informazione in Cina), Renmin Ribao, internet ed., 27.1.1997..
33 La traduzione di questa parte del testo è tratta da L. De Giorgi, La via delle parole, op. cit., p. 42..
34 Shen Weidong, op.cit., p. 5...
35 Ibid., p. 7..
36 Zhonghua quanguo xinwen gongzuozhe xiehui. Il sito internet ufficiale sembra essere <www.zgix.cn> , anche se la pagina a cui si viene reindirizzati è <http://www.xinhuanet.com/zgjx/index.htm> . L’11 luglio 2007 l’agenzia di stampa Xinhua aveva pubblicato un articolo (“Chinese journalists take action against bogus union website”) dando notizia della denuncia, fatta dai giornalisti cinesi, di una falsa associazione dei giornalisti cinesi, raggiungibile al sito <www.acja.cn> . L’associazione, secondo quanto riportato da un articolo dell’agenzia Xinhua raggiungibile attraverso lo stesso sito ufficiale (<http://news.xinhuanet.com/zgjx/2007-01/20/content_5630443.htm> ), è nata l’8 novembre 1937 con il nome di Zhongguo qingnian jizhe xuehui, “Associazione dei giovani giornalisti cinesi”, e conta 223 affiliate locali, rappresentando 750.000 persone..
37 Esistono invece premi giornalistici per riconoscere il merito professionale. Sono gestiti dal Ministero della propaganda e dalla stessa Associazione dei giornalisti e contribuiscono a diffondere una idea ufficiale su quali siano le qualità di un buon professionista dei media..
38 La formula è stata ideata da Jiang Zemin ed è stata inserita ufficialmente nello Statuto del Pcc nel corso del XVI Congresso a novembre 2002..
39 “Reporters told to take ideology test”, South China Morning Post, internet ed., 1.6.2005 the Chinese media”, in Ibid., pp. 236-245..
40 Pan Zhongdan, Lu Ye, “Localizing professionalism: discorsive practices in China’s media reforms”, in Chinese Media, Global Context, a cura di Lee Chin-chuan, London, Routledge Curzon, 2003, pp. 215-236..
41 Ibid., p. 216..
42 Ibid., p. 217..
43 Ibid., p. 220..
44 Vale a dire i quattro modelli di cui sopra.
45 Pan e Lu, op.cit., p. 235..
46 Ibid., p. 216..
47 Yu Guoming “I mass media in Cina: realtà e tendenze I e II”, in Il Drago che parla, op.cit., pp. 115-162..
48 Ibid., pp. 130-131..
49 Si veda sul tema Allison Jernow, “Testing new ground in the 1980s”, in Orwell Schell e David Shambaugh (a cura di), The China Reader. The Reform Era, Vintage Books, New York, 1999, pp. 229-235; ; Seth Faison, “The changing role of the Chinese Media in Ibid, pp 236-245..
50 Ne parla ad esempio Hugo De Burgh, Direttore del Chinese Media Centre della Westminster University, in The Chinese Journalist, Mediating Information in the World’s Most Populous Country, Routledge Curzon, Londra, 2003, cap. II..
51 Li denunciano regolarmente, con focus speciali anche a causa dell’avvicinarsi dei giochi olimpici di Pechino 2008, Reporters sans frontiéres e le altre organizzazioni che si battono per il rispetto dei diritti umani. Cfr. www.rsf.org  . .
52 Pan e Lu, op.cit., p. 215..
53 Ibid..
54 Uno dei casi che ha suscitato maggiore clamore a livello internazionale in questi ultimi anni è quello del collaboratore del New York Times, Zhao Yan, arrestato nel 2004 con l’accusa di “frode”, ma in realtà, secondo i suoi colleghi americani, per essere stato ritenuto responsabile della pubblicazione sul quotidiano, nel settembre 2002, della notizia che l’allora premier Jiang Zemin avrebbe lasciato il suo posto nel corso del XVI congresso del Pcc dell’ottobre 2002. Zhao Yan è stato rilasciato alle 8 di mattina del 15 settembre 2007, dopo aver scontato i previsti tre anni di carcere: esattamente un mese prima dell’inizio del XVII congresso del Pcc. Cfr. “New York Times researcher Zhao Yan freed on completing jail term”, Reporters sans frontiers, 15.9.2007
(<www.rsf.org> )..

 

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