Premessa
L’adozione di una nuova tecnologia implica spesso sostanziali modifiche al modo di lavorare sia in termini
di sequenza e tipo di operazioni da svolgere, sia in termini di gestione, controllo e valutazione degli
eventi: le strutture dei compiti variano con la tecnologia utilizzata1 .
Questa considerazione, che da sempre accompagna l’innovazione, ha acquistato maggior forza
da quando si sono affermati i software denominati Enterprise Resource Planning (ERP), ossia “sistemi basati
su un insieme integrato di applicazioni che copre tutte, o quasi, le funzionalità dell’azienda2 ”. Si tratta
di pacchetti software costituiti da un insieme di moduli interdipendenti, a supporto di applicazioni
portanti, quali: la vendita e la distribuzione, la contabilità, la finanza, la gestione dei materiali, la
gestione del personale e così via, che consentono a utenti diversi di utilizzare i medesimi dati per
molteplici funzioni e processi gestionali. Un sistema ERP è nativamente strutturato sulla base di un
modello concettuale unitario che definisce i dati e i loro significati, unitamente alle modalità di
trattamento e gestione degli stessi. Le aziende possono scegliere di implementare tutti i moduli
applicativi offerti da un certo pacchetto ERP oppure possono limitarsi a installare soltanto quelli di
proprio interesse.
Gli ERP, proprio a causa dell’approccio integrato e globale che propongono, a detta di molti sono
più rigorosi nell’imporre un modello organizzativo a chi li adotta. Evidentemente la scelta delle
funzionalità da implementare e, di conseguenza, delle modalità operative che verranno adottate
dall’organizzazione utilizzatrice, presuppongono di condividere, accanto a un insieme di valori,
anche una certa cultura. Davenport3 scrive che “i sistemi ERP impongono la loro logica sulle
organizzazioni e possono essere una fonte di conflitti culturali”. Per questo diventa di particolare interesse affrontare il tema dell’introduzione
di questi sistemi in una cultura diversa da quella in cuiessi sono nati. Secondo Deutsch4 l’introduzione
degli ERP non comporta cambiamenti limitati al piano applicativo, ma si traduce anche in un massiccio
impegno in formazione, nella ridefinizione e riallocazione dei compiti e nella soppressione o revisione ex
novo di molte delle procedure in essere. Possiamo quindi affermare che gli ERP abbiano portato a una
vera e propria “rivoluzione” basata sulla (spesso ingiustificata) convinzione che l’adozione di questi
sistemi si accompagni con l’implementazione delle migliori pratiche aziendali esistenti e che, adeguandosi
ad esse, si possano ottenere sostanziali vantaggi.
Alcuni studiosi sono ancora più radicali. Ad esempio Robinson e Wilson5 sostengono che gli ERP
sono uno dei più recenti tentativi di utilizzare le capacità dell’ICT per rafforzare il controllo del
management sul processo si crescita del capitale, a questo proposito, ricorrono all’analisi di
Marx nei Grundrisse sui processi di accumulazione e circolazione del capitale per comprendere gli effetti dell’adozione degli ERP.
Dopo aver sostenuto, con il conforto di autorevoli fonti, che l’adozione degli ERP può comportare
effetti rilevanti sulle modalità di svolgimento del lavoro e sulla struttura organizzativa, è interessante vedere i
loro effetti nel contesto cinese. Infatti i sistemi ERP sono stati creati su un modello aziendale concepito
e utilizzato nel mondo anglosassone; in un Paese che presenta delle forti diversità culturali rispetto
all’Occidente e in cui il modello comunemente inteso di gestione aziendale non ha ancora una storia
consolidata, l’introduzione di questo software potrebbe presentare caratteristiche peculiari. Le domande
che ci poniamo riguardano le implicazioni derivanti dall’adozione di sistemi ERP in Cina; gli eventuali
aspetti peculiari riscontrati rispetto al mondo occidentale; gli esiti dell’introduzione di questi sistemi in un
contesto particolare come quello cinese e infine l’individuazione di ragioni di natura sociale o culturale
per comprendere meglio il fenomeno descritto.
1. Uno studio sui sistemi ERP in Cina
Sul tema degli ERP in Cina vi sono numerosi lavori che, con una giusta scelta delle parole chiave,
possono essere indicati da un motore di ricerca. Di particolare interesse è un saggio a firma di
Martinsons6 , apparso su una delle riviste più autorevoli nel campo dei sistemi informativi, in cui
si prova a fare il punto della situazione. E già il fatto di dedicare un articolo a questo
argomento testimonia l’importanza che, tanto nel mondo scientifico quanto in quello degli operatori del
settore, esso ha assunto nella Repubblica Popolare Cinese.
Va comunque rilevato che il saggio di Martinsons, pur se notevole per il prestigio del suo autore e
della rivista che lo pubblica, suscita non poche perplessità in merito ai contenuti e all’impianto
metodologico adottato. Appare infatti solo in parte condivisibile la scelta di Martinsons di concentrarsi sulle differenze
tra le modalità di introduzione degli ERP nelle aziende pubbliche, le State Owned Enterprise (SOE), e in
quelle private, le Private Venture (PV). In ogni Paese esistono sacche tanto di inefficienza quanto di
eccellenza che caratterizzano la Pubblica Amministrazione, conseguentemente l’adozione del metodo dei
case study per dare una risposta alla domanda di ricerca è altamente opinabile. Infine alcune spiegazioni
di tipo antropologico o culturale che l’autore fornisce non sono completamente condivisibili e
potrebbero, al limite, essere tenute presenti come ipotesi di ricerca future.
Fatte queste premesse, Martinsons riprende un’analisi del gruppo IDC7 e parla della presenza di circa un
migliaio di installazioni ERP in Cina nel 2001. Lo studio si basa sull’esame di 8 casi, ma l’autore - allo
scopo di dare maggiore spessore alla sua tesi – dimostra come un’analoga rilevazione condotta su 189
casi a cura di un’azienda produttrice leader a livello mondiale (la tedesca SAP) giunga a conclusioni del
tutto simili.
Prima di entrare nel merito delle peculiarità riguardanti l’adozione degli ERP in Cina è necessario
fare una precisazione: gli ERP non sono realizzati esclusivamente in Occidente ma esistono anche delle aziende
cinesi, quali UFSoft8 e Kingdee Software9 , che li producono. Questo è più che comprensibile in un
mercato che – secondo le previsioni - dovrebbe passare da un fatturato di un milione di dollari registrato
nel 2002 a 3 milioni di dollari nel 2007.
Lo studio di Martinsons ha portato a evidenziare alcuni elementi comuni e fattori di difformità tra
gli otto casi analizzati. In tutti i contesti (privati e pubblici):
1. i progetti di progetto e sviluppo di sistemi informativi basati su soluzioni ERP difficilmente vengono
completati nei tempi previsti, pur tuttavia rispettano il budget iniziale;
2. l’adozione di sistemi ERP non sembra accompagnarsi a miglioramenti sostanziali nelle prestazioni
dell’azienda utilizzatrice;
3. i progetti volti all’introduzione di ERP sponsorizzati dal vertice aziendale hanno una sorte migliore di
quelli sponsorizzati dal responsabile della funzione preposta alla gestione dei sistemi informativi.
Riguardo al primo punto, l’autore propone una spiegazione molto semplice: è ovvio che un allungamento
dei tempi di installazione indica la presenza di un effort, ovvero un impegno di lavoro, superiore al
previsto e, quindi, essendo questa la principale voce di costo in un progetto di
implementazione di un nuovo software, è altrettanto evidente che tale circostanza implica il
mancato rispetto del piano dei costi. Il problema del superamento del budget viene generalmente
affrontato imputando ad altri progetti le risorse aggiuntive utilizzate per completare il piano di
lavoro relativo all’ERP. Questa prassi risulta molto diffusa in varie parti del
mondo.
La seconda osservazione può riassumersi nel fatto che raramente i progetti ERP si accompagnano a
miglioramenti significativi nei tempi dei cicli aziendali (ossia i tempi intercorrenti tra l’ordine e la
consegna) e nel grado di soddisfazione del cliente. Nei casi analizzati i tempi di risposta alle richieste del
cliente si sono ridotti in misura non coerente con le attese, ossia su livelli inferiori al 10%, dato questo
che trova conferma in altre analisi. Quest’ultimo risultato, più che domande sul mondo aziendale cinese
solleva un dubbio sugli ERP: tali sistemi, forse, sono più adatti a migliorare l’efficienza in un ambiente
statico anziché dinamico. Ma a questa domanda non si è ancora data una risposta univoca neppure nel
mondo occidentale: si può soltanto affermare che il software ERP può contribuire - in ambienti
conosciuti e stabili - a migliorare l’efficienza relativa ad attività caratterizzate da un elevato grado di
standardizzazione e codificabilità; mentre in caso contrario e in ambienti in continuo cambiamento è
probabile che i risultati siano parziali oppure contrassegnati da maggior incertezza.
La terza osservazione non può essere limitata al mondo cinese: infatti in tutti i tipi di contesto i
progetti chiaramente sponsorizzati dal vertice aziendale presentano maggiori probabilità di successo rispetto a
quelli sostenuti da singoli responsabili funzionali.
Per quanto riguarda le osservazioni relative alle differenze tra le SOE e le PV, alcune meritano
attenzione. Anzitutto occorre tenere presente che nei casi esaminati i progetti ERP sono stati portati
avanti con obiettivi diversi a seconda dei contesti. Nelle aziende pubbliche, in particolare, il grado di
automazione preesistente era mediamente modesto e limitato agli aspetti fondamentali della gestione
finanziaria e di magazzino, mentre quello che si richiedeva al sistema ERP era di fornire interoperabilità e
coerenza tra le varie applicazioni, al fine di ridurre i costi amministrativi.
In genere le SOE, nell’adottare sistemi ERP, sono state spinte da obiettivi non tanto di crescita dei
ricavi o di riduzione dei tempi di consegna, quanto piuttosto di miglioramento dell’efficienza di
applicazioni già in uso. Molto diverso è il caso delle PV, soprattutto a causa del precedente livello
di automazione (forse perché nate più tardi?). Inoltre sembra che presso le aziende private analizzate
abbia prevalso l’idea di approfittare dell’introduzione degli ERP come occasione di
ottimizzazione della gestione, ivi compresi i tempi di risposta alle richieste del cliente, e di adozione di prassi migliori. Intendendo con prassi migliori le best practice riferite alle procedure e agli standard delle imprese
occidentali.
Un altro aspetto che viene evidenziato riguarda il sostegno al progetto di adozione dell’ERP.
Anche in Europa e negli Stati Uniti il fattore chiave di successo dei progetti di sviluppo basati su
soluzioni integrate dipende dalla posizione e dal ruolo dello sponsor interno. Una delle spiegazioni che
Martinsons adduce per giustificare la scarsa percentuale di successo relativamente a progetti sostenuti
dalle direzioni tecniche, nel caso specifico quella dell’IT, è che i vertici aziendali delle imprese cinesi
temono che la loro incompetenza in materia di ERP possa essere giudicata negativamente dalle strutture
subordinate. Affidando alle aree funzionali la responsabilità dei progetti riguardanti gli ERP, il
management allontana sì questo rischio ma, al tempo stesso, finisce per ingenerare nella struttura
l’errata convinzione che il progetto di introduzione dell’ERP non sia ritenuto prioritario oppure rivesta
un’importanza marginale per l’alta direzione.
Un elemento che Martinsons riconosce come dirimente è quello della presenza di consulenti. Nelle
aziende SOE il ricorso a questi professionisti è alquanto raro. Si può aggiungere che, come in altre parti
del mondo, nel settore pubblico il ruolo degli esperti esterni che affiancano i responsabili interni
proponendo esperienze maturate in altri contesti è molto marginale poiché i consulenti, spesso, non
possiedono l’autorevolezza e il livello di delega necessari per imporre la propria visione. La spiegazione
che viene avanzata in proposito, peraltro senza supporti documentali, è che il vertice delle SOE
potrebbe vedere la propria autorità messa in discussione se per certi progetti si facesse ricorso a
consulenti esterni. Non viene invece presa in considerazione l’idea che un ente pubblico debba
sottostare a precisi vincoli di tipo regolamentare e giuridico (identificazione del responsabile di certe attività, obblighi verso altri enti pubblici etc.)
che, in tutto il mondo e quindi anche in Cina, rendono più difficile affidare i progetti a team di
specialisti esterni. Talvolta si sottovaluta che un organismo pubblico ha degli obblighi rispetto a
tutti i cittadini in modo indistinto e non solo verso i clienti, e che per questa ragione vi sono
delle regole da rispettare sancite per legge che determinano molte delle procedure
interne. L’adozione di un ERP, che presuppone nuove prassi di comportamento, potrebbe implicare
potenziali conflitti con la normativa vigente.
Un altro aspetto critico dell’adozione dei sistemi ERP è quello di modificare radicalmente l’articolazione
dei processi operativi all’azienda, vedendola nel suo insieme e non più come la somma di tanti servizi o
tante funzioni composite. Tratto distintivo delle soluzioni ERP è rappresentato dalla capacità di integrare
(grazie a un’intelaiatura costituita da numerosi “moduli” interconnessi) la gestione dei dati e delle
informazioni, strutturando questi ultimi lungo flussi informativi unici e comuni a tutta l’organizzazione. Pertanto, la presenza di una struttura
organizzativa articolata funzionalmente obbliga - in sede di implementazione di una soluzione
ERP - ad analizzare i flussi informativi tenendo conto della visione trasversale (o interfunzionale)
dei flussi medesimi. Certamente l’adozione di questo tipo di approccio (“per processi”) risulta
più facile nel settore privato che in quello pubblico; inoltre, sempre secondo Martinsons, in Cina entra in gioco anche un ulteriore aspetto l’importanza di salvaguardare la struttura
tradizionale: ossia si tende a proteggere l’interesse dell’impiegato o dello specifico gruppo di lavoro
interno (danwei) anziché adottare una prospettiva più ampia e generale, ossia che prenda in esame le
implicazioni (di efficacia e di efficienza) per l’azienda nel suo complesso. A questo proposito
alcuni fatti recenti come l’accordo10 tra Lenovo (il più grande fabbricante di computer cinese) e IBM secondo il
quale tra l’altro la Cina fornirà del management in outsourcing agli americani sono
un segnale di quanto i metodi e gli stili aziendali occidentali siano stati assimilati. Per questo l’insistenza sulle peculiarità cinesi
come un fattore immutabile è poco convincente. Se gli americani importano management cinese e per
questo pagano vuol dire che sono certi che alcuni standard aziendali e culturali sono conosciuti e
praticati. Non vi è notizia di altri Paesi che esportino management in America sulla base di accordi siglati
sulla base di numeri consistenti.
Secondo Davison11 le differenze culturali rappresentano un fattore critico di successo nell’adozione
degli ERP. La domanda che l’autore si pone è se il basso grado di coerenza tra il modello di gestione
aziendale cinese e gli ERP possa essere superato oppure se si tratti di un fattore strutturale. Pur
concedendo che gli ERP richiedono di essere adeguati alla cultura cinese, ma non specificando come ciò
dovrebbe avvenire, la conclusione cui l’autore giunge è molto radicale: o le aziende cinesi adottano gli
ERP e si adeguano al modello di gestione occidentale oppure esse andranno incontro a una serie di
“catastrofi”, quali la perdita di competitività, la disoccupazione di massa, la messa in discussione dei
fondamenti della società. Ma a supporto di queste funeste previsioni non viene avanzata alcuna ipotesi
convincente. Resta pertanto l’impressione che le conclusioni si fondino soprattutto su sensazioni
personali dell’autore.
2. Quale futuro per gli ERP in Cina
Al di là di quanto emerge dagli studi citati vi sono alcune riflessioni, basate su dati certi, che
possono aiutare a mettere in luce aspetti interessanti sulle possibili traiettorie di diffusione dei sistemi ERP. In
Cina sta aumentando notevolmente la presenza di società multinazionali con casa madre all’estero12 ,
queste aziende molto spesso utilizzano sistemi ERP, è logico prevedere che anche alla consociata cinese
verrà chiesto di adeguarsi, altrimenti diventerebbero difficili il controllo aziendale e il consolidamento del
bilancio. Dal rapporto IDC citato in precedenza emerge che alcune importanti imprese manifatturiere cinesi hanno già introdotto sistemi ERP.
Spesso queste aziende si avvalgono di numerosi fornitori che, per essere gestiti in modo
efficiente, impongono un certo grado di omogeneità tra i sistemi informativi. Analogamente a
quanto è avvenuto in Italia, questa spinta all’uniformità potrebbe provocare una pressione da
parte delle grandi aziende per indurre le piccole ad adottare un sistema informativo coerente con
il proprio. Entrambi gli elementi appena citati dovrebbero favorire il ricorso agli ERP. È altresì probabile che le soluzioni ERP, diffusesi
inizialmente nelle grandi imprese manifatturiere, proseguiranno il loro cammino in direzione delle medie
aziende e verso settori economici relativamente nuovi a questo genere di applicazioni: banche,
assicurazioni, servizi di telecomunicazione e così via.
Vi è poi un altro fatto che si è verificato in Occidente e per il quale
vi sono tutti i presupposti per attendersi che si verifichi anche in Cina: la forte
presenza di società di consulenza. L’introduzione di un sistema ERP richiede l’impegno di un elevato numero
di specialisti per un tempo relativamente breve (6-18 mesi). L’azienda che non possiede
competenze interne di questo genere, fa generalmente ricorso a una società di consulenza specializzata
nell’installazione e personalizzazione di questi sistemi. Come ovvio, tali società di servizi a propria volta
esercitano una forte pressione commerciale affinché si diffondano gli ERP in tutti i tipi di contesto. Si
assiste spesso, in queste fasi iniziali della diffusione di un prodotto, a una crescita accelerata
nell’adozione dei sistemi dovuta all’azione congiunta dei produttori di soluzioni ERP e delle società di consulenza.
Un segnale chiaro che la diffusione degli ERP aumenterà in Cina proviene altresì dall’impegno di due
grandi aziende locali, UFSoft e Kingdee Software13 , nella produzionee fornitura di sistemi
ERP. Evidentemente queste aziende hanno fatto conto sul successo di tali sistemi sul mercato nazionale.
Se restano pochi dubbi sulla futura massiccia diffusione degli ERP, più difficile è prevedere quali potranno essere gli effetti.
Ritornando allo studio discusso in precedenza, in più punti si riferisce di opposizione da parte degli
impiegati all’introduzione di sistemi ERP, a causa del timore di perdere il posto di lavoro, e di appoggio da
parte della dirigenza. In realtà le esperienze occidentalinon evidenziano alcuna prova certa di riduzione
dell’occupazione attribuibile all’introduzione di questi sistemi, anzi, è più facile sostenere il contrario,
anche se sarebbe un po’ superficiale attribuire ad una sola causa questi effetti. I sistemi ERP vengono
introdotti in aziende solitamente sane, perché dotate delle risorse finanziarie occorrenti per affrontare
questo genere di investimento, con prospettive di crescita, perché spesso è proprio la rapida
espansione a mettere in evidenza i punti deboli del sistema informativo e a condurre alla necessità di un
rifacimento che, vista l’offerta tecnologica esistente, oggi è sensato portare a termine con
l’introduzione di un ERP. Nella maggior parte dei casi l’adozione di tali soluzioni è indotta da una
combinazione di ragioni, molte delle quali vincolanti o non procrastinabili: talvolta vi è un problema di
obsolescenza dei sistemi in essere (ad esempio, alla fine degli anni ’90 hanno molto influito il passaggio
all’euro e il cambio di data); in altri casi lo stimolo è derivato dagli standard imposti dalla casa madre o da importanti imprese partner.
A questo punto viene da chiedersi:ma è proprio una strada obbligata ricalcare il modello gestionale di
tipo occidentale? Certamente le imprese cinesi che lavorano in stretto contatto con
realtà straniere tenderanno ad adottare schemi gestionali molto simili, mentre quelle dove una
parte rilevante del ciclo produttivo avviene in Cina saranno meno soggette a queste pressioni. Più
degli ERP, saranno i vincoli esterni a esercitare un’influenza decisiva sulle scelte di automazione future. Il miglioramento dei tempi di
risposta alle richieste dei clienti, il comportamento dei concorrenti, la standardizzazione della
documentazione contabile e l’adeguamento a nuove disposizioni fiscali rappresentano altrettante
occasioni per riprogettare i sistemi informativi in chiave ERP. In realtà il carattere vincolante degli ERP
non è così deterministico e assoluto come appare: da una parte essi - grazie alle caratteristiche di
configurabilità – possono prendersi carico delle peculiarità che caratterizzano le prassi in uso nella realtà
cinese. Configurare, in molti casi, significa ricercare un compromesso tra le logiche di funzionamento che
si vogliono introdurre, e le possibilità previste dal sistema ERP. D’altro canto, è del tutto ragionevole
attendersi qualche utilizzo imprevisto della tecnologia. Per quanto riguarda l’adeguamento alle peculiarità
cinesi, si deve ricordare che gli ERP sono prodotti che devono essere personalizzati (in gergo questa
operazione viene definita “parametrizzazione”) rispetto alla realtà nella quale vengono inseriti:
pertanto, nulla vieta che certe prassi tipiche del contesto cinese, se ritenute valide e convenienti,
siano accolte nel software. A volte è soltanto la pigrizia intellettuale che induce le aziende
utilizzatrici ad assumere acriticamente un prodotto software assieme al modello organizzativo
che avevano in mente coloro che l’hanno sviluppato. Se esiste una proposta organizzativa migliore e percorribile, essa può essere
accettata e si può tentare un adeguamento del software in funzione delle caratteristiche di contesto.
Né si deve trascurare il fatto che, finora, la Cina ha dimostrato in maniera anche energica la volontà di
salvaguardare le proprie peculiarità: in un rapporto di alcuni studiosi svedesi si riprende da CNet Asia14
l’affermazione che “le autorità locali cinesi debbono preferire il software prodotto in Cina” e questo
potrebbe più facilmente portare ad accogliere le caratteristiche del modo di lavorare e di organizzarsi del
Paese. Direttamente legata a tali considerazioni è la scelta di ricorrere in modo generalizzato al
cosiddetto software open source (ossia che offre a tutti gli utenti un libero accesso al codice sorgente
del programma per consentire di correggereeventuali errori o di apportare miglioramenti) rispetto a quello proprietario.
Non è questa la sede per affrontare il tema dell’open source, basti qui menzionare che il software
si suddivide in due grandi categorie: quello di tipo “proprietario”, di cui si acquista in licenza
d’uso il cosiddetto codice eseguibile (es. Office di Microsoft) non modificabile dall’utente, e quello
“aperto” che invece permette di operare sul codice sorgente. Con quest’ultimo le esigenze personali, aziendali e sociali possono trovare più spazio per essere accettate.
La scelta riscontrata in Cina a favore dell’open software indica la volontà di non importare modelli
preconfezionati dall’Occidente senza avere la possibilità di adeguarli e contestualizzarli.
L’orientamento a favore del sistema operativo aperto Linux (che può essere prelevato da Internet
gratuitamente o può essere acquistato a basso prezzo da società che forniscono in aggiunta altri
strumenti software) e la creazione di poli produttivi locali, come RedFlag Linux15 e Bluepoint
Linux16, indicano una chiara volontà in tale direzione.
Certamente il percorso più prevedibile è che tra qualche anno la Harbin Aircraft Manufacturing
Company che produce aeroplani ed elicotteri assomigli nella sua organizzazione interna molto più alla
Boing di quanto non avvenga oggi; e che la Shanghai Automotive Industry , il gigante cinese dell’auto, sarà
organizzata in modo più vicino a quello della Honda e della General Motors. Ma non si deve dimenticare
che la storia delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione annovera casi di utilizzo
completamente imprevisto. Sotto gli occhi di tutti è il successo degli Short Message Systems (SMS),
sistema di messaggistica nato per brevi comunicazioni tra gestore e utente e che, inaspettatamente e
nel giro di pochissimo tempo, si è trasformato in un sistema di comunicazione interpersonale. Non
diverso è il caso di Internet, il cui utilizzo odierno non poteva in alcun modo essere previsto da
chi l’ha ideata.
Sempre più spesso le tecnologie trovano effettiva applicazione secondo modalità impreviste, seguendo
sentieri di sviluppo comunque diversi da quanto i progettisti avevano originariamente
pianificato. Tale circostanza deriva certamente dalla plasticità e dall’apertura degli strumenti; tuttavia è bene
sottolineare che, al di là di queste proprietà “intrinseche”, gli effetti della
tecnologia sono il risultato della continua e reciproca interazione tra prassi sociali, atteggiamenti
dei singoli attori e contesto istituzionale come sostenuto anche da Orlikowski17 .
Forse, e auspicabilmente, nei prossimi anni in Cina assisteremo a utilizzi dei sistemi ERP che
ancora non riusciamo a immaginare. Non vi sarebbe da essere sorpresi a fronte di ERP con “caratteristiche cinesi”.
MONDO CINESE N. 121, OTTOBRE-DICEMBRE
2004
Note
1 C. Perrow, “A Framework for the Comparative Analysis of Organizations”,
American Sociological Review, N. 2, 1967.
2 T. Coulson et al., “ERP Training Strategies: Conceptual Training and the Formation of Accurate Mental Models”, SIGMIS Conference ’03, Philadelphia, Penn 2003.
3 T. Davenport, “Putting the Enterprise into the Enterprise System”, Harvard Business
Review, 76(1), 1998.
4 C.H. Deutsch, “Software That Can Make a Grown Company Cry”, The New York
Times, 8 novembre 1988.
5 B. Robinson e F. Wilson, “Planning for Market? EntERPrise Resource Planning Systems and the
Contradictions of Capital”, The DATA BASE for Advances in Information
Systems, 32(4), 2001.
6 M.G. Martinsons, “ERP in China: One Package, Two Profiles”, Communications of the
ACM, 47(7), 2004.
7 IDC Market Research Report China Enterprise Resource Planning Applications 2004– 2008 Forecasts and
Analysis.
8 La UF Software ha recentemente concluso un accordo con la IFS svedese, un’azienda leader mondiale nel campo del software per l’industria e la finanza. La UFsoft ha anche ottenuto la certificazione di qualità secondo gli standard ISO 9001 e ISO 9002. Oggi la UFsoft è il primo produttore indipendentedi software in Cina.
9 Kingdee è un’azienda leader nel software, dal prospetto di bilancio emerge che ha 2800 dipendenti, ha rilasciato il primo
software ERP nel 1999 ed è il numero uno come venditore di sistemi ERP in Cina.
10 “Lenovo will Outsource Management to IBM“, in International Herald Tribune, 28 dicembre 2004.
11 R. Davison, “Cultural Complications of ERP”, Communications of the ACM, 45(7), 2002.
12 Secondo China–Window. Com, 24 marzo 2004, 400 delle 500 aziende di “Fortune 500” hanno già effettuato
investimenti diretti in 2000 progetti in Cina. Nella sola Shanghai sono in corso 181 su cui hanno investito 98 multinazionali per un totale di 8 milioni di
dollari. A proposito delle multinazionali in Cina si veda Multinational Corporations in
China, Copenhagen Business School Press, 2000 e China Service Sector:
A New Battlefield for International Corporations, Copenhagen Business School Press, 2001 entrambi
scritti da Yadong Luo. Nel primo testo citato si rileva che dal 1979 al 2000 le autorità cinesi avevano approvato 300000 autorizzazioni a operare per aziende con capitale straniero.
13 Si vedano i prospetti di bilancio delle due aziende. La UF Software è quotata alla borsa di Shanghai. La Kingdee Software, il cui nome completo è Kindee International Software Group Company Limited, è quotata al GME (Growth Enterprise Market) dello
HKSE (Hong Kong Stock Exchange).
14 CNET Asia “China blocs foreign software use in gov’t”, disponibile on line su
http://asia.cnet.com/ newstech/a p p l i c a t i o n s /
0,39001094,39146335,00.htm
15 Red Flag Linux ha tra gli azionisti e fondatori il Software Institute dell’Accademia delle scienze cinese e ha stabilito una serie di accordi di partneriato con IBM, Intel, HP, Oracle, BEA e altri.
16 Bluepoint Linux Software è una azienda fondata nel 2003 che sta rapidamente affermandosi nel campo del
supporto ai sistemi operativi Linux.
17 W. J. Orlikowski, “Using technology and constituting structures: a practice lens for studying technology in
organizations”, Organization Science, Vol. 11, n° 4, luglio-agosto 2000.
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