1.
Premessa
È ancora una volta Liu Xiaobo1, noto intellettuale e fiero oppositore del regime, ad aiutarci a riscostruire gli inquietanti retroscena del recente scandalo sul ritrovamento di lavoratori-schiavi nelle fornaci di mattoni clandestine dello Shanxi.
Con lucidità particolarmente incisiva e con toni ancor più forti di quelli che caratterizzano altri suoi scritti, l’Autore ripercorre le diverse fasi di questa agghiacciante scoperta, dal primo commovente appello lanciato su internet da una madre coraggio, Xin Yanhua, ai successivi articoli di denuncia della stampa
cinese2.
In questo caso, nonostante le pesanti limitazioni cui sono sottoposti in Cina, i mezzi di informazione hanno dimostrato grande coraggio nel denunciare questi gravi abusi, perpetrati in silenzio per più di dieci anni. La censura di Partito non è intervenuta pesantemente in questa vicenda forse perché gli interessi delle vittime e dell’opinione pubblica non constrastavano qui con quelli del governo centrale, per il quale tali illegalità a livello locale rappresentano una pesante perdita di credibilità.
In un sistema in cui la struttura del Partito si sovrappone a quella dello Stato, il verificarsi di simili illeciti proprio nello Shanxi è particolarmente imbarazzante, poiché il Segretario del Pcc in questa provincia è Zhang Baoshun, uno degli alleati di Hu Jintao. Queste malversazioni appaiono infatti in stridente contrasto con l’orientamento “populista” dell’attuale leadership, che sembrerebbe avere a cuore i bisogni fondamentali della popolazione, ponendo gli interessi della gente comune al primo posto e “governando per il popolo”.
Proprio su questi slogan, entrati ormai a far parte del linguaggio politico ufficiale, ironizza amaramente Liu, denunciando a chiare lettere le responsabilità del governo di Pechino, il cui intervento nei confronti di autorità locali e forze dell’ordine, per anni colluse con gli schiavisti proprietari delle fornaci, non è stato affatto tempestivo né
incisivo3.
Nel ricostruire l’intera catena di responsabilità, l’Autore definisce senza mezzi termini questo scandalo come “la punta dell’iceberg” di un sistema politico autocratico, che sarebbe alla base di tali fenomeni di sfruttamento disumano e corruzione infamante.
M.M.
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[Liu Xiaobo, “Yao nu tu xian ducai zhidu de leng xue”, Zheng Ming, n. 7 (357), luglio 2007, pp.
38-41.]
Dalla società del “socialismo con caratteristiche cinesi” emerge all’improvviso uno sconvolgente inferno sulla terra, quello degli schiavi bambini nelle fornaci di mattoni, un fatto che ultimamente ha scioccato il mondo. Questo articolo pone un problema spinoso: da quanti anni esiste questo inferno? L’ultima denuncia delle persone che ne sono state vittime risale a tre mesi fa, ma i funzionari provinciali e locali che cosa hanno fatto? Come mai nelle loro plateali manifestazioni di “familiarità con la gente” non sono mai arrivati in quelle fornaci infernali?
SCHIAVI BAMBINI NELLE FORNACI MODERNE: IL MASSIMO DELLA MALVAGITÀ
Tutti conosciamo gli orrori della schiavitù dei tempi antichi, il cinismo dei colonialisti che vendevano gli schiavi neri, l’avidità che stritolava gli operai bambini agli albori del capitalismo. E invece nel XXI secolo, quando il sistema della schiavitù, della compravendita degli schiavi e del lavoro minorile sono ormai universalmente
condannati, nella Cina che si erge con orgoglio come grande nazione di riferimento e che vanta cinquemila anni di civiltà, con tutte le “manifestazioni di familiarità con la gente” della “società armoniosa”, che considera “l’uomo al primo posto” come quotidianamente predicano Hu Jintao e Wen Jiabao, proprio nelle fornaci
di mattoni della provincia dello Shanxi sono stati trovati degli “schiavi bambini”: un fenomeno che ha scioccato il mondo intero e ha suscitato la unanime condanna di tutti i media del mondo, un vero e proprio terremoto.
La Cina è il paese che ha la popolazione più numerosa del mondo, ma anche il più alto tasso di analfabetismo, il più alto numero di morti per cause non naturali e sono davvero troppi i crimini che superano l’umana
capacità di immaginazione, ma sembra che i cinesi stessi non se ne stupiscano più. La Cina ha l’inquinamento ambientale più pesante, il più alto numero di condannati a morte, i più numerosi disastri nelle miniere,
i più dannosi aborti forzati, ma sembra che tutto questo alla gente proprio non interessi. La Cina è prima al mondo in fatto di violazione della proprietà intellettuale, le merci falsificate cinesi sono le più diffuse,
gli alimenti i più insicuri, ma ormai non se ne fa più un rimprovero a nessuno. I contadini cinesi sono i più numerosi, ma non hanno sussidio di disoccupazione, non hanno assicurazione medica, non hanno pensione,
ma questo è un fatto che ormai non desta più meraviglia. Il numero dei funzionari cinesi è il più alto al mondo, il loro potere è il più forte, il loro ambiente è il più corrotto, è così da migliaia di anni.
E invece quello che oggi stupisce e interessa i cinesi è l’avvenuta “ascesa della Cina”, “l’uomo al primo posto”, il marciare verso l’“armonia”, verso un’epoca di grande prosperità mai conosciuta prima, ospitando persino le Olimpiadi di Pechino del 2008, le più ambite al mondo.
IL CRIMINE DELLA TRATTA DEGLI SCHIAVI BAMBINI
Lo schiavismo minorile ha origine nel traffico illegale di esseri umani. Secondo quanto riportato dai media, gli schiavi bambini vengono adescati dai trafficanti perlopiù presso le stazioni ferroviarie, alle fermate degli autobus, sotto i cavalcavia, per strada ecc. e venduti per cinquecento yuan alle fornaci di mattoni per fare i lavori più pesanti. Persino le autorità di controllo locali prendono parte a questi crimini efferati agendo da intermediari nella vendita degli schiavi alle fabbriche.
La maggior parte dei minori rapiti ha un’età fra i quindici e i sedici anni, i più piccoli hanno otto anni. Dopo essere stati sequestrati e condotti alle fornaci, il proprietario rescinde ogni rapporto del minore con il mondo esterno, così i bambini perdono completamente la loro libertà. Chi riesce a fuggire lo fa rischiando di essere picchiato a morte, o fino a rimanere invalido; l’alternativa è quella di sopportare il tragico destino della schiavitù.
Le fornaci che utilizzano gli schiavi bambini venduti ai lavori forzati si trovano perlopiù in zone impervie, circondati dalla campagna e da montagne, con l’uscita su un unico lato. L’ingresso è sbarrato, i sorveglianti controllano dall’alto la zona occupata dai lavoratori, che è immediatamente riconoscibile. Cani lupo fanno la guardia ai cancelli, sorveglianti e lavoratori a contratto vivono accanto agli ingressi per impedire la fuga degli schiavi.
Il lavoro è estremamente duro, insostenibile per degli adulti, figuriamoci per dei ragazzini. Eppure gli schiavi bambini sono costretti a lavorare quindici o sedici ore, a volte persino venti ore al giorno, dalle cinque del mattino all’una di notte. I tre pasti consistono in panini al vapore freddi, un misto di verdure e rape. Non hanno abiti da lavoro, indossano ciò che avevano addosso nel momento in cui sono stati portati via; dormono per terra in baracche sopra un sottile materasso di cotone, un giorno dopo l’altro con addosso i loro soliti vestiti. Per mesi non si lavano i capelli, niente doccia, non si lavano neanche il viso; sono coperti di pidocchi e hanno i capelli lunghi, come dei selvaggi.
Per evitare che gli schiavi fuggano durante la notte, dopo il tramonto i sorveglianti sbarrano le porte delle baracche. E siccome i dormitori non hanno servizi igienici, i bisogni notturni vengono soddisfatti tutti nel buio degli alloggi, con un fetore insopportabile. Quando sono stati tratti in salvo dalle famiglie, i bambini avevano tutti i capelli arruffati, i visi luridi ed erano tutti martoriati da ferite e lividi. Il compenso mensile loro promesso era di 800 yuan, ma al momento della liberazione non avevano mai ricevuto nulla.
Per questi ragazzini non c’erano riguardi, ma solo frustate, bastonate o percosse con pezzi di mattone. Molti sono stati malmenati tanto da diventare idioti e molti sono perfino morti per i maltrattamenti subiti. Chi ha tentato la fuga è stato picchiato fino a rimanere storpio, alcuni sono stati costretti dai sorveglianti a trasportare mattoni roventi sulla schiena, ormai ridotta ad un’unica piaga. Dopo la liberazione sono stati ricoverati in ospedale, ma dopo vari mesi non sono ancora guariti. Quelli che venivano colpiti in testa dalle mattonate dei sorveglianti, si legavano un brandello di stoffa sulla ferita per continuare a lavorare. Anche nel caso di lesioni gravi nessuna medicazione era prevista; se non guarivano spontaneamente o se la ferita degenerava, quando erano prossimi ad esalare l’ultimo respiro i sorveglianti e i proprietari della fabbrica li seppellivano ancora vivi. Intorno alla Festa di primavera del 2007 due operai di una fornace sono stati picchiati a morte dalle guardie. In un’intervista clandestina a un giornalista dell’emittente televisiva del capoluogo dello Henan, gli operai che allora avevano seppellito i cadaveri hanno raccontato che due persone sembravano ancora respirare.
Secondo lo standard dei diritti umani universalmente riconosciuto, questi schiavi bambini delle fornaci sono al di sotto di qualunque limite di civiltà; e anche la legge attualmente vigente in Cina contempla diversi tipi di crimine legati al fenomeno della schiavitù minorile.
In primo luogo, la persona che si occupa della compravendita commette il reato di “sequestro illegale e tratta di minori”. In secondo luogo, i reati a carico dei proprietari delle fabbriche sono “detenzione illegale di persone”, “lesioni gravi volontarie”, “coercizione al lavoro”, “sfruttamento minorile”, “traffico illegale e sfruttamento di manodopera sequestrata”, “trattenimento intenzionale dello stipendio e violazione della proprietà altrui” ecc. Vengono inoltre contemplati i casi di partecipazione allo sfruttamento del lavoro nero, protezione fornita alle
fabbriche e profitti illegali incassati dai funzionari governativi, connivenza fra [proprietari delle] fabbriche e autorità, scambio di potere e denaro, corruzione, legittimazione dell’illegalità e altri reati. Infine, i commissariati e i funzionari che hanno ricevuto la denuncia della scomparsa di minori e che non si sono adoperati a fare indagini sono colpevoli di reato di omissione di atti d’ufficio e inadempienza.
LA SPARTIZIONE DEL BOTTINO FRA BUROCRATI E [PROPRIETARI DELLE] FORNACI E LE COPERTURE A LIVELLO LOCALE
La connivenza fra burocrati e [proprietari delle] fabbriche per sfruttare la gente costituisce ormai da tempo una delle caratteristiche più evidenti della cosiddetta “società armoniosa” e i retroscena dei fatti dello Shanxi ne sono un esempio lampante. I primi che sono andati nello Shanxi a cercare i propri familiari hanno incontrato una feroce opposizione da parte di delinquenti reclutati dalle fabbriche, che facevano leva proprio sulla mancanza di azione e di collaborazione da parte del governo locale.
La madre di un bambino scomparso, parlando della propria vicenda, ha raccontato: «Mi sono rivolta al commissariato locale di polizia, il Vice commissario ha detto: “Voi dello Henan, idioti come siete, venendo a lavorare qui alleggerite il vostro governo di un peso”. Non riuscivo a credere che queste potessero essere le parole di un Vice commissario!»
Un’altra madre recatasi nello Shanxi a cercare il figlio ha dichiarato: «Quello che ci lascia esterrefatti è che il locale Commissariato di polizia non solo ci volta le spalle, ma addirittura ci crea mille difficoltà e cerca di impedirci in tutti i modi di portarci via i bambini che abbiamo salvato. Di fronte ai proprietari delle fabbriche che ci riempiono di minacce, inoltre, stanno a guardare senza fare nulla». Un padre partito alla ricerca del figlio, nel corso di una conversazione con un giornalista, ha così riassunto i misfatti relativi alla collusione fra fabbriche e autorità: «Alle spalle delle fabbriche di mattoni c’è sempre una rete di protezione, altrimenti come avrebbero potuto agire con tanta ferocia e disinvoltura per più di dieci anni?». Il motivo per cui i proprietari delle fabbriche di mattoni si arrischiano ad impiegare illegalmente lavoro nero e schiavi bambini risiederebbe pertanto negli ingenti profitti che le fabbriche ne ricavano; la prospettiva di una ricca ricompensa rende l’uomo coraggioso. In realtà la ricerca del profitto è una qualità innata del capitalista, ma il punto è come contenere sistematicamente e punire con severità la brama sfrenata di guadagno. A questo scopo sono necessari una legge giusta e un governo che combatta l’illegalità.
Nelle fornaci dello Shanxi, invece, la ragione per cui la piaga della schiavitù minorile non riesce a trovare una soluzione radicale e duratura sta nel fatto che le autorità locali non solo non intervengono, ma al contrario partecipano alla spartizione degli utili.
Nella catena dei profitti delle fabbriche, secondo un calcolo basato sui costi del prodotto finale, si possono distinguere diverse categorie: il guadagno più basso è quello dei venditori, al secondo posto vengono gli amministratori delle fabbriche (in genere impiegati o parenti degli amministratori locali del villaggio), mentre al terzo posto si trovano i quadri del governo locale (i commissariati di polizia, gli uffici per l’industria e il commercio, gli uffici del lavoro ecc.). I profitti di questi ultimi provengono dal sequestro di forza lavoro e dal traffico del lavoro nero. I lavoratori in nero sono quelli che pagano il prezzo più alto, perfino con la vita, ma sono anche coloro che non ricevono alcun utile.
Il rischio più alto è quello che corrono i mercanti di uomini e gli amministratori, mentre i funzionari rischiano ben poco. Se si facesse luce sui lati oscuri della faccenda, ricadrebbe solo sulle prime due categorie la diretta responsabilità dei reati, che pagherebbero con la perdita delle proprietà personali e con la prigione; quelli che vengono dopo, invece, hanno una responsabilità solo indiretta, nella maggior parte dei casi vengono semplicemente declassati o rimossi dall’incarico.
Le fornaci sono imprese private, ma i gruppi che ne traggono alti profitti con basso rischio hanno tutti solidi legami con le autorità pubbliche. Secondo quanto segnalato dai media, i proprietari delle fabbriche di mattoni sono per lo più collegati con potenti segretari di sezioni locali del partito, alcuni sono addirittura delegati locali dell’Assemblea del popolo. È chiaro che solo grazie a tali coperture è possibile aprire tali attività; a fornire ai proprietari delle fabbriche favori amministrativi e protezione sono sempre burocrati del governo locale più o meno potenti. Alcuni uffici addetti al controllo del lavoro sono complici del traffico del lavoro nero e degli schiavi bambini, incassano i margini di profitto derivanti dalle differenze di prezzo di vendita e intascano mazzette. Ovunque ci sia una fabbrica di mattoni, il locale commissariato di polizia elargisce la sua protezione, i proprietari devono pagare ogni anno una “tassa di protezione” mentre i funzionari del governo locale si spartiscono gli utili oppure intascano tangenti.
Nella zona di Guangshengsi, nel distretto di Hongdong, ad esempio, i proprietari delle fabbriche possono arrivare a pagare alle autorità giudiziarie locali una somma di 5.240.000 yuan.
Se una serie di avvenimenti che violano la costituzione e i diritti umani costituiscono un reato e hanno una portata così vasta e una durata così ampia nel tempo da poter addirittura richiamarsi a vicende della storia della Repubblica popolare largamente condannabili a parole e forieri di disordini interni, fino al rovesciamento del governo, quelli che abbiamo oggi dinanzi sono invece di una gravità inesprimibile.
IL GOVERNO CENTRALE HA DIFFICOLTÀ AD AMMETTERE LE PROPRIE MANCANZE
L’utilizzo illegale dei lavoratori nelle fornaci di mattoni ha avuto inizio più di dieci anni fa, negli anni ’90 del XX secolo. Il fenomeno del lavoro legato allo schiavismo, compreso il traffico della forza lavoro femminile, non si limita allo Shanxi, ma dilaga in tutto il paese.
La tratta delle bambine in Cina non è mai stata fermata nonostante i numerosi casi denunciati dai media. Sono state rapite perfino delle ragazzine con ritardo mentale, in seguito uccise e poi vendute a delle famiglie per celebrare il cosiddetto “matrimonio dell’aldilà”: se un uomo muore celibe, si cerca una ragazza nubile morta e la si seppellisce insieme a lui a simboleggiare una cerimonia nuziale. Il cadavere di una ragazza vale dai tremila ai diecimila yuan. Il giornale della sera Yan Zhao dell’11 maggio ha riportato il caso di un contadino di Linzhang, tale Song, che ha brutalmente ucciso sei donne e ne ha venduto i cadaveri per i “matrimoni dell’aldilà”.
La Cina delle riforme è anche quella del lavoro minorile diffuso ovunque. Secondo una stima degli esperti del Commissariato per il Lavoro delle Nazioni Unite, in Cina ci sono dai dieci ai venti milioni di minori che lavorano. Anche secondo il Quotidiano del Popolo, su 20 milioni di minori dai 12 ai 14 anni che hanno lasciato la scuola, il 60% sono lavoratori. Un tale sviluppo del lavoro nero e dello schiavismo minorile è stato possibile proprio perché tutte le attività criminose che impiegano il lavoro minorile e le bambine rapite non sono state
tempestivamente bloccate. Ancora più grave è che dietro queste piccole e grandi imprese che si arricchiscono con mezzi criminosi e illegali c’è sempre la protezione di organizzazioni di profitto più o meno estese.
Il sistema di protezione più potente è naturalmente quello delle autorità locali, la formula che si adopera con più sfacciata disinvoltura recita “sviluppare l’economia locale” e “assicurare la pace”. Eppure il governo centrale non ha adottato provvedimenti nei confronti del protezionismo locale e della connivenza fra funzionari e fabbriche di mattoni, per molto tempo Hu Jintao non ha intrapreso alcuna iniziativa.
Anche il caso in questione, quello degli schiavi bambini, un caso dalle dimensioni tanto vaste e che si protrae da così tanto tempo, non è stato sufficiente ad attirare l’attenzione ai diversi livelli del governo, sia centrale che locale. E anche in questo caso, il governo centrale non può sfuggire alle sue responsabilità.
LE RESISTENZE PIÙ FORTI PROVENGONO PROPRIO DAL GOVERNO
L’8 marzo di quest’anno Wang Xinlei, un ragazzo non ancora sedicenne, figlio di Yang Aizhi, cittadina di Zhengzhou nello Henan, è sparito. Yang Aizhi è andata a denunciarne la scomparsa al commissariato di polizia di zona, senza ottenere risultato. Ha visitato centinaia di siti web, ha attaccato migliaia di manifesti, ancora senza esito. Alla fine di marzo è partita per cercare il suo bambino nello Shanxi insieme a un altro genitore del distretto di Meng, nello Henan, anche questi alla ricerca del figlio scomparso. Nelle città di Juncheng, Jincheng, Linfen la donna è rimasta per ore inginocchiata all’ingresso delle fabbriche di mattoni chiedendo notizie del figlio. È stata dappertutto, non ha trovato il ragazzo ma ha scoperto il segreto agghiacciante delle fabbriche
di mattoni. All’inizio di aprile, Yang Aizhi è andata di nuovo nello Shanxi con altri sei genitori alla ricerca dei figli. Invano.
Il 9 maggio Fu Zhenzhong, giornalista della televisione del capoluogo dello Henan, insieme a sei genitori si reca nello Shanxi e con una telecamera nascosta riprende gli orrori delle fabbriche di mattoni. E
nel corso della trasmissione il giornalista, che pure ha cercato a più riprese di trattenersi, non ha potuto non usare titoli forti come “Non bastano le strisce di bambù a scrivere tutta la
storia!4”, “Una tragedia senza eguali”. Dopo che la televisione dello Henan ha rivelato il caso, sono state più di mille le famiglie che si sono rivolte al servizio televisivo. E intanto più di cento genitori sono partiti alla volta dello Shanxi in cerca dei loro figli.
Queste iniziative spontanee di padri e madri, le rivelazioni della televisione dello Henan stranamente non hanno suscitato grande attenzione nel pubblico a livello nazionale e neppure l’interesse del governo locale e centrale. Il giornalista Fu Zhenzhong, il primo ad aver sollevato il sipario sulle fabbriche di mattoni dello Shanxi, ha dichiarato che «le resistenze più forti provengono proprio dal governo».
Il 6 giugno su un Forum online dello Henan è stato scritto un messaggio dal titolo “Le vie dei criminali. Quattrocento padri di ragazzini
venduti alle fabbriche di mattoni dello Shanxi piangono lacrime di sangue e chiedono aiuto”. Nel messaggio quattrocento padri dello Henan raccontano una realtà agghiacciante: i loro figli sono stati adescati e rapiti da mercanti di uomini e venduti come operai ai lavori forzati delle fabbriche di mattoni dello Shanxi. Le città di Linfen e Yongji sono i luoghi in cui si concentrano maggiormente le fabbriche.
L’11 giugno Yang Aizhi scrive una lettera di urgente richiesta di aiuto al Primo ministro Wen Jiabao contenente le “lacrime di sangue e le grida” di una madre: «Salvate dall’inferno i nostri figli, ingannati e rapiti da criminali!» Ecco allora che i media iniziano a concentrarsi massicciamente sul caso degli schiavi bambini nelle fornaci di mattoni.
Hu Jintao, Wen Jiabao e gli altri dirigenti intervengono solamente il 15 giugno; il Segretario della Commissione nazionale del lavoro e il Presidente dell’Ispezione della disciplina Zhang Minqi si recano nello Shanxi per supervisionare le indagini sul caso delle fornaci. Anche il Dipartimento della sicurezza sul lavoro invia dei funzionari nello Shanxi per esaminare la situazione del lavoro illegale. Il Segretario della Commissione provinciale dello Shanxi Zhang Baoxun e il Presidente della Provincia Yu Youjun prendono delle misure, in tutta la provincia ha inizio un programma speciale per “colpire i proprietari delle fabbriche di mattoni e liberare i lavoratori sequestrati”. Che siano stati presi dei provvedimenti è, naturalmente, meglio di niente, ma
ciò è avvenuto comunque tre mesi dopo le denunce dei famigliari. E comunque, questo programma speciale non ha ottenuto risultati neitempi previsti. Nell’arco di tempo in cui è stato redatto questo articolo, nelle fabbriche dello Shanxi e dello Henan sono state liberate 568 persone, di queste solamente 51 minori. I 51 minori ritrovati sono appena un ventesimo dei mille e più scomparsi.
UNA DITTATURA IMPASSIBILE E I SUOI BUROCRATI
Un tale inferno sulla terra non esiste solo da un anno o due, ma da molti anni. Alcuni bambini si trovano all’interno delle fornaci, tagliati fuori dal mondo, da ben 7 anni: come poteva il governo locale non saperlo? Qui non si parla di uno o due bambini ridotti a schiavitù, ma di migliaia. Come mai le numerose denunce di padri e madri che cercavano i figli scomparsi non sono bastate a suscitare immediatamente l’interesse dei locali commissariati di polizia?
In tutti questi anni, mentre i dirigenti locali si rendevano colpevoli di una tale terrificante negligenza, come mai il governo centrale non è venuto a conoscenza dei fatti e non ha preso provvedimenti? Se non fossero stati i padri e le madri dei ragazzi scomparsi a perseverare nella ricerca, probabilmente questi delitti sarebbero tuttora sconosciuti. Alcuni attribuiscono la responsabilità ai proprietari delle fabbriche di mattoni, resi disumani dall’avidità. Tuttavia, senza il tacito consenso, la collaborazione e persino la protezione delle pubbliche autorità, non potrebbe mai esistere un fenomeno di schiavismo minorile moderno dalle dimensioni così vaste. Altri accusano la copertura da parte del governo locale. Anche a non voler considerare le menzogne, la strenua protezione del governo locale e il monopolio dell’informazione, come è possibile che, nell’era di internet che ha reso il passaggio delle informazioni così agevole, in tutto questo tempo non si sia venuti a
conoscenza di siffatti crimini?
Un regime dittatoriale che finora non ha ancora imparato ad avere rispetto profondo per la vita umana e a proteggere i diritti umani, una organizzazione oligarchica che ancora oggi conserva il monopolio del potere e ne fa una assoluta priorità, non può avere considerazione della vita dei suoi cittadini e in particolare di quella dei bambini. Proprio perché il sistema della dittatura e il suo governo non
riconoscono l’essere umano in quanto tale è possibile la nascita di un siffatto comportamento criminoso e illegale in grado di suscitare una profonda indignazione.
Pertanto, non mi si dica che alla denuncia di questi crimini Hu Jintao, Wen Jiabao e gli altri grandi leader si sono sorpresi, hanno immediatamente emanato direttive ed è iniziata una azione a tutto campo per salvare i bambini resi schiavi. Se davvero Hu Jintao e Wen
Jiabao si sono sorpresi, si è trattato non di sbalordimento nei confronti del crimine in quanto tale, ma di turbamento per il discredito della propria immagine. Dopo che Hu Jintao, Wen Jiabao e altri dirigenti hanno emanato le loro direttive, sui media nazionali le tragiche vicende degli schiavi bambini e persino il movimento di ricerca da parte dei genitori sono stati sostituiti dalle iniziative salvifiche intraprese dal governo nazionale e locale. I media, soggetti al monopolio statale, ancora una volta hanno compiuto la loro magica funzione: i criminali sono diventati benefattori, il governo criminale è diventato un governo benevolo e i crimini sono diventati meriti.
Il 12 giugno scorso a Washington è stato inaugurato un monumento in memoria delle vittime del comunismo, che è identico alla statua della “dea della democrazia” dei fatti cinesi del 1989. Il Presidente Bush in persona ha presieduto alla cerimonia, e nel suo discorso ha sottolineato che il XX secolo è stato contraddistinto dalle morti più tragiche nell’intera storia dell’umanità. Nel XX secolo il comunismo ha fatto 100 milioni di vittime, di cui 10 milioni solo in Cina.
Hu Jintao e Wen Jiabao og gi non sono più dei leader assoluti in grado di pronunciare parole affidabili, ma sono ancora capi di una organizzazione dittatoriale oligarchica. Piuttosto che affermare che il crimine della schiavitù dei bambini delle fabbriche di mattoni ha sconcertato Hu e Wen, è meglio dire che questi crimini hanno svelato la vera natura della loro favola della “familiarità con la gente”, mettendoli in ansia. Se si vuole trovare una cura radicale per lo schiavismo minorile nelle fornaci di mattoni bisogna prima trovarne una altrettanto radicale per il cinismo dei burocrati; se si vuole trovare una cura radicale per il cinismo dei burocrati, bisogna innanzitutto riformare un sistema dittatoriale che da sempre non ha alcun riguardo per la
vita e i diritti degli uomini.
Pechino, 18 giugno 2007
(traduzione dal cinese e note a cura di Ilenia Parnanzone)
MONDO CINESE N. 132, LUGLIO -
SETTEMBRE 2007