Lo scorso 29 settembre oltre trecento persone hanno partecipato
all’inaugurazione del primo Istituto Confucio in Italia. La cerimonia
ha avuto luogo presso la Facoltà di Studi Orientali dell’Università
degli Studi di Roma, La Sapienza, dove l’Istituto ha sede. Sono
intervenuti per l’occasione il Magnifico Rettore della Sapienza, Renato
Guarini, l’Assessore alla Scuola, Diritto allo Studio e Formazione
Professionale della Regione Lazio, Silvia Costa, il Preside della Facoltà
di Studi Orientali, Federico Masini, il Rettore dell’Università di Lingue
Straniere di Pechino, Zhong Meisun, l’Ambasciatore della Repubblica
popolare cinese, Dong Jinyi, ed il Consigliere dell’Ufficio Istruzione
Yang Changchun.
I festeggiamenti sono durati l’intero corso della mattinata e sono stati
preceduti in Aula Magna dagli interventi delle personalità partecipanti,
cui è seguita la cerimonia di inaugurazione vera e propria, con il
taglio del nastro e la scopertura della targa ufficiale davanti agli uffici
dell’Istituto Confucio, al piano terra della Facoltà di Studi Orientali.
In seguito, ha avuto luogo nel cortile della Facoltà uno spettacolo
di canto lirico e ballo tradizionale a cura di artisti cinesi selezionati
dall’Ambasciata, cui hanno partecipato, con una performance di
musica cinese dei primi del Novecento, anche gli studenti italiani. Ad
accompagnare l’intrattenimento musicale, è stato offerto un rinfresco
all’aperto con specialità gastronomiche cinesi.
Per tutto il corso dell’inaugurazione è stato possibile visitare
l’esposizione temporanea, allestita all’interno degli uffici dell’Istituto
Confucio, dei pannelli fotografici presentati durante due mostre a cura
del Comitato Nazionale per le Celebrazioni del 750° Anniversario della
nascita di Marco Polo. L’esposizione non solo ha dato la possibilità
al pubblico romano di apprezzare quei pannelli che erano stati
mostrati precedentemente solo a Pechino nell’ambito del Convegno
“La letteratura italiana in Cina” tenutosi nell’ottobre 2005, ma anche
di valorizzare il percorso di contaminazioni culturali che emerge dal
confronto con il materiale relativo al simmetrico Convegno tenutosi a
Roma nel giugno 2006, “La letteratura cinese in Italia”.
Il primo passo verso l’apertura di una sede dell’Istituto Confucio
in Italia è stato mosso oltre un anno fa, nel luglio 2005, quando il
Preside della Facoltà di Studi Orientali della Sapienza, Federico Masini,
ha ricevuto, alla presenza del Ministro dell’istruzione cinese e del
Vice direttore Generale dell’UNESCO, la targa costitutiva dell’Istituto
dalle mani del Vice presidente dell’Assemblea nazionale del popolo,
Xu Jialu.
Esattamente un anno dopo, la Facoltà di Studi Orientali di Roma
ha partecipato al primo meeting mondiale degli atenei ospitanti gli
Istituti Confucio, tenutosi a Pechino lo scorso luglio. La conferenza che
accompagnava il meeting ha registrato la presenza di rappresentanti
da oltre 40 nazioni di tutti e cinque i continenti, per un totale di 82
Istituti in corso di formazione. L’incontro, durato due giorni, si è
aperto e concluso nelle sale del palazzo dell’Assemblea nazionale
del popolo, con interventi da parte di autorità cinesi quali il Ministro
dell’Istruzione, Zhou Ji, il Segretario Generale del Consiglio degli Affari
di Stato, Chen Jinyu, ed il già citato Vice presidente dell’Assemblea
Nazionale del Popolo, Xu Jialu. L’incontro ha previsto ampli spazi di
discussione tra i rappresentanti delle varie istituzioni accademiche, i
quali hanno così potuto confrontare le diverse esperienze, gli ostacoli
incontrati e le conseguenti soluzioni adottate nei differenti contesti di
insediamento della struttura.
E’ durante questo primo meeting, dunque, che sono stati stabiliti
in modo definitivo caratteristiche e scopi dell’Istituto. Struttura nonprofit
finalizzata alla promozione della lingua e cultura cinese all’estero,
l’Istituto Confucio è molto giovane al confronto con analoghi enti
quali l’Instituto Cervantes o il Goethe Institut, essendo stato costituito
a Pechino solo nel 2004.
Le diverse sedi nel mondo sono supportate e coordinate dal
Ministero dell’Istruzione Cinese, attraverso un organo appositamente
dedicato alla promozione del cinese come L2, il National Office for
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Teaching Chinese as a Foreign Language, più comunemente noto come
“Hanban”. Ciascuna sede tuttavia non costituisce persona giuridica a
sé stante, ma viene incorporata dall’università di accoglienza. I diversi
Istituti dunque godono di una notevole autonomia organizzativa e
propongono programmi personalizzati, in accordo con la situazione
caratterizzante i contesti locali. Altra caratteristica dell’Istituto è
quella di prevedere per ciascuna sede la cooperazione dell’ateneo di
accoglienza con un’università cinese; in tal modo viene garantita la
competenza degli insegnanti, per lo più inviati dalla Cina e specializzati
nell’insegnamento del cinese a stranieri. Nel caso dell’Istituto Confucio
presso l’Università di Roma La Sapienza, il partenariato è stato stretto
con l’Università di Lingue Straniere di Pechino (BFSU), con cui la
Facoltà di Studi Orientali ha già da tempo intrecciato una solida
collaborazione, inviando con regolarità i propri studenti a frequentare
corsi volti ad ottenere crediti formativi e accogliendo un rilevante
numero di visiting professors dalla Cina.
Secondo le fonti istituzionali cinesi, la necessità di una struttura
quale l’Istituto Confucio nasce dalla constatazione che il rapido
sviluppo economico del paese è sempre più percepito all’estero come
una “minaccia”; attraverso la diffusione della lingua e cultura cinese,
dunque, il resto del mondo dovrebbe entrare a conoscenza dei valori
di armonia e pace su cui tradizionalmente si basa la società cinese,
scardinando l’immagine di aggressività ad essa attribuita. E’ questa
la prospettiva riportata dal China Daily e ribadita durante il meeting
mondiale dello scorso luglio dal Segretario Generale del Consiglio degli
Affari di Stato, Chen Jinyu: “la lingua è lo strumento più importante
per aiutare a promuovere la reciproca comprensione e amicizia tra i
popoli”.
Allo stesso tempo, l’investimento del Governo cinese nell’esportazione
della propria cultura all’estero sembra essere anche motivato da uno
sbilanciamento tra il successo economico degli ultimi anni, che pone la
Cina tra le quattro maggiori potenze economiche mondiali, e il debole
ruolo che la cultura gioca all’interno di questa escalation. La classe
dirigente cinese lamenta questa carenza, come indicano le parole di
Zhao Qizheng, ex-direttore dell’Ufficio Stampa del Consiglio degli Affari
di Stato, il quale lo scorso marzo, durante una sessione plenaria del
Comitato Nazionale della Conferenza politica consultiva del popolo
cinese, ha affermato che “la Cina sta affrontando un deficit culturale”.
Dal 2000 al 2004, d’altra parte, il paese ha importato oltre 4.300 film
dall’estero, avendo esportato ben pochi titoli.
Sembra dunque che la Cina reputi auspicabile, anche a livello di
profitto economico, l’esportazione dei propri prodotti culturali. La
crescente richiesta di insegnanti di cinese in tutto il mondo ben si sposa
con le esigenze della classe dirigente cinese. Secondo le statistiche
riportate dal Ministero dell’Istruzione, infatti, ad oggi circa 30 milioni
di persone nel mondo studiano la lingua cinese, numero che, secondo
le medesime fonti, arriverà a 100 milioni entro il 2020, rendendo
necessari almeno 5 milioni di docenti specializzati. A prescindere
dalle proiezioni, è comunque un dato di fatto, e non sorprende, che
il numero degli studenti di lingua cinese vada crescendo di pari passo
con il successo economico del paese.
Gli effetti di questo nuovo entusiasmo nei confronti di quella che,
forse ancora per poco, è considerata una Less Commonly Taught
Language (LCTL) si vedono già in maniera eclatante nei paesi più
vicini alla Cina, come l’Indonesia, che da poco ha sospeso la legge
che per trenta anni aveva bandito l’insegnamento della lingua cinese
a causa dell’appoggio di Pechino ai ribelli comunisti, o la Corea del
Sud, alleata degli USA in un conflitto con la Cina avvenuto solo una
cinquantina di anni fa e in cui dal 2000 ad oggi il numero degli studenti
di cinese ha avuto un incremento del 66%.
Dall’altra parte dell’Oceano, negli Stati Uniti, allo stesso modo circa
800 università offrono programmi in lingua cinese e circa 5.000 tra
scuole medie inferiori e superiori si stanno organizzando per attivare
corsi analoghi.
L’interesse per la lingua cinese è altrettanto dimostrato dalle nostre
parti; basti pensare che negli ultimi cinque anni, gli studenti della
Facoltà di Studi Orientali della Sapienza sono aumentati da un paio
di centinaia a oltre 2000, di cui una gran parte impegnata nello studio
del cinese.
E’ così che, dunque, la costituzione di una sede dell’Istituto Confucio
sembra rispondere ad una esigenza sempre più sentita nel nostro
come in altri paesi. Sono proprio questi, d’altra parte, gli argomenti
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toccati negli interventi presentati alla cerimonia di inaugurazione della
sede romana dai rappresentanti dell’Università di Lingue Straniere
di Pechino, il Rettore prof.ssa Zhong Meisun e la prof.ssa Liang
Dongmei. Nella stessa occasione, il Rettore dell’Università di Roma
La Sapienza, Renato Guarini, ha aggiunto alcune considerazioni volte
a contestualizzare la nascita dell’Istituto, sottolineando quanto questa
sia il coronamento di una serie di attività di scambio tra La Sapienza
e le università cinesi; basti pensare ai rapporti tra l’ateneo romano e
l’Università Qinghua di Pechino, l’Università di architettura e tecnologia
di Xi’an e l’Università Tongji di Shanghai. Altre collaborazioni analoghe
comprendono la compartecipazione della Facoltà di Ingegneria de
La Sapienza con la Southeast University di Nanchino ad un progetto
di ricerca finanziato dalla Commissione Europea, ed infine il recente
avviamento del Master in Medicina tradizionale cinese finanziato dal
Ministero della Salute italiano e coordinato dalla Facoltà di Medicina
II in stretta collaborazione con l’Università di Nanchino.
In meno di due mesi di attività, all’Istituto Confucio presso
l’Università di Roma La Sapienza si sono già iscritti oltre 140 studenti
che frequentano corsi di lingua cinese a tutti i livelli; già si è raggiunto
il numero di richieste sufficiente ad attivare corsi di linguaggi
specializzati e già si sono tenute due conferenze aperte al pubblico,
intitolate “Confucio. Vita, Opere e Pensiero”, tenuta da Paolo De Troia,
e “Attraverso il Tibet Orientale”, tenuta da Luo Wenhua.
I risultati di questi primi mesi di attività, dunque, non solo sembrano
soddisfare le aspettative degli enti coinvolti, ma anche confermare le
parole attribuite a Confucio: “la virtù non rimane sola, chi la pratica
avrà seguaci” (Dialoghi, IV:25).
MONDO CINESE N. 129,
OTTOBRE-DICEMBRE 2006