1. Un inizio promettente
Nell'elaborare le nostre politiche, non siamo riusciti a pensare quel che pensa la gente né a rispondere ai suoi bisogni più urgenti"1. Questa confessione del capo dell'esecutivo della Regione amministrativa speciale (RAS) di Hong Kong, Tung Chee-hwa, illustra l'importanza della rottura avvenuta fra il governo nominato da Pechino e la popolazione del territorio. Dopo quasi otto anni di potere, la popolarità del numero uno della RAS è oggi al suo minimo storico. Come se non bastasse, a dicembre dell'anno scorso Hu Jintao, segretario generale del Partito comunista
cinese, lo ha criticato apertamente pur essendo Tung la persona designata da Pechino per
dirigere Hong Kong dopo il ritorno alla Cina. Durante le cerimonie di celebrazione del quinto
anniversario del ritorno di Macao, Hu, dopo aver lodato la competenza del capo dell'esecutivo del l'ex colonia portoghese, ha dichiarato: La nostra speranza è che i funzionari di Hong Kong mettano al primo posto gli interessi di Hong Kong e quelli a lungo termine della nazione. " Poi, indicando la delegazione dell'ex territorio britannico, "Dovete essere più uniti e più cooperativi, e appoggiarvi l'un l'altro." Il governo della RAS "deve preoccuparsi di più del popolo di Hong Kong...I funzionari devono migliorare le loro qualità e la loro capacità di governare."2
Quest'ultimo episodio dimostra che la formula "Un paese, due sistemi. Gli Hongkonghesi governino Hong Kong" inventata da Deng Xiaoping nel 1980 non funziona perfettamente. Dalla fine dell'anno scorso, non sono più soltanto gli oppositori democratici del Territorio a dirlo, ma il numero uno del PCC. Come si spiega altrimenti che il governo di Pechino, che ha nominato il capo dell'esecutivo della RAS di Hong Kong, lo critichi in una dichiarazione pubblica?
Eppure la nuova fase storica di Hong Kong era iniziata bene. Mentre nel 1997 molti osservatori
pensavano che i dirigenti della Repubblica popolare non avrebbero accordato le libertà promesse
al territorio, la realtà li ha smentiti. Hong Kong non è diventata "una città cinese qualsiasi".
Negli anni immediatamente successivi il ritorno del territorio, i dirigenti del Partito comunista sono stati attenti a non intervenire intempestivamente negli affari interni della Regione. Optando per la continuità, hanno lasciato al loro posto la maggior parte dei funzionari dell'epoca britannica, e in particolare il numero uno della vecchia amministrazione, la Chief Secretary Anson Chan,
nominata dall'ultimo governatore britannico. Decisi a mantenere il patto coloniale3
che era riuscito così bene ai colonialisti britannici, i comunisti cinesi hanno anche confermato la loro alleanza con i ceti padronali. Il capo dell'esecutivo Tung Chee-hwa, un armatore la cui compagnia era stata salvata
da capitali del continente, è stato eletto da un comitato elettorale nominato dal governo cinese al
termine di una campagna contro altri due candidati che avevano, come Tung, dimostrato la loro fedeltà a Pechino.
Questo non ha però impedito una vita politica molto vivace: le libertà fondamentali sono rimaste intatte e le manifestazioni sono state ancora più numerose che ai tempi della colonia britannica. La veglia del 4
giugno,organizzata dall'Alleanza patriottica in appoggio al movimento democratico
cinese (APAMDC) per commemorare il massacro della piazza Tian'anmen nel 1989, non è mai
stata proibita. Ogni anno, decine di migliaia di persone si riuniscono per protestare contro la
repressione, mentre sul continente la minima menzione del 4 giugno porta all'arresto. I
rappresentanti della setta Falungong, proibita nella Repubblica popolare, sono liberi di praticare la loro ginnastica mistica nei luoghi pubblici di Hong Kong. Le elezioni sono tra le più libere dell'Asia. Certo, si sono svolte conformemente alla Legge fondamentale (Basic Law) che prevede che soltanto da 20 a 30 deputati su un totale di 60 vengano eletti a suffragio universale diretto, mentre gli altri sono nominati da "circoscrizioni professionali" (functional constituency) costituite da rappresentanti delle compagnie dei diversi settori economici. Ma non c'è nessun limite al numero
di partiti che possono presentarsi o alle opinioni politiche dei candidati. E i risultati del voto hanno sempre indicato che la popolazione appoggia il Partito democratico, molto critico di Pechino. Sia nelle elezioni del 1998, del 2000 che in quelle del 2004, questo partito ha ottenuto almeno il 60% dei voti.
Oltre alla libertà di manifestazione, e a elezioni libere, Hong Kong ha anche una stampa molto attiva. Malgrado le pressioni di Pechino e l'autocensura dei proprietari dei media che vogliono sempre più sviluppare le loro attività sul continente, la stampa è rimasta libera. I media non esitano a criticare il governo, e il secondo quotidiano del territorio, l'Apple Daily, denuncia violentemente il capo dell'esecutivo e critica gli abusi del governo cinese. Le riviste che svelano informazioni sulle lotte per il potere all'interno del Partito comunista continuano ad essere pubblicate ogni mese. Insomma, l'atmosfera politica della Regione amministrativa speciale è rimasta molto più simile a quella che era ai tempi dei britannici che a quella del continente.
Ma dietro a queste apparenze, la situazione si è degradata. Il primo segno di questo degrado si è
manifestato durante il processo di nomina del capo dell'esecutivo all'inizio del 2002. La Legge fondamentale, mini-costituzione di Hong Kong, stabilisce che il Chief Executive deve essere nominato da un comitato elettorale composto da 800 membri rappresentativi di tutti gli strati della popolazione del territorio. A loro volta essi sono nominati dalle autorità della Regione speciale, e sono quindi filo governativi. Nel 2001, 714 degli 800 membri del comitato elettorale hanno deciso di presentare Tung come candidato. Questo significa che essendo 100 il minimo di voti
necessario per candidarsi, nessuno ha potuto presentarsi contro di lui, col risultato che il capo dell'esecutivo è stato rieletto senza dibattito sul bilancio del suo primo mandato o sul suo programma per i cinque anni successivi. Tutto cio è ancor più scioccante se si considera
che il segretario generale del Partito comunista Jiang Zemin non ha esitato a appoggiare apertamente Tung dichiarando durante una sua visita a Pechino: "Nessuno è perfetto, ma nell'insieme, l'abbiamo trovato bravo"4 .
In modo sempre più aperto quindi, il governo di Pechino e i suoi alleati nella Regione tentano di ridurre lo spazio democratico, malgrado numerosi sondaggi dimostrino continuamente che la popolazione è decisamente favorevole a un suo ampliamento e la Legge fondamentale lo preveda.
2. Le paure di Pechino
Questa tendenza si è rafforzata alla fine del primo mandato di Tung. Già nel febbraio del 2001,
i leader del PCC hanno dichiarato che il compito principale del Capo dell'esecutivo durante il secondo mandato sarebbe stato di far adottare l'articolo 23 della Legge fondamentale che tratta
della sovversione e della sedizione. Durante una visita a Pechino, la segretaria alla Giustizia della
RAS, Elsie Leung ha dichiarato: "[Il presidente dell'Assemblea popolare nazionale] Li Peng ha dettoche il compito principale del primo mandato del governo della RAS era quello di assicurare una transizione senza problemi. Quindi è ovvio che il processo legislativo per l'articolo 23 (della Legge fondamentale) non sia stato portato a termine." Ma oggi la situazione è cambiata a tal punto che un vice-presidente della commissione legislativa della stessa Assemblea, Qian Xiaoyang può affermare: "La Legge fondamentale impone alla RAS il dovere e la responsabilità di promulgare la legge ... e lo deve fare il più presto possibile"5.
Infatti, appena rieletto, Tung Chee-hwa mette la discussione dell'articolo 23 all'ordine del giorno del Legco. Questa decisione solleva molte critiche nella Regione. I dirigenti del Partito democratico in particolare fanno notare che durante il primo mandato di Tung non vi sono mai state manifestazioni violente, l'ordine pubblico non è mai stato turbato, e che non è mai avvenuto nessun tentativo di sovversione. L'opposizione ha sempre rispettato la Legge fondamentale malgrado le riserve che le ispira. In questa
situazione, affermano i suoi dirigenti, non si capisce perchè si debba adottare con tanta urgenza un articolo di legge che minaccia di suscitare gravi controversie.
Eppure, dal punto di vista del PC cinese, il rischio di sovversione esiste. Alla fine del 1999, il PCC
ha lanciato sul continente una grande campagna per lo sradicamento della setta de Falungong, accusata di volere rovesciare il regime. La forma di qigong praticata da questa setta è stata dichiarata illegale e gli aderenti al Falungong perseguitati6.
Ma a Hong Kong, dove le libertà di religione e di associazione sono garantite, il Falungong è legalmente riconosciuto; i suoi giornali e i libri del suo leader sono in vendita, e i membri organizzano spesso proteste contro le ersecuzioni che si attuano in Cina. Questa situazione è mal tollerata dal governo cinese, e i suoi portavoce la denunciano spesso. Nel febbraio 2001, il vice-direttore dell' Ufficio di rappresentanza di Pechino a Hong Kong, Liu Shanzai, dichiara: "Qualsiasi tentativo di qualsivoglia organizzazione
o persona per trasformare Hong Kong in un centro di attività del Falungong, in una base di
sovversione del governo centrale, nuocendo così alla prosperità e alla stabilità della società
hongkonghese, non sarà certamente autorizzato e sarà comunque votato al fallimento."7.
I dirigenti cinesi temono le forze anticomuniste che, secondo loro, sono molto attive a Hong Kong e
numerosi articoli pubblicati in Cina confermano questa inquietudine. L'analisi di Huang Qinghua, un ricercatore vicino al potere, ne è un buon esempio: "La RAS di Hong Kong deve difendere
l'autorità del Centro e gli interessi dello Stato. Non accetteremo che un'infima minoranza di persone a Hong Kong attacchi il governo centrale e divida il paese". Quest'espressione designa
naturalmente i membri del Partito democratico e dell'Alleanza patriottica in appoggio al
movimento democratico cinese. Ma il ricercatore va ancora più lontano: "Gli atti degli indipendentisti e degli agenti di Taiwan, la presenza a Hong Kong del Falungong, di servizi segreti occidentali di ogni tipo e la propaganda anticinese dei media occidentali costituiscono un terreno ideale allo sviluppo di organizzazioni e di opinioni anticinesi. Da tempo la circolazione di informazioni di ogni tipo semina confusione nelle capacità di giudizio degli abitanti di Hong Kong, che non sono più capaci di distinguere il vero dal falso. L'azione del governo in questo campo va certamente
rafforzata."8 Queste analisi dimostrano chiaramente che il PCC non ha nessuna intenzione di lasciare via libera a forze politiche che criticano il suo potere, malgrado il preteso rispetto della formula "un paese, due sistemi", e i suoi dirigenti sono ben decisi a limitare in tutti i modi le
possibilità d'espressione dei democratici.
La volontà di fare adottare rapidamente l'articolo 23 va analizzata in questo contesto. Uno degli
aspetti principali di questo testo legislativo è quello di vietare alle organizzazioni della Regione
ogni legame con organizzazioni internazionali. Questa proposta ha provocato una forte
opposizione nella società hongkonghese, perchè minaccia associazioni come Amnesty International, ma anche la Chiesa cattolica, entrambe parte del paesaggio politico della Regione. Benchè il governo avesse assicurato che non sarebbero state prese di mira dalla nuova legge, le forze politiche democratiche non hanno nascosto la loro preoccupazione. L'articolo prevede anche che i giornalisti non debbano pubblicare informazioni che coinvolgono segreti di Stato, un concetto
molto vago che, sul continente, permette di limitare strettamente la libertà di stampa. Questi aspetti della legge hanno suscitato critiche da parte non solo del Partito democratico, ma anche dell'Ordine degli avvocati (Bar Association). Per cercare 'impedire l'adozione del testo, le forze democratiche hanno depositato centinaia di emendamenti.
La discussione dell'articolo 23 si è svolta durante l'inverno del 2003, in piena crisi della SARS9,
crisi che ha messo in evidenza i difetti del sistema di controllo dell'informazione in vigore sul continente: quando i primi casi di SARS sono comparsi nel novembre 2002 nella provincia limitrofa del Guangdong, il dipartimento della propaganda del comitato provinciale del Partito ha proibito alla stampa di parlarne. Il risultato è stato che molti malati hanno continuato a viaggiare e
alcuni si sono recati a Hong Kong. Appena si è manifestato il primo caso di questa nuova malattia, gli ospedali della Regione hanno dato l'allarme e hanno avvertito l'OMS. La stampa ha riportato la notizia e il sistema di sanità statale ha preso le misure necessarie per circoscrivere l'epidemia. Anche se i giornali hanno criticato la lentezza della reazione del governo, questa crisi ha dimostrato la superiorità di un sistema aperto su quello chiuso della Cina, dove il governo ha aspettato mesi per ammettere l'esistenza di un'epidemia. Il modo in cui è stata trattata l'epidemia
della SARS sul continente ha scioccato la maggior parte della popolazione del territorio, che ha capito che la libertà d'informazione può essere d'importanza vitale. Quando, appena passata la crisi, il governo ha annunciato la sua intenzione di far votare l'articolo 23, che aveva come diretta conseguenza quella di limitare la libertà di stampa, la popolazione si è immediatamente mobilitata in difesa delle libertà fondamentali.
3. Gli Hongkonghesi scendono in piazza
Il 1° luglio 2003, in risposta all'appello di un collettivo composto d'avvocati, militanti del Partito democratico e sindacalisti, più di 500.000 persone, quasi il 10% della popolazione di Hong Kong,
hanno manifestato contro l'articolo 23. Questa mobilitazione, senza precedenti dalle grandi manifestazioni in appoggio al movimento democratico in Cina nel 1989, ha avuto una grande influenza sugli ambienti politici di Hong Kong. Nel corso di luglio, James Tien, presidente del Partito liberale, organizzazione pro-Pechino, ha deciso di ritirare il suo appoggio al progetto. Privato di uno dei suoi principali sostenitori, Tung Chee-hwa è stato quindi costretto a chiedere al governo centrale l'autorizzazione a ritirarlo. Nel settembre 2003 il tentativo di normalizzazione della vita politica di Hong Kong rappresentato dall'articolo 23 falliva miseramente10.
Convinti che le cause della straordinaria partecipazione della popolazione alla manifestazione
di luglio fossero altrettanto economiche che politiche, i dirigenti del PCC, che considerano Hong
Kong una città "economica" e non "politica", hanno deciso di fare tutto il possibile per aiutarla
a uscire dalla crisi economica. Le autorità della Repubblica popolare hanno quindi autorizzato i
cittadini di Pechino, di Shanghai, e, dal gennaio del 2004, di tutta la provincia del Guangdong a recarsi liberamente nella Regione. Hanno anche adottato la Close Economic Partnership, attuata nel luglio 2003, che prevede l'abolizione dei diritti doganali sugli scambi fra Hong Kong e la
madrepatria, e permette una maggiore libertà sul continente per le compagnie hongkonghesi.
Inoltre, gli investimenti cinesi sono sostanzialmente aumentati: nel 2003 raggiungevano 76 miliardi di dollari USA, corrispondente al 23% del totale degli investimenti esterni della RAS. Lo stesso anno, il commercio con il continente ha rappresentato il 43% del commercio totale di Hong Kong, che è stato il terzo partner commerciale della Cina dopo il Giappone e gli USA con il 10% del totale degli scambi11.
Il capo dell'esecutivo si è allineato sulle posizioni dei dirigenti del PC e ha affermato l'importanza
dei fattori economici nel malcontento della popolazione: "Il centro dell'attenzione della comunità
dovrebbe essere l'economia. Quello che sento dire quando parlo con la gente è che abbiamo
attraversato un periodo molto brutto... Dobbiamo andare avanti, rilanciare l'economia, e
migliorare la situazione della disoccupazione."12
Ciò non ha impedito ai partiti filogovernativi di subire una sconfitta clamorosa alle elezioni per i
consigli di distretto, che si sono svolte nel novembre dello stesso anno. L'Alleanza democratica per il miglioramento di Hong Kong (ADM, filo cinese) ha ottenuto soltanto 62 consiglieri contro gli 83 di cinque anni prima, mentre il Partito democratico ne otteneva 93 invece degli 86 dell'elezione
precedente. La partecipazione ha raggiunto il 44% degli iscritti invece del 36% nel 1998. Questi risultati hanno portato alle dimissioni del presidente dell'ADM Tsang Yok shing, mentre i
democratici, rinforzati dall'ampiezza della mobilitazione, lanciavano una campagna per ottenere il suffragio
universale per le elezioni del capo dell'esecutivo e del Legco previste per il 2007 e 2008,
culminata il 1° gennaio del 2004 in una manifestazione di più di 100.000 persone.
4. La controversia del patriottismo
Avendo capito che le cause dell'insoddisfazione della popolazione erano politiche, e che il governo di Hong Kong non era in grado di riconquistare l'appoggio dei cittadini, il governo centrale decide d'intervenire direttamente nella vita politica della Regione.
Primo, spiega che per Deng Xiaoping, la formula "Gli Hongkonghesi governino Hong Kong" significa "Gli Hongkonghesi patrioti governino Hong Kong". Ma chi sono i patrioti? Il vice-ministro del commercio, An Min, lo chiarisce: "Certe persone dicono che essere patriota non significa necessariamente amare il Partito comunista. Il Partito comunista rappresenta il popolo cinese. Deve quindi anche rappresentare il popolo di Hong Kong"13.
Preoccupato dalla popolarità
crescente delle forze democratiche, il PCC si fa più preciso e lancia una campagna contro Martin Lee Chu Ming, il fondatore del Partito democratico. Approfittando del fatto che ha accettato un invito del Senato statunitense per dare una testimonianza sullo stato della democrazia a Hong Kong, lo stesso An Min si scatena contro di lui : "Non tradisce la patria, colui che parla degli affari della Cina davanti agli stranieri?". E, nella più pura tradizione della Rivoluzione culturale, prosegue: "Che tipo di famiglia è quella di Martin Lee? Suo padre combatteva contro il Partito
comunista!"14. Questa campagna ha uno scopo preciso, quello di screditare le rivendicazioni del
Partito democratico. Il Partito comunista cinese non può correre il rischio che un'elezione a suffragio universale designi un capo dell'esecutivo o una maggioranza "ostile alla patria". Quindi,
nell'aprile del 2004, il comitato permanente dell'Assemblea popolare nazionale (APN) decide che
"per l'elezione del terzo Capo dell'esecutivo della Regione amministrativa speciale nel 2007,
non si applicherà il metodo del suffragio universale. Nell'elezione del quarto consiglio legislativo
del 2008, il metodo del suffragio universale non si applicherà all'elezione di tutti i membri del
consiglio legislativo"15.
Questa decisione provoca l'ira di una gran parte delle classi medie. In effetti, è chiaramente un'infrazione alle promesse fatte dal governo cinese nel 1990. All'epoca, esso aveva dichiarato che sarebbe stato responsabile degli affari esteri e della difesa della RAS. Eppure, è ovvio che il modo d'elezione dei dirigenti non fa parte di questi due campi riservati, e il capo dell'esecutivo, in quanto responsabile della difesa dell'autonomia della RAS, avrebbe dovuto opporsi a questa decisione. Non lo fece, e sia lui che le forze politiche pro-Pechino fecero numerosi dichiarazioni per appoggiare la presa di posizione dell'APN16.
Il Forum per i diritti civili, appoggiato dal Coordinamento per l'articolo 45, creato da un gruppo d'avvocati, dai partiti democratici e dai sindacati liberi, decide allora di convocare una manifestazione destinata ad affermare l'impegno
della popolazione a favore dell'elezione a suffragio universale. Si svolge il 1° luglio del 2004, e
vi partecipano più di 300.000 persone. Ancora una volta, le forze democratiche hanno dimostrato
che godono del sostegno di una gran parte della popolazione. Questi eventi
proccupano il governo centrale e quello di Hong Kong, che cominciano a temere una vittoria travolgente dell'opposizione alle elezioni per il Legco del settembre successivo. Tuttavia, ciò non è avvenuto, e grazie al sistema elettorale, le forze democratiche, benché avessero ottenuto il 60% dei voti, vincono soltanto 25 seggi su 60. L'ADM risulta il più potente partito del Legco mentre il Partito democratico ha subito una relativa sconfitta. Questi risultati provocano un sentimento di sollievo sia a Pechino che nel governo di Hong Kong, e il governo centrale adotta un atteggiamento
moderato nei confronti dei nuovi deputati democratici. Subito dopo le elezioni, Tung Chee-hwa annuncia che non presenterà la proposta di legge sull'articolo 23 durante questo mandato del Legco. Inoltre, per la prima volta nella storia, dei deputati che appartengono alle forze
democratiche sono invitati alle celebrazioni della Festa nazionale a Pechino il 1° ottobre 2004: si tratta però soltanto dei deputati del Coordinamento per l'articolo 45, e d'un membro del Partito
democratico17. Fedele alla sua strategia di Fronte unito, il PCC cerca di dividere i suoi avversari.
Tuttavia, questa tattica non ha successo e nel gennaio 2005, i 25 deputati democratici firmano un testo per esigere elezioni a suffragio universale nel 2007 e nel 2008.
All'inizio del 2005, le relazioni fra Pechino e le forze democratiche sono più distese. L'annullamento, a causa dello tsunami, della manifestazione per la democrazia del 1° gennaio ha contribuito a questa pacificazione. Tuttavia, benchè ambedue le parti abbiano adottato toni più moderati, i problemi rimangono: la popolazione di Hong Kong non è convinta di essere troppo
poco matura per avere diritto a elezioni a suffragio universale, e le autorità e i loro mentori del
PCC non sono disposti ad accordargliele.La situazione è complicata dal fatto che dall'inizio di quest'anno sono scoppiati degli scandali che hanno attirato l'attenzione dell'opinione pubblica sulla collusione fra il governo e i ceti padronali. In un periodo in cui la polarizzazione sociale diventa sempre più grave, la popolazione è stata scioccata da quest'alleanza fra i tycoon e il governo appoggiato da Pechino. Il Partito democratico ha approfittato di questa situazione per rilanciare la sua campagna a favore d'un referendum sull'elezione diretta del capo dell'esecutivo nel 2007, spiegando che costituisce una garanzia che il dirigente così eletto sarà responsabile delle proprie azioni davanti ai cittadini.
Ed è proprio questo momento di crisi che Hu Jintao sceglie per esprimere la sua delusione nei
confronti di Tung che, bisogna ricordarlo, era stato scelto dal suo predecessore, Jiang Zemin. Fin
dall'inizio del 2005 cominciano a circolare indiscrezioni sulla sua destituzione. La crisi sociale che
colpisce la Regione indebolisce il governo, rafforza il campo democratico, e imbarazza Pechino. L'incapacità di Tung a far accettare la sua politica, la sua impopolarità persistente, le numerose manifestazione di massa che si sono svolte durante l'anno passato hanno convinto Hu Jintao a congedare il capo dell'esecutivo.
Il 10 marzo scorso Tung Chee-hwa si è dimesso, dopo giorni di speculazioni sul suo prematuro abbandono della carica di governatore. Anche se si sapeva che Tung aveva cercato di lasciare la sua carica diverse volte18,
l'opacità del processo che ha portato alle sue dimissioni ha convinto gli Hongkonghesi filodemocratici che era una violazione della formula "Un paese, due sistemi". La sua sostituzione con il vice, Donald Tsang, che sarà
probabilmente eletto il 10 luglio, a maggior ragione dopo la (apparente) rinuncia a candidarsi da parte del ministro delle Finanze, l'ex magnate del tessile Henry Tang, è stata accolta con soddisfazione nella Regione. Pechino, tuttavia, non ha una fiducia assoluta in Sir Donald Tsang, un puro
prodotto del colonialismo britannico, addirittura anobli dalla Regina, perché potrebbe essere troppo attacato alla "rule of law". Questa è sicuramente una delle ragioni per le quali resterà comunque in carica solo due anni, l'arco di tempo necessario a concludere il mandato quinquennale iniziato da Tung.. Un'interpretazione della Basic Law che l'opposizione democratica contesta definendola
uno stravolgimento e un tradimento delle regole, secondo le quali ogni mandato dovrebbe durare cinque anni.
Le dimissioni di Tung dimostrano quindi i limiti della formula "un paese, due sistemi". È ormai chiaro che, in caso di crisi, è il governo centrale che prende le decisioni cruciali. Tuttavia, non potendo governare direttamente, deve trovare un rappresentante più competente di Tung. Ciò però non risolve la crisi politica. Sarà in grado il successore di Tung di fare accettare una politica non democratica alla popolazione di Hong Kong? La nuova direzione cinese è pronta a
soddisfare le rivendicazioni democratiche degli Hongkonghesi? Se, come pensiamo, il problema non è di
"packaging" ma proprio di contenuto della politica di Pechino, la nomina di un nuovo capo
dell'esecutivo non consentirà di cambiare la situazione. E il rifiuto di Hu Jintao e Wen Jiabao di lanciare
una riforma politica sul continente non lascia augurare una politica più aperta nei confronti di Hong Kong.
MONDO CINESE N. 122, GENNAIO-MARZO
2005