“Ma gli alimenti verdi saranno davvero verdi”? Secondo un articolo pubblicato il 31 luglio sul
Quotidiano
del popolo1. , si tratterebbe di una domanda ancora frequente fra i consumatori che, tra gli scaffali
dei supermercati delle grosse città cinesi, si imbattono negli ormai sempre più diffusi prodotti
recanti il marchio lüse shipin. Ai dubbi di quanti già conoscono le caratteristiche di questa particolare categoria di alimenti e le garanzie da essa offerte, si aggiunge l’ignoranza di chi non ne ha
mai sentito parlare,incluso a volte anche chi lavora tra i banchi di frutta e verdura che espongono
tale marchio2..
Sono queste alcune delle difficoltà con cui ancora si confronta, in Cina, il settore degli alimenti
provenienti da agricoltura biologica, un settore non soltanto in dinamica espansione da ormai più di
dieci anni, ma destinato anche a diventare - almeno nelle intenzioni del governo della Repubblica
Popolare Cinese - elemento trainante dell’economia nazionale.
1. Gli inizi
Gli albori del movimento per l’impiego di metodi d’agricoltura biologica in Cina risalgono agli anni
Ottanta. Nel 1984 fu infatti fondata, presso l’Istituto di scienze ambientali di Nanchino, una Sezione di ecologia rurale (SER) attiva nella definizione, applicazione e diffusione di metodi agricoli
sostenibili e biologici. Nel 1989 la SER fu ammessa all’IFOAM (International Federation of
Organic Agriculture Movements): fu così inaugurata la partecipazione cinese al movimento internazionale per l’agricoltura biologica.
Appena un anno dopo, nel 1990, un’azienda della provincia del Zhejiang richiese la certificazione
di prodotto biologico per l’esportazione di té verde destinato all’Olanda. Mancando allora in
Cina un organismo a ciò preposto, l’attestazione fu rilasciata da un’agenzia olandese, che garantì la
corrispondenza del prodotto in questione ai requisiti del paese destinatario. L’iter adottato in tale
occasione, basato sull’intervento di istituzioni straniere per sopperire all’assenza di enti nazionali
competenti in materia, sarebbe stato seguito per diversi anni, soprattutto nei casi di prodotti destinati al mercato estero.
Nel tentativo di colmare tale lacuna, nel novembre del 1992 fu istituito a Pechino il
Zhongguo lüse
shipin fazhan zhongxin o China Green Food Development Center (CGFDC), sotto la giurisdizione
del Ministero dell’Agricoltura3.. Il CGFDC fu incaricato di definire i requisiti qualitativi della categoria degli “alimenti verdi”, esaminare e certificare i prodotti, fare
ricerca in tema di protezione ambientale e di produzione agricola sostenibile, provvedere alla formazione del personale,
formulare progetti per promuovere gli alimenti verdi, amministrare l’uso del marchio, organizzare iniziative di scambio tecnologico, coordinare il lavoro dei vari uffici
decentrati. Nel 1993 anche il CGFDC divenne membro dell’IFOAM4., proponendosi così,
sulla scena internazionale, come l’unico centro di certificazione autorizzato dal governo della Repubblica Popolare.
In realtà, solo una piccola parte dei prodotti che da allora il CGFDC ha esaminato e certificato come
lüse shipin può dirsi effettivamente equiparabile a quello
che nei Paesi anglosassoni viene chiamato organic food, ovvero il corrispettivo del nostro cibo biologico. La ragione non va ricercata tanto in una carenza
qualitativa, quanto piuttosto in una diversa “filosofia di base”.
2. I lüse shipin: la “via cinese” al prodotto biologico
Secondo quanto riportato in un opuscolo informativo pubblicato congiuntamente dal CGFDC, dal
Centro per la sicurezza e la qualità dei prodotti agricoli del Ministero dell’Agricoltura e dal Centro
Zhonglü Huaxia per la
certificazione dei prodotti biologici5., i
lüse shipin sono “beni alimentari non inquinati, di ottima
qualità e di buon valore nutritivo, prodotti nel rispetto dei principi dello sviluppo sostenibile, secondo metodi prestabiliti, riconosciuti da organismi a ciò preposti
e autorizzati ad utilizzare il marchio commerciale corrispondente”6..
Si legge poi che, per essere considerati tali, “gli alimenti verdi devono essere frutto di un ambiente controllato, nel quale le
caratteristiche del suolo, dell’aria e dell’acqua rispettino gli standards
predefiniti in materia [...] Durante tutto il processo produttivo devono inoltre osservare rigorosamente i parametri
tecnici stabiliti sull’uso di additivi come pesticidi, fertilizzanti, fitofarmaci, medicinali, integratori
alimentari per il bestiame, ecc.”7..
Scorrendo i vari requisiti elencati nell’opuscolo, si nota presto l’assenza del principio portante su cui
poggia l’agricoltura biologica propriamente detta, vale a dire l’impiego di metodi di coltivazione e
di allevamento esclusivamente naturali. Al contrario, nel caso degli “alimenti verdi” è
dichiaratamente prevista la possibilità di ricorrere a sostanze di sintesi, a condizione che ciò avvenga in modo controllato, nel
rispetto di parametri definiti per legge, sotto il controllo di enti preposti all’ispezione e alla
certificazione, i quali garantiscano un prodotto finale che non contenga traccia delle sostanze
chimiche impiegate durante parte del processo produttivo.
Secondo l’ing. Zhou Xubao del CGFDC, nella sua formulazione originaria il concetto di
“alimento verde” può essere interpretato come una sorta di “via cinese”
all’agricoltura biologica, da intendersi come una “ragionevole mediazione fra due esigenze contrapposte”: limitando - senza però
eliminare del tutto - il ricorso a metodi di coltivazione non naturali, i lüse shipin tutelano infatti
non soltanto il consumatore, sempre più attento alla qualità e alla sicurezza di ciò che mangia, ma
anche i produttori, ancora poco disposti a rinunciare integralmente all’assistenza della chimica per affrontare i costi e i rischi legati alla produzione biologica vera e propria8..
3. Reazioni del mercato e adattamenti normativi
Se tale compromesso poteva essere accettato dal mercato interno9., quello estero si dimostrò invece più restio ad accogliere gli
“alimenti verdi”, ritenuti non equiparabili all’organic food prodotto altrove secondo standards
uniformemente riconosciuti. Non a caso, nei primi anni di sperimentazione solo una minima
parte dei lüse shipin prodotti in Cina fu destinata all’esportazione.
Per far fronte a tale difficoltà, nel 1995 il China Green Food Development Center annunciò
l’introduzione di una novità nella certificazione: da allora i lüse shipin sarebbero stati distinti nei
due gradi A e AA. Diversamente dal primo, il secondo vietava in modo assoluto l’uso di qualsiasi
sostanza di sintesi nel corso dell’intero processo produttivo. I requisiti degli alimenti verdi di
grado AA venivano così di fatto a coincidere con quelli dell’organic food prodotto nei Paesi stranieri.
In quasi quindici anni di esperienza il settore in questione ha sperimentato una crescita vivace e
costante: se all’inizio degli anni Novanta non si contavano che poco più di un centinaio di
lüse shipin, secondo una statistica pubblicata nell’agosto di quest’anno, attualmente ben 7.219
beni alimentari10., prodotti da 3.044 aziende diverse, possono vantare il marchio di “alimento
verde”, con un volume complessivo pari a 49.880.000 tonnellate, vale a dire l’1%-1,5% della
produzione agricola nazionale11..
Oltre al notevole riscontro di mercato, secondo alcuni esperti del settore ai lüse shipin andrebbe riconosciuto un altro merito. Proprio il loro successo avrebbe infatti fornito alla Cina la solida
esperienza necessaria allo sviluppo di un’altra categoria di prodotti, più affini all’organic food
propriamente detto12.: gli youji shipin13..
4. Gli youji shipin: il biologico cinese secondo gli standards internazionali
Parallelamente all’iniziativa di governo volta a promuovere gli “alimenti verdi” si era venuta sviluppando, in modo pressoché
spontaneo, una rete di piccole realtà aziendali che, lontano dai riflettori delle politiche agrarie di
Stato, sperimentavano un ritorno a metodi di coltivazione tradizionali, ecosostenibili, e - di fatto
biologici14..
A sostegno di tale realtà, nel 1994 l’Agenzia nazionale per la Protezione Ambientale approvò la
riorganizzazione del già menzionato SER di Nanchino, cui fu assegnato il nuovo nome di
Youji
Shipin Fazhan Zhongxin o Organic Food Development Center (OFDC). Sostenuto dalla consulenza di enti omologhi stranieri e
dotato di personale addestrato dall’IFOAM secondo gli standards da questo codificati, l’OFDC cominciò presto ad effettuare le prime ispezioni: esso divenne così il
primo istituto cinese autorizzato alla certificazione degli youji shipin, alimenti prodotti conformemente alle regole
vigenti all’estero per l’organic food. Ad esso venne ad aggiungersi, nel marzo del 1999, l’Organic Tea
Research and Development Center, specializzato nella certificazione di té, bevande e
prodotti erboristici.
Oltre a questi due istituti autoctoni, fin dagli anni Novanta cominciarono ad operare in
Cina anche diversi enti stranieri.
Alcuni di essi, come l’americano OCIA, il francese ECOCERT, il tedesco BCS e lo svizzero IMO,dispongono attualmente di uffici di
rappresentanza permanenti; altri hanno avviato joint-ventures con partners locali ed effettuano congiuntamente l’attività di ispezione e di certificazione.
Nel tentativo di coordinare e uniformare il sempre più articolato complesso di enti e istituti coinvolti nella produzione, ispezione
e certificazione dei prodotti biologici cinesi, all’inizio del 2003 anche il China Green Food
Development Center accolse un dipartimento dedicato agli youji shipin, il
Zhonglü Huaxia Youji
Shipin Renzheng Zhongxin, conosciuto all’estero come China Organic Food Certification Center
(COFCC). Dopo solo un anno di attività, il COFCC certificò la presenza di 102 “aziende biologiche”
e l’immissione sul mercato di 231 prodotti biologici, con un volume complessivo di 13.460.000 tonnellate. L’86,4% del prodotto è risultato essere destinato all’esportazione, per un valore di quasi 40
milioni di dollari15.. Secondo statistiche più recenti, attualmente si conterebbero ben 288 aziende,
produttrici di 843 articoli.16.
5. Molti problemi...
Tanto l’andamento dei dati statistici, quanto il proliferare degli istituti dediti alla ricerca, produzione e certificazione dei
lüse
shipin e degli youji shipin sembrano indicare una costante e rapida avanzata dell’agricoltura
biologica in Cina.
In realtà, numerosi problemi rischiano di frenarne l’ulteriore sviluppo.
Una prima difficoltà risulta essere legata proprio alla compresenza, sul mercato, di due categorie di prodotti solo in parte affini, la cui somiglianza rischia non
soltanto di confondere i consumatori locali, ma anche di fuorviare gli esportatori stranieri, non sempre a conoscenza delle norme in
vigore in Cina, della loro sfera d’azione e delle frequenti variazioni in materia17..
Un ostacolo ancora maggiore deriva dalla pluralità degli istituti coinvolti nella certificazione e dalla eterogeneità dei parametri applicati. Se per i
lüse shipin è stato
istituito, fin dagli anni Novanta, un unico centro a livello ministeriale che codifica la normativa di riferimento, ne
controlla l’applicazione, coordina gli uffici periferici e rilascia le certificazioni, molto più complessa risulta invece la galassia degli
youji shipin, caratterizzata dalla compresenza di istituti di certificazione locali e stranieri, per
lungo tempo costretti a operare senza una regolamentazione nazionale uniforme. Ciò non solo ha
concesso un ampio margine di discrezionalità nella definizione dei criteri di valutazione, ma ha
anche frenato la cooperazione e alimentato la competizione fra i vari enti di certificazione desiderosi di accaparrarsi una fetta di
mercato.
Oltre a queste difficoltà, gli operatori del settore lamentano inoltre il limitato sviluppo del mercato interno, la carenza di personale specializzato e le ridotte dimensioni delle aziende coinvolte,
che non permettono di investire in tecnologia e innovazione.
Non va infine trascurato il problema a cui si è accennato in apertura, ovvero la perplessità dei
consumatori. Alimentata in parte dalla scarsa trasparenza della normativa in materia, la diffidenza dei potenziali acquirenti è fomentata anche dall’abbondanza,
sul mercato, di prodotti etichettati come wu wuran (“senza inquinamento”), o
chun tianran (“interamente naturali”), che non offrono però alcuna garanzia al riguardo. A ciò si aggiunge il periodico allarme per casi di contraffazione del marchio, casi che
riguardano tanto i lüse shipin, che gli youji shipin, e che - almeno nella capitale - ammonterebbero
a circa il 10% delle vendite18..
6. … e alcune recenti soluzioni.
Per trovare una soluzione a questi problemi, sono state recentemente avviate alcune iniziative di
primo rilievo. Va in primo luogo segnalata l’entrata in vigore, dall’1 aprile 2005, del “Regolamento sulla
certificazione dei prodotti biologici” (Youji chanpin renzheng guanli banfa)19., con il quale vengono finalmente stabilite norme
di legge univoche, con valore sull’intero territorio nazionale, atte a codificare il rilascio delle
certificazioni per gli youji shipin. A tutela dei consumatori il Regolamento stabilisce disposizioni rigorose sull’uso del marchio, che
deve riportare, oltre alla dicitura cinese di youji shipin, anche il corrispettivo inglese
organic20.. Lo
stesso Regolamento vieta l’uso di etichette fuorvianti come quelle già menzionate di
wu wuran e
chun tianran, e impone al negoziante l’obbligo di esibire la licenza di vendita su richiesta dell’acquirente. Se
effettivamente applicato, tale insieme di regole dovrebbe finalmente porre fine al
caos normativo perdurato fino ad oggi.
Il 17 e 18 agosto di quest’anno si è poi tenuto, a Nanchino, il “Convegno nazionale di lavoro
sui prodotti agricoli non inquinati e sugli alimenti verdi” (Quanguo wugonghai nongchanpin lüse
shipin gongzuo huiyi)21.. Oltre che di “alimenti verdi” e “biologici”, in tale occasione si è discusso anche dei cosiddetti “prodotti agricoli non inquinati”
(wugonghai nongchanpin), una categoria istituita nel 2001 per indicare i “prodotti che fanno un uso ragionevole di fertilizzanti e fitofarmaci,
tale da garantire la sicurezza dell’ambiente e dell’alimento senza che la quantità prodotta venga
decurtata”22.. Secondo le osservazioni conclusive rilasciate dal Ministero dell’Agricoltura, è intenzione del governo della Repubblica Popolare promuovere “i tre
prodotti” (sanpin), facendo sì che quelli “non inquinati” guadagnino la fiducia del mercato
interno, quelli “verdi” diventino più competitivi, quelli “biologici” acquisiscano maggior riconoscimento e spazio sul mercato internazionale23..
Sono forse questi i sintomi più evidenti della crescente attenzione che il governo cinese rivolge
all’agricoltura sostenibile e biologica come via maestra per garantire la salute del consumatore
e la tutela dell’ambiente.
Non si pensi però che a guidare gli attuali governanti siano soltanto dei lodevoli motivi etici.
Come dimostrato dagli esperti dell’UNESCAP (United Nations Economic and Social Commission
for Asia and the Pacific) che nell’ottobre del 2003 a Changyuan hanno incontrato alcuni esponenti del CGFDC, l’agricoltura sostenibile e biologica sarebbe un’ottima via per ridurre la povertà
delle campagne24.. E’, questo, un obiettivo prioritario nell’agenda della Repubblica Popolare Cinese, come confermato dal rapporto sull’attività di governo presentato dal Primo ministro Wen
Jiabao in occasione della 3° Sessione della X Legislatura dell’Assemblea nazionale del popolo25..
“Comprate gli alimenti biologici!”, sembra quindi voler dire l’articolo del
Quotidiano del popolo citato in apertura: il vostro stomaco e i contadini cinesi ve ne saranno entrambi grati!
MONDO CINESE N. 124, LUGLIO-SETTEMBRE
2005
Note
1 Zhang Yulai, “Lüse shipin zhen lü“ (Gli
alimenti verdi sono davvero verdi),
Renmin ribao, 31 Luglio 2005, p. 6.
2 E’ questo, ad esempio, il caso
emblematico di una commessa di un
supermercato di medie dimensioni nella zona nord-est di Pechino, che esponeva diversi ortaggi recanti il marchio
“alimento verde”. Interrogata sulla disponibilità di frutta dello stesso tipo,
l’assistente ai banchi si è limitata ad
indicarmi mele, uva e avocado, dimostrando così di confondere il reale significato del marchio con il semplice
colore del frutto.
3Lu Zhenhui, Production and Market
of Organic Foods in China, paper presentato presso il Gangjin International
Symposium on Organic Agriculture, 15
novembre 2002, Gangjin/Korea; in rete
(http://www.rioa.or.kr/serve/168.htm).
4 Liu Lianfu, “Development of
sustainable food production: review
and outlook”, Agro-chemicals News in
Brief, Special Issue, novembre 1999, p. 17.
5 Pubblicato con il titolo Wu gonghai
nongchanpin, lüse shipin, youji shipin
zhishi shouce (Opuscolo informativo sui
prodotti agricoli non inquinati, gli alimenti verdi e quelli biologici), il breve
fascicolo non riporta alcun dato editoriale. Deve però essere stato pubblicato al massimo tra la primavera e l’estate del 2004, visto che le statistiche più
recenti in esso contenute risalgono al
7 aprile di quell’anno. L’opuscolo non
è reperibile nelle librerie, né nelle edicole, ma viene diffuso in occasione di
eventi e manifestazioni attinenti l’agricoltura sostenibile e biologica. La copia di cui dispongo mi è stata gentilmente donata dall’ing. Zhou Xubao del
Zhongguo Lüse Shipin Fazhan
Zhongxin di Pechino.
6 Ibid., p. 11. Va notato che il nome di
lüse shipin è da poco entrato ufficialmente a far parte del lessico riconosciu
to della lingua cinese. La voce figura
infatti tra i nuovi vocaboli elencati nella
recentissima edizione del Xiandai
Hanyu Cidian (Dizionario di cinese
moderno), immessa sul mercato il 26
luglio di quest’anno.
7 Ibid., p. 12.
8 Intervista rilasciata il 7 agosto 2005
presso la sede del CGFDC di Pechino.
9 Gli studi sull’andamento degli “alimenti verdi” descrivono gli anni tra il
1994 e il 1996 come una fase di “rapido sviluppo”, caratterizzata non soltanto da un aumento dei prodotti e della
loro quantità, ma anche da una progressiva diversificazione nei generi; Lu Zhanhui, op.
cit.
10 In base a dati pubblicati nel settembre 2004, il 27% del prodotto è rappresentato da grano e oli edibili, il 15%
da prodotti animali (carne, latte, uova), il 15% da bevande, il 18% da ortaggi, il
resto da té, frutta e alcool; Liu Yuman, Chen Jinsong, Zhang Xiaoyong, Ben Kamphuis, The vegetable industry in
China. Developments in policies, production, marketing and international trade, Agricultural
Economics Research Institute, The Hague, settembre 2004, p. 22.
11 Liang Baozhong, “Quanli dazao sanpin de zhengti pinpai xinxiang“(Promuoviamo con impegno il marchio complessivo dei ‘tre prodotti’), Zhongguo
nongye xinxi wang, pubblicato in rete il 19 agosto 2005. A Pechino i prodotti sono presenti nei supermercati di
medie e grandi dimensioni; generalmente non sono però raggruppati in scaffali appositi che ne evidenzino la particolarità
rispetto ai prodotti comuni. Non si contano, al momento, negozi specializzati nella vendita di lüse shipin.
12 Zhou Zejiang, Xiao Xingji, Yang Yonggang, “The development of the organic industry in China”,The Organic
Standard, Issue 10, febbraio 2002, p. 3. Solo una piccola parte dei lüse shipin certificati dal CGFDC riesce a conseguire il riconoscimento di grado AA; tra
gli oltre 2000 articoli certificati entro la fine del 2001, solo 48 sono risultati
conformi ai rigidi parametri previsti per tale tipologia di alimenti.
13 L’espressione stessa è emblematica di questa somiglianza. Il bisillabo youji
è infatti la traduzione letterale dell’inglese organic, vale a dire “proprio di
organismo vivente” e, per estensione, “naturale, non artificiale”.
14 Con l’aiuto di istituti di ricerca, università e autorità locali, questo nuovo
approccio all’agricoltura si diffuse velocemente, cosicché, verso la metà degli anni Novanta, si contavano in Cina
circa 1200 eco-villaggi o eco-fattorie ( ibid., p. 3).
15 I dati sono tratti dall’opuscolo consegnatomi presso il CGFDC, p. 20.
16 Liang Baozhong, op. cit.
17 A questo proposito va osservato che nessun organismo di controllo italiano ha dichiarato di certificare alimenti provenienti dalla Cina. L’importazione di
prodotti come cereali e legumi da tale Paese avviene di fatto attraverso “triangolazioni”, ovvero tramite
l’intermediazione di altri membri dell ’Unione Europea, senza che sussista l
’obbligo per l’intermediario di indicare
l’origine effettiva del prodotto in questione. Ciò è ritenuto un grosso limite
alla trasparenza e alla tutela dei consumatori, soprattutto in considerazione del fatto che “le recenti notizie circa
le dimensioni dell’inquinamento ambientale nella Repubblica Popolare Cinese […] fanno sorgere legittimi dubbi
sulla possibilità che questo paese possa essere contemporaneamente un
grande produttore ed esportatore di materie prime, prodotti industriali e alimenti ecologici”. Luana Spernanzon, “A
rischio la tipicità. Il biologico Made in Italy sotto attacco”, Il Salvagente, n. 34,
2-9 settembre 2004.
18 Da un’indagine condotta dall’Associazione dei Consumatori di Pechino, resa pubblica il 14 marzo di quest’anno, alla vigilia della Giornata Internazionale per i Diritti e gli Interessi dei
Consumatori, risulta che “in a random selection of 268 goods labelled organic, including rice, oil, eggs, vegetables and drinks, 25 samples were counterfeit. Some of the fake food is
roduced by companies that do not have organic certifications”. Mu Ziyi, “Consumers swallow organic food
claims”, China Daily, 15 marzo 2005, p. 5.
19 “Youji Chanpin Renzheng Guanli Banfa si yue yi ri qi zhengshi shixing“ (Dal primo aprile entra ufficialmente in
vigore il Regolamento sulla certificazione dei prodotti biologici), dispaccio dell’agenzia Xinhua, Pechino,
4 aprile 2005; in rete (http://
news.xinhuanet.com/fortune/200504/01/content_2775484.htm).
20 Per quanto riguarda gli alimenti lavorati, sono autorizzati ad utilizzare la dicitura youji shipin solo quelli i cui ingredienti siano almeno al 95% provenienti da agricoltura biologica; se la
percentuale è inferiore al 95%, ma superiore al 70% l’alimento in questione deve essere indicato come youji peiliao
shengchan, ovvero “prodotto con ingredienti biologici”; se infine la proporzione non arriva al 70%, è solo possibile specificare, nell’elenco degli ingredienti, quali di essi provengono da agricoltura biologica.
21 Guo Chunmin, “Quanguo wugonghai nongchanpin lüse shipin gongzuo huiyi zai Nanjing zhaokai“ (Si
è tenuto a Nanchino il Convegno nazionale di lavoro sui prodotti agricoli non inquinati e sugli alimenti verdi),
dispaccio dell’agenziaXinhua, Pechino,
18 agosto 2005; in rete (http:// www.nmagri.gov.cn/news/ about.asp?id=44752).
22 La definizione è contenuta nell’opuscolo consegnatomi dall’ing. Zhou Xubao, p. 10. Per una lettura analitica
del “Piano d’azione sugli alimenti non inquinati” si veda l’articolo “Guanyu
‘Wugonghai Shipin Xingdong Jihua’ zhuyao neirong ji xiangguan qingkuang“ (Principali contenuti e relativa situazione del ‘Piano d’azione
sugli alimenti non inquinati’), Renmin
ribao, 2 agosto 2002; disponibile in rete (http://www.jlagri.gov.cn/zlz/20.htm).
23 Liang Baozhong, op. cit.
24 Si veda a questo proposito il rapporto intitolato “Marketing green and
organic agricultural produce to alleviate rural poverty”, disponibile in rete alla
pagina: http://www.unescap.org/unis/ front/food.asp. Secondo uno studio dell’AIAB (Associazione Italiana Agricoltura Biologica) presentato nel gennaio
scorso a Roma durante un seminario coordinato con l’IFAD (International Fund for Agricultural Development), “i
sistemi di coltivazione biologica danno un contributo a lungo termine alla fertilità del suolo, risolvendo in particolare i problemi dell’erosione, della degradazione o della desertificazione, riducono il consumo dell’energia e dell’acqua, utilizzano il patrimonio di conoscenze piuttosto che di capitali e risorse”. Benedetta Verrini, Il biologico è
la via maestra per combattere la povertà nei Pvs, pubblicato in rete il 25 gennaio 2005
(http://www.vita.it/articolo/index.php3?NEWSID=51683). Va inoltre osservato che i lüse shipin costano mediamente due o tre volte più di quelli normali, mentre il prezzo degli
youji shipin è a volte anche sei, sette volte più caro, con prevedibili risvolti
positivi per il reddito dei produttori.
25 Al fine di ridurre il crescente divario
fra il reddito pro-capite delle campagne e quello delle città, è ad esempio previsto il potenziamento di alcune politiche già avviate a sostegno del settore agricolo, tra cui la riduzione e/o
l’esenzione da alcune imposte e l’incremento di determinati sussidi. Un’analisi approfondita del rapporto di Wen
Jiabao è contenuta nell’articolo di Marina Miranda, “‘Società armoniosa’ e
riunificazione ‘non pacifica’ -I lavori della 3° Sessione della X Legislatura dell
’Assemblea nazionale del popolo”, Mondo Cinese, n. 122, gennaio-marzo 2005, pp. 14-21.
|