1. Rule of Law e riforma giuridica: il caso dei Paesi in Transizione e il confronto con l’esperienza cinese
E’ difficile trovare un tema al quale meglio si dovrebbe applicare l’opinione
espressa da Zhou Enlai, ad un intervistatore che lo interrogava sul
significato della Rivoluzione Francese per il pensiero politico europeo:
“E’ troppo presto perché se ne possa dire qualcosa” fu la risposta.
Eppure, la stringa Rule of Law in China apre, nel motore di ricerca Google,
milioni di riferimenti; la letteratura giuridica di produzione occidentale sul
tema è immensa, e recente è una monografia di 640 pagine1 dedicata alla
“Lunga marcia della Cina verso la Rule of Law”. I colleghi cinesi non sono da
meno: innumerevoli i saggi in lingua o in traduzione inglese sugli sviluppi
della nozione2. Indubbiamente, la recente adesione all’Organizzazione
Mondiale del Commercio3 e la qualificazione di alcuni criteri
(trasparenza
del processo amministrativo, pubblicità e conoscibilità delle norme) quali
“elementi della Rule of Law” hanno favorito la moltiplicazione dei commenti,
ma l’interesse è ben anteriore, come dimostra la letteratura cinese già dalla
fine negli anni ’804.
Cedendo al gusto per la metafora, la nozione può essere intesa come un
poliedro che esprime i più diversi significati a seconda del punto di vista
dell’osservatore. Pare tuttavia troppo semplice liquidare la nozione, ed il suo
successo mediatico, come l’eco di un tema vuoto, di un concetto globale che
non porta con sé null’altro se non il proprio nome, una sorta di parola chiave
di giustificazione utile solo a trattare in termini generali del ruolo attuale e
del futuro del diritto in Cina, in fondo simile ad altre espressioni slogan, o
vaghe, utilizzate per favorire l’interferenza di organismi internazionali nel
processo di riforma legislativa (pensiamo a termini quali governance, o good
governance).
Indubbiamente, un collegamento stretto lega la Rule of Law alla nozione
di transizione: ne è prova il successo dell’espressione, tradotta - nel
contesto continentale, con Stato di diritto, Rechtsstaat, e con i conseguenti
calchi originati dall’ulteriore traduzione russa - nelle Costituzioni adottate
successivamente al 1991, nei Paesi sorti in seguito all’estinzione dell’Unione
Sovietica: si ha con ciò, una manifestata volontà di adesione a standard di
qualità della legislazione promossi dall’esterno.
E’ poi evidente il caso dell’Unione Europea; il processo di allargamento
è stato inaugurato all’inizio degli anni ’90 dalla inclusione del riferimento
alla Rule of Law entro gli Accordi di associazione fra le Comunità e gli
Stati dell’Europa centro-orientale5. Un approccio che è replicato anche di
recente nelle comunicazioni della Commissione relative al partenariato con
la Cina6.
Similmente all’esperienza degli Stati post-comunisti che hanno incluso la
nozione nel quadro costituzionale, anche nel caso cinese la nozione ha un
significato al contempo reattivo, di differenziazione rispetto al passato (e
pertanto contro il principio maoista “sì al governo dell’uomo, no al governo
della legge” Yao ren zhi, bu yao fa zhi), e di declamazione dell’adozione di
principi di modernizzazione economica.
L’analogia con il caso dei paesi post-sovietici, peraltro, è da abbandonare
rapidamente: mi pare infatti manifesto che il caso cinese di introduzione
dello standard “Stato di diritto” si differenzi per la originalità del processo.
Un processo che, piuttosto che riprendere il filo interrotto dal nichilismo
giuridico comunista, pone la ricerca degli standards che si collegano alla
nozione di stato di diritto come assolutamente nuova rispetto al passato.
Nel caso cinese non vi è, infatti, se non si vuole considerare l’esperienza
di Rule of Law in Hong Kong7 anteriormente alla riunione, un passato a
cui tornare; quel passato brevissimo e fragile, di ricerca dei principi di
democrazia liberale, che è stato utilizzato da alcuni politici e giuristi russi
per accompagnare, ancora in epoca gorbaceviana, il ricupero della nozione
di Stato di diritto, contro la ambigua nozione di “legalità socialista”, è nel
caso cinese, del tutto assente.
E allora, oltre la folla dei commenti sul ruolo del diritto in Cina, è possibile
individuare una originalità della nozione nel contesto cinese, che ci stimola
a prendere “giuridicamente sul serio” la serie di riforme annunciate dal XV
Congresso del Partito del 1997 e introdotte dalla celebre riforma costituzionale
del 1999, che ha riunito in un articolo (art. 5) una dichiarazione (esistenza del
principio di legalità) ed una promessa (edificazione dello stato di diritto). Vi
è, così, una modalità di osservazione della nozione di Rule of Law in Cina,
che consiste nell’analisi degli ostacoli che si frappongono alla messa in atto
della promessa costituzionale, o perché determinati dalle scelte politiche del
passato, o perché sorti in seguito a nuove contraddizioni del nuovo sistema normativo.
Questa modalità, che potremmo definire funzionale, di analisi è, a mio
avviso, l’esercizio più utile alla comprensione delle trasformazioni del sistema
giuridico cinese.
Premessa a tale esercizio è il discorso sui tentativi di parametrare il
processo di adeguamento del sistema giuridico cinese a standard del
diritto occidentale che storicamente hanno rappresentato il contenuto della
nozione di Rule of Law. Riguardo a ciò, non credo sia opportuno liquidare
sbrigativamente tali tentativi come inutili: se vi è un aspetto di vacuità nel
tentare confronti fra culture giuridiche e politiche estremamente distanti, o
misurazioni sicuramente impossibili per il giurista, ma probabilmente anche
per il sociologo o l’economista quantitativo, vi è peraltro una prospettiva da
considerare, che ha a che fare con la globalizzazione, ed è rappresentata dallo
spostamento dell’attenzione dall’analisi formale a quella di funzionamento
dei sistemi giuridici.
In altri termini, osserviamo la tendenza, questa sì, veramente globale,
a spostare “l’onere della prova” sulla presenza di un sistema giuridico
qualificabile come “Stato di diritto” dal potere legislativo al potere esecutivo:
una tendenza globale, perché è nei documenti della Banca Mondiale dei primi
anni di questo decennio che si registra l’insistenza sull’analisi di effettività
dei sistemi giuridici, intesa come esame:
- della credibilità degli impegni assunti a livello declamatorio
- della effettività delle norme poste in essere ad opera delle istituzioni.
Tale metodo è diffusamente seguito anche dall’Organizzazione Mondiale
del Commercio, dalla Commissione della UE, dal Dipartimento per il
commercio degli Stati Uniti, che ha istituito una commissione mista con il
Congresso dedicata alla Commercial Rule of Law in China8. Si tratta di un
metodo che ha, almeno a livello centrale, particolare significato in Cina,
in quanto il processo di legiferazione resta nell’incontestato controllo del
potere esecutivo, come le procedure di approvazione delle più di 300 leggi da parte dell’Assemblea Nazionale hanno dimostrato, negli anni fra il 1978 ed
oggi9. La situazione non è dissimile a livello locale, e quando un’Assemblea
provinciale rigetta un disegno di legge proposto dall’esecutivo, ciò è notizia
su tutti i quotidiani.
2. Tre fattori di originalità nei discorsi sulla Rule of Law in Cina
Accennavo ai fattori di originalità: il primo di questi risiede nell’individuazione
da parte del Partito della nozione come fonte di una nuova legittimazione delle
regole; ciò rappresenta una accelerazione importante sia rispetto al semplice
principio di tutela della legalità, sia rispetto al programma di separazione degli
organi dello Stato dal Partito, iniziato già da Deng nel 1980, interrotto dopo
il 1989 e poi ripreso ma non completato (è da ricordare che né il doppio
sistema di controllo delle corti, né il coinvolgimento del Partito nella nomina
dei giudici hanno un fondamento costituzionale formale).
Tale nuova legittimazione mira a radicarsi, come possiamo ricavare dalla
analisi delle risoluzioni promosse dai leader del Partito dal 1999 ad oggi, in
un doppio criterio
- morale10, che privilegia il riferimento a documenti politici del Partito
- di efficienza economica, che privilegia il requisito della stabilità del
potere.
L’insistenza sulla necessità di una produzione ed applicazione delle regole
fondata su tali due criteri favorisce il trasferimento di responsabilità dal
Partito alle istituzioni dello Stato e delle amministrazioni provinciali e locali,
nonché una percezione collettiva delle inefficienze del sistema come deficit
transitorio di realizzazione delle riforme giuridiche. Appare qui profonda,
allora, la differenza con i sistemi monopartitici di tipo sovietico, che fino
all’ultima fase di sopravvivenza hanno ricercato in una continua correzione del codice dell’ideologia ispirazione per una residua legittimazione.
Un secondo fattore di originalità nei discorsi sulla Rule of Law in Cina è
rappresentato dalla individuazione delle nuove incoerenze che sorgono quali
ostacoli nel processo di riforma giuridica; mi limito a menzionare due di tali
incoerenze, connesse alla coppia di criteri ora menzionati quali fondamento
di legittimazione:
-la tensione fra l’enfasi sul dovere morale di lottare contro la corruzione
e la difficoltà per i media e la società civile di avere voce sull’argomento;
- la tensione fra la ricerca di un sistema giudiziario più affidabile, al
fine di una maggior efficienza nei rapporti di diritto privato, e la reticenza
dell’esecutivo a metter mano ad una riforma strutturale della giustizia che
superi l’approccio sperimentale di certe province o gli interventi ad hoc della
Corte Suprema, volti a contenere i problemi più acuti nell’amministrazione
della giustizia.
Su tali due aspetti è da dire che anche gli osservatori più disposti a
riconoscere che il processo di trasformazione del diritto cinese è esteso, sono
in difficoltà: alle note carenze di preparazione ed affidabilità del personale
giudiziario si aggiungono infatti:
- il problema, vecchio, ma aggravato dall’intensa produzione normativa
a tutti i livelli dell’amministrazione statale, della assenza di controllo di
conformità fra legislazione superiore ed inferiore; ancora recentemente,
i casi rari di denuncia di incompatibilità fra norme di livello inferiore e
norme superiori da parte di giudici sono trattati come casi di eccesso di
potere da parte del giudice; ciò non esclude peraltro che il dibattito fra gli
autori cinesi sulle diverse possibili modalità di controllo di costituzionalità
abbia raggiunto una intensità notevole;
-il problema, più recente, di un sistema giudiziario che riflette le distorsioni
competitive fra le amministrazioni locali senza potere utilizzare i correttivi
tipici di un sistema federale.
Né si registrano nel legislativo, che pur ha formalmente ampi poteri in
materia di controllo di costituzionalità, e di gestione della amministrazione
giudiziaria, voci per una riforma strutturale; l’unica nota di tensione è
rappresentata, negli ultimi anni, da una rilevante percentuale dei membri
dell’Assemblea che non approvano la relazione generale del Procuratore o
del Presidente della Corte Suprema.
Vorrei, in conclusione, accennare al terzo elemento di originalità nei discorsi sulla
Rule of Law in Cina, detto anche il “paradosso cinese”: la
mancanza di un chiaro nesso di causalità fra progettazione della Rule of Law
e performance economica.
La questione è, come si sa, definita come paradossale, in quanto la
progressione economica cinese pare rappresentare, unitamente ad altri casi
asiatici, una smentita delle teorie sul collegamento necessario fra property
rights, Rule of Law e buon funzionamento dell’economia, che hanno
ispirato quindici anni di politica economica delle organizzazioni finanziarie
internazionali, a far data dalla fine della guerra fredda.
Ora, accanto agli argomenti puramente speculativi, mi pare interessante
il rilievo, presente negli scritti di certi economisti cinesi, sul ruolo di start up
svolto da un’economia privata che ha potuto crescere sulla base di meccanismi
di tipo informale e famigliare che sono lontani dalla caratterizzazione della
Rule of Law quale tutela formalizzata di rapporti proprietari e contrattuali
fra estranei.
Se ciò in parte spiega il paradosso cinese, tale spiegazione ci indica anche
la natura transitoria, se pur importante, di quel fattore di crescita economica.
La recente formalizzazione costituzionale piena del diritto di proprietà
privata e la modalità, negoziata, e ampiamente partecipata e discussa dalla
dottrina, di preparazione del disegno di legge sulla proprietà, approvata dal
Commissione Permanente dell’Assemblea Nazionale del Popolo nel giugno
2005, ci confermano che la trasformazione del diritto cinese ha, diversamente
da altre esperienze di introduzione traumatica o imitazione, di modelli di
derivazione esterna, una logica propria, disegnata dal Partito e condizionata
dalla presenza di fattori di dipendenza dal passato.
A questa logica si affianca, ormai in modo robusto, una consapevolezza
interna a parti della dottrina giuridica cinese e della professione forense sulla
natura “dinamica” degli enunciati normativi. Osserviamo la sequenza degli
emendamenti costituzionali più recenti: essi rappresentano una sintesi estrema
dei tratti formali caratterizzanti la nozione tradizionale di Rule of Law:
- riconoscimento e tutela dei diritti di proprietà e dell’iniziativa
economica.
- riconoscimento e tutela dei diritti fondamentali della persona.
Le riforme costituzionali non vanno, a mio avviso, lette come semplici
declamazioni: ovviamente è il contesto di applicazione, il lato istituzionale,
a fare la differenza fra enunciazioni formali e pratica del diritto, ma già il riconoscimento costituzionale svolge determinati effetti:
- di rafforzamento (interno ed esterno) della legittimazione del Partito
nel senso prima accennato (e un comunicato del Pcc di commento agli
emendamenti del 200411 menziona il rafforzamento della
leadership del
Partito, il mantenimento dell’unità nazionale e della stabilità sociale, la
promozione delle riforme economiche quali motivi principali per la serie di
emendamenti);
- ma anche di legittimazione del dibattito giuridico sui diritti della persona
in Cina.
Al momento è del tutto imprevedibile se, in un successivo termine di
tempo, le riforme costituzionali del 2004 e la discussione che le accompagna
potranno favorire le pressioni per l’adozione di un meccanismo di controllo
di costituzionalità, o se, piuttosto, lo spazio di azione cui accenna la riforma
dell’art. 33 cost., rappresenterà, sul piano della effettiva realtà del sistema,
un freno.
Almeno su questo punto, allora, conformiamoci all’indicazione di Zhou
Enlai, riconoscendo che è troppo presto perché se ne possa dire qualcosa.
MONDO CINESE N. 126, GENNAIO-MARZO
2006
Note
1 R. Perenboom, China’s Long March Towards the Rule of
Law, Cambridge Univ. Press,
Cambridge, 2002.
2 Si veda, ad esempio, Yuanyuan Shen, Conceptions and Receptions of Legality: Understanding the Complexity of Law Reform in Modern
China, in K. G. Turner (a cura di),
The Limits of the Rule of Law in China, University of Washington Press, Seattle, 2000, p.
20; Jiang Xianfu, Fazhi de wenhua lunli Jichi ji qi Goujian, in Falü Kexue, 1997, n. 6,
p. 3.
3 Nell’ampia letteratura sul tema dell’adesione della Cina all’OMC è da segnalare l’utile
volume curato da D. Cass, B. G. Williams, G. Baker, China and the World Trading System. Entering the New
Millenium, Cambridge Univ. Press, Cambridge, 2003.
4 Liao Jingye, Fazhi he renzhi meiyou juedui, in
Faxue Yanjiu, 1980, n. 4, p. 63.
5 D. Mineshima, “The Rule of Law and EU Expansion”, in
24 Liverpool Law Review, 2002,
p. 73. L’a. insiste sulla considerazione che la nozione, piuttosto che essere definita dalle
istituzioni comunitarie, è vista quale “criterio di azione” per la riforma delle istituzioni.
Ciò renderebbe praticamente impossibile una verifica tecnica, giuridica della conformità dei sistemi giuridici dei Paesi di prossima adesione agli standard della Unione
euro
pea (pp. 77 e ss.).
Sulla originaria ambiguità del concetto di Rule of law, già nel contesto di
common law,
si veda M. Horwitz, The Rule of Law: an Unqualified Human Good?, in 86 Yale Law
Journal, 1977, p. 561; un approccio scettico in A. Scalia, The Rule of Law as a Law of
Rules, in 56 Univ. of Chicago Law Rev., 1989, p. 1175.
6 La Commissione ha definito in un documento d’orientamento del 10 settembre 2003
(COM(2003), 533 e Boll. 9-2003, punto 1.6.116.) i nuovi interessi e le sfide comuni verso un “partenariato maturo” con la Cina. In particolare, essa ha definito cinque settori
prioritari d’azione: dialogo politico e governance mondiale; appoggio alla transizione
della Cina verso una società aperta, fondata sullo Stato di diritto e sul rispetto dei diritti umani; promozione dell’apertura economica della Cina all’interno e all’estero; programma di cooperazione dell’Unione europea; maggiore visibilità dell’Unione in Cina.
Il Consiglio ha approvato tali orientamenti nelle sue conclusioni del 13 ottobre.
7 M. Hills, “The Rule of Law and Democracy in Hong Kong -
Comparative analysis of British Liberalism and Chinese Socialism”, in Murdoch University Electronic Journal of
Law,
2002 http://www.murdoch.edu.au/elaw/. Di recente, il principio della Rule of Law è stato invocato nei commenti ufficiali per sostenere l’opportunità di un’interpretazione di
Allegati alla Basic Law di Hong Kong da parte del Comitato Permanente dell’Assemblea
del Popolo; si veda People’s Daily, 26 marzo 2004, p. 3.
8 Per una definizione della nozione di Commercial Rule of
Law, che è evidentemente riduttiva della nozione piena di Rule of Law, limitando la sua portata al diritto dell’economia, si veda il sito della Commissione mista del Congresso degli Stati Uniti e del Dipartimento per il commercio: http://www.cecc.gov/pages/virtualAcad/commercial/index.
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9 Connesso a questo punto è l’aspetto dello stile
della legislazione e dei rapporti fra contenuto normativo delle fonti di alto
livello (leggi dell’Assemblea Nazionale del Popolo) e disposizioni delle fonti
inferiori. La debolezza del contenuto normativo di molte leggi di alto livello
è nota. Essa rappresenta un serio limite al principio di conoscibilità delle
leggi e alla richiesta, motivata anche da ragioni di efficienza economica, di un
dettato normativo più prevedibile nei suoi fini.
10 Si veda “Integrating Rule of Country by Law and by Morality”, in
People’s Daily, 1 febbraio 2001, p. 1.
11 Si veda una sintesi in “The Democratic Rule by the Communist Party of China”, www.
china.org.cn/english/GS-e/44.htm
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