1. Studenti e “mercato”
“L’Italia va in Cina a caccia di
studenti”1, è questo il titolo
di un articolo comparso nel
febbraio di quest’anno su
Huanqiu shibao-Global Times, la
rivista a cura della redazione esteri
del Quotidiano del popolo che
ogni lunedì, mercoledì e venerdì
racconta ai cinesi quello che succede
nel mondo. Nell’articolo si
descrive dettagliatamente come,
finalmente, anche i principali
atenei del nostro Paese abbiamo
ritenuto opportuno, per la prima
volta, far conoscere i propri percorsi
formativi in Cina attraverso
la partecipazione diretta alla decima
edizione della “Mostra
itinerante dell’istruzione cinese” (Zhongguo guoji jiaoyu xunhuizhan), un evento organizzato
proprio in quel periodo dal
Chinese Service Center for
Scholarly Exchange (Zhongguo
liuxue fuwu zhongxin). “A quanto
si dice, le università italiane che
si recheranno in Cina a partecipare
alla mostra saranno più di
dieci, questa si può considerare
una novità che colma un vuoto.
Dopo anni di letargo, alla fine le
grandi porte dell’istruzione italiana
si aprono alla Cina, e anche
gli atenei italiani cominciano a
darsi da fare per ‘accaparrarsi’
studenti nel ‘mercato degli studenti
cinesi all’estero’ (Zhongguo
liuxuesheng shichang)”2. L’articolo
del giornalista cinese, da anni
corrispondente a Roma dell’organo
del Partito comunista cinese e
profondo conoscitore della realtà
italiana, prende spunto dalla
partecipazione all’evento cinese di
un buon numero di Atenei italiani
(24), sotto l’egida della CRUI
(Conferenza dei rettori delle università
italiane), per fare il punto
sulla situazione attuale. Se da un
lato mette in evidenza la quasi
totale assenza del nostro Paese in
un qualunque importante progetto
formativo cinese, sottolinea per
altri versi come nella spregiudicata
Cina di questi ultimi anni
anche la formazione dei giovani,
e in particolare l’istruzione superiore,
viene ormai assai
pragmaticamente considerata soprattutto
come un aspetto, e molto importante, di quel globale
mercato nel quale bisogna a tutti
i costi, e in tempi rapidi, assicurarsi
un posto preminente.
2. Ieri e oggi
Da tempo sono stati archiviati gli
anni dello stretto controllo dello
stato (e del partito) sulla preparazione
dei “rossi ed esperti” (you
hong you zhuan), dei “continuatori
della causa rivoluzionaria” (geming shiye jiebanren), di quella
ristretta élite che veniva selezionata
per frequentare le pochissime
università e poi “assegnata” (fenpei) d’ufficio alle diverse “unità
di lavoro” (danwei) in base alle
esigenze della pianificazione centrale.
Il sistema di istruzione superiore
e universitario è ormai
diventato, in seguito a una serie
di riforme sempre più “radicali”,
una complessa megastruttura che
produce annualmente milioni e
milioni di laureati e diplomati che
si affacciano su un mondo del lavoro
ormai estremamente diversificato,
e per molti versi difficilmente
controllabile3.
Vediamo innanzitutto qualche
dato: nel 1992 erano 2,18 milioni
gli studenti universitari, ma già
nel 1998 erano aumentati fino a
7,8 milioni4 e, secondo l’ultimo
Rapporto statistico sullo sviluppo
economico e sociale della RPC a
cura dell’Ufficio Statistico nazionale
cinese5, nel 2004 erano
820mila gli studenti iscritti ai corsi di dottorato (tra cui 326mila
matricole e 151mila dottorati), e
13milioni e 335mila gli universitari
di primo livello (inclusi 4milioni
473mila matricole e 2milioni
391mila laureati di primo livello).
L’anno accademico appena
concluso ha visto, lo scorso
giugno, la partecipazione all’Esame
nazionale di ammissione all’università (gaodeng xuexiao
zhaosheng kaoshi, solitamente
abbreviato nella formula Gaokao)
di 8milioni 670mila diplomati delle
diverse scuole superiori. E anche
se “il programma di allargamento
dell’offerta didattica delle
università cinesi iniziato sette anni
fa ha, pur fra opinioni discordi,
notevolmente migliorato le possibilità
di accesso, solo il 54% dei
partecipanti all’esame di ammissione
potrà quest’anno trovare
posto nelle diverse università del
paese”6.
Resta quindi ancora relativamente
bassa la percentuale dei giovani
che oggi arrivano a frequentare
le università cinesi: si tratta
del 17% dei ragazzi in età tra i
18 e i 22 anni, una percentuale
che rimane molto al di sotto di
altri paesi asiatici, come la Corea
del sud o le Filippine, secondo
quanto le stesse fonti cinesi rilevano7.
E tutto questo malgrado il
citato, pur controverso, ampliamento
realizzato, a partire dal
1998, attraverso la progressiva
apertura da parte delle istituzioni
governative sia dell’offerta didattica
nel settore degli atenei e
istituti statali, sia nei confronti
degli investimenti privati, e stranieri;
apertura che ha permesso
l’istituzione di diversi tipi di scuole
superiori e università
eufemisticamente definite, in cinese,
come minban, letteralmente
“gestite dal popolo”, ovvero
“non-statali”. Erano, nel 2003 più
di 70mila le scuole di questo tipo,
con un totale di 14milioni e
160mila studenti, 1879 gli istituti
di istruzione di tipo universitario,
con un milione e 900mila studenti,
e di questi solo 197, con 810mila
iscritti, erano autorizzati a conferire
diplomi accademici riconosciuti
dallo stato8.
3. Studiare all’estero!
In questo quadro ha assunto
un’importanza sempre più decisa
la possibilità - del tutto nuova per
i cittadini della Repubblica Popolare
Cinese - di poter completare,
anche a proprie spese, la formazione
ed il perfezionamento all’estero.
Gioverà ricordare che, a
partire dal 1978, per circa 20
anni era stato soltanto grazie all’autorizzazione,
e con il controllo, del governo che i giovani cinesi avevano potuto recarsi all’estero,
con accordi e
finanziamenti regolati su base ufficiale:
si trattava di diverse forme
di cooperazione
intergovernativa, e quindi a spese
dello stato, o grazie a borse di
studio erogate dal paese ospitante,
e quindi senza alcun onere finanziario
per le famiglie. In questo
periodo vennero inviati
320mila studenti in Università ed
istituti di ricerca di 103 paesi (nel
1999 solo 100mila di questi erano tornati in Cina)9; nel 1998 vennero
inviati all’estero anche i primi
28 studenti delle scuole medie
superiori, sempre su progetti
intergovernativi10.
La graduale ma netta politica di
liberalizzazione che il governo cinese
ha intrapreso in questi ultimi
anni ha rapidamente provocato
un radicale cambiamento
nella tipologia del giovane studente
cinese che si reca all’estero.
“Today, mainland students are
no longer political tools. They
have become a business”, affermava
già nel 1998 il corrispondente
da Pechino del South China
Morning Post, fornendo questi
dati: 40mila studenti cinesi già
studiavano nelle Università nord
americane, 23mila in quelle giapponesi,
tra 5 e 6mila in Gran
Bretagna, 4mila500 in Francia,
6mila in Germania, 2mila a
Singapore (l’Italia, ovviamente,
non viene neppure menzionata)11.
4. Dove vanno?
Da allora un numero sempre crescente
di giovani e meno giovani
finalmente ha cominciato a potersi
muovere autonomamente, e
a proprie spese, in caccia di Corsi di Laurea, Dottorati e Master,
anche costosissimi, ovunque. Fino
a qualche anno fa erano soprattutto
gli Stati Uniti la meta favorita
per corsi lunghi e brevi, il
grande sogno di centinaia di migliaia
di ragazzi, per la cui realizzazione
le famiglie si sottoponevano
anche a duri sacrifici. Un
successo letterario del 2001 (1milione
e 100mila copie vendute) è
stato Liu Yiting, ragazza di
Harvard: la vera storia di un’accurata
preparazione12, testo nel quale i genitori della ragazza, fierissimi,
descrivono come abbiano
scientificamente preparato la loro
figlia fin dalla nascita per venire
accettata nella più prestigiosa
università americana. E il successo
di questo progetto “strategico”
che vede la diciottenne Liu
Yiting accettata non solo da
Harvard ma da altre tre
prestigiose sedi americane rimbalza
prepotente sulla stampa, scatenando forum, dibattiti, richieste
di consigli, e favorendo successive
pubblicazioni di altre analoghe
esperienze13.
Dopo l’11 settembre, tuttavia, le
politiche restrittive in merito alla
concessione di visti agli stranieri
hanno prodotto anche il drastico
calo nel numero delle presenze di
studenti cinesi negli Usa14. Contemporaneamente
alcuni paesi
europei (tra i quali di sicuro non
il nostro) andavano perfezionando
procedure di accoglienza nei
confronti di studenti stranieri, e
cinesi in particolare, che hanno
visto innanzitutto una interessante
diversificazione riguardo ai contenuti
dell’offerta formativa, oltre
alla possibilità, a volte, di condizioni
relativamente vantaggiose
per gli studenti stranieri. La
Germania, ad esempio, ha dal
2001 investito 6 milioni di euro
l’anno mediante bonus agli Istituti
che offrono corsi in inglese, e
oggi sono 500 i master in inglese,
con un aumento del 27% degli
studenti stranieri, in gran parte
cinesi e indiani15.
Rimane comunque imponente il
business degli studenti stranieri
innanzitutto per i paesi anglofoni,
con Inghilterra, Australia, Irlanda,
Nuova Zelanda e Canada che
hanno saputo brillantemente colmare
eventuali spazi lasciati, forse solo momentaneamente, dal
colosso americano. In particolare,
nel 2004 le richieste cinesi per
le prestigiose Graduate School
americane sono diminuite del
45%, dirette molto probabilmente
in Europa. Gli Stati Uniti, comunque,
continuano a tenere ben
stretta in mano la palma delle più
prestigiose università nelle quali
andare a studiare, e le famiglie
cinesi che vogliono investire per il
futuro dei loro ragazzi ben conoscono
le graduatorie internazionali
dei migliori atenei. A questo
proposito, lo scorso anno l’Università
Jiaotong di Shanghai ha
compilato e messo in rete una
classifica delle 500 principali università
del mondo16 e delle prime
20 ben 17 sono americane, e 170
su tutte e cinquecento!17
5. La raccolta delle informazioni
Va però ricordato che ancora oggi
in un paese come la Cina dove,
come si è detto, fino a pochi anni
fa era quasi impossibile recarsi
all’estero se non per motivi ufficiali,
rimane ancora piuttosto
complesso il reperimento, per chi
voglia andare a studiare all’estero,
di informazioni e notizie utili
in merito ai documenti necessari,
l’autenticazione e il riconoscimento dei titoli di studio, le procedure
per l’ottenimento del visto, le
modalità per iscriversi nei diversi
atenei, e le informazioni sulle
condizioni della vita studentesca.
Si rivela quindi preziosa la documentazione
al riguardo che si trova
su nuovi periodici come China
Campus - Daxuesheng, un mensile
che si pubblica, a cura della
redazione del Beijing qingnianbao, a partire dal settembre
2004, o che facilmente si
scarica da diversi siti dedicati che
fanno capo al Ministero dell’Istruzione
cinese il quale, per cercare
di tenere sotto controllo una situazione
che potrebbe diventare
davvero esplosiva18, ha autorizzato
alcuni centri e un cospicuo numero
di Agenzie di servizi alla
gestione ordinata del flusso degli
studenti verso l’esterno19. Tali enti
da tempo organizzano Fiere, Convegni
ed Esposizioni20 per promuovere
informazioni e contatti
con università e organismi di tutto
il mondo, e ordinatamente
canalizzare l’imponente ondata di
giovani che sempre più consapevolmente
vuole e può decidere,
finalmente, della propria futura
formazione.
6. Chi va all’estero?
Si tratta comunque di un investimento costoso, quello di mandare
un ragazzo a studiare “fuori”,
e che quindi, ad oggi, può riguardare
solo una parte decisamente
minima del paese. Tuttavia, secondo
un recente studio della Merryl
Lynch, una delle maggiori società
di analisi finanziaria internazionale,
se oggi sono “solo” 30 milioni
i cinesi che possono permettersi
beni di lusso, il 2% della popolazione,
nel 2009 la Cina dovrebbe
coprire il 20% di questo
importante mercato21. Una interessante
fascia di consumatori la
cui rapida e costante espansione
apre, non solo per le imprese di
questo settore tradizionalmente ritenuto
“di nicchia”, prospettive
decisamente nuove.
Ma se è vero che i cinesi sanno
ormai tutti scandire i nomi delle
marche che contrassegnano il successo
(e sono in gran parte nomi
italiani: famoso il “delirio” per la
Ferrari in occasione del Primo
Gran Premio di formula Uno, a
Shanghai lo scorso autunno, come
famose sono le grandi marche del
Made in Italy), ed altrettanto riconosciuta
è la nostra creatività
attraverso l’arte, la musica, il cinema
che, nell’immaginario cinese,
rappresentano oggi un vero e
proprio mito, appare ancora più
strabiliante la quasi completa
mancanza del nostro Paese proprio
in un campo che non solo
per i nuovi ricchi cinesi costituisce
un vero punto di onore. Quello
della educazione. Il nostro Paese
che di arte, musica, creatività e
lusso è la culla, viene completamente
ignorato per quello che riguarda
il processo di formazione
verso tutto questo, l’istruzione.
7. Che fare?
Rispetto alla situazione di totale
assenza che fin dall’anno scorso
lamentavamo dalle pagine di
questa stessa rivista22 qualche
cosa è stato fatto. Ma lasciamo
che sia ancora il giornalista cinese
a parlare: “Non è un segreto
che in questi ultimi anni il numero
di persone che la Cina ha
mandato a studiare in Europa è
aumentato costantemente: tuttavia
l’Italia, rispetto ai suoi vicini,
pare proprio che in fondo non
avesse capito quanti studenti cinesi
poteva accogliere. Finché il
primo ministro Wen Jiabao, recatosi
in visita in Italia, ha affermato
che non solo gli studenti cinesi
in Gran Bretagna, in Germania e
in Francia sono alcune decine di
migliaia, ma che non sono pochi
neppure in paesi relativamente
piccoli come la Svizzera e il Belgio.
Invece, in Italia, ci sono solo
poco più di 500 studenti cinesi.
Ed ecco allora che tutto d’un colpo
l’Italia si è svegliata, e finalmente si rimbocca le maniche. Da
allora, l’ambasciatore italiano in
Cina si è mosso attivamente tra
Pechino e Roma. E anche il Ministro
degli esteri italiano e il Presidente
di Confindustria si sono lamentati
a gran voce: “L’Italia deve
aprire il mercato degli studenti
stranieri alla Cina!”. Gli italiani,
si sa, fanno sempre le cose all’ultimo
momento, ma una volta svegli
si danno da fare più di altri. E
così, solamente nella seconda
metà dell’anno scorso più di 300
studenti cinesi sono arrivati in Italia:
alcuni frequentano corsi di
laurea di primo livello, altri sono
dottorandi e specializzandi; la
maggior parte di loro è disseminata
nelle regioni settentrionali”23.
Si tratta allora di capire fino a
quale punto il nostro Paese vuole
e può entrare all’interno di questo
importante circuito internazionale,
perfezionando una scelta
strategica che favorisca finalmente
anche presso di noi la formazione
di membri di quella che sarà
presto la nuova élite cinese, contribuendo
in maniera fattiva a creare
preziosi e insostituibili legami
di “fidelizzazione” con le nostre
Università, i nostri istituti di ricerca,
le nostre imprese e istituzioni.
8. Il “Progetto Marco Polo”
In questo quadro si inserisce il
“Progetto Marco Polo”, che dall’anno
scorso la CRUI ha lanciato,
coinvolgendo un buon numero
di Atenei italiani in iniziative
come la partecipazione all’evento
di cui si parlava nell’apertura
di questo articolo24, partecipazione
che è stata salutata con grande
interesse e simpatia dalla stampa
cinese25.
Ma lasciamo ancora una volta la
parola al giornalista cinese: “In
base al Progetto, le università italiane quest’anno si preparano ad
accogliere 2000 studenti e specialisti
cinesi di vario livello. A
quanto pare, gli studenti cinesi in
Italia potranno aumentare velocemente.
A paragone con quello
di altri paesi europei, il mercato
dello studio all’estero italiano ha
davvero i propri vantaggi.
Innanzitutto, l’Italia non considera
l’istruzione come un’industria
che produce reddito: le tasse universitarie
sono piuttosto basse (la
retta annuale di un ateneo pubblico
è di circa 20-30mila RMB),
e anche il costo della vita non è
alto (servono dai 500 ai 1000
euro al mese). Gli studenti stranieri
mentre studiano possono
anche lavorare. Negli istituti di
istruzione superiore italiani, fra le
migliori specialità bisogna contare
i corsi di design, come design
di interni, design industriale,
design per l’architettura e così via.
Oltre a questi, le belle arti, la
musica, le arti visive e altre specialità
sono molto buone. Ad andare a studiare in Italia, tuttavia,
bisogna essere pronti. Prima di
tutto, quasi nessuno degli atenei
italiani fornisce alloggi agli studenti:
alcuni hanno delle “Case
dello studente”, ma il numero è
ridotto e l’offerta non è adeguata
alla domanda. Inoltre, quello
relativo alla lingua è un grosso
problema. Le università usano
l’italiano e non l’inglese per tenere
lezione. Prima di andare a
studiare in Italia, quindi, è meglio
poter avere un po’ di preparazione
dal punto di vista linguistico,
altrimenti dopo essere entrati
in università è molto difficile
tenere il passo con il corso di studi.”
26
Si tratta a questo punto di sviluppare
concretamente una serie di
iniziative coordinate per favorire
innanzitutto la diffusione dello
studio della nostra lingua e della
nostra cultura in Cina, e non soltanto a livello universitario; potenziare
in Cina i servizi di informazione
e consulenza riguardo
allo studio nel nostro Paese27, sciogliere
gli annosi e complessi nodi
burocratici legati innanzitutto al
riconoscimento dei percorsi di studio,
alla concessione del visto, del
permesso di soggiorno per studenti, e poi costituire o potenziare
i servizi in loco per rendere
possibile un proficuo soggiorno di
studio per studenti che, ricordiamolo,
non stanno cercando condizioni
economiche di favore - gli
studenti zifei “a proprie spese”
sono spesso più che benestanti ma
un ambiente internazionale
nel quale formarsi per il futuro.
In questo senso ci auguriamo che
il viaggio a Pechino del Ministro
Moratti potrà fornire delle risposte
concrete.
MONDO CINESE N. 123, APRILE-GIUGNO
2005
Note
1 Shi Kedong, “Yidali dao Zhongguo
qiang liuxuesheng”, in Huanqiu shibao,
23 febbraio 2005, p. 19.
2 Ibid.
3 Sulla nuova redistribuzione delle risorse
umane nel mercato del lavoro cfr.
Cooke F.L., HRM, Work and Employment
in China, Londra, Routledge, 2005;
Hanser A., “The Chinese Enterprising
Self: Young, Educated Urbanities and
the Search for Work”, in Link P., Masden
R., e Pickowitz P. (a cura di), Popular
China, Unofficial Culture in a Globalizing Society, Oxford, Rowman e Littlefield,
2002, pp. 189-206.
4 Cfr. Anonimo, “Graduate
employment: High hopes, low access”,
in China Daily, 11 maggio 2004
(Internet Ed.).
5 Cfr. Guojia tongji ju, 28 febbraio
2005, in www.stats.gov.cn.
6 Cfr. “Policy changes to ease exam tension”, in
China Daily, 7 giugno 2005 (Internet Ed.).
7 Cfr. Anonimo, “Reform curriculum to
help graduates find jobs”, in China Daily, 3 giugno 2005 (Internet Ed.).
8 Cfr. Lan Xinzhen, “Private Universities
gain favour”, in Beijing Review, n. 28,
2004, pp. 24-32.
Sono cinque i tipi di “Università non
statali” secondo l’articolo citato: 1)
Università che offrono un’istruzione
professionale di alto livello, e sono autorizzate
a conferire diplomi riconosciuti.
Gli iscritti debbono aver superato il Gaokao; 2) Università che preparano
gli studenti per sostenere gli esami nazionali
di diploma, non sono autorizzate
a conferire titoli riconosciuti, e
quindi non richiedono il superamento
del Gaokao; 3) Università che preparano
gli studenti agli esami nazionali
come privatisti, e quindi non danno titoli
né richiedono il Gaokao; 4) Università
che rilasciano certificati di qualificazione
professionale, non diplomi riconosciuti
dallo stato, non richiedono
il Gaokao, ma il superamento di una
prova d’ingresso; 5) Università in
cofinanziamento tra partner cinesi ed
esteri, con reclutamento degli studenti
in base a un proprio regolamento, non
richiedono il Gaokao, e conferiscono
titoli validi solo per il perfezionamento
all’estero, e nelle strutture concordate
con i partner stranieri.
9 Cfr. Cui Ning, “More scholars return
from abroad”, in China Daily, 2 aprile
1999 (Internet Ed.). Valga come esempio
il testo di Qian Ning, Liuxue Meiguo
(Studiare in America), Nanchino,
Jiangsu wenyi chubanhshe, 1996, nel
quale l’autore, figlio dell’allora ministro
degli esteri, Qian Qichen, racconta la
sua lunga esperienza, dal 1989 al 1995
presso la Michigan University come ricercatore
di giornalismo.
10 Cfr. Cui Ning, “More students to go
abroad”, in China Daily, 10 febbraio
1998, p. 6.
11 Cfr. Seidliz P., “Foreign universities
reap rewards from mainland students”,
in South China Morning Post, 8 febbraio
1998, p. 14.
12 Zhang Xinwu e Liu Wenhua (a cura
di), Hafo nuhai Liu Yiting: suzhi peiyang jishi, Pechino, Zhongguo qingnian
chubanshe, 2000.
13 Cfr. www.gzqg.net.cn/hdhf/szjy.
14 Cfr. Rosenbloom J., “Concern on U.S. campuses
as foreign enrolments decline”, in International Herald Tribune, 19 ottobre
2004, p. 11.
15 Cfr. Lee J.J., “Europe lures students once
bound for U.S.”, ibid.
16 Si veda il sito dedicato:
ed.sjtu.edu.cn/rank/2004 2004Main.htm.
17 Cfr. Dillon S., “U.S. slips in luring
world’best students”, Ivi, 22 dicembre
2004, p. 5. La prima delle università
italiane è Roma-La Sapienza, al 93°
posto, la seconda è l’Università degli
Studi di Milano, al 123°, la terza è Pisa,
al 156°. Cfr. nota 16.
18 In questi ultimi anni si è avuto un
boom di titoli accademici falsi, rilasciati
da fantomatici istituti e università in diverse
zone del paese, e di società di
servizi finalizzati all’espatrio per motivi
di studio, che coprivano traffici clandestini
e attività illegali. Cfr. ad esempio,
Cui Ning, “Unqualified teaching
websites shut down”, in China Daily, 20
luglio 2004 (Internet Ed.).
19 Sarebbero ben 370 le Agenzie riconosciute
dal Ministero dell’Istruzione
cinese. Nel sito del Ministero
(www.moe.gov.cn) si trovano anche i
link con gli Uffici Istruzione di diverse
ambasciate straniere in Cina: nell’ordine,
Stati Uniti, Francia, Germania,
Gran Bretagna, Canada, Russia, Giappone
Australia (l’Ambasciata d’Italia
non viene citata poiché non ha un Ufficio Istruzione). Tra le strutture che al
Ministero fanno capo si segnala il
Zhongguo liuxue fuwu zhongxin
(Chinese Service center for Scholarly
exchange) (www.csc.edu.cn), che
ripartisce la materia in tre ulteriori link:
per chi vuole andare a studiare all’estero
esiste www.chuguo.net.cn (in cinese
e inglese), mentre per attrarre gli studenti
cinesi che si trovano all’estero
www.huiguo.net.cn (in cinese e inglese),
e per gli studenti stranieri che vogliono
studiare in Cina cfr.
www.studyinchina.net.cn (in cinese e
inglese). Al Ministero fanno riferimento
anche il Dongfang Guoji jiaoyu jiaoliiu
zhongxin (Dongfang International
center for educational exchange)
www.csc-studyabroad.net e il
Zhongguo Gaodeng jiaoyu xuesheng
xinxi wang (The National information
and career center for university
students) (www.chsi.com.cn).
20 Cfr. il rapporto di Bulfoni C., “Beijing
International Education Expo 2004”, in
Mondo cinese, n. 121, ottobre-dicembre
2004, pp. 63-68.
21 Cfr. Watts J., “China’s new
consumers get a taste for luxury gods”,
in The Guardian, 18 giugno 2005, p. 3.
22 Cfr. il mio “Dove vanno gli studenti cinesi’”, in
Mondo cinese, n.
119, aprile-
giugno 2004, pp. 47-53.
23 Cfr. Shi Kedong, cit., nota 1.
24 In base al progetto, le istituzioni
competenti dei due paesi istituiranno
rispettivamente in Italia e in Cina uffici
di rappresentanza, specialmente per
fornire servizi di consulenza agli studenti
cinesi che desiderano andare in Italia
per specializzarsi. Agli studenti e
dottorandi cinesi che progettano di recarsi
a studiare in università italiane,
verranno fornite informazioni su condizioni
di accoglienza, organizzazione
delle specialità, lingua e cultura; la CRUI
e la Confindustria, sviluppando la cooperazione
tra Cina e Italia, forniranno
facilitazioni agli studiosi di università
e istituti di ricerca e permetteranno
a studiosi cinesi di recarsi presso istituti
di ricerca scientifica italiani a svolgere
attività di ricerca. La Confindustria
farà in modo che alcuni laureati cinesi,
dopo esercitazioni ed esami di lingua,
si rechino in aziende in Italia e in aziende
italiane in Cina a fare attività di tirocinio
nel loro campo specifico. Ulteriori
dettagli sul progetto e sulle iniziative si
leggono nell’apposito sito www.crui.it/
marcopolo/.
25 Cfr. Wang Zhuoqing, “Ciao! Italy
tries to get into the act”, in China Daily,
14 marzo 2005, p. 5, Anonimo,”Yi
Zhong liangguo you wangniannei
huren xueli”(Entro fine anno ci sarà tra
Italia e Cina il riconoscimento reciproco
delle carriere accademiche), in Xin
Jing bao, 28 febbraio 2005, p. D67.
26 Cfr. Shi Kedong, cfr. nota 1.
27 La nostra Ambasciata a Pechino ha
recentemente aperto il sito www.studyinitaly.cn.
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