Quello dell’ “ascesa pacifica” (heping jueqi) della Repubblica popolare cinese
è un tema molto attuale, che solo di recente si è imposto all’attenzione di politici e studiosi.
Dopo che riferimenti all’ “ascesa pacifica” sono stati inseriti in alcuni discorsi ufficiali pronunciati da
Hu Jintao e Wen Jiabao, si potrebbe ritenere che tale termine sia entrato a far parte delle nuove linee
guida della politica estera cinese. Data la difficoltà nel delineare una panoramica sufficientemente ampia
degli studi esistenti in materia, particolarmente interessante appare il contributo fornito dal primo
dei due saggi che qui di seguito pubblichiamo, apparso su di una rivista accademica poco nota della
Cina popolare. Tratto, invece, da un periodico specialistico taiwanese è il secondo
articolo, che presenta un‘ampia rassegna del vivace dibattito attualmente in corso sull’applicazione
del concetto dell’ “ascesa pacifica” in riferimento alle diverse aree strategiche, con particolare
attenzione al problema di Taiwan e ai rapporti con gli Stati Uniti. Per motivi editoriali il testo delle
due traduzioni è stato ridotto; il primo di essi non contiene i lunghi riferimenti bibliografici presenti,
invece, nell’originale cinese, cui rimandiamo direttamente il lettore sinologo, specificamente interessato
all’argomento1.
(M.M.)
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Compendio degli studi cinesi e stranieri sull’ “ascesa” e
l’ “ascesa pacifica”
della Cina
[Zhu Yibing, Yang Dazhi, “Guoneiwai guanyu Zhongguo ‘jueqi’ yu ‘heping jueqi’ yanjiu zongshu”,
Gansu lilun xuekan, n. 4 (164), luglio 2004, pp. 14-17]
La teoria dell’ascesa pacifica è stata esposta per la prima volta in modo ufficiale nel discorso dal titolo
“Il nuovo percorso dell’ascesa pacifica cinese e il futuro dell’Asia”, pronunciato
a Bo’ao, il 3 novembre 2003, nell’ambito del Simposio annuale sull’Asia da Zheng Bijian, Presidente
del Forum su riforme e apertura della Cina e ex Vice-direttore della Scuola del Comitato centrale
del Partito comunista cinese. In seguito, il Segretario generale del Pcc Hu Jintao, nel discorso pronunciato
in commemorazione dei 110 anni dalla nascita di Mao Zedong, ha affermato chiaramente che, per sostenere
il socialismo con caratteristiche cinesi, occorre proseguire sulla via dell’ascesa pacifica. Lo stesso
Hu Jintao, in occasione del Decimo studio collettivo dell’Ufficio politico del Comitato centrale del Pcc, tenutosi
il 23 febbraio 2004, ha ribadito la necessità di perseverare sulla via dell’ascesa pacifica e di mantenere
una politica estera indipendente tesa alla pace. Il 10 dicembre 2003, nell’ambito
di una visita all’Università di Harvard, il Presidente Wen Jiabao ha pronunciato un discorso dal titolo
“Volgere lo sguardo alla Cina”: è questa la prima volta in cui un membro del governo ha usato il concetto
di “ascesa pacifica” per descrivere pubblicamente all’estero la futura immagine della Cina, definendone
così in modo ufficiale la posizione sullo scenario internazionale. Nell’incontro
con la stampa seguito alle “due riunioni” - rispettivamente, quella della X Sessione dell’Assemblea
nazionale del popolo e quella della Conferenza politica consultiva, tenutesi entrambe a marzo 2004 - il
Presidente Wen è tornato a trattare l’argomento, definendo con chiarezza il significato essenziale dell’ascesa
pacifica cinese. Il gruppo di ricerca guidato da Zheng Bijian da un po’ di tempo
analizza questo grande tema, affrontandolo da diversi punti di vista, da quello politico, economico,
sociale e culturale. Ultimamente lo stesso argomento ha suscitato una grande attenzione, tanto in ambito
nazionale che estero.
La situazione della ricerca in Cina
Il rafforzamento graduale della Cina, seguito alla politica di apertura e riforma, ha
suscitato grande attenzione nel mondo accademico, che ha affrontato il tema dell’ascesa
della Cina da diverse angolazioni. Risultati significativi sono stati conseguiti
per quanto riguarda le condizioni interne ed esterne e la strategia dell’ascesa. Il primo a trattare
l’argomento è stato il Professore Shi Yinhong del Dipartimento di Relazioni internazionali dell’Università
del popolo, che, nel 1995, ha pubblicato un articolo intitolato “Le norme attuali di politica internazionale
e il loro insegnamento per la Cina” […]. Dopo aver sintetizzato le regole della politica internazionale di
questo secolo, l’articolo configura tre possibili strategie di politica estera
per il processo di ascesa. Dopo Shi Yinhong, Yan Xuetong ha pubblicato il libro L’ascesa cinese.
Valutazioni dell’ambiente internazionale e tre articoli, intitolati rispettivamente “La scelta possibile
dell’ascesa cinese”, “Valutazioni dell’ambiente internazionale sull’ascesa
cinese” e “L’ambiente di sicurezza internazionale dell’ascesa cinese”. Nel libro, l’autore
analizza gli effetti e l’influenza esercitati dall’ambiente internazionale, offrendo
la prima valutazione quantitativa e dettagliata della situazione.
I sempre più numerosi articoli sulla questione possono essere suddivisi in tre grandi categorie di ricerca,
che sviluppano in tutto tredici temi diversi.
(I) Gli studi della prima categoria, che si concentrano sull’interpretazione dell’ascesa pacifica,
espongono due punti di vista distinti: secondo il primo punto di vista, l’ “ascesa
pacifica” sarebbe una strategia proposta in risposta alla teoria della minaccia cinese. Gli studiosi che
sostengono questa posizione ritengono che l’ascesa pacifica sia una precisa strategia di politica estera,
il cui scopo è quello di eliminare i fattori che limitano il rafforzamento della Cina nel suo percorso verso i
grandi paesi del mondo, “confutare la tesi della minaccia cinese”, rendere la Cina attivamente partecipe,
in modo amichevole, delle grandi decisioni mondiali, rassicurare il
mondo, far sì che diminuiscano le
precauzioni e gli atteggiamenti ostili nei confronti della Rpc, nel tentativo di creare un ambiente internazionale
pacifico in cui essa possa svilupparsi. Il secondo punto di vista ritiene che l’ascesa pacifica non indichi
solo il rafforzamento economico, ma che costituisca anche un tipo di orientamento
di valori con peculiarità cinese. Alcuni studiosi credono infatti che l’ascesa cinese non sia tale solo
in senso materiale, ma anche civile. Se così non fosse, qualunque ascesa non sarebbe che temporanea; nel
suo avvicinamento alle grandi nazioni del mondo, la Cina deve pertanto costruire un sistema politico e
culturale adatto alla propria identità futura e alle proprie potenzialità. Esaminando la storia del
ventesimo secolo, Ren Dongla ha indicato l’economia di mercato, la democrazia regolata dalla legge, un
ambiente nazionale ed estero pacifico come le premesse ideologiche e istituzionali
necessarie all’ascesa di un paese a potenza mondiale. […]
(II) Gli studi della seconda categoria
si concentrano sui metodi per
realizzare l’ascesa pacifica; vengono
sviluppati otto punti di vista:
diversi studiosi hanno dimostrato
che la Cina può rompere il modello
storico convenzionale di avanzamento
dei paesi forti e inaugurare
quello dell’ascesa pacifica. Secondo
Su Jingxiang, poiché il modello di
sviluppo seguito dalla Cina è legato
e non avulso dalla contingenza storica
della globalizzazione economica,
ed è inoltre in armonia e non in opposizione all’ordine internazionale esistente, per logica intrinseca
l’ascesa non potrà che essere pacifica. Analizzando la politica estera cinese in diversi periodi storici, Liu
Dexi ha affermato che la pace è principio costante e qualità intrinseca del suo Paese. Xu Jian da parte
sua ha spiegato che l’ascesa deve necessariamente essere pacifica sulla base di due considerazioni: in
primo luogo perché ciò corrisponde agli interessi comuni del mondo e della Cina, in secondo luogo perché
ciò è già stato deciso dalla Cina come strategia di politica estera. […] Liang Shoude, infine, analizzando
la posizione della Rpc nel mondo,
ritiene che essa possa attuare la via
dell’ascesa pacifica a condizione
della non interferenza di altri paesi
nella sua politica interna. Alcuni studiosi hanno proposto delle opzioni strategiche per realizzare
l’ascesa pacifica. Traendo spunto dall’unione monetaria promossa dall’Imperatore Qin Shihuang (259-
210 a.C.) e dall’Unione Europea, Shi Feng ha proposto l’unificazione monetaria della Cina continentale,
Hong Kong, Macao e Taiwan e la realizzazione dell’ascesa pacifica attraverso l’unione monetaria di tutta
l’Asia, con la Cina come centro. […] Xiang Lanxin ritiene che, in termini di politica internazionale, diminuire
gradualmente e consapevolmente la dipendenza dalla strategia dell’Asia e del Pacifico, ridimensionare
l’eccessiva attenzione alla politica estera americana e concentrare le energie sulla collaborazione tra
Asia ed Europa corrisponda alle esigenze dell’ascesa pacifica cinese. […] Wang Yizhou ritiene che
quest’ultima non sia un mero problema di politica estera e che l’elemento determinante sia piuttosto
interno; una volta risolti i problemi interni, un’eventuale minaccia esterna non
potrebbe pregiudicare l’ascesa. Alcuni studiosi ritengono che si tratterà di un processo lento e graduale,
pieno di conflitti e di contraddizioni. Difatti, il progressivo avvicinamento della posizione cinese alle grandi
potenze, oggettivamente solleva una sfida all’egemonia di queste ultime e all’equilibrio di forze ormai
consolidatosi. L’occasione storica dell’ascesa pacifica cinese dipende dall’eventuale instaurarsi della
circostanza favorevole per cui gli interessi comuni del genere umano vengono preposti a quelli
delle singole nazioni. L’essenza fondamentale dell’ascesa è il rinnovamento,
la nuova crescita, non una semplice ripetizione. La Cina non può, come l’Europa e il Giappone alla fine della
seconda guerra mondiale, “chiedere un passaggio” per crescere. Essa può solo basarsi sulle proprie forze,
tra le quali le più importanti sono le condizioni interne ed esterne, perciò attualmente è di grande importanza
che la Cina presti attenzione al proprio sviluppo, limitando l’intervento negli affari internazionali.
Vi è poi chi seleziona uno o più aspetti specifici, attinenti l’economia, la politica, la cultura e altri
campi, per esporne gli effetti sull’ascesa pacifica. Alcuni studiosi ritengono che il “complesso della
Cina”, che racchiude in sé l’essenza della civiltà antica, agisca come collante
nel promuovere l’avanzamento del Paese e sia pertanto molto significativo per la rinascita e l’unità
del popolo cinese. Yan Xuetong per sua arte pensa che l’ascesa cinese debba essere sostenuta da una marcata
coesione politica e dalla forza centripeta della società […]. Ancora, Chen Zhirui ritiene che, nel panorama
politico internazionale della globalizzazione e del post guerra fredda, l’importanza della cultura
nella politica mondiale sia sempre più rilevante. Se intende perseguire l’ascesa pacifica, la Cina deve formulare
una precisa strategia culturale con l’estero. Alcuni studiosi si soffermano ad
analizzare le condizioni necessarie e le difficoltà dell’ascesa. Huang Renwei, ad esempio, ha analizzato
i fattori che potrebbero condizionare internamente ed esternamente l’ascesa della Cina nei prossimi
50 anni da diversi punti di vista, tra cui il legame tra gli aggregati macroeconomici,
la forza complessiva del Paese e il coefficiente di sicurezza nazionale, il rapporto tra la globalizzazione,
la delocalizzazione e internazionalizzazione delle imprese e le potenzialità del mercato
inese, il rapporto tra geoeconomia e geopolitica e quello tra l’ordine internazionale,
la sovranità nazionale e la costruzione delle istituzioni nazionali […]. Un altro filone
d’indagine sottolinea che, se la Cina desidera l’ascesa, deve saper cogliere i periodi strategici
favorevoli per svilupparsi. Studiosi come Liang Fangyu, Xia Liping, Ren Xiao, Wang Gonglong,
Fan Guangji e Yang Jiemian hanno indicato in diversi scritti come la comparsa di occasioni strategiche
favorevoli abbiaregole oggettive e sia determinata da diversi elementi propizi, tanto in ambito nazionale
che internazionale. Per realizzare lo scopo dell’ascesa pacifica e cogliere le occasioni strategiche favorevoli,
la Cina deve prima di tutto gestire in modo accurato gli affari interni. Altri esperti, come Shi Yinhong,
Wang Jun, Rong Xinning, Li Changjiu, Zhang Wenmu e Yuan Weishi, hanno affrontato la questione dell’ascesa
osservando le esperienze e i motivi della prosperità delle grandi potenze mondiali dall’antichità
ad oggi, da cui la Cina può trarre lezione. Vi è poi chi sottolinea la necessità di
convincersi che l’ascesa pacifica richiederà molto tempo, esattamente come è successo per la fase iniziale
del socialismo. Ci sono infine studiosi che ritengono che “l’ ‘ascesa pacifica’ sia solo un sogno, e che
si debba abbandonare l’illusione e
prepararsi alla lotta” […].
(III) Gli studi della terza categoria hanno focalizzato l’attenzione sul rapporto tra ascesa pacifica e
società internazionale. Sono stati principalmente toccati tre temi:
(a) i rapporti tra ascesa cinese e diplomazia. Ruan Zongze ha mostrato come alcune realizzazioni
della diplomazia cinese abbiano di fatto facilitato la comprensione della condotta del paese, facendo sì che
buona parte dell’opinione pubblica mondiale cominciasse a rendersi conto che l’avanzamento della Rpc
costituisce un caso di ascesa pacifica raramente verificatosi nella storia dello sviluppo mondiale. […]
Huang Renguo, constatando gli esiti dei rapporti armoniosi con l’estero, ha confermato che la politica del
buon vicinato ha gettato importanti basi pratiche e teoriche per l’ascesa cinese. Zheng Yongnian ritiene che
attualmente l’economia sia il mezzo principale per l’ascesa pacifica cinese.
Ruan Zongze attraverso l’analisi dei risultati della diplomazia cinese nel 2003 ha mostrato che il nuovo
modo di pensare la diplomazia, flessibile ed efficace, ha creato una proficua piattaforma internazionale
per l’ascesa pacifica cinese. Luo Yuan ritiene che, nel campo dei rapporti con l’estero, l’ascesa attraverserà
le tre fasi della costruzione di confini sicuri, dell’instaurazione di condizioni di sicurezza vantaggiose
per la Cina e, infine, della creazione di un nuovo ordine politico ed economico, favorevole per la Rpc e
sostanzialmente accettabile per la società internazionale. Egli spiega che attualmente la Cina si trova ancora
nella prima fase e osserva che la pace non significa rinunciare al rafforzamento della difesa, né equivale
alla rinuncia all’uso delle armi.
(b) L’influenza dell’ascesa cinese sui rapporti internazionali. Questo problema è stato
discusso da Wang Shaopu in relazione al Giappone e da Ding Songquan rispetto invece
agli Stati Uniti. Fan Guangji ha esaminato l’influenza dell’ascesa iniziale della Cina sulla scena mondiale
da quattro punti di vista: la valutazione dell’opinione pubblica mondiale, l’impatto della struttura
politica, la competizione in campo economico e la sfida sulla sicurezza. Yang Qing ha dichiarato che il
positivo sviluppo dei rapporti tra la Cina e i paesi dell’ASEAN (Association of Southeast Asian Nations) è
il risultato del perseguimento di una politica estera indipendente di pace e della strada percorsa nell’ascesa
pacifica. […] Zhang Fakun ritiene che l’ascesa cinese sia il punto chiave della transizione storica del
centro focale dall’Oceano Atlantico al Pacifico, mentre Jiang Changbin sostiene che l’ascesa cinese sia il
motore2 che alimenta la prosperità economica asiatica.
(c) I rapporti tra ascesa cinese e ambiente internazionale. Tra i principali contributi sul tema vanno menzionati
i diversi scritti di Yan Xuetong, tra i quali il già citato L’ascesa cinese. Valutazioni
dell’ambiente internazionale […]. Ding Songquan a questo proposito ritiene che le diverse
fasi di sviluppo della Cina affronteranno contesti internazionali difformi e che sia quindi necessario
formulare di volta in volta strategie adeguate. Yu Hongjun ha analizzato le condizioni esterne favorevoli
all’ascesa pacifica e gli elementi che invece la ostacolano e ha mostrato come non si possa escludere in modo
completo la possibilità dell’uso delle armi per difendere l’unità territoriale
del paese. […]
(traduzione dal cinese di Chiara Romagnoli)
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L’influenza dell’ “ascesa pacifica” dei comunisti cinesi sulle potenze della regione
[Liu Yiyou, “Lun Zhonggong ‘heping jueqi’ dui quyu qiangquan zhi yingxiang”,
Zhonggong yanjiu, vol. 39, n. 7 (463), luglio 2005, pp. 75-90]
1. Il dibattito relativo alla teoria dell’ ‘ascesa pacifica’
[…] Questo articolo si propone di analizzare le condizioni favorevoli all’ascesa della Repubblica popolare
cinese e le sue conseguenze sullo scenario mondiale. […] Chi scrive si augura di stimolare così il
dibattito e di contribuire alla conoscenza del fenomeno. […] (A livello internazionale), dopo che
nel 1992 si diffuse la ‘teoria della minaccia cinese’, l’ ’ascesa cinese’
e le sue implicazioni divennero un argomento molto dibattuto nel mondo accademico. In questo contesto,
Ross H. Munro, Direttore del Dipartimento di studi asiatici del Centro di ricerca sulla sicurezza di
Washington, nel 1992 sulla rivista
Policy Review pubblicò un articolo intitolato “Awakening Dragon: the
real danger in Asia is from China”, con il quale apriva un nuovo fronte di dibattito sulla questione.
Un anno dopo, l’inviato speciale a Pechino del
New York Times Nicholas D. Kristof, sul periodico
Foreign Affairs, richiamava l’attenzione sul fatto che il fenomeno di continua crescita economica della Repubblica
popolare avrebbe potuto influenzare pesantemente la politica, l’economia e le questioni militari a livello
mondiale. […] Alla fine del 2002, in occasione di una visita negli Stati Uniti, Zheng
Bijian, Vice-direttore della Scuola del Comitato centrale del Partito comunista cinese, si rese conto che
il mondo politico americano era preoccupato per la “minaccia cinese”. Tornato in patria sottopose
subito al Comitato Centrale del Partito la proposta di (elaborare) una strategia di “ascesa pacifica”, ottenendo
l’approvazione del Segretario Generale del Pcc Hu Jintao per l’istituzione di un gruppo di ricerca
sul tema, composto di otto persone
3. […] La prima enunciazione ufficiale del concetto e della teoria dell’ “ascesa
pacifica” in un contesto internazionale risale al discorso tenuto da Zheng Bijian
4 […] (già citato nella
traduzione precedente, n.d.r.). (Infatti) nel corso del secondo Simposio annuale sull’Asia, tenutosi a
Bo’ao nel novembre 2003, Zheng – in qualità di Presidente del Forum su riforme ed apertura della
Cina - utilizzò l’espressione “ascesa pacifica” (
peaceful rise). Oltre a ripercorrere le tappe storiche della
politica di apertura e riforme della Repubblica popolare e a chiarire i vari fattori che condizionano la
posizione attuale della Cina, la sua forza nazionale e il suo sviluppo futuro, Zheng sottolineò come, in que
sta nuova epoca, il suo Paese non possa che seguire la via dell’ascesa pacifica, favorendo il mantenimento
di un ambiente internazionale pacifico in cui svilupparsi, per poi promuovere e proteggere la pace
nel mondo. […] Il Terzo simposio annuale di Bo’ao, tenutosi tra il 24 e il 25 aprile 2004,
fu significativamente dedicato al tema de “L’Ascesa pacifica cinese e la globalizzazione economica”. In
meno di sei mesi la teoria enunciata da Zheng Bijian diventava così un tema di discussione vivamente
dibattuto nei circoli politici, economici e accademici internazionali. [...]
2. Le condizioni per la realizzazione dell’ “ascesa pacifica”
Le teorie formulate da studiosi internazionali in merito all’ascesa pacifica della Rpc concordano nel
riconoscere alla Cina le caratteristiche di “potenza”. Questo saggio prova a esaminare quando, come e
perché possa scoppiare un conflitto di potere - anche su scala regionale - partendo dall’analisi dei tre
fattori costitutivi del potere, ovvero la popolazione, la crescita economica e la capacità politica, in base
alla
Power Transition Theory5. [...].
a - La crescita della popolazione e le sue caratteristiche
Dal 1949, quando la neonata Rpc contava 541 milioni di abitanti, al marzo del 2004, quando invece
poteva vantarne un miliardo e 293 milioni, la popolazione cinese è cresciuta di più del 150%. [...] Secondo
la quinta indagine demograficacondotta nel 2000 dall’Ufficio
nazionale di statistica, il 70% degli abitanti ha un’età compresa tra i 15 e i 64 anni; ciò significa che
il bacino di forza lavoro del Paese è particolarmente ricco. Secondo un’indagine sul tasso di istruzione
ealizzata dallo stesso Ufficio nel 2003, in Cina si contavano allora 1) 651.000 persone impegnate in
un corso di studi post-universitari, 111.000 già in possesso di un titolo di specializzazione; 2) 11.086.000
studenti universitari, 1.878.000 laureati; 3) 12.402.000 iscritti a istituti superiori professionali, 3.438.000
diplomati; 4) 19.648.000 iscritti alle scuole superiori, 4.581.000 diplomati; 5) 66.906.000 studenti
delle scuole medie, 20.184.000 già in possesso del relativo diploma; 6) 116.897.000 alunni delle scuole
elementari, 22.679.000 bambini che avevano già completato l’istruzione obbligatoria; 7) 365.000 persone
iscritte a corsi speciali d’istruzione.
6 Questi dati dimostrano come il governo della Repubblica popolare
abbia concentrato l’attenzione suuna serie organica di misure e strategie volte ad elevare la preparazione
della forza lavoro, a migliorare le risorse umane disponibili e a migliorare la qualità della vita. Per
far fronte al possibile cambiamento dello scenario mondiale, la Cina ha elaborato con anticipo una strategia
volta a ridurre al minimo gli effetti negativi prodotti dall’aumento della popolazione. Se riuscirà a perseguire
efficacemente tale strategia, armonizzandola con l’incessante crescita che la porterà presto ad
essere l’ente economico più grande del mondo
7, la forza della sua ascesa sarà ancora maggiore.
b - Lo sviluppo economico e i suoi esiti
Prima della politica di riforma ed apertura, il PIL della Repubblica popolare cinese
non era che di 362.410 milioni di
yuan, con un reddito pro-capite di 379 yuan, pari a circa 210 dollari
(rapporto 1:5,54). Attraverso le riforme dell’ultimo quarto di secolo, nel 2000
il PIL ha superato gli 11.000 miliardi di yuan, mentre il reddito pro-capite si è avvicinato agli 860
dollari. Se si considera il fatto che la popolazione del paese è pari al 22% di quella mondiale, si tratta di
un risultato considerevole. Secondo una stima delle Nazioni Unite, se l’economia cinese si svilupperà
in modo stabile, nel 2010 il PIL arriverà a 18.000 miliardi di yuan, il reddito pro-capite a 1600
dollari; nel 2020 il prodotto interno lordo arriverà a 35.000 miliardi di yuan, mentre il reddito pro-capite
supererà i 3200 dollari
8. [...] Per un Paese così popoloso sarebbe indubbiamente
una prestazione economica degna di nota. A partire dal 1978, il governo della Rpc ha [...] stimolato l’ingente
crescita del commercio con l’estero; le riserve di valuta straniera sono passate dagli 840 milioni di dollari
del 1979 alla somma - computata nel febbraio del 2004 - di 415.720 milioni di dollari, cifra che colloca
la Cina al secondo posto nella graduatoria mondiale, dopo il Giappone, le cui riserve ammontano
a 776.857 milioni di dollari. Ciò costituisce una base stabile per la crescita economica futura. Inoltre,
proprio grazie a tali riserve la Cina è riuscita a contrastare efficacemente la crisi finanziaria regionale
scoppiata tra il 1997 e il 1998, assicurando la stabilità dei tassi di cambio e manifestando in tal modo
la sua reale forza economica. Da quando, l’11 dicembre 2001, la Cina è entrata nel WTO, l’espansione del suo commercio con l’estero
è stata fulminea. [...] Nel 2003
l’interscambio commerciale ha raggiunto il valore di 850.000 milioni di dollari, complessivamente
inferiore solo a quello degli Stati Uniti e della Germania. In breve il Paese è diventato la sesta potenza
commerciale al mondo
9, attestando un tasso di crescita annuale sempre superiore all’8%. Tutto ciò
dimostra come, facendo affidamento sull’efficienza amministrativa e sulla stabilità politica, la Cina abbia
non solo la capacità di sostenere lo sviluppo della difesa nazionale e di soddisfare le richieste della
popolazione, ma come riesca anche ad attirare efficacemente i capitali stranieri e a creare le condizioni
favorevoli per un’ulteriore crescita economica. Ciò le permetterà di incrementare
la sua potenza nazionale e la sua influenza, di partecipare alle organizzazioni economiche
internazionali e di aspirare ad una posizione da protagonista, dalla quale intervenire per creare
le condizioni più favorevoli al proprio ulteriore sviluppo.
c - Il potere politico e la sua influenza
Nella Repubblica popolare cinese il sistema di potere si articola in sei apparati, ovvero: quello militare,
che presiede alle forze armate nazionali; quello politico-legislativo, che si occupa della sicurezza, della
polizia e dell’attività giudiziaria e legislativa; quello amministrativo; quello della propaganda, che gestisce
l’attività dell’omologo Dipartimento governativo; quello della coesione nazionale, che controlla i
partiti, le imprese, le attività di culto, i rapporti con le comunità cinesi residenti all’estero e le minoranze;
quello delle attività di gruppo, che si occupa dei sindacati, della Lega comunista giovanile e della Federazione
delle donne
10. Di fatto, attraverso i leader politici, le decisioni dei dirigenti delle varie organizzazioni
e le interconnessioni che legano i diversi apparati, il potere dei capi di Partito è saldamente radicato.
Nel rapporto politico presentato in occasione della XV Assemblea Generale nel settembre del 1997,
Jiang Zemin ha affermato che “nel mantenimento dei quattro principi fondamentali
11, la Cina deve continuare
a promuovere la riforma del sistema politico e, prendendo a modello gli stati di diritto, costruire
uno stato di diritto socialista.”
12 Oltre a rivelare la finezza politica di questo autocrate illuminato, tale
affermazione implica anche un cambiamento nella conduzione e nel modo di governare del Partito;
un cambiamento che, attraverso un meccanismo di legittimazione giuridica, aspira a far coincidere
la posizione del Pcc con la volontà nazionale. [...] Ciò aprirà una prospettiva
di speranza per la riforma del sistema politico cinese e per l’avvento di un regime democratico.
Pur conservando una chiara connotazione socialista e il sistema della dittatura del Partito, lo sviluppo
politico della Repubblica popolare sembra lentamente tendere verso la corrente democratica a livello
mondiale. Non si può però negare che l’arbitrarietà di un regime in cui vige la dittatura del Partito sia
di fatto contraria agli obiettivi di democrazia e di stabilità. L’ordinamento
attuale rischia per questo di dover prima o poi fronteggiare un duro attacco da parte dell’opinione
pubblica, sempre più consapevole e informata. In definitiva, la Rpc sta cercando
lentamente di attuare una transizione da un sistema di potere fortemente accentrato ad uno più liberale.
Se tutte le condizioni saranno mature, alla fine si arriverà forse ad un regime democratico “con caratteristiche
cinesi”, che risulterà di enorme vantaggio per la stabilità politica del Paese [...].
3. L’influenza dell’ascesa pacifica sulle potenze dell’area
Insoddisfatta della propria condizione attuale e cosciente della superiore forza della superpotenza
statunitense e impegnata nello strenuo tentativo di contenere il senso di minaccia
provato dai Paesi circostanti, la Cina non poteva far altro che adattarsi alla realtà internazionale
e proporre la teoria dell’ “ascesa pacifica”. Se in futuro deciderà di limitare l’area della sua influenza
alla regione asiatica, forse la supremazia degli Stati Uniti non potrà dirsi minacciata e si potrà evitare lo
scontro [...]. Dal punto di vista geografico, [...] la Cina occupa il cuore del territorio
dell’Asia, che, procedendo in senso orario, può essere suddiviso in quattro settori: l’Asia Centrale (Khazakistan,
Kirghizistan, Tagikistan, Turkmenistan e Uzbekistan), l’Asia Nord-orientale (estremità orientale
della Russia, Corea del Nord e del Sud, Giappone e Taiwan), l’Asia Sud-orientale (Filippine, India, Vietnam,
Cambogia, Malesia, Singapore, Tailandia, Laos e Birmania) con le isole dell’Oceania e, infine, il subcontinente
asiatico (India, Pakistan, Bangladesh, Nepal, Sri Lanka, Maldive, Buthan). Si tratta di un territorio
molto esteso e diversificato, con più di trenta stati sovrani, di cui alcuni molto estesi, altri minuscoli, alcuni di
regime autocratico, altri democratico, alcuni economicamente molto forti, altri in condizioni di povertà
estrema
13. Rispetto ad altre regioni significative, l’Asia è caratterizzata anche da una grande varietà di popoli,
culture e fedi religiose. Trovandosi al centro di questo territorio, da un punto di vista politico-strategico la Cina gioca
un ruolo decisivo su ogni settore del continente asiatico; allo stesso modo, ogni
cambiamento d’assetto nella zona esercita necessariamente un’influenza sulla Cina. Per questo motivo
è impossibile pensare che essa si mantenga estranea agli avvenimenti che interessano l’area [...]. Vediamo
dunque in dettaglio quale sarebbe la sua influenza sui quattro settori asiatici appena delineati.
a) Asia Centrale Questo vasto territorio non solo costituisce un corridoio fra il continente
europeo e quello asiatico, ma è anche luogo di scambio fra la cultura occidentale e quella orientale.
La posizione particolarmente vantaggiosa e la ricchezza di risorse strategiche hanno reso questa zona
di grande interesse per le potenze mondiali. In particolare, dopo che l’Unione Sovietica si è disgregata
dando vita a cinque stati indipendenti, la crescente importanza strategica ed economica dell’area ha
indotto la Cina, gli Stati Uniti e la Russia a cercare in tutti i modi di penetrarvi
per guadagnarsi una posizione vantaggiosa. Se la Cina vorrà esercitare la sua influenza sull’Asia
Centrale (ad esempio attraverso l’Organizzazione di collaborazione di Shanghai)
14, un confronto di forza
con gli Stati Uniti e la Russia sarà inevitabile. [...] Indebolita dalla disgregazione, pur volendo, la Russia
non sarebbe necessariamente in grado di intervenire in risposta alle azioni cinesi
15. Per quanto riguarda
gli Stati Uniti, dopo essere riusciti a mettere piede in Asia Centrale con il pretesto della “lotta al terrorismo”,
oltre a spartirsi una parte delle risorse strategiche dell’area, essi intendono
soprattutto ridurre quanto più possibile lo spazio lasciato vuoto dalla Russia, e contenere la
presenza cinese nel settore occidentale per inibirne il rafforzamento. Un’evoluzione della situazione in
questa direzione sarebbe malvista dalla Repubblica popolare.
b) Asia Nord-orientale
Con un volume commerciale pari al 20% di quello mondiale, il 30% della popolazione del globo e il tasso
di crescita economica più accelerato del pianeta, quest’area gioca un ruolo decisivo sull’intero sistema
economico
16. Tra i Paesi che ne fanno parte, la Russia, la Cina e il Giappone sono comunemente
riconosciuti come delle potenze. Oltre alla Corea del nord, anche la Cina e la Russia possiedono
armamenti nucleari; le ultime due hanno inoltre un seggio permanente all’ONU. Poiché anche altri paesi
dell’area sono economicamente e militarmente potenti, è difficile delineare dei
rapporti di forza chiari nella regione. Secondo gli Stati Uniti, invece, la Cina avrebbe potenzialmente la
capacità di cambiare l’assetto del quadrante, con conseguenze svantaggiose per l’America. Per questo
Washington cerca di mantenere buoni rapporti con i Paesi dell’area e conserva ingenti armamenti in
Giappone, Corea del Sud, ecc. Considerato ciò, se l’ascesa cinese non si arresterà, i rapporti di forza
nell’area potrebbero complicarsi. Per quanto riguarda le relazioni tra la Cina e la Russia, [...] negli ultimi
anni i due paesi non solo hanno scambiato numerose visite di alte cariche istituzionali, ma hanno anche
approfondito la collaborazione in diversi settori, nella consapevolezza che la costruzione di “rapporti di
partenariato e cooperazione strategica” saranno utili alla stabilità di entrambe le parti
17. La maggiore influenza
e capacità d’intervento della Cina nelle questioni internazionali [...] costituisce però una notevole
pressione nei confronti della vicina Russia (se i rapporti tra quest’ultima e la NATO si faranno più stretti
e se la Russia dovesse addirittura entrare a far parte del Patto Atlantico, un suo intervento attivo negli
affari asiatici troverebbe una legittimazione). Per questo è possibile affermare
che, seppur di collaborazione, i rapporti tra Pechino e Mosca non sono pienamente distesi.
Venendo alla situazione col Giappone, da quando la Cina ha orientato la strategia militare sulla “difesa costiera”,
la tensione tra i due paesi è aumentata, a dispetto degli sforzi della diplomazia bilaterale volti ad
evitare lo scontro diretto [...]. Attualmente, entrambi i paesi sono impegnati nel triplice obiettivo di “radicare
la propria presenza nell’Asia nord-orientale, tenere sotto controllo il continente asiatico, aprirsi al mondo”
18. Trattandosi di percorsi molto affini, la competizione per accaparrarsi i vantaggi potrebbe produrre
scontri in diversi ambiti. Dopo l’11 settembre, per gli Stati Uniti impegnati nella lotta al terrorismo
è diventato necessario coordinare gli armamenti strategici di tutto il globo; in molte occasioni essi hanno
dovuto appellarsi alle forze cinesi, cosicché la Repubblica popolare è diventata un fattore non
trascurabile nelle relazioni nippo-americane. Poiché Pechino e Washington hanno molti interessi in
comune sulle questioni della lotta al terrorismo e degli armamenti nucleari della Corea
del Nord, i due governi stanno costruendo rapporti “di collaborazione, franchi e costruttivi”, che costringono
il Giappone a riesaminare attentamente l’ascesa cinese. Per questo, negli ultimi anni l’interazione
fra i due vicini orientali si è gradualmente intensificata attraverso contatti diplomatici e governativi di
vario livello, a dimostrazione della comune intenzione di migliorare le relazioni reciproche [...].
Per quanto riguarda i rapporti tra la Cina e le due Coree, fondamentale è stato il “Colloquio quadrilaterale”
tenutosi a Ginevra nel dicembre del 1997 su iniziativa degli Stati Uniti. Sono state allora poste le basi per
l’istituzione di un meccanismo di dialogo multilaterale sulla sicurezza della penisola coreana
19. La Repubblica
popolare cinese è consapevole che la politica internazionale sta procedendo verso un sistema multipolare,
il quale la costringe a prestare ancor più attenzione ai paesi vicini, in particolare allo sviluppo
della situazione nella penisola coreana. Su questo fronte essa sta attualmente operando come garante
della sopravvivenza del regime nordcoreano e della stabilità dell’intera penisola.
In seguito agli eventi dell’11 settembre, la lotta al terrorismo internazionale
e l’impegno per la non proliferazione degli armamenti nucleari sono diventati i cardini della politica
estera americana. La Corea del Nord è stata da Washington inclusa tra gli Stati componenti “l’Asse del
male”; come tale è diventata uno degli elementi da isolare e contenere
20. Per questo motivo il regime
nordcoreano ha ancor più bisogno del sostegno cinese. Così, ad esempio, quando nell’ottobre del 2002
il governo di Pyongyang sollevò il problema del nucleare
21, in risposta alla linea di politica estera nordcoreana
basata sull’intimidazione bellica gli Stati Uniti adottarono un atteggiamento di ferma chiusura, che
surriscaldò la già tesa situazione della penisola. Ciò indusse la Cina, la Corea del Sud e i Paesi circostanti
a promuovere attivamente il dialogo. Nel processo di risoluzione del problema coreano, la Repubblica
popolare cinese non solo ha partecipato ai principali meccanismi di coordinamento esistenti (si pensi,
ad esempio, alle convenzioni di dialogo a tre e a sei parti)
22, ma ha anche dimostrato le caratteristiche
di un paese forte, sia a livello regionale che globale. Veniamo ora ai rapporti con Taiwan.
Da quando, nel 1949, le due sponde si sono contrapposte come identità politiche distinte, non hanno mai
rinunciato a rivendicare un diritto di sovranità l’una sul territorio dell’altra.
Ciò nonostante, poiché i modelli di sviluppo politico ed economico sono difformi e manifestano momenti
di avvicinamento e di divergenza, i rapporti tra le due sponde si sono sviluppati in direzione della
“separazione politica e della cooperazione economica”. La posizione della Repubblica popolare
nei confronti di Taipei si può riassumere nelle seguenti espressioni: “mantenere il principio di un unico
Stato”, “considerare il problema di Taiwan come una questione di politica interna e opporsi a intrusioni
straniere”, “opporsi all’instaurazione di rapporti ufficiali tra l’isola e
qualsiasi paese straniero”, “gestire il problema taiwanese secondo il principio
di una sola Cina”, “opporsi alla vendita di armamenti dall’estero”, “risolvere pacificamente il problema
di Taiwan, senza però escludere il ricorso alle armi”. La posizione di Taipei può invece essere sintetizzata
nella parola “coesistenza”
23. Poiché la Repubblica popolare non è soddisfatta
dell’attuale equilibrio di potere fra le due sponde, ha recentemente disposto una serie di condizioni soggettive
per ammettere il ricorso alle armi contro Taiwan, ovvero in caso di “dichiarazioni di indipendenza,
di disordini interni, della produzione di armi nucleari e del rifiuto a tempo indeterminato all’unificazione”
24.
L’obiettivo di Pechino nel porre tali condizioni è evidentemente quello di arrogarsi un diritto di intervento
e assicurarsi una posizione da cui operare, in futuro, per risolvere la questione di Taiwan.
c) L’Asia Sud-orientale
Dopo la cadutadell’Unione Sovietica, le relazioni tra la Rpc e il Sud-est asiatico hanno conosciuto uno
sviluppo dirompente, come dimostrato dall’instaurazione di rapporti diplomatici
con tutti i Paesi dell’area. Oltre ad accrescere il numero delle visite di alte cariche istituzionali, è
stato avviato un ricco interscambio in molti settori, tra cui quello politico, economico, militare, culturale,
tecnico-scientifico e pedagogico. Ciò ha fatto sì che la Cina e i Paesi del sud-est asiatico maturassero una
visione comune su molte questioni internazionali, di grande utilità per la risoluzione di numerosi problemi
dell’area. Sebbene con il passar del tempo l’influenza della Cina sull’Asia sudorientale
si sia fatta via via più rilevante, Pechino deve comunque tener conto delle grandi potenze mondiali.
Va inoltre considerato che, per incrementare la sicurezza e la stabilità dell’area, i Paesi della Lega Asiatica
stanno cercando di stabilire rapporti di cooperazione e amicizia con altri Stati, il che può compromettere gli
sviluppi della posizione cinese dell’area. Nel complesso, le relazioni tra la Rpc e i Paesi del Sud-est asiatico
possono finora dirsi di convivenza e competizione. In tale situazione di coesistenza competitiva, l’ingresso
della forza di Paesi esterni nell’area non sconvolgerebbe l’equilibrio e la stabilità della struttura di potere
attuale. Rispetto ai Paesi circostanti e al problema del Mar Cinese meridionale,
tale eventualità stimolerebbe piuttosto l’adozione di misure efficaci di comune apertura. Per la
Cina, che per prima sperimenta lo sviluppo economico e tenta di rimuovere la minaccia ai paesi vicini, ciò
sarebbe indubbiamente positivo.
d) L’Asia meridionale
I cambiamenti della situazione nella zona dipendono dai giochi di potere delle grandi potenze. In
particolare, lo sviluppo delle relazioni indo-cinesi è frenato da quelle tra la Cina e il Pakistan.
Negli ultimi anni gli Stati Uniti hanno cercato di accattivarsi l’India per costituire un’alleanza strategica che
controllasse la Cina. D’altra parte, anche quest’ultima ha cercato di migliorare i propri rapporti con
l’India, con l’obiettivo di ostacolare la formazione di un’alleanza indoamericana
[...]. In tempi recenti, inoltre, la Repubblica popolare si è strenuamente impegnata
nel tentativo di instaurare relazioni diplomatiche paritarie tra l’India e il Pakistan, per infrangere
il vecchio ordine e instaurare nuovi rapporti con i Paesi dell’area. Per riuscirvi, Pechino dovrà però affrontare
molte difficoltà, tra cui il sospetto dell’India rispetto alla minaccia derivante dall’ascesa pacifica cinese
e dalla vendita di armamenti tra il Pakistan la Repubblica popolare. Quest’ultima dovrà inoltre considerare
la risolutezza dei terroristi nella zona e l’intervento della forza americana e giapponese nell’area.
Nel complesso, la situazione della Cina nel quadrante asiatico può essere così riassunta: essa deve considerare
a Est la potenza economica e militare giapponese; a Nord la Russia, ovvero la seconda potenza
nucleare mondiale; a Ovest i nuovi Paesi centrasiatici, sui quali puntano le grandi potenze del pianeta; a
Sud-ovest l’India, che ha rapporti di cooperazione militare con gli Stati Uniti e si è gradualmente risollevata
fino ad essere chiamata “il sesto polo” mondiale; a Sud i Paesi della Lega Asiatica, che hanno legami di
collaborazione militare con Washington, e Taiwan, protetta da
Taiwan Relations Act con gli Stati Uniti
25.
Tutti questi Paesi non necessariamente manterranno atteggiamenti amichevoli nei confronti di Pechino.
Per di più, l’influenza americana sull’area non è assolutamente diminuita e si frappone al percorso di
avvicinamento alle grandi potenze intrapreso attivamente dalla Repubblica popolare cinese. Pur consapevole
di tutto ciò, quest’ultima preme per la stabilità politica, per lo sviluppo economico e per smentire i timori
dei Paesi stranieri nei confronti della “minaccia cinese”. La sua forza nazionale non è ancora sufficiente
a cambiare l’attuale struttura di potere nell’area. Per questo, sebbene insoddisfatta, la Cina non può far
altro che accettare pazientemente la realtà internazionale.
4. Conclusioni
Agli inizi degli anni Novanta, a causa dei fatti di Tian’anmen e della dissoluzione del potere comunista
nell’Unione Sovietica e nell’Europa dell’Est, la Cina è venuta a trovarsi
in un contesto internazionale sfavorevole. Per questo motivo Deng Xiaoping ha invitato il suo Paese a
“celare le proprie capacità in attesa del momento opportuno” [...]. In seguito
all’ininterrotta crescita economica, era naturale che la Repubblica popolare cominciasse a reclamare i
suoi diritti e interessi legittimi e che pretendesse di assumersi la propria responsabilità sulla scena mondiale.
[...] Nel 1995, con il cambiamento delle condizioni della sicurezza internazionale, la Cina ha cercato
di perseguire una nuova strategia globale:
26 contando sull’accresciuta forza nazionale, ha gradualmente
adottato una “strategia da grande potenza”. In questo senso Jiang Zemin, dopo essere salito al potere nel
1997, dichiarava che, pur rispettando il principio enunciato da Deng Xiaoping, occorreva “essere vigili in
tempo di pace, esporsi per rafforzare il Paese, cogliere le opportunità e accelerare lo sviluppo”.
Dopo i fatti dell’11 settembre gli Stati Uniti, per necessità strategiche legate alla lotta al terrorismo, hanno
cominciato ad attribuire più importanza alla posizione politica internazionale della Cina che alla sua
situazione economica. Anche per Pechino la “diplomazia da grande potenza” è gradualmente diventata
un elemento fondamentale della politica estera, andando impercettibilmente a costituire un concetto
globale e facendo della Repubblica popolare una potenza di fatto. Sebbene gli Stati Uniti siano attualmente
alla guida dell’ordine economico e politico mondiale, non risparmiano comunque alcuno
sforzo volto a contenere l’eventuale ascesa di un’altra potenza che possa minacciare la loro supremazia.
Ciò è ancor più vero nei confronti della Cina, un Paese socialista che, tanto dal punto di vista concettuale
che da quello dell’ordine sociale, è lontano dai valori della democrazia proclamati a gran voce da
Washington. Come potrebbero gli Stati Uniti permettere che la Cina si rafforzasse a tal punto da minacciare
la loro supremazia? Per questo motivo, è prevedibile che, per assicurarsi l’agognato ruolo di potenza
mondiale, la Repubblica popolare dovrà percorrere una via lastricata di variabili pericolose. Forse essa
non è ancora in grado di sfidare di propria iniziativa il ruolo egemonico degli Stati Uniti. Ma essere relegata
in una posizione subordinata non è certamente quanto desidera.
traduzione dal cinese e note di Federica Casalin)
MONDO CINESE N. 125, OTTOBRE-DICEMBRE
2005