1. Il successo dei Wenzhouiesi come conseguenza di mutamenti politico-sociali
Da sempre uno dei popoli più dinamici della Cina meridionale,
i Wenzhouiesi vanno ricordati tra coloro che hanno dato vita
in Occidente ad una diaspora di dimensioni non indifferenti:
tra i circa 33 milioni di cinesi sparsi nel mondo i Wenzhouiesi godono
di una certa popolarità. La loro fama di intraprendenti ed instancabili
laoban (proprietari d’impresa) ha oltrepassato ormai i confini nazionali
per giungere in paesi di tutto il mondo.
Numerosi fattori sono stati rilevanti nella corsa verso il
successo dei Wenzhouiesi. Non solo la provenienza da una nota
zona portuale della provincia del Zhejiang, caratterizzata da un
clima mite ed infinite ricchezze naturali ma anche una serie di
cambiamenti storici e politici hanno dato il loro contributo alla
fortuna dei migranti wenzhouiesi. Il primo vero incentivo sono
state le riforme migratorie promosse nel corso degli anni ’80 in
Cina da Deng Xiaoping. In quel periodo lasciare la madrepatria non
costituiva più un atto controrivoluzionario, anzi le partenze all’estero
venivano incoraggiate. L’apertura verso l’esterno era lo slogan di
quegli anni ed i huaqiao (cinesi residenti all’estero), riconosciuti
come gruppo nella Costituzione del 19821, diventavano l’anello di
unione tra la Cina ed il mondo. Nel 1984 ben quattordici porti, tra
cui quello di Wenzhou, venivano aperti agli investimenti stranieri
ed al commercio internazionale prendendo il nome collettivo di
Città Costiere Aperte. Un anno più tardi la legislazione nazionale
permetteva la partenza all’estero alle persone in possesso di un
passaporto e di un invito. Ed ecco che, nel giro di dieci anni a
partire dal 1984, solo nella municipalità di Wenzhou venivano
rilasciati circa 71.000 passaporti2.
Anche i paesi occidentali emanarono delle leggi che favorirono
l’afflusso di cittadini cinesi in Europa. Già tra gli anni ’60 e ’70 ci
furono dei paesi dell’Europa occidentale che adottarono politiche
migratorie meno intransigenti. Dopo il 1964 il governo francese ad
esempio instaurò nuovi rapporti diplomatici con la Cina3. In fondo
proprio la Repubblica francese è stata il primo paese europeo ad
accogliere grandi ondate di migranti provenienti dalla Cina che
vi crearono ben cinque focolai d’insediamento. I Wenzhouiesi
occupano il quartiere della Rue du Temple, nel terzo arrondissement,
i cui prodotti svolgono un ruolo fondamentale nel commercio degli
oggetti ricordo nella metropolitana di Parigi.
Interessante è il caso della Spagna seppure sia un paese
d’immigrazione solo a partrire dagli anni ’80. In particolare nel
1991, la penisola iberica ha visto l’approvazione della legge sulla
regolarizzazione degli immigrati con esito positivo soprattutto
per i cittadini cinesi. Fra gli asiatici, i cinesi sono stati il gruppo
che ha maggiormente fruito delle possibilità di regolarizzazione:
essi infatti, entro il 1991, hanno presentato 6.926 richieste di
regolarizzazione, di cui 4.061 sono state accolte e 2.865 sono state
respinte. In consequenza dei procedimenti di regolarizzazione
attuati a partire dal 1991 e negli anni successivi, la comunità cinese
in Spagna passa da circa 1.600 unità nel 1990 a circa 8.600 unità
nel 19934. Il trattamento preferenziale nei confronti dei cinesi al
tempo delle regolarizzazioni fu dovuto alle relazioni commerciali
stabilite tra la Spagna e la Repubblica popolare cinese sin dal 19735.
Anche la crescita economica e l’ingresso della Spagna nell’Unione
Europea alimentarono l’affluire di migranti verso il suo territorio.
D’altronde la Spagna non ostacola l’immigrazione anche perché dai
dati risulta che nel 2050 diventerà il paese del mondo più afflitto
dall’invecchiamento demografico con una popolazione dall’età
media di 55 anni.
Anche l’Italia iniziò ad interessarsi al fenomeno migratorio dal
punto di vista legislativo relativamente tardi. Il 1986 è stato l’anno in
cui venne introdotta la prima sanatoria, normativa sull’immigrazione
che dava l’opportunità agli immigrati di ottenere un lavoro regolare
e il permesso di soggiorno. Da allora in poi ne sono state approvate
altre nel 1990, 1995, 1998 e la più recente nel 20026. Queste leggi
da un lato permisero la regolarizzazione dei cittadini stranieri
residenti sul suolo italiano, dall’altro lato attirarono in Italia flussi
di emigrati in condizioni di irregolarità in altri paesi tra cui Francia,
Gran Bretagna, Olanda.
In Italia lo sviluppo delle attività cinesi è stato inoltre favorito da
un particolare modello economico adottato nella penisola. Con la
decentralizzazione produttiva, infatti, è prevalso nel paese il modello
delle piccole e piccolissime imprese, dinamiche e flessibili, spesso
concentrate in distretti industriali con specializzazione produttiva
locale7.
Nonostante ciò per molto tempo i cinesi hanno costituito una
presenza silenziosa in Italia e non solo a causa della loro natura
che può apparire schiva e restìa ad integrarsi a pieno nella società
d’arrivo. È vero che molti cinesi si isolano, instaurando rapporti
di amicizia soprattutto con i connazionali ma altri fattori li hanno
spesso portati ad estraniarsi. I cinesi hanno subito segregazioni
sistematiche e la spinta all’isolamento è venuta dall’esterno”,
spiega Fabio Perrocco, docente di sociologia dell’immigrazione
all’Università di Venezia8.
I motivi di queste segregazioni sono molteplici. In passato
in Italia l’invisibilità dei cinesi è stata molto utile allo sviluppo
dell’imprenditoria italiana. Ma l’emanazione nel 1998 della legge
40, che dava la possibilità a tutti gli immigrati di aprire un’attività
in proprio, ha rappresentato una svolta per gli imprenditori asiatici
incoraggiando la proliferazione di attività indipendenti cinesi sul
suolo italiano9.
2. I villaggi di Wenzhou: gli insediamenti economici
I cosidetti Wenzhoucun (i villaggi di Wenzhou) sono sparsi ormai
in ogni parte del globo. Inizialmente i Wenzhouiesi crearono una
vasta rete di comunità in Cina. Tra le più importanti, vi è quella di
Pechino, situata nella zona delle ambasciate dove la via Yaoba è
rinomata per la grande varietà di prodotti wenzhouiesi in vendita
nei negozi che la costeggiano.
Anche Shanghai è caratterizzata da una forte presenza dei
cosidetti nuovi ricchi, molti provenienti da Wenzhou, che hanno
ormai monopolizzato il mercato immobiliare della metropoli.
Secondo una recente indagine condotta da un giornale locale, il
51% dei Wenzhouiesi hanno indicato Shanghai come la destinazione
favorita per gli investimenti in proprietà, mentre il 27% ha preferito
stabilirsi a Pechino e Hangzhou. Circa un miliardo di yuan sono
stati investiti nel mercato immobiliare di Shanghai10.
Ai tempi della Prima Guerra Mondiale, i Wenzhouiesi iniziarono
a spostarsi verso l’Europa seppure per lavorare nell’industria
militare o sui fronti di battaglia. Sul vecchio continente i nuclei
originari comparvero in Francia e, a conflitto finito, si estesero ad
altri paesi europei. Lasciare l’Europa, ovvero “la scacchiera delle
opportunità”11 , era impensabile per chi aveva attraversato tutto il
continente asiatico in cerca di fortuna. Così alcuni continuarono
a spostarsi lungo le caselle della scacchiera per fermarsi in luoghi
più convenienti, altri volsero lo sguardo verso l’America. Tra il
1920 e il 1930 i cinesi provenienti dal Zhejiang presenti in Europa
raggiungeranno il numero di circa 10.000 persone, con 3.000 di
loro presenti in Francia, oltre un migliaio stanziati rispettivamente
in Olanda, Austria e Italia, trecento in Belgio e Spagna e duecento
in Portogallo12.
Sono molte le caratteristiche che accomunano le suddette
comunità. Generalmente sono radicate in grandi centri urbani come
Parigi, Madrid, Barcellona, Milano, Roma. Le città più piccole servono
invece da tappe intermedie nella lunga corsa verso il successo. Ciò
che denota gli insediamenti wenzhouiesi è il fattore economicocommerciale.
Una volta giunti in paesi stranieri, la maggior parte
dei Wenzhouiesi segue un percorso analogo. Jin Hui nel libro “Kepa
de Wenzhouren” (I temibili wenzhouiesi) definisce l’economia dei
Wenzhouiesi come gongfa zhijing ovvero “economia d’assedio
e di abbattimento”. Secondo l’autore cinese le caratteristiche
dell’economia dei Wenzhouiesi consistono nel concentrare la “forza
militare” (bingli) sull’assedio di un “castello” (chengbao); quindi
dalla città natale trasferirvi dei “soldati” (bingyong) che desiderano
impegnarsi nel settore economico-commerciale; in seguito costruire
una base e difenderla. Abbandonarla solo se in declino, altrimenti
non ritirarsi assolutamente.
Dunque il corso naturale dell’ascesa sociale dei Wenzhouiesi
appare frazionato in alcune tappe fondamentali strettamente
connesse al settore primario. I primi migranti, arrivati in paesi lontani
incontravano numerose difficoltà tra cui l’isolamento linguistico
e per questo le loro scelte lavorative ricadevano sui mestieri
più umili come parrucchieri, calzolai, sarti o più semplicemente
venditori ambulanti. Ma non appena scoprivano che il posto in
cui si erano stabiliti era adatto alle attività commerciali, aprivano
immediatamente nuovi mercati o centri di distribuzione di prodotti.
Se gli affari andavano bene reclutavano i famigliari e gli amici
perché venissero ad aiutarli nello sviluppo delle loro attività per
poi crearne delle proprie.
3. Le aspirazioni personali e il “modello di Wenzhou”
La fondazione di una propria impresa, piccola o media, è
questo l’obiettivo a cui mira la maggior parte dei Wenzhouiesi in
modo da svincolarsi dal lavoro dipendente. Del resto questo non
sorprende affatto visto che la città da cui provengono è considerata
il luogo della libera impresa per eccellenza della Cina odierna.
L’economista Zhong Pengrong ha estrapolato da questo contesto i
sei “ogni famiglia” (jiajia huhu) che si potrebbero definire come
regole di vita dei Wenzhouiesi: “ogni famiglia ha dei progetti, ogni
famiglia studia l’amministrazione, ogni famiglia fa circolare dei
fondi, ogni famiglia si interessa al mercato, ogni famiglia rischia e
di conseguenza in ogni famglia ci sono degli imprenditori”13 . Non
a caso a governare sovrano in questa zona del paese è il cosidetto
“modello di Wenzhou”.
Secondo quanto afferma il famoso economista Du Rusheng14,
le prime forme del “modello di Wenzhou” sarebbero comparse
nel settore primario del distretto di Yongjia a Wenzhou15. Solo
più tardi si consolidarono in tutta Wenzhou e da qui si diffusero
successivamente all’intera provincia del Zhejiang, successivamente
in tutto il paese ed infine nel mondo. In Cina gli emigrati da
Wenzhou stabilitisi, ad esempio, a Pechino, hanno costituito piccole
aziende private specializzate nel settore delle confezioni e dei
bottoni, che hanno impiegato molta manodopera rurale: le persone
sono spesso legate da rapporti familiari o dal luogo di provenienza.
In questo modo il nucleo iniziale si è sviluppato con l’arrivo di altri
compaesani, è stato imitato da altri ed ha portato alla formazione
di un “modello di Wenzhou”. Tale organizzazione ha portato alla
nascita e moltiplicazione di “villaggi del Zhejiang in Cina”16.
Il primo a scoprire il significato d’importanza storica del ‘modello
di Wenzhou’ è stato il famoso sociologo Fei Xiaotong17 che lo ha
definito con l’espressione “xiao shangpin, da shichang” ovvero
“piccoli prodotti, grande mercato”. Infatti la città di Wenzhou è
famosa soprattutto per la sua industria leggera i cui prodotti sono
periodicamente promossi tramite Fiere Campionarie alle quali
prendono parte visitatori cinesi e stranieri.
4. Il “modello di Wenzhou” come espressione dell’indole di un popolo
Le origini del “modello di Wenzhou” si possono ricondurre anche
alla particolare indole dei Wenzhouiesi. Da numerose testimonianze
risulta che i Wenzhouiesi siano dotati di una innata propensione al
commercio. Si tratta per lo più di persone che non hanno concluso
quasi mai il percorso di formazione scolastica. Nella maggior
parte dei casi infatti l’educazione non ha mai costituito un fattore
importante nella loro crescita. I Wenzhouiesi sin da piccoli sono
incoraggiati a farsi strada nel mondo e l’esperienza diventa la loro
maestra di vita.
Probabilmente proprio per questo, dovunque vadano e qualunque
cosa facciano, riescono sempre ad intravvedere delle opportunità
vantaggiose al guadagno. Secondo un detto famoso in tutta Wenzhou
come del soldato che non vuole diventare maresciallo si dice che
non sia un buon soldato, così di un Wenzhouiese che non desidera
essere laoban si dice che non sia un buon Wenzhouiese.
A Wenzhou tutti, bambini ed adulti, osano pensare e sperimentare
qualsiasi cosa pur di arrivare al successo. Persino le vecchiette
intraprendono la via del mercato. Molti furono i casi di donne
anziane partite da Wenzhou per recarsi in altre aree della Cina
senza conoscere il putonghua, ossia la lingua ufficiale. L’unico
loro aiuto: dei foglietti di carta con su scritte frasi semplici relative
alla loro provenienza e a ciò che avrebbero voluto fare. Molte di
loro sono riuscite a diventare ricchissime. Dunque a Wenzhou non
solo gli uomini ma anche molte donne riscuotono grande successo
nel campo dell’imprenditoria. Le donne wenzhouiesi vogliono,
infatti, affermarsi alla pari degli uomini. La maggior parte di negozi
d’abbigliamento, pasticcerie, bancarelle alimentari che colorano le
strade di Wenzhou sono condotte dalle donne.
Nel raggiungere il benessere economico un Wenzhouiese
percorrerà numerose vie, escogiterà innumerevoli soluzioni ai
problemi che incontrerà sulla sua strada. È questo il famoso chi
ku ovvero “mangiare l’amaro”, una peculiare caratteristica che
permette ai Wenzhouiesi di affrontare le difficoltà con il sorriso
sulle labbra e tenacia.
Zhou Xingzeng, uno degli imprenditori wenzhouiesi che hanno
contribuito alla costruzione dell’Università Jianqiao di Shanghai, ha
detto dei Wenzhouiesi: “la loro capacità di sopravvivere è molto
grande e non importa se l’ambiente circostante non sia dei migliori
perchè come l’erba selvatica loro raggiungeranno i raggi del sole
e la pioggia”18.
Dire che un Wenzhouiese non sprecherà nemmeno un’opportunità
offertagli dal mondo circostante acquista allora un significato. Per
arrivare al fine che si propone egli sfoggerà qualsiasi arma in suo
possesso. Nel proporre le proprie idee sfrutterà la schiettezza e
una loquacità che potrebbe apparire irrefrenabile all’ascoltatore.
Non a caso si dice dei Wenzhouiesi zuiba tu huo ovvero “bocca
sputa fuoco”. Nel trattare gli affari questo modo di esprimersi,
che non esclude battute e scambio di opinioni, è accompagnato
sempre da un’estrema gentilezza ed ospitalità, qualità che hanno
fatto guadagnare ai Wenzhouiesi non pochi amici e collaboratori
influenti nei loro affari.
5. L’importanza delle relazioni sociali (guanxi)...
É fondamentale ricordare quanto i Wenzhouiesi tengano ad
estendere le proprie amicizie in modo da creare una vasta rete di
conoscenze e relazioni privilegiate, i cosidetti guanxi. Basti pensare
che la maggior parte dei Wenzhouiesi svolge qualsiasi lavoro secondo
un modello di unione collettiva. Questo modello comporta in linea
di massima l’impegno a fare del proprio meglio per il bene della
società per la quale si lavora tentando di non appesantire la giornata
lavorativa di parenti ed amici. Esempi tipici sono l’artigianato e le
fabbriche a conduzione familiare dove i legami di sangue e non
solo sono da sempre la forza motrice delle attività. Così mentre
si tesse, si cuce, si confezionano i prodotti quali scarpe, occhiali,
bottoni o piccoli macchinari elettrici si chiacchiera e si scherza sulle
vicende familiari e del vicinato. All’ora dei pasti molti abbandonano
le postazioni per sedersi intorno ad un tavolo situato nella cucina
sul retro. L’ideogramma “chi” ovvero “mangiare” è uno dei più
adatti ad esprimere il carattere collettivo della cultura territoriale
di Wenzhou. Per alimentare la rete di relazioni interpersonali ogni
mese una famiglia wenzhouiese spende più di diecimila yuan19,
pari a più di mille euro, tra cene ed altre occasioni di ritrovo con
i parenti come anche con gli amici. D’altronde è grazie a questo
spiccato spirito comunitario che molti Wenzhouiesi sono riusciti a
raggiungere i paesi di tutto il mondo nel corso degli anni.
6. … e del giudizio degli altri
Nell’area di Wenzhou i laoban sono considerati come degli
eroi e più sono ricchi più vengono ammirati dai compaesani.
L’ostentazione della ricchezza accumulata vivendo all’estero diventa
l’espediente indispensabile per migliorare lo status sociale proprio e
di tutti i componenti della famiglia. Così, una volta rientrati in patria,
indossando vestiti di marca e accessori di prima qualità, gli emigrati
si cimentano nella costruzione di case e tombe imponenti.
Oggigiorno, nei sobborghi e nella campagna di Wenzhou, si
possono intravedere case spaziose e grandi tombe familiari per
lo più appartenenti a persone emigrate in Europa. Alcune case
imponenti vengono chiuse una volta terminata la loro costruzione
per essere usate di tanto in tanto quando i proprietari ritornano
per una breve visita. Le tombe vengono preparate addirittura per
alcuni componenti della famiglia nati all’estero anche se ancora
bambini. I migranti e gli abitanti locali considerano le grandi case
e le tombe riccamente adornate come attributi della ricchezza e
dello status sociale20.
Un antico proverbio cinese “tornare nel paese natio vestito di
seta” (yijin huanxiang) sembra giustificare questo comportamento.
Nonostante facciano tutti questi sforzi per guadagnarsi un’immagine
il più rispettabile possibile, succede spesso che i Wenzhouiesi
suscitino sentimenti di disprezzo nei cinesi provenienti dalle altre
regioni della Cina. È quanto risulta da un sondaggio svolto dalla
rivista Wenzhouren (I Wenzhouiesi) di cui Jin Hui riporta l’intervista
di una hostess di volo sulla rotta Wenzhou-Pechino21. Il giudizio
espresso dalla donna, in forma di un lungo monologo tra slanci di
rabbia e rassegnazione, ha confermato ciò che ha detto la maggior
parte degli intervistati: “A me non piacciono i Wenzhouiesi”. Dalle
parole della donna sembra che il disagio generale nei confronti dei
Wenzhouiesi sia dovuto al loro essere chiassosi, irrispettosi delle
regole, freddi e scontrosi. Non stupisce allora che la ricchezza
acquisita, ostentata dai Wenzhouiesi ad ogni passo per guadagnarsi
la stima ed il rispetto, spesso non è molto apprezzata dagli altri.
7. Le reazioni ai cambiamenti
Il ritratto dei Wenzhouiesi si può definire quasi completo.
Da qualche anno la Cina ha subito notevoli mutamenti e un
considerevole sviluppo che l’ha posta all’attenzione del mondo
intero: è dunque inevitabile che il risveglio della Cina faccia paura a
molti. Inoltre la crescente immigrazione cinese è fonte di una sempre
maggiore concorrenza tra connazionali sul mercato internazionale
già dal 1999. Complessivamente, l’arrivo di tanta manodopera dalla
Cina e il tentativo di molti di avviare un’attività in proprio da microimprenditori,
hanno prodotto un’esasperazione della concorrenza
interna che ha ulteriormente eroso i margini di redditività. Come
racconta un neoimprenditore cinese, la concorrenza si è ormai fatta
feroce: “Tre anni fa si lavorava a pieno ritmo anche ad agosto, a
gennaio e febbraio, ora in quei periodi non c’è molto lavoro”22.
Perciò costruire un’impresa che possa affondare le proprie
radici nel territorio ospite in modo permanente può essere a volte
davvero difficile. Per superare gli ostacoli si trovano le soluzioni
più disparate. Alcuni si spostano da un paese all’altro, altri tentano
di inserire nuovi prodotti e servizi, altri ancora rompono con le
tradizioni infrangendo le regole della cosiddetta “economia etnica”.
Sempre più spesso lo staff delle attività cinesi prevede infatti
l’inserimento del personale italiano. Investire in risorse umane
familiari con la società di arrivo, con le leggi vigenti nel paese
ospite e dotati di conoscenze linguistiche, che possano supplire
alle carenze del personale cinese, può risultare essenziale per
rivalorizzare la propria immagine. Oltre ad essere una strategia
utile per esplorare nuovi mercati e uscire dal sommerso, questo
può essere interpretato anche come manifestazione della volontà
di integrarsi nella società di arrivo.
8. Perché interessarsi ai Wenzhouiesi?
Prima di tutto i Wenzhouiesi sono stati tra i primi ad emigrare
seguendo le orme dei connazionali della vicina città di Qingtian,
attirando l’attenzione di scrittori e giornalisti che ne descrissero le
storie. Inoltre la maggior parte dei migranti cinesi che si diressero
verso paesi europei quali l’Olanda, la Francia e l’Italia proviene
proprio dalla regione del Zhejiang. Attualmente in Italia e in
Spagna essi costituiscono la quasi totalità delle presenze cinesi23.
In particolare le zone di maggior esodo in direzione dell’Italia non
sono quelle montagnose dello Zhejiang (cioè quelle più povere
e depresse), ma quelle dell’altipiano e della pianura facenti parte
del territorio della municipalità di Wenzhou, cioè quelle zone che
appaiono maggiormente dinamiche dal punto di vista economico-produttivo24.
Secondo i dati dell’Ufficio dei Dizionari Geografici
di Wenzhou (Wenzhoushi Difangzhi Bangongshi) alla fine del
1994, 248.000 emigrati Wenzhouiesi e i loro discendenti vivevano
in sessantaquattro paesi. Tra questi più di 165.000 risiedevano in
Europa di cui il 95% era in paesi quali Francia, Paesi Bassi, Italia
e Spagna25. Non a caso numerosi studiosi, colpiti dallo sviluppo
galoppante di quest’area della Cina, si sono interrogati sul perché
delle continue migrazioni che l’hanno interessata nel corso degli
anni. Sfuggire alla violenza locale, soccorrere i parenti residenti
all’estero per sostenerli nella loro espansione in Europa, sfruttare
l’apertura della Cina all’esterno per realizzare i propri sogni sono
solo alcune delle motivazioni che giustificano le partenze verso i
paesi di tutto il mondo. Tuttavia la ragione principale risulta essere
il desiderio di arricchirsi. Per questo per definire i cinesi d’oltremare
(qiaoxiang) si usa spesso l’espressione “migranti economici” così
come per i Wenzhouiesi si parla di “pulci di mercato”, “animali
economici” e persino “ebrei cinesi” (Zhongguo youtai).
In un’epoca come la nostra studiare e cercare di comprendere
questo ed altri tipi di migranti può risultare utile affinché gli incontri
interculturali e la comunicazione tra popoli diversi si concludano
con esiti positivi che possano gettare le basi per un futuro di
cooperazione e scambi costruttivi.
MONDO CINESE N. 129,
OTTOBRE-DICEMBRE 2006
Note
1 Sezione III, art. 89, par. 12; si veda, Giorgio Melis, “Costituzione della Repubblica
Popolare Cinese, adottata il 4 dicembre 1982 dalla 5° sessione della V Assemblea
Nazionale del Popolo”, https://www.tuttocina.it/Mondo_cinese/043/043_cost.htm.
2 Rosa Lombardi, Sulla via della tela. Immigrazione cinese e integrazione una nuova
prospettiva: l’esperienza della Provincia di Prato, Nova Arti Grafiche, Firenze,
2004, p. 16.
3 Ibid., p. 15.
4 Crescen Garcia Mateos, “L’immigrazione cinese in Spagna” in L’immigrazione silenziosa.
Le comunità cinesi in Italia, a cura di G. Campana, F. Carchedi e A. Tassinari, Fondazione Giovanni Agnelli, Torino, 1994, pp. 185-186.
5 Ibid., p. 187.
6
Antonella Ceccagno, “Migranti a Prato. Il distretto tessile multietnico”, FrancoAngeli,
Milano, 2003, p. 33.
7 Ibid., pp. 35-36.
8
Irene Merli, “Est-Ovest. Parto, divento ricco e poi torno”, Geo, una nuova immagine
del mondo, n. 1, gennaio 2006, p. 148.
9 A. Ceccagno, op.cit., pp. 48-49.
10 Li Ming, “Wenzhou wealthy cash in on Shanghai properties”, China
Daily, Internet
ed., 19.12.2002.
11 A. Ceccagno, op.cit., pp. 29-33.
12 R. Lombardi, op.cit., p. 15.
13 Jin Hui, “Kepa de Wenzhouren” (I temibili wenzhouiesi), Zuojia chubanshe, Pechino,
2003, p. 25.
14 Ibid., pp. 57-58.
15 Wenzhou è una città-prefettura che attualmente amministra 3 distretti (distretto di
Lucheng, distretto di Longwan, distretto di Ouhai), 2 città-contee (Ruian e Yueqing)
e 6 contee (contea di Yongjia, contea di Pingyang, contea di Cangnan, contea
di Dongtou, contea di Wencheng, contea di Taishun).
16 R. Lombardi, op.cit., pp. 16-17.
16 Creatnqu.
17Jin Hui, op.cit., pp. 3-4.
18 Yu995.
19 Ibid., p. 73.
20 Li Minghuan “To get rich quickly in Europe! – reflections on migration motivation
in Wenzhou” in Internal and International Migration: Chinese Perspectives, a cura
di Frank N. Pieke e Heine Mallee, Routledge, UK, 2000, p. 192.
21 Jin Hui, op.cit., pp. 113-115.
22
Antonella Ceccagno, “Nei-Wai: interazioni con il tessuto socioeconomico e autoreferenzialità
nelle comunità cinesi in Italia”, Mondo Cinese, n. 101, maggio-agosto
1999, pp. 73-95.
23 Antonella Ceccagno, Il caso delle comunità cinesi – comunicazione interculturale
e istituzioni, Armando Editore, Roma 1997, p. 24.
24 Francesco Carchedi, “La presenza cinese in Italia. Direzionalità dei flussi, dimensioni
del fenomeno e caratteristiche strutturali” in L’immigrazione silenziosa. Le
comunità cinesi in Italia,op.cit., pp. 44-48.
25 Li Minghuan, op.cit., pp. 182-183..
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