Nato originariamente come magazzino portuale, il Fondaco Marcello si affaccia sul Canal Grande, poco distante da Palazzo Grassi, e costituisce l’affascinante contesto espositivo della mostra “Vision
Féminine, sei artiste cinesi a Venezia” (21
aprile -
13 maggio 2007). La mostra, curata da Xiao Ge, Paolo De Grandis, Fiorella Minervino e Vincenzo Sanfo, presenta le opere di sei artiste cinesi, cresciute nella provincia del Zhejiang e
tutte provenienti dall’Accademia cinese di belle arti: Li Xiuqin, Shi Hui, Chen Haiyan, Zhou Qing, Wei Xinyan e Li
Guoyi.
Le trentotto opere esposte si muovono all’interno della tradizione autoctona, mostrando tuttavia un’apertura verso influenze internazionali e servendosi oltre che dei mezzi classici della produzione artistica, come pittura
e scultura, anche dell’installazione e del collage.
Le prime opere che si incontrano nel percorso espositivo, sono sei tele di Wei Xinyan, pitture a olio dal titolo
La fioritura e l’appassimento. Il tema del paesaggio, ricorrente nella tradizione pittorica cinese, è qui affrontato in
chiave impressionista. Il segno è rapido e leggero, l’olio è usato come un acquarello e la luce e i colori si alternano in un gioco di trasparenze delicate. Il tema della caducità di tutte le cose vive malinconico nella sequenza dei colori scelti: verdi e rossi dorati lasciano via via spazio alle terre d’ombra.
Oggetto di culto della tradizione cinese antica, risalente al 3000 a.C., il ventaglio fu usato da ogni ceto sociale. Esso era decorato da disegni, colori e forme particolari convenienti al ceto di appartenenza o alla professione e
veniva trasmesso di generazione in generazione. Uno dei due tipi di ventaglio era il
tuan shan, ventaglio rotondo fisso. Decorato con calligrafie di vario genere, esso è qui protagonista delle opere di Shi Hui.
Coperti da una rete di ferro galvanizzato, carta di riso e pasta, i ventagli hanno l’insolita dimensione di 80 x 60 centimetri. L’artista si muove sul doppio filo dell’arte povera e del minimalismo. Da un lato, la scelta dei materiali grezzi, spesso di recupero e talvolta deperibili manifesta l’attenzione versouna semplicità di contenuti formali a favore di una riflessione concettuale della creazione artistica; dall’altro l’oggetto “ventaglio”, spogliato delle proprie caratteristiche usuali e spostato in un altro contesto, si presenta come possibilità pura di forma, come espressione libera di un pensiero.
Il fascino dello “spostamento” e dell’equivoco coinvolge anche il lavoro di Li Xiuqin. L’artista si serve soprattutto di legno di bambù, originariamente associato all’amicizia, alla longevità e alla saggezza, per ricreare spazi del mondo tradizionale, come il salotto del tè qui presentato. Il titolo
Chat suggerisce il contenuto di ciò che noi non vediamo ma percepiamo, potendo interagire personalmente con la scenografia proposta.
Radicate esplicitamente nella tradizione calligrafica cinese sono le pitture all’inchiostro di china di Li Guoyi; esse si legano anche alle scenografie seicentesche di Li Tang. Le atmosfere ruotano intorno al tema della notte
e della luce lunare (In notte profonda, la luna è vicina alla persona) rese attraverso il sapiente uso di toni argentei. Gli unici protagonisti, quasi personificazioni di poeti antichi, sono i cormorani, silenziose macchie nere
sullo sfondo.
I quadri di piccole dimensioni di Zhou Qing ripercorrono la storia dell’arte internazionale attraverso la citazione di paesaggi appartenuti ai grandi maestri. Da
Il giardino di Manet semplice e colorato
panorama fluviale, alle gialle distese di Arles de Il campo di grano di Van
Gogh, i paesaggi europei raffigurati sono un intenso omaggio alle personalità del passato, forse l’intimo riguardo che un’allieva cresciuta in un più lontano e diverso paese porge ai suoi idoli.
D’ispirazione espressionista sono invece le nove grandi litografie di Chen Haiyan, artista specializzata nelle tecniche di stampa. Colori cruenti e accesi fanno da sfondo a raffigurazioni oniriche a loro volta accompagnate da una narrazione scritta dell’evento. I sogni sono spesso incubi in cui il protagonista è intrappolato in vie senza uscita o sentieri senza luce. E l’impatto è violento e cupo. La scelta iconografica fa riferimento a Chagall, al quale per altro l’artista ha dedicato un intero libro, con le proprie rivisitazioni della serie dei sogni del maestro bielorusso.
L’estetica delle opere in mostra è ancora legata a una tradizione accademica, dove i linguaggi consolidati non sono stati ancora del tutto messi in discussione. Ciò sottolinea il fatto che nei centri metropolitani la sperimentazione artistica ha raggiunto vertici inaspettati ma circoscritti, mentre la provincia è infatti ancora in una fase di emancipazione. Tuttavia la produzione di opere da parte di un crescente numero di donne conferma
quel fenomeno di “sofficizzazione” e “femminizzazione”7, dell’intero apparato produttivo-progettuale del campo artistico, già in atto nei centri dell’avanguardia cinese. E lascia ben sperare per un radioso futuro di talenti,
finalmente liberi di esprimere la propria ricerca.
MONDO CINESE N. 131, APRILE-GIUGNO
2007