La nostra rassegna della stampa cinese sull’ “ascesa” della Cina in campo
internazionale prosegue con questo saggio, apparso su una rivista specialistica
di Taiwan, che analizza gli intricati rapporti diplomatici, militari ed
economici tra Cina, Russia e Stati Uniti sullo scacchiere dell’Asia Centra-
le, senza tralasciare il crescente peso dell’India. A parte i toni a tratti un
po’ forti, sorprende forse che sia un esperto di nazionalità taiwanese ad
esprimere un giudizio così netto nei confronti della politica americana di
“esportazione della democrazia” in Asia e nelle ex-repubbliche sovietiche,
evidenziandone la stretta connessione con le recenti “rivoluzioni colorate”.
Inoltre, un’altra interessante chiave di lettura è fornita dall’esame del
ruolo svolto dalla Repubblica popolare nella Organizzazione per la Cooperazione
di Shanghai (SCO)1: l’autore infatti sottolinea come, oltre al pa-
lese, strumentale utilizzo di tale organismo per combattere il movimento
indipendentista del Xinjiang in nome della lotta al terrorismo, attraverso
esso la Cina riesca meglio a perseguire i propri obiettivi di politica estera,
finalizzati ad estendere la sua egemonia nell’area e assicurarsi il controllo
delle risorse energetiche, un fattore sempre più determinante per gli equilibri
geo-politici dell’intera regione.
M.M.
[Zhang Shenghua, “Mei, Zhong, E zai Zhongya shili jingzhu”, Zhonggong
yanjiu, vol.39,
n.11 (467), novembre 2005, pp.26-30]
La Voce della Russia di Mosca, in un commento dell’inizio di novembre
2005, ha affermato che l’esercitazione militare congiunta realizzata in
agosto da Cina e Russia ha generato preoccupazione in Occidente, tanto
da indurre il Segretario generale dell’Organizzazione per la Cooperazione di
Shanghai (SCO) Zhang Deguang a sottolineare più volte, in ambito internazionale,
che la suddetta organizzazione non diventerà un blocco di opposizione
militare alla NATO. Questo tentativo di spiegazione, che richiama il detto
cinese “non sono seppelliti qui i 300 tael d’argento”2, non solo non è credibile,
ma è anche ridicolo.
CINA E RUSSIA SI OPPONGONO ALL’ASSE STATUNITENSE
Per la manovra militare antiterrorismo denominata “Missione di pace
del 2005”, nella zona di Haicanwai e nello spazio marittimo nei pressi del-
la penisola dello Shandong, in nome della lotta al terrorismo, Cina e Russia
hanno inviato più di diecimila unità militari e armi sofisticate, effettuando
uno sbarco di vaste dimensioni e altre esercitazioni militari. Sebbene i
rispettivi Ministeri della difesa abbiano dichiarato che tali operazioni non
erano dirette contro terzi, gli Stati Uniti e il Giappone hanno inviato truppe
per monitorare l’intero processo e hanno dichiarato che tali esercitazioni,
apparentemente inquadrate nella lotta al terrorismo, erano in realtà una
minaccia contro Taiwan e avevano per di più il forte sapore di un avvertimento
a Washington e Tokyo.
L’esercitazione militare di vaste proporzioni che ha visto per la prima volta
la partecipazione congiunta di Cina e Russia ha molteplici significati. Va in
primo luogo considerato che l’Esercito popolare di liberazione in passato ha
sempre evitato di impegnarsi in manovre militari con i paesi più sviluppati,
forse per nascondere la sua reale potenza, oppure per evitare di far emergere i propri difetti e punti deboli; la nuova scelta di effettuare un’esercitazione
insieme all’esercito russo rivela un atteggiamento di modesta osservazione
e di emulazione nei confronti dei paesi più sviluppati. Va poi osservato che,
proponendo una esercitazione militare congiunta, Pechino prova a giocare
la carta della Russia per controllare Stati Uniti e Giappone e per rendersi
visibile a livello internazionale: se nello Stretto di Taiwan si delineasse un
conflitto, la Russia si schiererebbe certamente dalla parte della Repubblica
popolare. In terzo luogo va considerato che, opponendosi con decisione alla
politica e ai metodi unilaterali da superpotenza degli Stati Uniti, Mosca
finisce per affiancarsi attivamente alla condotta di Pechino, sfruttando ciò
per contrastare l’atteggiamento e la forza militare di Stati Uniti e Giappone.
Va infine ricordato che la Russia ha tratto vantaggio da questa esercitazione
militare, grazie alla vendita di armi sofisticate alla Cina. Al termine
dell’esercitazione militare, il Ministro della difesa cinese Cao Gangchuan si
è recato a Mosca per la XII seduta della Commissione per la cooperazione
tecnologica nel settore militare di Cina e Russia. È stato firmato un protocollo quinquennale di collaborazione tecnologica nel settore in questione, con
vigore dal 2006 al 2010, che istituisce un progetto di scambio di alto livello
fra i due eserciti e che impegna la Cina ad acquistare dalla Russia trenta
aerei strategici Ilyushin 76 e otto rifornitori aerei di carburante Ilyushin 78M
per due miliardi di dollari. La collaborazione militare dei due paesi ha già
preso un nuovo corso.
Da un anno a questa parte i Capi di stato di Cina e Russia e lo stato maggiore
dei due eserciti si sono incontrati più volte; le due parti hanno rafforzato
la già stretta collaborazione strategica in campo politico e militare. Mosca
ha immediatamente dimostrato approvazione per la “Legge antisecessione”3,
varata dalla Cina a metà marzo 2005. Fra maggio e luglio dello stesso anno i Presidenti Hu Jintao e Putin si sono incontrati quattro volte, la frequenza
degli incontri è la più alta dall’inizio delle relazioni diplomatiche dei due
paesi. Il 30 giugno Hu Jintao si è inoltre recato in Russia per una visita ufficiale
di quattro giorni, a sottolineare l’incessante rafforzamento della collaborazione
strategica bilaterale. E’ intento di ambo le parti evitare che gli Stati
Uniti continuino a imporre modelli di “democrazia” a paesi indipendenti
e ricercare la collaborazione, dando priorità alla costruzione di oleodotti
per il greggio fino a Daqing e allo sviluppo di nuove armi, per affrontare la
questione della ricostruzione dell’Iraq, il problema nucleare della Corea del
Nord e la situazione della sicurezza nell’Asia Centrale. Cina e Russia hanno
firmato numerosi accordi, istituendo fra l’altro un meccanismo di consultazione
per la sicurezza nazionale e di collaborazione militare, fino ad
includere l’interscambio di armi strategiche e da combattimento.
Merita di essere sottolineato che la Cina sfrutta l’Organizzazione per la
Cooperazione di Shanghai (SCO) per realizzare i suoi obiettivi politici, militari
e di politica estera. All’inizio di luglio 2005, assieme alla Russia e agli
altri Stati membri della SCO, ha costretto gli Stati Uniti a stabilire un termine
ultimo per lo stazionamento delle truppe americane nei paesi dell’Asia
Centrale. Inoltre, utilizzando la stessa Organizzazione, la Cina è andata a
colpire le cosiddette tre forze, quella del secessionismo, dell’estremismo religioso
e del terrorismo. Secondo fonti cinesi, l’attivismo nel Xinjiang-Turkestan
Orientale è in continuo aumento, la propaganda per il secessionismo
è sfrenata ed emergono movimenti religiosi illegali, sebbene l’opinione pubblica
sia sotto stretto controllo e venga negato il diritto fondamentale alla
formazione di una coscienza politica, [...]. I principi guida e l’obiettivo del
terrorismo nel Xinjiang-Turkestan Orientale sarebbero sempre più evidenti:
sviluppo del movimento, approvvigionamento di armi, pianificazione di altre
attività terroristiche. Per questo la Cina si allea con i paesi membri della SCO
al fine di ridurre il margine di movimento degli Uighur nell’Asia Centrale e
contrattaccare il movimento indipendentista del Xinjiang.
[…] Altro suo scopo è quello di resistere all’espansione degli Stati Uniti all’interno
dell’Asia Centrale. Il sito dell’agenzia di stampa Xinhua il 7 novembre
riportava che il Ministero della difesa cinese e l’Università della difesa
nazionale hanno ospitato un forum di dieci giorni dell’Organizzazione della
Cooperazione di Shanghai sulla difesa e sulla sicurezza. Si è parlato dello
sviluppo pacifico della Cina e della cooperazione per la sicurezza territoriale
e sono state altresì analizzate le sfide che l’Organizzazione stessa e il mondo
intero dovranno affrontare. Si è inoltre discusso di nuove forme di cooperazione
all’interno dell’Organizzazione, nonché della necessità di promuovere
la fiducia fra i paesi che ne sono membri e gli Stati osservatori, di rafforzare
lo scambio e la collaborazione nell’ambito della difesa e della sicurezza. Oltre
ai sei stati membri hanno partecipato più di trenta alti ufficiali militari
di paesi osservatori, quali la Mongolia, il Pakistan, l’Iran e l’India.
LE “RIVOLUZIONI COLORATE” MINACCIANO LA RUSSIA
Russia e Cina si oppongono entrambe all’atteggiamento e alla politica
unilaterale di Washington, ritenendo che solo il pluralismo possa essere di
utilità per gli altri paesi. Dal momento che Stati Uniti ed Europa sostengono
l’espansione verso oriente della NATO e dell’Unione Europea, promuovendo
in Asia Centrale le “rivoluzioni colorate” e comprimendo gradualmente lo
spazio strategico della Russia, quest’ultima fa affidamento sulla Cina e persino
sull’India per aprirsi un varco strategico e incrementare la possibilità di
contrattazione con Stati Uniti e Unione Europea. Russia e Cina sono dunque
in sintonia. […] Durante una visita in India nell’ottobre del 2004, Putin aveva
dichiarato che Russia, India e Cina, senza costituire un blocco, potevano
rafforzare la collaborazione e promuovere la stabilità e il progresso dell’intero
pianeta, nonché lo sviluppo economico e sociale dei rispettivi paesi.
A fine maggio del 2005 i Ministri degli esteri dei tre paesi hanno tenuto per
la prima volta un incontro ufficiale a Haicaiwai, nella speranza di attivare
un meccanismo di collaborazione volto a contrastare gli Stati Uniti. […] La
Russia ha proposto una cooperazione trilaterale, nella speranza che si possa
giungere ad una comune intesa e che vengano adottate misure uniformi per
la promozione del pluralismo, la condivisione delle risorse energetiche e la
gestione della questione della stabilità dell’Asia Centrale. Per questo a partire
dal 2003, in occasione delle sedute dell’Assemblea Generale delle Nazioni
Unite, i Ministri degli esteri dei tre paesi in questione si sono incontrati più
volte in via non ufficiale per discutere dei problemi internazionali di comune
interesse. Nel triangolo strategico voluto dalla Russia, l’anello debole è
quello della mancanza di reciproca fiducia e di interessi comuni fra Cina e
India. Rafforzare la cooperazione, formare un meccanismo di collaborazione
trilaterale e prendere una posizione comune sui temi internazionali più
scottanti è difficile da realizzare. Per quanto riguarda l’India, sebbene sia
già paese osservatore dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai,
essa intende diventarne membro effettivo non tanto per creare un’alleanza
con Cina e Russia volta a contrastare gli Stati Uniti, quanto piuttosto per impedire
alla Cina di controllare totalmente un organismo internazionale dal
ruolo così importante. Secondo un detto cinese, è come “dormire nello stesso
letto, ma fare sogni diversi”. Mentre l’India vede sostanzialmente nella Cina
l’unico pericolo, gli Stati Uniti vogliono portare l’India dalla loro parte; la
Russia invece vuole formare con Cina e India un triangolo strategico, cioè
“arrampicarsi su un albero per prendere un pesce”.
TRUPPE AMERICANE STANZIATE IN ASIA CENTRALE
Il governo Bush ha assunto una posizione unilaterale sulle questioni internazionali,
accerchiando strategicamente la Cina e promuovendo le “rivoluzioni
colorate” nella Federazione degli Stati indipendenti compresi nel
perimetro della Russia e in alcuni paesi dell’Asia Centrale. Per la Cina, la
Russia e gli altri paesi dell’Asia Centrale, ciò costituisce un pericolo e una
minaccia. Uno stratega inglese già all’inizio del XX secolo aveva sottolineato
che l’Asia Centrale è il cuore della politica internazionale: comprimerlo
significa schiacciare il cuore del continente eurasiatico e di tutto il mondo,
a dimostrazione dell’importanza strategica dell’Asia Centrale. Situata nel
cuore dell’Eurasia, procedendo verso ovest fino al Mar Caspio, l’Asia Centrale
è ricca di petrolio, gas naturale, minerali e altre risorse naturali; già oggi è
fortemente contesa da Cina, Stati Uniti, Russia e altri paesi.
Dopo l’11 settembre gli Stati Uniti hanno dichiarato guerra all’Afghanistan,
posizionando basi militari e paramilitari nei quattro paesi centroasiatici
di Uzbekistan, Kazakistan, Tagikistan e Kirghizistan. Con 30.000 unità
militari in queste regioni, essi sono intervenuti negli affari dell’Asia Centrale,
muovendo guerra all’Afghanistan e utilizzando le suddette basi per trasferire
personale militare e rifornimenti e per intraprendere azioni umanitarie. Per
la Russia, la Cina ed i paesi centroasiatici, ciò ha posto una nuova sfida.
L’Asia Centrale, in passato considerata la retrovia della grande Russia,
risulta oggi essere l’accesso occidentale alla Cina. La presenza delle truppe
americane in tale area crea spavento e insoddisfazione. Per questo il 5 luglio
2005, durante il quinto summit dei Capi di stato dell’Organizzazione per la
Cooperazione di Shanghai svoltosi ad Astana, capitale del Kazakistan, su iniziativa
di Cina e Russia è stata firmata una convenzione secondo la quale,
“constatato che una fase della massiccia lotta al terrorismo in Afghanistan
è già stata compiuta, è necessario stabilire la scadenza per l’utilizzo temporaneo
delle basi militari e dei passaggi per il trasporto aereo nel territorio
dei paesi membri dell’Organizzazione e per lo stazionamento delle truppe
militari in questi paesi da parte dei protagonisti della lotta internazionale al
terrorismo”. È una evidente richiesta rivolta agli Stati Uniti di lasciare l’Asia
Centrale. A fine luglio l’Uzbekistan ha invitato formalmente Washington a
ritirare le truppe militari dalla base aeronautica militare K2 a sud-ovest del
paese entro la fine del 2005. Che una piccola nazione, politicamente, economicamente
e militarmente arretrata, all’improvviso osi indicare l’uscio ad
una superpotenza della politica internazionale è davvero cosa rara.
La richiesta dell’Uzbekistan non è affatto volta ad adempiere all’impegno
della convenzione. A metà maggio 2005, nella città uzbeca di Andijan, si
sono infatti verificati dei tumulti simili alle “rivoluzioni colorate” di Ucraina
e Kirghizistan, tumulti che l’Uzbekistan sospetta essere stati fomentati dagli
Stati Uniti. La contesa dell’Uzbekistan con la Casa Bianca ha il palese scopo
di ottenere il supporto e l’incoraggiamento della Russia; il 14 novembre questi
due paesi hanno firmato un patto di alleanza in cui entrambe le parti si
impegnano ad assicurare il diritto di utilizzare le reciproche basi e a fornire
aiuti militari in caso di attacco esterno. Il Presidente russo Putin ha dichiarato
che la cooperazione alla sicurezza dei due paesi è nell’interesse di tutta
l’Asia Centrale, mentre, secondo il presidente uzbeco Karimov, la Russia
è un alleato affidabile e il suddetto trattato assicura un interesse strategico
per entrambe le parti.
Avendo la Cina e la Russia, per il tramite dell’Organizzazione per la Cooperazione
di Shanghai, richiesto il ritiro delle truppe statunitensi dall’Asia
Centrale, il Ministro della difesa Rumsfeld il 25 luglio ha visitato con urgenza
il Kirghizistan e il Tagikistan per assicurare la posizione americana in Asia
Centrale: per facilitare le azioni militari statunitensi in Afghanistan, sia il
Kirghizistan che il Tagikistan hanno permesso agli Stati Uniti di utilizzare
le basi presenti nel loro territorio a condizione di un aumento del costo delle
stesse. Dall’11 al 13 ottobre il Segretario di Stato americano Rice ha visitato
il Kirghizistan, il Kazakistan e il Tagikistan per garantire la costante presenza
delle forze militari americane nell’area; sebbene si sia parlato di lotta
al terrorismo, risorse energetiche, democrazia e diritti umani, la questione
principale è stata quella del mantenimento di una posizione strategica dell’America
in questi territori.
Oltre alla base K2 in Uzbekistan, gli Stati Uniti in Asia Centrale possono
contare sulla base di Manas in Kirghizistan, dove la Rice si è recata nel corso
della visita. In seguito all’incontro con il Presidente kirghiso Bakiyev i due
paesi hanno firmato un patto che garantisce lo stazionamento dell’esercito
americano in Kirghizistan, l’unico dei cinque paesi dell’Asia Centrale in
cui la “rivoluzione colorata” abbia avuto successo. Anche in Tagikistan le
basi dell’esercito americano manterranno lo status quo senza subire alcun
cambiamento.
Il Presidente Bush a metà novembre ha partecipato al summit dell’APEC
nella Corea del Sud e ha visitato il Giappone, la Cina e la Mongolia. Bush
è il primo Presidente americano a fare visita alla Mongolia, paese di cui ha
molta considerazione per la conversione a un sistema democratico avviata
in seguito all’uscita dalla sfera dell’ex Unione Sovietica. Se gli Stati Uniti non
modificheranno la loro politica di “cambiamento democratico”, la Russia,
la Cina e altri paesi emergenti potrebbero contrastare attivamente le interferenze
americane nella politica interna dell’Asia Centrale, volte ad istigare
le “rivoluzioni colorate”.
(traduzione dal cinese e note di Ilenia Parnanzone)
MONDO CINESE N. 127,
APRILE-GIUGNO 2006