Premessa
L’omogeneità linguistica è in dubbiamente uno dei presupposti fondamentali per il funzionamento
di qualunque apparato statale; da qui l’importanza attribuita alle politiche di normalizzazione linguistica in tutti i processi di organizzazione di uno stato. Una prova di questa affermazione possono essere i numerosi esempi di stati che, nella fase di riorganizzazione postcoloniale o postbellica, hanno messo al centro dei propri programmi politici proprio le strategie di
pianificazione linguistica1. Nel panorama degli studi legati alle politiche linguistiche, il caso dell’isola di
Taiwan presenta delle notevoli peculiarità, dovute anche al numero e alla varietà di idiomi parlati
dai suoi abitanti.
In questo singolare melting pot convivono infatti i seguenti codici linguistici:
1. un cinese standardizzato con funzione di lingua comune (il mandarino, che da ora in poi
chiameremo guoyu);
2. un’ alloglossia di maggioranza (il minnanhua che indicheremo d’ora in avanti come
taiyu,
“lingua di Taiwan”, in quanto idioma comune della maggior parte della popolazione taiwanese);
3. varie alloglossie di minoranza (lo hakka e vari dialetti cinesi);
4. gruppi linguistici minoritari (le lingue maleo-polinesiane parlate dagli aborigeni)2;
5. un retaggio linguistico coloniale (il giapponese).
Un’ analisi sociolinguistica anche superficiale rivelerebbe poi come la posizione di lingua
culturalmente dominante sia stata e continui ad essere estremamente precaria: infatti l’instabilità della situazione politica interna e internazionale di Taiwan ha fatto sì che in un’ arco di tempo estremamente breve a un’ élite lingustica ne succedesse di continuo
un’altra. Tutti questi fattori necessiterebbero un’analisi ben più completa e dettagliata della presente, che vuole essere perciò soltanto una breve presentazione dei fatti, della loro origine storica e del loro sviluppo, unita ad alcune considerazioni sulla situazione attuale e le prospettive future.
1. Alloglossia come distinzione etnica: bensheng ren e waisheng ren, taiyu e guoyu
A causa delle sue particolari vicissitudini storiche, il problema dell’identità nazionale si è
continuamente riproposto nella società taiwanese, dagli inizi del XX secolo fino ad oggi. Durante il periodo della colonizzazione giapponese (1895-1945) l’intera classe dirigente era composta di funzionari stranieri e i diritti politici della popolazione locale erano pochi o inesistenti. Uno degli effetti prodotti da questo tipo di governo fu il bilinguismo creatosi all’interno della popolazione locale nell’arco di appena una generazione.3
Il governo giapponese aveva infatti attuato una politica che mirava a una massiccia alfabetizzazione della popolazione autoctona nella lingua giapponese. Il giapponese divenne perciò per i taiwanesi il linguaggio riservato alle comunicazioni
ufficiali e ai contesti in cui veniva richiesto un certo livello culturale. Data la rigida separazione sociale tra colonizzati e colonizzatori, il
taiyu e in minore misura lo hakka, rimanevano comunque i
principali codici di comunicazione della popolazione locale in contesti familiari e informali.
Dopo la sconfitta del Giappone nella Seconda Guerra Mondiale e il ritorno di Taiwan alla Cina,
l’amministrazione dell’isola fu affidata al maresciallo Chen Yi che, tra i vari obiettivi del suo governo, inserì un progetto quadriennale per la diffusione del guoyu tra la popolazione, proibendo
allo stesso tempo l’uso del giapponese in tutti i contesti pubblici e in qualsiasi tipologia di testo
scritto. Il fatto che il guoyu e il taiyu fossero mutualmente inintelligibili fece sì
che alla
popolazione locale fosse preclusa la partecipazione alla politica e alla pubblica
amministrazione.4 La
tensione tra i nuovi arrivati waisheng ren e gli autoctoni bensheng ren sfociò alla fine nei tragici eventi del 28 febbraio 19475.
Dopo la sconfitta del Guomindang nella guerra civile cinese, il governo nazionalista si trasferì ufficialmente a Taiwan, seguito da circa 2 milioni di immigranti.
Questo gruppo costituiva circa il 30% della popolazione totale dell’isola e presentava una notevole differenziazione dal punto di vista linguistico, vista la diversa provenienza regionale dei suoi membri che restavano comunque accomunati dalla conoscenza del
guoyu. Fatalmente i waisheng ren si imposero presto come élite sociale, in questo anche aiutati dalla politica
linguistica attuata dal governo in quegli stessi anni. Per favorire la diffusione del
guoyu, si pensò infatti
di limitare il più possibile l’uso dei linguaggi locali. Nel 1956 fu proibito l’uso dei dialetti nelle
scuole: i trasgressori venivano sottoposti a punizioni più o meno severe, incluse quelle corporali.
Tali punizioni erano tuttavia riservate solo agli studenti bensheng ren (inclusi
hakka e aborigeni), mentre simili trattamenti venivano risparmiati ai waisheng ren che si esprimevano nei dialetti delle regioni di provenienza. L’ex presidente della Repubblica Li Denghui (Lee Tenghui)6
in un’intervista rilasciata nel 1994 ricordava come “...negli anni della colonizzazione giapponese, chi parlava
taiyu era costretto a stare in ginocchio sotto il sole per ore come punizione. La stessa cosa si verificò dopo il ritorno di Taiwan alla Cina: mio figlio e mia nuora, solo per aver parlato in
taiyu, furono spesso costretti a portare durante le ore di lezione cartelli che li qualificavano come
ignoranti...la situazione degli anni successivi al ritorno di Taiwan alla Cina non era affatto diversa da quella del periodo coloniale giapponese”7.
Le parole di Li Denghui sono indubbiamente forti, specie se si considera che chi le ha pronunciate è stato una delle figure più prestigiose del Guomindang. Il governo del Guomindang non limitò infatti la sua politica linguistica agli interventi nelle scuole: nel 1956 fu proibito ai funzionari l’uso di altre lingue diverse dal guoyu durante l’orario d’ufficio. Anche all’intrattenimento fu applicato lo stesso principio di limitazione massima dell’uso del
taiyu: solo i film in guoyu potevano infatti essere ammessi ai concorsi nazionali e internazionali. Questo fatto, unito all’uso dell’epoca in cui il sonoro non veniva registrato in presa diretta, fece sì che le pellicole in
taiyu in breve tempo sparissero quasi del tutto dalle sale
cinematografiche8. La canzone popolare taiwanese ebbe la stessa sorte: le case discografiche puntarono essenzialmente sulle canzoni in
guoyu, mentre le stelle della canzone taiwanese uscivano
rapidamente di scena per far spazio a nuove celebrità waisheng ren.9
Nel settore dei mass media, durante i primi anni di operatività del primo canale televisivo taiwanese (che iniziò a trasmettere nel 1962), i programmi in
taiyu e in hakka costituirono solo il 16% delle trasmissioni. Nonostante ciò, questi programmi risultarono essere i più seguiti e apprezzati dal pubblico, tanto che nel 1971 il governo decretò che alle trasmissioni in dialetto dovesse essere riservato uno spazio di sola mezz’ora al giorno. Nel 1976 venne approvata la legge sulla Radio e la Televisione che decretava tra l’altro che “...nelle trasmissioni radio, il
guoyu deve essere utilizzato in una percentuale non inferiore al 55%; per quanto riguarda le trasmissioni televisive, tale percentuale non deve essere al di sotto del 70%. L’uso dei dialetti ovrà diminuire di anno in anno...”. Va inoltre notato come in tutte le trasmissioni, sia radiofoniche che televisive, il
taiyu fosse usato principalmente per caratterizzare personaggi rozzi e ignoranti. Questo fatto, e gli scarsi budget riservati a film e trasmissioni in dialetto, contribuì a creare una sorta di pregiudizio nei confronti del
taiyu. Vista infatti questa sua immagine falsata di codice linguistico di bassa qualità, si creò in chi lo parlava una sorta di soggezione psicologica che li portava ad associare il
guoyu a modernità e cultura e a
considerare il taiyu come espressione di ignoranza ed arretratezza.
2. Nascita del Movimento per l’Indipendenza – un nuovo atteggiamento nei confronti del
taiyu
Un nuovo atteggiamento nei confronti del taiyu cominciò a delinearsi nel corso degli anni ’70, quando, in seguito all’ espulsione di Taiwan dalle Nazioni Unite e al riconoscimento della Repubblica Popolare Cinese, il governo del Guomindang iniziò a perdere notevolmente prestigio.
La rivalutazione del taiyu iniziò con il Movimento per la Letteratura Nativista (1972-73). Uno dei
punti cardine di questo movimento era l’affermazione che la letteratura dovesse basarsi
principalmente su personaggi e ambientazioni strettamente legati alla realtà taiwanese contemporanea.
Si cominciò quindi a rivalutare culturalmente il taiyu: uno dei segni di questa “riscoperta” fu il fatto che il lessico degli scrittori più popolari cominciò a includere un numero sempre maggiore di lessemi e costruzioni sintattiche minnan. In quegli stessi anni si formò il gruppo dangwai, primo consistente nucleo di opposizione politica che fece dell’indipendenza di Taiwan il punto centrale della propria politica. La base teorica di tale obiettivo era costituita dal presupposto che, per motivi storici e sociali, l’identità nazionale taiwanese si fosse talmente differenziata da quella cinese da rendersene di fatto indipendente. Il fatto che la madrelingua della maggior parte della popolazione fosse il
taiyu era, per i teorici del gruppo, una delle prove della diversità culturale tra cinesi e taiwanesi.
La nascita del Movimento per l’indipendenza non sarebbe però stata possibile negli anni
precedenti, dato che il governo nazionalista aveva adottato una politica estremamente rigorosa nei
confronti di tutti i tipi di opposizione, soprattutto per timore di una possibile cooperazione tra i gruppi indipendentisti e quelli di sinistra. La morte di Jiang Jieshi (Chiang Kai-shek) (1975) coincise di fatto con la fine di questo periodo di repressione (poi noto come Baise kongbu, Terrore Bianco), anche se la legge marziale venne revocata solo nel 1987; tuttavia, le successive aperture di Jiang Jingguo (Chiang Ching-kuo) non concessero molto spazio ai tentativi del
gruppo dangwai (il cui nucleo principale formò nel 1986 il Partito Democratico) di ridare dignità
e occasioni di espressione al taiyu. Infatti, anche se nel 1987 furono abolite le punizioni corporali
per gli studenti che si esprimevano in dialetto a scuola, in quello stesso anno il Dipartimento per l’Informazione respinse una mozione presentata da 17 deputati provinciali con cui si chiedeva di ampliare gli spazi riservati ai programmi televisivi e radiofonici in dialetto.Sempre nel1987, fu data risposta negativa alla richiesta di introdurre il bilinguismo
(guoyu e taiyu) nel sistema
educativo. Negli stessi anni però il taiyu conobbe una nuova popolarità nel settore cinematografico.
Nel 1983 il film a episodi Guanyin de gushi (più noto con il titolo inglese In our time), incentrato
sulla vita degli strati meno abbienti della popolazione taiwanese, per la prima volta dopo molti anni reintrodusse il
taiyu in parte dei dialoghi, riscuotendo un notevole successo di pubblico e critica. Guanyin de gushi
inaugurò di fatto una nuova tendenza nel cinema taiwanese: l’ uso del taiyu cominciò a diffondersi anche in pellicole di qualità come Erzi de da wanou (titolo inglese The Sandwich Man) del regista waisheng ren Hou Xiaoxian10.
L’atteggiamento di diffidenza delle autorità nei confronti del
taiyu non era però totalmente scomparso: basti pensare che il film Guihua gang (Il porto dei fiori di cassia ) di Chen Kunhou (1987), recitato totalmente in
taiyu, non fu selezionato per la candidatura all’Oscar come miglior film straniero perché il
taiyu non era considerato lingua nazionale.
3. Il ruolo del taiyu nella politica contemporanea
La morte di Jiang Jingguo e la nomina a presidente del bensheng ren di etnia Hakka Li Denghui (già vicepresidente dello stesso Jiang) hanno segnato l’inizio di una nuova era per Taiwan, principalmente dal punto di vista politico, ma anche da quello linguistico. Se infatti la politica di Li Denghui ha segnato l’inizio del superamento dell’ “ossessione cinese” da parte di Taiwan11,
in
quegli stessi anni è stato rilanciato il dibattito sul guoyu e le altre lingue non ufficiali dell’isola. Una
delle intuizioni politiche di Li Denghui è stata quella di servirsi delle diverse espressioni
linguistiche locali per assicurarsi quella popolarità che gli avrebbe permesso, nel 1996, di diventare il primo presidente eletto direttamente dalla popolazione. Nel maggio del 1990, durante i primi anni
della presidenza Li, furono infatti abolite le norme che limitavano i tempi delle trasmissioni in dialetto. Nell’ottobre dello stesso anno fu promosso, a livello di sperimentazione, il bilinguismo
(taiyu, hakka o una delle lingue aborigene affiancate al guoyu) nelle scuole elementari e medie
inferiori della contea di Yilan, nella zona centrale di Taiwan. Lo stesso Li Denghui si è servito varie volte delle lingue locali per aumentare il proprio carisma personale; particolare scalpore ha
suscitato il messaggio augurale televisivo pronunciato nel 1990 in occasione del Nuovo Anno cinese, in cui Li si è rivolto alla popolazione in guoyu,
taiyu e hakka. L’uso del taiyu come
strategia di propaganda è stato però da sempre uno dei tratti distintivi della politica del Partito
Democratico. L’attuale Presidente della Repubblica Chen Shuibian è stato il primo ad usare un inno elettorale in
taiyu nel corso della campagna per l’elezione a sindaco di Taipei del 1994. L’inno Taibei xin gushi (La nuova storia di Taibei), scritto dal poeta Lu Hanxiu, con musica di Zhan Hongda12,
ha ottenuto un notevole successo popolare e indubbiamente ha giocato un ruolo
importante nell’elezione di “Abian” (come i suoi sostenitori chiamano affettuosamente Chen). Le
canzoni, e le canzoni in dialetto in particolare, hanno una grande importanza nelle campagne
elettorali a Taiwan; basti pensare alla campagna per le presidenziali 2004 dello schieramento
“verde” (Partito Democratico) e di quello “blu” (Guomindang). Se infatti il Partito Democratico ha
confermato la sua politica di attenzione nei confronti delle lingue locali, adottando come inno
ufficiale la canzone in taiyu Xianxin Taiwan (Credere in Taiwan) e proponendo come di consueto una serie di CD di canzoni in
taiyu, hakka e lingue aborigene; per la prima volta in una campagna presidenziale anche il Guomindang si è adeguato a questa politica di plurilinguismo, rinunciando al vecchio inno Zhonghua Minguo song (Inno alla Repubblica diCina) e servendosi invece della
canzone popolare in guoyu Mingtian Hui Geng Hao (Un domani ancora migliore), a cui però
sono state affiancate una canzone popolare hakka e alcune canzoni aborigene. Per quanto riguarda il
taiyu, il Guomindang è invece arrivato a finanziare la produzione di un CD che include sei canzoni composte appositamente per la campagna elettorale, tutte in
taiyu13. Questo tipo di
campagna elettorale ha avuto indubbiamente una certa efficacia, se si pensa all’esiguità della differenza tra i voti ottenuti dai rispettivi schieramenti e se si confronta questo risultato con quello
delle presidenziali del 2000 (senza affrontare il problema di eventuali brogli elettorali):
Presidenziali 2000
Partito Democratico 39.3%
Guomingdang
36.8%
Gruppo indipendente 23.1%
(ex-Guomindang)
Presidenziali 2004
Partito Democratico 50.11%
Guomingdang
49.89%
La nuova politica di plurilinguismo all’interno del Guomindang è evidente anche quando si pensa al cambiamento di atteggiamento nei confronti dei linguaggi locali da parte dei leader del partito.
Un caso clamoroso è quello di Song Chuyu (James Soong), candidato individuale nel 2000 alla
presidenza e candidato alla vicepresidenza nel 2004 con lo schieramento del Guomindang.
Nell’ultima campagna Song si è rivolto spesso ai suoi elettori in taiyu,
hakka e lingue aborigene.
Un paradosso, se si pensa (e molti osservatori del Partito Democratico lo hanno rilevato) che nel
1980 lo stesso Song aveva approvato la decisione del governo di abolire progressivamente le trasmissioni in
taiyu e altre lingue locali14. Gli esponenti di spicco del Guomindang sono del resto spesso oggetto di satira da parte dei media e degli avversari politici a causa della loro scarsa conoscenza del
taiyu. Uno degli ultimi episodi ha coinvolto l’ex-presidente Li Denghui e la coppia di candidati alla presidenza Lian Zhan - Song Chuyu: l’interpretazione errata di un’espressione in
taiyu usata da Li da parte di Song ha infatti suscitato ilarità nelle file dell’opposizione15.
Proprio per evitare simili contraddizioni il Guomindang sta attualmente puntando su nuove figure di leader
più giovani e attenti alla realtà multiculturale di Taiwan. Uno di questi nuovi politici è l’attuale sindaco di Taibei Ma Yingjiu. Presentato da sempre come figura di politico incorruttibile, Ma si è saputo accattivare la simpatia dellapopolazione taiwanese usando il
taiyu in varie occasioni pubbliche: particolarmente significativo è stato il discorso tenuto il 28 febbraio 2004 per le commemorazioni dei fatti del 28 febbraio 1947, in cui Ma, parlando in
taiyu, ha pubblicamente presentato le sue scuse ai parenti delle vittime16.
Si può affermare quindi che se appena un decennio fa l’uso frequente del
taiyu costituiva un fattore discriminante per determinare l’appartenenza o la simpatia verso il Partito Democratico piuttosto che verso il Guomindang, si può dire che oggi i due schieramenti politici non presentano grandi differenze per quanto riguarda l’uso dei diversi codici linguistici. Entrambi tendono a privilegiare l’uso del
taiyu nel corso delle campagne elettorali e dei dibattiti pubblici, mentre il guoyu è per entrambi la lingua delle riunioni ufficiali e delle conferenze stampa nazionali e internazionali.
4. Taiyu come lingua ufficiale? Problemi e contraddizioni
Se il passare degli anni e i mutamenti politici internazionali hanno fatto sì che il Guomindang
cambiasse radicalmente atteggiamento nei confronti delle lingue locali, il Partito Democratico, nei quattro anni del primo mandato di Chen Shuibian, ha dovuto cercare di far fronte alle richieste dei
suoi sostenitori, che insistevano per una valorizzazione sempre maggiore degli aspetti più
“autoctoni” (o meno “cinesi”) della cultura locale. Questo processo di localizzazione comprende la
concessione di spazi sempre più ampi ai linguaggi locali e al taiyu che, come gruppo linguistico di maggioranza, ha ricevuto un’ attenzione maggiore rispetto alle lingue degli aborigeni e al dialetto
hakka. Alle lingue tradizionalmente usate negli annunci dei pubblici servizi (guoyu e inglese) è stato infatti aggiunto il
taiyu; anche la compagnia di bandiera China Airlines ha aggiunto il taiyu
alle lingue usate dal personale di bordo per la comunicazione con i passeggeri e il servizio di
intrattenimento prevede ora anche programmi televisivi e radiofonici in taiyu. Per quanto riguarda il sistema educativo, nel 2001 il Ministero dell’Educazione ha introdotto tra le materie obbligatorie
nelle scuole elementari e medie inferiori, l’insegnamento di un linguaggio locale a scelta tra
taiyu, hakka o una delle lingue degli aborigeni (Ami o Bunun, le lingue delle tribù più numerose). Nel 2002 il Movimento Solidarietà Taiwanese, un gruppo politico che si batte per l’indipendenza di Taiwan dalla Cina, ha presentato allo Yuan Legislativo una mozione per fare del
taiyu la seconda lingua ufficiale dell’isola. Questa proposta è stata accolta da vivaci proteste, sia dai gruppi moderati, che temono che una simile dichiarazione possa far crescere la tensione tra Cina e
Taiwan, sia dai gruppi linguistici minoritari (Hakka, aborigeni e una minoranza di immigrati dalla
Cina continentale ancora incapace di comunicare in taiyu). In realtà è estremamente improbabile
che in un futuro prossimo il taiyu possa diventare la seconda lingua ufficiale di Taiwan, anche se
attualmente, secondo le stime del governo, esso risulta essere parlato dal 67% della popolazione
totale. Questo non tanto per l’opposizione dei gruppi sopra citati ma per un motivo molto
pragmatico: ancora oggi non è stato ideato un sistema di scrittura unitario per il
taiyu. Schematizzando, si può dire che attualmente per il taiyu vengono utilizzati cinque sistemi di scrittura:
1. i caratteri cinesi;
2. la scrittura in caratteri latini (romanizzazione);
3. una scrittura mista di caratteri cinesi e lettere latine;
4. i simboli fonetici del zhuyin fuhao;
5. il sistema sillabico giapponese katakana17.
I sistemi attualmente più usati sono i primi tre, ognuno supportato da un gruppo più o meno folto di sostenitori. Secondo i suoi fautori, il sistema basato sui caratteri cinesi assicurerebbe infatti una continuità con la tradizione letteraria taiwanese18,
e ribadirebbe inoltre il legame che unisce da sempre Taiwan alla civiltà cinese. D’altra parte, una scrittura basata unicamente sui caratteri cinesi pone dei problemi pratici piuttosto complessi. Innanzitutto, se si scelgono dei caratteri in base al loro valore fonetico, un lettore che abbia come madrelingua il guoyu o un diverso dialetto può esserne fuorviato e trovarsi così impossibilitato a interpretare correttamente il testo. D’altro canto, scegliendo dei caratteri in base al loro valore semantico, si rischia di trovarsi nella
situazione opposta: il testo può risultare comprensibile a un lettore che tuttavia non è in grado di
pronunciarlo correttamente. Un altro problema pratico è dovuto al fatto che, nel sistema di scrittura del
taiyu basato sui caratteri, per alcune parole sono stati creati dei caratteri speciali che non
esistono in cinese standard: questo crea dei problemi quando si adoperano software di videoscrittura non prodotti a Taiwan. Inoltre, questi caratteri non vengono riconosciuti dal sistema Unicode, e questo comporterebbe certamente dei problemi in caso di comunicazioni internazionali. Va aggiunto poi che molto spesso per una stessa parola esistono svariate rappresentazioni grafiche, fatto che genererebbe notevole confusione e creerebbe problemi per quanto riguarda l’alfabetizzazione e la compilazione di testi di una certa complessità. Per quanto riguarda la scrittura in caratteri latini, il sistema di romanizzazione più usato finora è stato quello ideato dai missionari presbiteriani nel XIX secolo per il dialetto di Xiamen, un dialetto
minnan considerato come uno dei più affini al taiyu. Questo sistema, conosciuto come
pehoe- ji (“scrittura vernacolare”, baihuazi in cinese), si basa su 24 simboli alfabetici e su segni numerici diacritici per rappresentare i toni
(in numero di otto). I punti a favore della romanizzazione sono la sua omogeneità e facilità di apprendimento, oltre al fatto che non presenta particolari problemi per quanto riguarda la video-scrittura (sono già stati ideati infatti diversi software per la scrittura in caratteri latini, tutti
riconosciuti dal sistema Unicode). Inoltre, secondo i suoi sostenitori, una scrittura in caratteri latini ribadirebbe l’indipendenza culturale di Taiwan rispetto alla Cina. Il problema più serio della
romanizzazione è la rudimentale rappresentazione dei toni (che in particolare non risulta accurata
per quanto riguarda il sandhi tonale) e la mancanza di regole precise per la segmentazione grafica delle unità verbali. La soluzione offerta dal sistema misto è invece la seguente: in linea
di massima si usano caratteri cinesi, ricorrendo ai segni alfabetici latini solo nel caso in cui non ci sia una forma universalmente accettata per un dato carattere, uno stesso carattere abbia letture differenti, oppure nel caso di prestiti linguistici. Teoricamente questa sembrerebbe la soluzione più razionale: resta comunque il problema della compilazione di un canone per i caratteri da utilizzare per questo sistema grafico. Una soluzione soddisfacente al problema dei sistema
di scrittura più adatto al taiyu sembra per il momento ancora lontana, vista l’accesa competizione
tra le varie scuole e la mancanza di una coordinazione adeguata da parte del Ministero dell’Educazione. Il ruolo alterno avuto nel corso del XX secolo dal
taiyu nella società taiwanese è senza dubbio indice di una società basata su radici culturali molto complesse. L’identità nazionale di Taiwan è un problema complesso e tale resterà finchè non si troverà una soluzione alla questione della posizione politica dell’isola. E’ da sperare, per il momento, nella continuazione di quel processo di valorizzazione che ha coinvolto negli ultimi anni le culture minoritarie dell’isola. Nei primi anni ’80 il
taiyu sembrava destinato a scomparire nell’arco di un paio di generazioni: la situazione attuale sembra aver ribaltato completamente le previsioni. Sarebbe auspicabile un destino simile anche per le culture indigene dell’isola che, senza l’ideazione di strategie adeguate, rischiano di diventare in pochi anni oggetto di studio dell’archeologia linguistica e antropologica.
MONDO CINESE N. 122, GENNAIO-MARZO
2005