1. Premessa
31.680.000 HK$. A tanto è stato aggiudicato lo scorso maggio Scenery of Northern China di Wu Guangzhong (1919) a Sotheby’s Hong
Kong1. Una battuta record che si affianca a quella che, nel giugno 2005, sbaragliò il banco di Christie’s Londra: quaranta milioni di dollari per un pezzo della dinastia
Yuan2. Se il mercato dell’arte classica non è nuovo a cifre da capogiro, le quotazioni stellari raggiunte da opere del XX e XXI secolo sono oggi un fenomeno in crescita e costantemente monitorato per la sua straordinarietà dai mercanti dell’arte e dagli addetti al settore. Wu Guangzhong è un artista affermato e riconosciuto, ma non è il solo ad animare le maggiori case d’asta del mondo. A fargli compagnia c’è infatti una schiera di artisti
contemporanei − giovani e meno giovani, attivi sulla scena cinese ed internazionale da poco più di un trentennio, nei casi più maturi.
Qualche numero: sono stati pagati 432.000 dollari americani per Great Criticism – Coca Cola (2004; olio e graffite su tela) di Wang Guangyi da Philips, de Pury & Company, New York, il 21 maggio
20073; 99.744
dollari americani in una battuta di Christie’s Hong Kong il 27 maggio per Book from the Sky (1987-91, xilografia stampata da matrici intagliate a mano, esemplare 61 di 100) di Xu
Bing4; 4.245.059 dollari per
The Pope (1997, olio su tela)5 di Yue Minjun da Sotheby’s Londra, lo scorso 20
giugno6. Certo le cifre a sei zeri sono ancora poche, ma il valore di queste opere si è decuplicato nel giro di dieci anni dalla loro creazione,
il che fa scintillare le aspettative di artisti, collezionisti7 ed investitori. In questo scenario vivace e movimentato, i soggetti attivi e guardiani del mercato dell’arte sono le grandi e piccole case d’asta, le gallerie e le fiere dell’arte che creano occasioni di visibilità e scambio.
Che l’arte cinese contemporanea stesse vivendo un momento di successo e riconoscimento internazionale era ormai un dato di fatto, ma che anche le opere di artisti emersi da poco più di un decennio scatenassero la speculazione di collezionisti e non solo, questo è un fenomeno che ha lasciato attoniti anche gli
esperti8. Il mercato artistico cinese è giovane, cresciuto all’ombra di un assetto politico che è stato ostile e avverso per definizione alla proprietà privata, di fatto, fino ai tardi anni ’80. Il boom di circolazione delle opere è quindi interessante ed inconsueto non solo perché ha come protagonisti nomi emersi quasi dal nulla, che hanno messo in fermento i compratori di tutto il mondo, ma anche perché è nato e si sta sviluppando su un territorio
che non ha una storia di case d’aste, di collezionismo ed investimenti.Ma la risposta asiatica e cinese al filone aureo nascente dell’arte contemporanea è stata reattiva, preparata e consapevole, almeno agiudicare dai numeri, che vedono un consistente gruppo di soggetti ed enti cinesi nella fitta schiera dei compratori che affollano le battute di Sotheby’s, Christie’s, così come delle case d’aste minori.
Non sono certo poche le perplessità degli scettici che si accompagnano ai fervidi entusiasmi del mercato, sempre più ricco ma anche sregolato e viziato dalla speculazione selvaggia. Il rischio avvertito dal polso dell’arte è che la musa del business spodesti quella della creatività spontanea, ma è forse presto per scrivere le sorti di un fenomeno ancora in evoluzione.
2. La storia
La produzione e la circolazione di opere d’arte in Cina è stata oggetto di pesanti e limitanti restrizioni fino al recente passato. Dal punto di vista della proprietà e del commercio, infatti, il controllo governativo è stato pressoché totale fino agli anni ’80. Le opere precedenti al 1949 non potevano uscire dai confini del paese e venivano applicate ferree regole alla mobilità delle creazioni in generale, in patria come all’estero.
Ancora negli anni ’50 e ’60 gli unici soggetti autorizzati − e interessati − all’acquisto e al possesso di opere d’arte erano i musei statali (come il
Rongbaozhai di Pechino) e le istituzioni pubbliche. Le − poche − collezioni private erano clandestine e sommerse, raccolte nell’ombra del mercato sotterraneo, spesso grazie alla collaborazione diretta tra compratore e artista, il quale si trovava a produrre su commissione.
È stato solo con la politica di “apertura e riforma” negli anni ’80 che hanno trovato spazio anche in Cina gallerie e punti vendita d’arte, che non trattavano solo i grandi maestri del passato, ma cominciavano
a proporre anche artisti contemporanei. Questa liberalizzazione ha portato ad una rapida crescita del mercato interno, soprattutto di arte classica e del XX secolo. Si è dovuto attendere però il 1992 perché venisse legalizzato il mercato privato dell’arte9 e, con esso, la rutilante attività delle case d’asta − nazionali − al suo capo, laddove in precedenza era lo Stato che controllava la circolazione, e la valutazione, delle opere. Sulla scia del grande successo ottenuto dalla prima sede a Shenzhen, oltre un centinaio di case d’asta hanno aperto nel paese, tra cui
Hanhai10 e Guardian11 (casa d’asta statale autorizzata nel maggio 1993) a Pechino e Duoyunxuan a
Shanghai12. I lotti erano composti principalmente da pezzi − storici e d’antiquariato − provenienti da tre fonti: dai grandi depositi accumulatisi nel corso della rivoluzione culturale, da possessi di antichità in mano allo Stato e da collezionisti privati, cinesi e di Hong Kong, che erano riusciti nell’impresa di salvaguardare i tesori fuorilegge nei duri anni ’60 e ’70. È stata l’arte cinese
classica13, in particolare il compartimento delle ceramiche e delle arti decorative, a spopolare tra i collezionisti di tutto il mondo,
che da anni investono somme più che importanti nelle grandi case d’aste come Sotheby’s e Christie’s. Il mercato dell’arte contemporanea, quindi, non era ancora quell’impero di interessi e profitti che si erge
oggi con alterigia sulla scena internazionale: alla fine degli anni ’90 era ancora l’arte del XX secolo a suscitare l’interesse dei compratori, non numerosi e non ancora inclini ad investire ingenti fortune in un
mercato, quello artistico, che sembrava un costoso capriccio di classe per pochi, piuttosto che un affare a lungo termine. L’entrata della Cina nel
Wto14, infine, comportò un radicale cambiamento anche nel
sistema artistico con l’obbligo, assolto nel 2004, di aprire le frontiere alle case d’aste straniere, su tutte Sotheby’s e Christie’s, e alle sempre più numerose
gallerie15. L’esordio fu promettente, con ricavi da milioni
di sterline nella sede di Hong Kong16. Ciò coincise con la crescente popolarità all’estero degli artisti contemporanei e con un crescente interesse − e un crescente potere d’acquisto − anche da parte dei compratori cinesi. Oggi il mercato cinese interno è in continua crescita, ma non ancora influente a livello internazionale al punto da poter condizionare l’andamento del mercato mondiale. Sono invece gli
artisti con le loro opere a dettare le sorti della speculazione artistica, trovandosi su un palcoscenico di cui sono tra i principali protagonisti, accanto ad affermati nomi stranieri.
L’attenzione e il prestigio che l’arte cinese contemporanea è riuscita a guadagnarsi potrebbero avere risvolti positivi non solo sul versante economico ma anche sul piano dell’emancipazione culturale ed artistica. “Il dinamismo dell’arte cinese contemporanea” sostiene Zhang Xiaoming, del Dipartimento di Arte cinese contemporanea a Sotheby’s New York, “creerà una piattaforma più stabile per promuovere la diversità nel mercato e per sviluppare una coscienza di meno conosciuti ma significativi artisti”17>.
3. Le case d’asta
Erano gli anni ’80 quando Sotheby’s e Christie’s sbarcavano indirettamente sul territorio cinese, aprendo piccole sedi di rappresentanza nel distretto economico centrale di Hong Kong e cominciando a tenere battute d’asta nei grandi hotel del centro, la prima nel 1973, la seconda nel 1986. Negli anni ’90 entrambe aprirono
i propri uffici a Shanghai per individuare le proprietà vendibili e contattare i potenziali acquirenti. Nello stesso periodo anche l’attività degli uffici rappresentativi insediati a Pechino cominciò a dare i propri
frutti, sempre più vari e sempre più ricchi. Era l’inizio di un grande e promettente business, che vede oggi le due eterne rivali interessarsi sempre più al mercato dell’arte cinese contemporanea. Un interesse
che si concretizza in battute d’asta ad hoc che si chiudono milionarie: Sotheby’s, oltre alla sezione di
Contemporary Asian Art dedicata a Cina, Corea e Giappone nelle sedi di New York e Hong Kong, ha
inaugurato a Londra un ramo che tratta esclusivamente opere cinesi, oggi sullo stesso piano di battuta con nomi quali Warhol e Hirst. Il 2006 ha visto una vera e propria esplosione del mercato dell’arte cinese contemporanea nelle sedi storiche di New York e Londra e nella giovane sede di Hong Kong. A New York, il 20 settembre 2006, si è svolta una battuta di trecento lotti, in cui rientravano i nomi più alla ribalta come Yue Minjun, Fang Lijun, Zhang Xiaogang (venduto in marzo a 979.000 dollari con
Bloodline Comrade n. 120, olio su tela), Zhang Huan, Ai Weiwei, Chen Yifei, Zhang Xiaogang, Liu Xiaodong, oltre ad altri artisti
emergenti18. Rientrano nello stesso autunno delle meraviglie le sessioni di successo di Londra e Hong Kong, che hanno sfoggiato nomi prestigiosi quali Wang Guangyi, Zheng Fanzhi, Zheng Hao e Zhou Tiehai. Da record anche le battute di Christie’s Hong Kong, dove è di nuovo Zhang Xiaogang a far impazzire le quotazioni, e i compratori, con i 2,3 milioni di dollari sborsati per la sua
Piazza Tian’anmen del 1993 (olio su tela che rappresenta una desolata e grigia Piazza Tian’anmen su cui si erge il dorato − e quasi etereo
pur nella sua imponenza − Palazzo Imperiale), superato da The New Migrants of the Three
Gorges19 di Liu Xiaodong nel novembre 2006 alla Beijing Poly Auction, aggiudicato ad un magnate cinese per 2,7 milioni di
dollari20.
I protagonisti delle aste, i grandi nomi dell’arte cinese contemporanea, sono per la maggior parte artisti che parteciparono ai movimenti indipendenti d’arte e pensiero che animarono la scena intellettuale cinese nei tardi anni ’70, fino al tragico epilogo del 4 giugno
198921.
Il gruppo più attivo fu quello di The Stars22, e stelle dell’arte − del business e del glamour − sono oggi gli artisti che vi presero
parte23. Gli artisti squattrinati che provocavano pubblico ed autorità nel nome di
libertà e democrazia, che vivevano in condizioni precarie e disagiate nelle comuni ai margini della società, si sono trovati a capo di un teatrino dell’arte in cui giocano da burattinai e burattini. Sono infatti le loro storie di vita e le loro opere a far girare il mercato, ma sono a loro volta tenuti in pugno, promossi o affossati dalle affamate gallerie e case d’asta.
Oggi le case d’asta trattano l’arte contemporanea, ma di certo non hanno abbandonato la pittura tradizionale e i lavori ad inchiostro, che sembrano essere ancora le forme d’espressione più apprezzate dai compratori cinesi. Se infatti gli stranieri si sono presto appassionati all’arte contemporanea, è stato più lungo e complesso il suo percorso di ascesa, legittimazione ed affermazione nel gusto e nel mercato locale.
Sono state le gallerie occidentali a offrire visibilità agli artisti usciti dai travagliati anni ’70 e ’80, oggi autorità internazionali, ed a spingere sul mercato i nomi emergenti, che trovano spazio e consenso anche
tra i nuovi ricchi locali nelle fastose fiere dell’arte.
4. Le fiere dell’arte
È appena nata la ShContemporary 07 (6-9 settembre), ma già si annovera tra le fiere dell’arte più importanti ed autorevoli a livello internazionale. Dopo le coccole e gli elogi elargiti all’arte cinese contemporanea dalle fiere per eccellenza −
Art Basel (Svizzera), Documenta Kassel (Germania), MiArt (Italia, Milano),
FIAC (Francia, Parigi), solo per citarne alcune −, la mostra-mercato si fa strada anche sul territorio cinese.
In principio fu Guangzhou, con la prima fiera tenutasi dal 16 al 25 dicembre 1993, dopo mediazioni e negoziati con il Dipartimento dell’Arte del Ministero della cultura per ufficializzare l’arte
contemporanea24.
Seguirono CIGE (China International Gallery Exposition) di Pechino e la Shanghai Art
Fair, locate nelle due metropoli che costituiscono i centri nevralgici dell’economia e della cultura (economica). La massiccia presenza di sempre più numerose gallerie asiatiche e
straniere25, che espongono e rilanciano i propri artisti di punta, le riduzioni alle pesanti tasse che gravavano sull’acquisto di opere in
fiera26 e il peso acquisito dall’arte asiatica e cinese sul mercato fanno sì che le fiere siano importanti piattaforme e trampolini di lancio per
tutti gli attori della kermesse artistica, dal giovane creativo al gallerista, fino ai buyer in cerca di novità.
ShContemporary sfoggia nomi e numeri importanti: ideata e diretta da Lorenzo Rudolf (ex direttore di
Art Basel) e dal gallerista ginevrino Pierre Huber, si avvale della bolognese
Artefiera come partner istituzionale e di ben quattro case d’aste straniere come partner sponsor (le cinesi Jade e Poly, Artcurial di Parigi e Philips de Pury di New York); centotrenta gli espositori provenienti da venticinque paesi; settanta le gallerie occidentali, tra le più importanti al mondo, e asiatiche le restanti. Acclamata come lo sbarco del mercato internazionale in Cina, organizzata da un pool di esperti e magnati stranieri, questa mostramercato si è da subito imposta come l’“Evento”, un momento di svolta al culmine del vortice che ha investito l’arte cinese ed asiatica contemporanea e con essa il mercato dell’arte
tutto27. La grande novità è che, nonostante la forte impronta e la connotazione occidentale − a partire dai vertici e dal comitato organizzativo –
ShContemporary pone Oriente e Occidente sullo stesso piano; sono anzi le fisionomie orientali a farla da padrone, soddisfacendo la curiosità e i portafogli dei collezionisti (leggi:
speculatori)28. La fiera parla cinese, indiano,
tailandese, coreano e giapponese, a dimostrazione che l’arte contemporanea asiatica è la vera onda di novità e comunicazione espressiva che sta rianimando la scena artistica internazionale. Grandi i nomi cinesi presenti: su tutti Ma Liuming, Gu Dexin, He Sen, Cui Xiuwen e Yue Minjun. Proprio Yue Minjun che travolse Sotheby’s Londra lo scorso giugno e che è presente in fiera anche con opere modeste ed abbordabili per i piccoli compratori, che potranno accaparrarselo sborsando “solo” 300mila euro, un’inezia in confronto a quei quattro milioni battuti all’asta29. C’è spazio per tutti, a
ShContemporary, non solo per i grandi nomi affermati: la sezione Best of Discovery si propone infatti di esibire e far conoscere artisti ancora ignoti ai più.
Molti i compratori asiatici e cinesi che si aggirano tra gli stand fino a qualche anno fa regno dei magnati occidentali. Sembra però che il giusto riconoscimento e valore dovuti all’arte ancora non si siano affrancati da un’elite di addetti ai lavori, stentando ad affiorare tra i dealer, attratti dall’arte contemporanea come “valore”, oggetto di un mercato ricco e indisciplinato non del tutto regolamentato. Il protocapitalismo
dei nuovi ricchi si disinteressa dell’approccio culturale: se si avvicina all’arte preferisce farlo contrattando direttamente con l’artista, dopo aver utilizzato le gallerie e le fiere come vetrine, investendo nell’ombra. Il sistema dell’arte non ha ancora un gioco di ruoli definito, o meglio regolamentato e controllato. Le tante gallerie sfornano in continuazione nuovi nomi accanto a quelli ormai noti e di successo, in un turnover che appare drogato, per la tempistica frenetica di ricambio e la velocità di rivalutazione delle opere. Convivono
gomito a gomito nei fiorenti distretti artistici accanto agli artisti, che lavorano ed espongono (e vendono) privatamente nei loro studi naif e pretenziosamente
bohemien30, creando un mercato parallelo. Questo
vale certo per gli artisti minori (i grandi dell’arte sono ormai manager di se stessi o gemellati con potenti e stabili gallerie che si prendono cura di loro e dei loro interessi), ma costituisce in ogni caso una falla
nel crescente scambio di opere e capitali. Il governo, dal canto suo, sta dimostrando un crescente interesse per l’arte, dati i generosi riscontri di mercato (soprattutto straniero) e in vista delle Olimpiadi 2008 che,
si sa, è bene siano accompagnate da una dignitosa cornice culturale. Il budget annuale governativo destinato alle risorse culturali si gonfia quindi di anno in anno, andando ad ingrassare anche le risorse a disposizione delle fiere e degli eventi ad esse
correlati31.
Cresciuta con numeri record in poco meno di un decennio, l’arte cinese contemporanea suscita gli elogi e i riconoscimenti di molti, ma provoca anche le perplessità e le critiche di
alcuni32. Al crescente e strabiliante successo, infatti, fanno da contraltare una sfrenata commercializzazione e conseguente banalizzazione della produzione, uno scadimento dell’arte in business ed un declino della creatività artistica, laddove i nomi del jetset (ex)avanguardista ancora cavalcano l’onda delle opere che li hanno portati alla ribalta. Si trovano quindi a giocare sulle varianti dei loro lavori rappresentativi, perdendo però il mordente critico e rivoluzionario degli albori. È il caso di Wang Guangyi e della sua serie
political-pop33
Grande Critica, o della Bloodline Serie di Zhang Xiaogang34, per citare solo i più quotati sul mercato. Il dubbio serpeggiante è che si tratti solo di una bolla passeggera e di breve durata, di una moda commerciale e speculativa che rimanderà presto gli artisti cinesi in un angolo di oblio e non produttività, a occhieggiare nei salotti degli investitori o sui muri dei musei. Oggi è il nome dell’artista o della galleria che lo rappresenta, prima ancora delle opere che propone, a far triplicare e schizzare a livelli astronomici le quotazioni di mercato. Sono poi le case d’aste, soprattutto quelle locali, a condurre le battute e a vedere la propria posizione di potere crescere
di importanza e autorità, e conseguentemente di numero: nella sola Pechino lo scorso anno sono entrate in attività ben cinquanta nuove sedi. È però presto per dettare le sorti di un fenomeno che sta ancora
sbocciando e, nonostante le grigie previsioni dei catastrofisti scettici, continua a raccogliere più successi e consensi che fallimenti.
MONDO CINESE N. 132, LUGLIO -
SETTEMBRE 2007
Note
1
Si veda <www.chinadaily.com.cn/entertainment/2007-05/28/content_881967.htm>
. Si veda anche www.sothebys.com .
2 Si veda W. Hanbury-Tenison, “The Chinese Market comes of age”, in <www.worldaa.com/article.cfm?article=90>
, consultato il 5.9.2007..
3 Si veda <www.arteconomy24.ilsole24ore.com/news>
, consultato il 4.9.2007.
4 Ibid.A.
5 L’opera rappresenta una caricatura irriverente di un fantomatico Santo Padre in mantellina e mutande nere, nelle sembianze di un uomo dal sorriso largo e sguaiato, il personaggio-simbolo dell’artista..
6 Oltre al sovracitato <www.arteconomy24.ilsole24ore.com>
, è utile ed interessante in merito la consultazione dei siti <www.ilgiornaledellarte.com>
e <www.artnet.com> , per un costante e aggiornato monitoraggio dell’andamento del mercato
artistico. Si segnalano anche <www.artzinechina.com>, <www.asianartnews.com>
, <www.cnarts.net> e i siti delle case d’asta Sotheby’s e Christie’s..
7 Su tutti, il pioniere e il mentore del settore, Uli Sigg, in passato ambasciatore svizzero in Cina, con una smodata passione e un lungimirante interesse per l’arte contemporanea cinese, di cui oggi può vantare una collezione che supera i millecinquecento pezzi.
Si veda <www.worldsecuritynetwork.com/showArticle3.cfm>
, consultato il 10.9.2007..
8 È il caso di Howard-Sneyd, capo della sezione di arte asiatica per Sotheby’s che, riferito al boom dell’arte contemporanea, afferma sconsolato: «È venuto fuori dal nulla». Si veda <www.worldsecuritynetwork.com/showArticle3.cfm>
, consultato il 10.9.2007.
9 C. Fabbri, “Il mercato artistico cinese”, in Artfact.net (<www.artfacts.net/index.php/pageType/newsInfo/newsID/2434/lang/6>
), consultato il 4.9.2007..
10 Legata e connessa con la burocrazia culturale, non quindi svincolata dai controlli governativi. Si veda <www.hanhai.net>
, sito in cinese..
11 Conosciuta anche come Jade. (<www.cguardian.com/en>
)..
12 Inaugurata ed attiva dal 1994. Per un elenco delle maggiori case d’asta si consulti il sito
www.artnet.com/AuctionhouseDirectory/index.aspx
13 Il mercato d’arte cinese classica è tra i più ricchi e ambiti del settore, ma è anche da sempre minacciato dallo spettro delle imitazioni. Le grandi case d’aste hanno cercato di aggirare e arginare il problema agendo sul territorio di Hong Kong ma non autorizzando
preview (presentazioni in anteprima) dei lotti in altre città cinesi. In passato, anche il giro di capitali era gestito preferibilmente al di fuori dei confini cinesi, o nella ricca e protetta Hong Kong, mentre oggi le nuove elite muovono affari agevolmente e − quasi − serenamente sul continente. Limitando gli spostamenti delle opere sul territorio, evitando che passassero per troppe mani e sotto innumerevoli occhi, si è cercato di aggirare il problema delle riproduzioni di copie false, mentre la gestione di capitali in zone speciali o protette ha salvaguardato gli affari da possibili truffe o raggiri a scopo speculativo.
14 Candidatasi nel 1986, la Cina entrò ufficialmente nell’Organizzazione mondiale del commercio (World trade organization) a Doha il 10 novembre 2001. Una svolta economica e politica, che ha comportato implicazioni su diversi piani, tra cui quello artistico, in merito a regolamentazioni di scambio e libertà di commercio. Il discorso etico non è escluso dalla rosa delle questioni sul tavolo, oggi di calda attualità in vista delle Olimpiadi del 2008 e della censura che pesa ancora sull’attività di giornalisti e reporter. L’arte non è estranea al velo governativo del silenzio, che si è più volte abbattuto sulle opere contemporanee. Ultima, in ordine di tempo, l’opera censurata del sudafricano Kendell Geers, che partecipa a
ShContemporary 07 (la recente esposizione-mercato tenutasi a Shanghai nel settembre 2007) con una cassa di legno sigillata da una stella rossa: i numerosi
fuck che rivestono la sua statua del Buddha sono stati bloccati dal controllo delle autorità. Sono sfuggiti, questa volta, alla censura imposta dal governo i Gao Brothers, non nuovi agli scontri con l’authority, che sono riusciti a portare di nascosto da Parigi a Parma
Miss Mao, in occasione di Mai dire Mao. Servire il Pop (Parma, 22-30 settembre 2007). Si tratta di una scultura dissacratoria che stravolge e irride la figura di Mao Zedong e che ha, ovviamente, indispettito le autorità politiche..
15 Tra le prime citiamo la Red Gate di Beijing e Shanghart a Shanghai di Lorenz Helbling, oggi istituzioni del mondo dell’arte cinese contemporanea, entrambe frutto delle − fortunate − visioni anticipatorie dei titolari (tutti stranieri). Le antesignane restano oggi i luoghi dell’arte cinese urbana, cui aggiungiamo la sino-italiana Biz- Art e la Eastlink di Shanghai, Marella Gallery, Galleria Continua e 798 Space di Beijing, tra le moltissime nate negli ultimi anni, soprattutto in seno ai distretti artistici di Beijing (798 Factory) e Shanghai (Moganshan Art District). Il fenomeno delle Art Factory, come la Fabbrica 798 di Beijing e Moganshan di Shanghai, nasce
alla fine degli anni ’90 e vede la luce (aurea del denaro) nei primi anni di questo secolo. Si tratta in entrambi i casi di aree industriali dismesse, occupate e riqualificate dagli artisti che vi stabilirono i propri studi, seguiti a ruota da gallerie nazionali ed internazionali e, sulla scia del successo e della popolarità crescenti, da negozi di moda e locali d’intrattenimento, nonché da librerie d’arte. Nate come
esperienze artistiche alternative, underground e agli albori invise al governo municipale, oggi tanto la 789 quanto Moganshan sono piccoli gioielli coccolati dalle autorità e dal jetset culturale e speculativo, anche se si millanta una persistente aura di contro-cultura alternativa, in realtà nella maggior parte dei casi solo un lontano e romantico ricordo degli inizi. La storia della 798 Factory è narrata
da protagonisti e commentatori in Huang Rui (a cura di), Beijing 798: Reflections on Art, Architecture and Society in
China. Beijing, Timezone8, 2004. Le vicende dell’arte underground di Shanghai sono invece rievocate in Han Bing,
Dong fang de saina zuo an (La riva sinistra della Senna d’Oriente), Shanghai, Shanghai Guxiang Chubanshe, 2004..
16 Nel 2004 Christie’s e Sotheby’s hanno venduto arte asiatica per 22 milioni di dollari; 190 i milioni raccolti invece nel 2006, con una preponderanza di opere cinesi e battute record a New York, Londra e Hong Kong..
17 Si veda www.shareholder.com/bid/downloads/news/20060404
, consultato il 15.9.2007.
18 È il caso, per esempio, di Gao Yu, classe 1981, che ha preso parte, tra le altre, all’ultima battuta d’asta di Sotheby’s Hong Kong dedicata all’arte cinese contemporanea. Il 7 ottobre 2007 infatti, compreso in un lotto che si fregiava delle opere di grandi nomi dell’arte, il suo
Globefish in a fool’s paradise (2005) è stato aggiudicato per ben 199,500 HK$ (25,715 US$). Si veda
www.artnet.com ..
19 Il lungo dipinto ad olio, ben dieci metri di tela, ritrae undici personaggi tra cui tre bambini. Il dramma ambientale e sociale è rappresentato con la violenza dell’impatto della distruzione, che ha lasciato i segni sui volti dei malcapitati protagonisti..
20 Si veda www.chinaartworks.com/feature/wen26.shtml
..
21 Il massacro di Piazza Tian’anmen fu il sanguinoso punto d’arresto dei fermenti intellettuali e democratici che si opponevano al regime, soprattutto in ambito accademico ed artistico..
22 Una buona e completa panoramica dei movimenti e degli stili artistici tra gli anni ’70 e ’80, base e fondamento dell’arte cinese contemporanea, viene tracciata da Martina Koppel-Yang in Koppel-Yang,
Semiotic Warfare. The Chinese Avant-Garde 1979-89 a Semiotic Analysis, Beijing, Timezone8, 2002..
23 Parteciparono al movimento e alle comuni artsitiche quelli che abbiamo indicato come i nuovi divi dell’arte: Wang Guangyi, Fang Lijun, Yue Minjun, Zhang Huan e molti altri..
24 B. Leanza, “New Confrontations”, in NYartsmagazine.com www.nyartsmagazine.com/index.php?option=com_content&task=view&id=2281&Itemid=25
e “Forms v/s Structure: The Art Question and China” in Ibid. www.nyartsmagazine.com/index.php?option=com_content&task=view&id=2282&Itemid=25
,consultati il 28.8.2007..
25 Le gallerie italiane non fanno eccezione. La prima ad interessarsi di arte cinese fu Marella Gallery di Milano, che precorrendo i tempi fu anche tra i primi occupanti dell’oggi prestigioso distretto 798, a Beijing. Marella propone artisti cinesi ed è tra le voci più accreditate del mondo dell’arte. Da ricordare anche il progetto della Galleria Continua di San Gimignano (anch’essa alla 798), che ha invece come missione il lancio di artisti italiani e occidentali in genere in Cina. A dimostrazione del successo dell’arte cinese contemporanea nel contesto locale, la presenza di ben tre esposizioni di artisti cinesi nell’ambito della manifestazione organizzata
da Start-Milano (associazione di trentuno gallerie milanesi), Guida all’Arte Contemporanea (5 settembre – novembre 2007,
www.start-mi.net ). In questa occasione Marella propone Liu Ding con
The Ruine of the Pleasure, Paolo Curti/ AnnamariaGambuzzi & Co. presentano Zheng Zaidong e
Pursue Pleasure while Catching Spring, mentre il celebre Yan Peiming è alla Galleria Massimo De Carlo, sempre a Milano, con
The Yan Pei-Ming Show. Featuring Piotr Uklanski, Maurizio Cattelan, Bruce Lee, Huang Yongping. .
26 Il mercato delle opere d’arte è stato vessato da pesanti tasse che hanno inibito le compravendite fino al 2004 quando, nel contesto di
CIGE Beijing, è stato operato un netto taglio per incentivare gli scambi. Si sarebbe passati al 19% di tassazione, contro il 50% registrato nel 1993..
27 Fonte: www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/arte/grubrica.asp?ID
, consultato il 22.9.2007..
28 L’ascesa del mercato dell’arte orientale ha attirato gli investimenti di numerosi speculatori, affascinati dalla rapida rivalutazione delle opere recenti. L’acquisto di opere d’arte è oggi, soprattutto nell’ambiente cinese dei nuovi ricchi, frutto di un calcolo economico piuttosto che dettato dal gusto. È importante porre all’attenzione l’emergente fenomeno del mercato interno dell’arte, che è esploso tra il 2003 ed il 2005. Le opere degli artisti amati ed acclamati dai compratori stranieri a partire dagli anni ’90, hanno richiamato negli ultimi anni l’interesse del pubblico cinese. Si tratta principalmente di un interesse economico, una nuova forma di investimento, “chi fino a poco tempo fa investiva nell’immobile oggi investe nell’arte” (da un’intervista rilasciata da Yue Minjun per la rivista
Shenghuo zhoukan, n. 26, 2006, p. 32). Non quindi collezionisti, le cui scelte si basano sul piacere estetico, ma investitori che si fanno guidare dalle analisi di mercato nella selezione delle opere e degli artisti, un mercato che ha visto le opere rivalutarsi anche di dieci volte il valore iniziale
(ibid.)..
29 Si veda <www.arteconomy24.ilsole24ore.com>
..
30 Curioso l’appellativo coniato per questa generazione di artisti e giovani creativi della nuova Cina: BoBo, i bohemien borghesi. La definizione è stata mutuata da un articolo del New York Times
(I Bobo del Paradiso – l’emergere della creme della nuova società). Nell’articolo si attribuiscono ai
Bobo due caratteristiche principali: da un lato sono la creme della società, persone di successo, dall’altro lato anelano alla libertà e sono irrefrenabili vagabondi. Si riconoscono nei borghesi capitalisti e reclamano la libertà e l’emancipazione della Boemia. Tengono in grande considerazione l’individualità, l’espressione del sé e l’apertura, sono attratti da una mescolanza di valori bohemien e comfort molto più borghesi, sono la “classe creativa” che ama “Prada e l’underground punk rock. Frequentano Starbucks e le esibizioni d’arte in spazi occupati”, come afferma Huang Rui
(Beijing 798, op.cit., p. 51)..
31 Si veda la precedente nota n. 24..
32 Le case d’aste “vendono arte come la gente vende spazzatura. Non educano il pubblico né aiutano lo sviluppo degli artisti. Molti di loro non sanno niente di arte”. Queste le parole di Weng Ling, direttore della
Shanghai Gallery of Art (<www.worldsecuritynetwork.com/showArticle3.cfm>)
che, come molti uomini dell’arte guarda con sospetto, più spesso con disprezzo, al mercato scatenatosi nelle fiere e case d’aste intorno all’arte cinese contemporanea. .
33 Il Political Pop fu uno dei maggiori movimenti artistici sviluppatisi in seguito ai fatti di Piazza Tian’anmen ed alla chiusura dell’esibizione
China/Avant-Garde alla China National Gallery, tenutasi a Pechino nel 1989. La caratteristica innovativa del movimento risiede nella combinazione di immagini dell’iconografia della propaganda maoista, Pop art ed immagini pubblicitarie. La serie
Great Criticism di Wang Guangyi sovrappone i poster di propaganda della rivoluzione culturale con i nomi di famosi marchi di largo consumo occidentali. .
34 Una quasi innumerevole serie di ritratti che, prendendo spunto dall’estetica ritrattistica ufficiale di regime, restituiscono personaggi eterei, fissi e vacui come i loro sguardi..
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