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POLITICA INTERNA

Il PCC discute di come migliorare la propria "capacità di governo"

di Marina Miranda

1. Il completamento di una successione ordinata

Il 4° Plenum del XVI Comitato centrale, che si è riunito dal 16 al 19 settembre 2004, ha segnato una svolta importante nella storia della Repubblica popolare: il completamento del passaggio dei poteri da Jiang Zemin a Hu Jintao, che così ha ottenuto anche la nomina a Presidente della Commissione militare centrale.
Si è conclusa quindi la prima successione ai vertici del partito avvenuta in modo non traumatico, senza che sia stata provocata da eventi scatenanti, come la morte di un leader o il verificarsi di una crisi politica. Ricordiamo che, nel corso delle precedenti transizioni al vertice, tutti i successori via via designati sia da Mao Zedong che da Deng Xiaoping erano caduti in disgrazia prima di riuscire ad affermare il proprio potere. Hu Jintao, invece, ha avuto la possibilità di consolidare in breve tempo la propria posizione politica, riuscendovi a 61 anni, un’età eccezionalmente giovane rispetto a quella di tutti gli altri precedenti leader della Repubblica popolare. 
Il merito di aver fatto in modo che il passaggio dei poteri avvenisse in modo ordinato va a Jiang Zemin, il quale aveva già favorito una sorta di formalizzazione istituzionale all’interno della leadership, fissando limiti di età1 e di mandato2 per le principali cariche al vertice del partito e dello stato. Si temeva, però, che lo stesso Jiang potesse arrestare tale tipo di processo e ostacolare così il passaggio reale dei poteri ai leader della quarta generazione. Se non si fosse dimesso dalla Commissione militare centrale, l’ex-Segretario generale avrebbe superato il precedente storico fissato da Deng Xiaoping, il quale aveva mantenuto la sua posizione a capo di tale organismo militare solo per due anni, fino al 1989, dopo essersi ritirato dall’Ufficio politico e dal Comitato centrale nel 1987. Sembrerebbe quindi essere in atto una trasformazione da un tipo di potere fortemente personalizzato a una forma più istituzionalizzata di governo, regolata da norme e procedure. 
Non sono tuttavia del tutto chiari i retroscena e i passaggi politici, su cui ha cercato di far luce la stampa di Hong Kong3, che, in un clima di grande incertezza ancora alla vigilia del Plenum, hanno alla fine portato alle dimissioni di Jiang. Dopo il suo ritiro, non si può però certo immaginare che il peso politico dell’ex-Segretario generale sia azzerato completamente, in quanto potrebbe, in maniera simile a quella di Deng, continuare ad esercitare la propria influenza dietro le quinte.
Ricordiamo che sono a lui molto vicini cinque dei nove membri dell’Ufficio politico, tra cui Huang Ju e Zeng Qinghong. Proprio la candidatura di quest’ultimo, ancora secondo la stampa di Hong Kong4, pare fosse stata proposta da Jiang per la carica a Vice-presidente della Commissione militare centrale; in realtà, invece, Zeng non figura ancora neanche tra i membri che compongono tale organismo.
Dopo la sua promozione, il posto di Hu in qualità di Vice-presidente è stato assunto dal generale Xu Caihou, il quale possiede una buona esperienza politica, essendo stato a capo negli ultimi cinque anni del Dipartimento politico dell’Esercito. Per quanto riguarda il ruolo della commissione stessa, esso sembrerebbe essere stato in un certo senso potenziato, dato che il numero dei suoi componenti è stato aumentato da 8 a 11.
Nonostante la nomina ottenuta, Hu ha ancora bisogno di dimostrare quanto sia saldo il suo legame con l’Esercito. Bisogna ricordare che alla fine degli anni ’90, era stato coinvolto da Jiang nel processo di risanamento delle attività imprenditoriali dei militari, cresciute enormemente nel corso delle riforme e che avevano dato vita a molteplici forme di corruzione. Nonostante il difficile compito affidatogli, Hu era riuscito a imporre la propria autorità; ciò può essere considerato come un preliminare riconoscimento del suo ruolo a capo dell’Esercito.

2. Migliorare la “capacità di governo”

Quanto la posizione di Hu ai vertici del partito sia ormai consolidata appare evidente dal testo delle “Risoluzioni del Comitato centrale del PCC per rafforzare la capacità di governo del partito”5, nelle quali viene ulteriormente ampliata e sviluppata la visione politica della nuova leadership. Questo documento approvato dal 4° Plenum pone in primo piano, tra le priorità dell’agenda politica, quella di migliorare la capacità di governo del partito, un progetto di ampio respiro, articolato in molti punti e che investe diversi aspetti del ruolo del PCC.
La nuova funzione che il partito è chiamato a svolgere nella società era stata uno dei principali temi affrontati nel documento del XVI Congresso6: in esso era stata esplicitata ufficialmente, per la prima volta, l’avvenuta trasformazione del PCC da “partito rivoluzionario” in “partito di governo”.7 
Lo sviluppo di tale processo evolutivo è dunque consistito nell’affrontare il problema della capacità del partito di guidare il paese.
Dopo che tale tema era stato trattato anticipatamente nell’editoriale del Quotidiano del Popolo del 1 luglio 20048, in occasione dell’83° anniversario della fondazione del PCC, la stampa di Taiwan lo aveva annunciato come l’argomento all’ordine del giorno del successivo 4° Plenum.9
Averne fatto il tema centrale di quest’importante riunione politica sta a significare quanto la capacità di governo rimanga ancora un problema aperto. E’ un segnale incoraggiante di come la nuova leadership voglia mantenersi al passo coi tempi, riconoscendo che i profondi cambiamenti generati da più di 25 anni di riforme necessitano una più efficace gestione delle questioni economiche e sociali, come pure maggiore trasparenza politica.
Il problema del miglioramento della capacità di governo è reso impellente dal fatto che il processo di trasformazione in atto ha raggiunto una fase critica in cui sono emersi fattori di crisi che potrebbero compromettere la stabilità sociale. Promuovere ulteriormente le riforme e consolidare il ruolo del partito costituisce una prova senza precedenti per poter governare il paese e rappresenta una doppia sfida, sia sul piano interno che su quello internazionale.
A tale riguardo è da tempo in corso all’interno del PCC una profonda riflessione sulle cause che in altri paesi hanno portato il partito unico al potere a dover abbandonare la scena politica: tra le diverse ragioni individuate, l’incapacità di adattarsi ai mutamenti sociali in corso e la scarsa attenzione prestata al problema del miglioramento della capacità di governo.
Quest’ultimo tema è presentato dalle “Risoluzioni” come una delle questioni di maggior rilevanza strategica per il futuro del socialismo, unitamente alla capacità del partito di realizzare i cosiddetti “tre compiti storici”: il progresso della modernizzazione, la riunificazione del paese, il mantenimento della pace mondiale e la promozione dello sviluppo comune.
Nel primo di questi tre obiettivi, lo sviluppo economico rimane la priorità essenziale, unitamente al miglioramento dell’economia di mercato e l’adattamento agli standard internazionali.
Nella sua funzione di guida, il partito necessita di un risanamento, attraverso l’introduzione di ulteriori meccanismi di controllo nel proprio funzionamento interno, come il decentramento dei processi decisionali, l’adozione di procedure che abilitino i membri ordinari a monitorare i rendimenti dei quadri superiori, l’istituzionalizzazione di norme che rendano più trasparenti i meccanismi di selezione e promozione dei funzionari.
Risanare il partito significa soprattutto combattere efficacemente il fenomeno della corruzione.
A tale proposito il Plenum ha fornito un esempio significativo: con l’approvazione del rapporto della Commissione centrale per le Ispezioni disciplinari, ha espulso dal Comitato centrale Tian Fengshan, accusato di corruzione per circa 5 milioni di yuan.
Nell’intero documento appaiono molteplici riferimenti al principio di legalità: è significativo che sia richiamata ed enfatizzata in più punti la necessità di “governare in base alla legge” (yi fa zhizheng). Ciò sta a significare che il partito è tenuto ad agire attenendosi alla legge e non può ritenersi al di sopra di essa; si rende necessario inoltre ridefinire i suoi rapporti con le istituzioni e l’amministrazione del paese, con cui il partito non deve interferire e a cui non può assolutamente sostituirsi.
La capacità di governare in base alla legge è ritenuta una delle cosiddette “cinque grandi capacità” che dovrebbero possedere i quadri di partito secondo quanto enunciato dal documento. Le altre consisterebbero nella capacità di controllare l’economia di mercato, di fronteggiare gravi
emergenze, di fornire un giudizio “scientifico” delle situazioni e di assumerne il controllo globale. Uno dei problemi più gravi da affrontare è il basso livello di competenza dei quadri, nonostante la lunga esperienza accumulata negli anni. In base a quanto emerso in una recente inchiesta effettuata dalla scuola centrale di partito, il 66,9% dei quadri di livello superiore a quello di distretto non sarebbe in grado di controllare l’economia di mercato, il 58,1% possiederebbe scarsa capacità di fornire un giudizio “scientifico” delle situazioni, mentre più di un terzo avrebbe difficoltà a fronteggiare le emergenze o ne perderebbe completamente il controllo, come, ad esempio, è successo durante la fase iniziale dell’epidemia della Sars.10 Inoltre i quadri di diversi livelli spesso dimostrerebbero mancanza di spessore ideologico, senso di responsabilità e integrità politica.
“Scientifico” è un termine spesso ricorrente in molti passaggi del testo delle “Risoluzioni”: scientifico deve essere l’approccio adottato nel migliorare la capacità di governo e nello sviluppare ulteriormente le riforme; scientifico il processo decisionale da promuovere; scientifico il principio cui bisogna aderire, quello di “porre la popolazione al primo posto”.
Scientifico è uno sviluppo economico che tenga conto del fattore umano, uno sviluppo sostenibile, ben coordinato in modo complessivo con quello sociale, una crescita bilanciata da un sistema di garanzie sociali, una maggiore attenzione ai problemi e agli squilibri della crescita economica.
Un’altra delle parole d’ordine più citate è quella di “governare per il popolo”, unitamente a quella di mantenere saldi i rapporti con la popolazione come “muscoli e sangue” di un unico organismo.
E’ importante notare che nelle “Risoluzioni” ricorre più volte un altro termine, che sembra fare così il suo ingresso ufficiale nell’attuale gergo politico della nuova leadership, quello di una “società armoniosa” (hexie shehui), un modello cui deve tendere la Cina per evitare gli squilibri e i conflitti sociali.11 Gli squilibri da correggere sono quelli tra città e campagna, tra aree costiere e regioni interne meno sviluppate, in particolare quelle abitate da minoranze nazionali, quelle delle zone di confine nord-occidentali e sud-occidentali, la vecchia base industriale del nord-est.
In tale modello “armonioso” si fa riferimento alla società nel suo complesso e non a strati specifici e più avanzati, come nel cosiddetto pensiero de “le tre rappresentatività”12, spesso citato nel testo del documento. A quest’ultima elaborazione teorica, considerata come ideologia guida, bisogna aderire per l’edificazione del partito, unitamente al marxismo-leninismo, al pensiero di Mao e alla teoria di Deng Xiaoping. Il documento esalta in più punti il contributo fornito da Jiang Zemin al partito e al popolo, durante gli anni in cui ha ricoperto le più alte cariche, a partire dal 4° Plenum del XIII Comitato centrale (giugno 1989).
Molti dei temi affrontati nelle “Risoluzioni” di questo 4° Plenum del XVI Comitato centrale vengono trattati in maniera più articolata in un importante documento neibu, a circolazione interna, emanato l’8 ottobre 2004 dal Comitato centrale e indirizzato ai comitati di partito a livello provinciale e inferiore. E‘ la stampa di Hong Kong, sempre aggiornata e sensibile a determinate problematiche, a presentare una sintesi di questo documento denominato “I dieci elementi scatenanti di (possibili) crisi prima del 2010 nel nostro paese”.13 Essi consisterebbero in una crisi di fiducia nel marxismo-leninismo e nel sistema socialista da parte degli stessi membri del partito a diversi livelli; nella scarsa competenza, demotivazione e arrivismo di molti quadri; nella corruzione in aumento all’interno del partito e nella società; nelle difficoltà per la creazione di un sistema legale e di uno stato di diritto; nella discrepanza tra sistema politico e sviluppo dell’economia di mercato; nelle strozzature nello sviluppo economico e finanziario; negli squilibri nella distribuzione del reddito tra strati sociali e tra aree geografiche; nell’allentamento del rapporto tra partito e masse; nella più generale crisi culturale e morale; nelle  difficoltà per la risoluzione pacifica del problema di Taiwan.
E’ questa una riproduzione sintetica ma puntuale dei mali e delle contraddizioni che affliggono la società cinese contemporanea e della cui gravità il partito sta prendendo definitivamente coscienza.

MONDO CINESE N. 121, OTTOBRE-DICEMBRE 2004

Note

1 La norma del limite d’età di 70 anni per l’appartenenza all’Ufficio politico fu applicata nel 1997 al XV Congresso nei confronti di Qiao Shi, Yang Baibing, Liu Huaqing, Zou Jiahua.
2 Il limite di due mandati è stato fissato per le cariche di Segretario generale del partito, Primo ministro, Presidente della repubblica e dell’Assemblea nazionale del popolo.
3 Yong Bing, “Jiang Zemin xiatai neimu“ (I retroscena delle dimissioni di Jiang Zemin), Zheng ming (Zm), n.10 (324), ottobre 2004, pp. 6-8.
4 “Jiang Zemin zhu zheng shisan nian“ (I tredici anni in cui Jiang Zemin ha diretto la politica), Fenghuang zhoukan, n.28 (161) ottobre 2004, pp. 14-20.
5 “Zhonggong zhongyang guanyu jiaqiang dang de zhizheng nengli jianshe de jueding“ (Risoluzioni del Comitato centrale del PCC per rafforzare la capacità di governo del partito), Beijing qingnian bao, 27 settembre 2004, pp.1-3.
6 Jiang Zemin, “Quanmian jianshe xiaokang shehui, kaichuang Zhongguo tese shehuizhuyi shiye xin jumian. Zai Zhongguo Gongchangdang Dishiliu ci Quanguo Daibiao Dahui shang de baogao“ (Costruiamo in modo onnicomprensivo una società del benessere, creiamo nuove condizioni per la causa del socialismo con caratteristiche cinesi. Rapporto all’Assemblea Generale dei Delegati di tutto il paese al XVI Congresso del Partito Comunista Cinese), Renmin ribao, internet ed. (Rmrb), 18 novembre 2002, p.1. 
7 Sebbene tale trasformazione possa apparire ormai ovvia, l’importanza di un’affermazione di tale tipo risiede nel fatto che sia stata inserita per la prima volta in un documento ufficiale. Si veda, M. Miranda, “Il Partito comunista cinese da ‘partito rivoluzionario’ a ‘partito di governo’”, Mondo Cinese, n.113, ottobre-dicembre 2002, pp.15-28.
8 “Yi tigao zhizheng nengli wei zhongdian jiaqiang he gaijin dang de jianshe - qingzhu Zhongguo Gongchandang chengli bashisan zhounian“ (Rafforziamo e miglioriamo l’edificazione del partito prendendo come punto chiave il perfezionamento della capacità di governo – Celebriamo l’ottantatreesimo anniversario della fondazione del PCC), Rmrb, 1 luglio 2004.
9 “Zhonggong tisheng zhizheng nengli jianshe mianlin yali yu tiaozhan“ (Le sfide e le pressioni che devono affrontare i Comunisti cinesi nel miglioramento della capacità di governo), Zhonggong yanjiu, vol. 38, n.7 (451), luglio 2004, p.3.
10 “CPC’s Major Challenges”, Beijing review, internet ed., vol. 47, n. 44, 4 novembre 2004.
11 “Riots provide bleak picture of society’s ills”, South China morning post, internet ed., 4 novembre 2004; Philip P. Pan, “Civil unrest challenges China’s party leadership”, Washington post, internet ed., 4 gennaio 2004.
12 In base a tale elaborazione teorica formulata da Jiang Zemin, il partito rappresenterebbe “le esigenze di sviluppo delle forze produttive più avanzate, gli orientamenti della cultura più avanzata e gli interessi fondamentali di larghissima parte della popolazione”.
13 “Wo guo 2010nian qian shi da weiji yinsu“ (I dieci elementi scatenanti di [possibili] crisi prima del 2010 nel nostro paese), in Yong Bing, “Zhonggong wenjian xi shi da weiji“ (Un documento dei comunisti cinesi analizza dieci grandi [fattori di] crisi), Zm, n.11 (325), novembre 2004, pp.12-14. 10

 

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