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INDICE>MONDO CINESE>L'ETICA DELLE BIOTECNOLOGIE NELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE

CULTURA E SOCIETÀ

L'etica delle biotecnologie nella Repubblica Popolare Cinese

di Laura De Giorgi

All'alba del XXI secolo appare ormai chiaro come lo sviluppo economico e l'accresciuta potenza militare non siano i soli elementi di cui tenere conto nel considerare il nuovo ruolo della Cina nel mondo. Il rapido progresso della ricerca scientifica e tecnologica nei settori più avanzati, infatti, non costituisce solo un fattore importante di trasformazione socio-culturale del Paese, ma può avere anche un impatto significativo negli equilibri di potere mondiale. 

Una persuasione diffusa nell'ambiente scientifico internazionale è, ad esempio, che la Cina possa rivestire, in un futuro molto prossimo, il ruolo di leader globale nell'ambito delle biotecnologie e della ricerca biomedica. Questo sarebbe possibile grazie al sostegno governativo e all'emergere di una giovane generazione di scienziati, in gran parte formatisi all'estero, molto abili tanto nell'attività scientifica quanto nel cogliere le opportunità commerciali offerte dal settore. Non a caso, appena qualche mese fa, una delle più prestigiose riviste di scienze naturali, Nature, dedicava un'intera sezione alle rosee prospettive della ricerca cinese nei più avanzati campi della biologia, riconoscendo al tempo stesso l'esistenza di alcuni ostacoli socio-culturali e organizzativi e offrendo i suggerimenti per superarli. Di fatto, tutti gli autori erano scienziati cinesi attivi all'estero, e in particolare negli Stati Uniti1

Questo progresso della ricerca biomedica e dell'industria biotecnologica, la cooperazione con istituzioni estere e le aspettative della classe dirigente nei confronti dell'apporto economico e sanitario di questi studi al Paese hanno reso rilevanti le problematiche etiche, giuridiche e socio-economiche legate allo sviluppo delle ricerche biologiche sull'uomo, in particolare di quelle genetiche, e delle biotecnologie nella Repubblica Popolare. Mentre nel contesto internazionale sono state avanzate diverse riserve sulla capacità, o sulla volontà, cinese di rispondere in modo appropriato a questi problemi per evitare pericolose derive sperimentali, nell'ambiente scientifico e accademico e in parte dell'opinione pubblica cinese si è manifestato un notevole interesse ad articolare riflessioni su questi temi. Per quanto limitate a settori minoritari della società, questa sensibilità culturale assume significati che travalicano l'ambito della pratica medica e scientifica. Vi si può anche leggere, infatti, l'esigenza degli intellettuali cinesi di partecipare in modo attivo ai grandi dibattiti globali della contemporaneità e di trovare un ulteriore spazio per discutere di diritti individuali, dei rapporti fra individuo e società, dei modelli di sviluppo economico e sociale nel Paese. 

Il fenomeno è, senza dubbio, lo specchio di una sempre maggiore internazionalizzazione culturale della Cina, come dimostrato dal fatto che molti autori fanno propri spunti e considerazioni elaborati in Europa o negli Stati Uniti. Tuttavia esso va anche inquadrato nel particolare contesto della Repubblica Popolare. La percezione del tipo di dilemmi etici suscitati dalle nuove tecnologie è inevitabilmente connessa ad alcune caratteristiche specifiche della cultura cinese e della sua tradizione filosofica, mentre il significato assunto dalla scienza e dalla tecnologia, nella visione di modernizzante della leadership, e l'esperienza storica degli scienziati cinesi influenzano in modo significativo il rapporto fra etica, politica e scienza. 

1. Le argomentazioni sulla liceità morale della clonazione umana e della ricerca sugli embrioni

 L'attenzione ai risvolti etici delle biotecnologie è rivolta, in Cina, soprattutto a quegli ambiti di ricerca che toccano l'uomo. La ricerca, la produzione di organismi geneticamente modificati (OGM), vegetali o animali, di cui la Cina è un considerevole promotore anche nel contesto internazionale, non suscita particolari preoccupazioni di carattere etico. Le biotecnologie agricole sono considerate da parte governativa una risorsa strategica per la soluzione dei problemi alimentari e per lo sviluppo rurale e si innestano su una tradizione di ricerca agraria ereditata dal passato2. Tuttavia si è assistito, di recente, a una crescente attenzione alla sicurezza, con maggiore cautela nella sperimentazione e diffusione dei prodotti OGM, e alla tutela della bio-diversità. È stato, inoltre, constatato come l'accettazione degli organismi geneticamente modificati da parte dei consumatori cinesi, o perlomeno la scarsa sensibilità verso eventuali rischi per la salute, varino a seconda del livello di informazione del pubblico3

Diversamente, l'esistenza di chiare implicazioni etiche nelle tecniche di manipolazione genetica umana, la clonazione in primo luogo, è riconosciuta in modo esplicito. L'interesse per la clonazione umana si espande al di fuori della comunità scientifica cinese a metà degli anni Novanta e, in particolare, dopo la notizia della clonazione delle pecora Dolly da parte del Roslin Institute di Edimburgo nel 1997. Nel 1999, con la partecipazione cinese al Progetto Genoma Umano, i problemi di natura etica legati alla ricerca genetica hanno iniziato a richiamare una sempre maggior attenzione da parte degli scienziati e dell'opinione pubblica. Infine, le controversie, a livello nazionale e internazionale, che hanno accompagnato l'entusiasmo del mondo scientifico per le prospettive terapeutiche aperte dall'utilizzo di cellule staminali, in particolare di quelle embrionali, hanno obbligato anche i ricercatori cinesi a tenere conto, nello sviluppare i propri progetti di ricerca e portare avanti le sperimentazioni, di quanto dibattuto su questo tema e deciso dai governi esteri. 

Tale attività intellettuale ha promosso e accompagnato l'elaborazione di un quadro disciplinare mirato a legittimare e, al tempo stesso, a controllare le attività di ricerca e le sperimentazioni nell'ambito della genetica umana. Questo processo è culminato, nel gennaio 2004, nella promulgazione da parte del Ministero della Sanità e del Ministero per la Scienza e la Tecnologia di un regolamento congiunto che vieta la clonazione a scopi riproduttivi, ammettendo quella a fini terapeutici e la ricerca sull'embrione entro i primi quattordici giorni di vita, nel rispetto di precisi limiti morali4

Nell'atteggiamento cinese verso le biotecnologie genetiche applicate all'uomo, la distinzione fra clonazione riproduttiva e clonazione terapeutica rappresenta un criterio discriminante fondamentale. In Cina, infatti, la prima rappresenta effettivamente un'opzione tecnica che richiede un'approfondita riflessione sulla sua opportunità e liceità morale; nel caso della seconda, invece, i dilemmi etici connessi sembrano essere meno rilevanti. 

Anche prima della promulgazione del regolamento nel 2004, il governo cinese aveva dichiarato la sua opposizione alla clonazione riproduttiva, sostenendo a livello ufficiale la proposta in elaborazione all'ONU per un'interdizione globale di questo tipo di pratiche e sperimentazioni, definite contrarie alla dignità umana5. In risposta ai sospetti espressi a livello internazionale di non impedire ricerche indirizzate in questo senso nei laboratori del Paese, da parte di funzionari e scienziati cinesi si è più volte ribadito lo scarso interesse a promuovere gli studi sulla clonazione riproduttiva in un Paese che ha piuttosto il problema di contenere la crescita demografica. Eppure, è innegabile che sulla liceità morale di questo tipo di tecnica, almeno da un punto di vista teorico, nell'ambiente accademico e scientifico cinese esistano opinioni discordi, mentre la stessa opinione pubblica, per quanto si è potuto constatare, si dimostra meno refrattaria che altrove ad accettare, almeno su un piano astratto, tale pratica riproduttiva6

L'accettabilità sociale e culturale della clonazione riproduttiva viene in gran parte giustificata attraverso il paragone con la fecondazione in vitro e, quindi, in quanto soluzione tecnologicamente avanzata per i problemi più gravi di sterilità. In un Paese in cui l'incapacità a procreare viene percepita come una profonda ferita non solo alla realizzazione individuale ma anche alla propria identità sociale - come testimoniato dal successo, anche nelle aree rurali cinesi, delle cliniche per la fecondazione assistita - esiste certamente un retroterra favorevole a legittimare la clonazione se ritenuta tecnicamente valida a risolvere il problema, in crescita ovunque, dell'infertilità. Nell'atteggiamento possibilista di molti, tuttavia, non è assente la convinzione che essa potrebbe comportare diversi vantaggi in termini di "qualità della popolazione" (renkou suzhi): la certezza di mettere al mondo individui sani e belli, di poter risolvere squilibri nel sex-ratio, di poter preservare le caratteristiche genetiche delle minoranze nazionali o di individui particolarmente dotati. In breve, la clonazione riproduttiva potrebbe rappresentare una soluzione a problemi vecchi e nuovi che appartengono alla sfera di intervento della "scienza della popolazione" (renkou xue). 

La minore ostilità verso la clonazione riproduttiva da parte 

di alcuni settori dell'opinione pubblica e nel mondo accademico in Cina viene attribuita all'assenza, nella sua tradizione filosofico-culturale, di qualcosa assimilabile alla concezione di un Dio creatore della natura. Il senso di peccato comportato dalla manipolazione delle leggi della vita, e, in senso più ampio, dall'arroganza umana di sostituirsi alla divinità, che trova molte proiezioni nel mito e nella cultura popolare occidentali moderni - si pensi alla pervasività dello stereotipo rappresentato dal dottor Frankeistein nel trattare il tema delle biotecnologie - non informa l'atteggiamento cinese nei confronti di queste pratiche. In tale prospettiva l'idea che l'intervento umano nei meccanismi basilari della vita possa comportare una violazione morale può risultare, invece, assente nel contesto cinese. Piuttosto la manipolazione genetica, entro certi limiti, potrebbe ampliare le possibilità di perfezionamento e realizzazione morale dell'uomo, liberandolo in parte dalla schiavitù dei suoi geni7. Il nucleo delle considerazioni a carattere morale, dunque, si concentra sul fine che deve accompagnare questo tipo di ricerche8

Lo spettro di argomentazioni contrarie alla clonazione riproduttiva va dalle considerazioni sull'impossibilità a garantire la sicurezza della tecnica, se non a costo di tentativi immorali, alla difesa del diritto alla propria identità genetica individuale come presupposto di libertà, non esitando a mutuare temi e motivi dal contemporaneo dibattito in Occidente o a trarre autorità da noti filosofi e bioetici occidentali. Tuttavia, nella condanna di tale pratica si sviluppano anche analisi culturalmente specifiche, con apporti originali. Il motivo dominante è rappresentato dal problema morale posto dalla difficoltà di un'ipotetica persona, generata attraverso la clonazione, di definirsi e prendere posto, come essere umano, nella rete basilare di relazioni che permette il costituirsi dell'individuo al di là del suo dato biologico. Le riserve etiche non risiedono solo nel fatto che il clone umano rappresenterebbe un elemento di confusione generazionale all'interno della famiglia o della comunità, ma anche nel dramma psicologico cui il singolo individuo è condannato dalla nascita, dato che gli risulta impossibile definire la propria identità individuale attraverso le relazioni, biologiche e sociali, - a partire dalla filiazione - che sole gli permettono di costituirsi come membro di pari dignità dell'umanità9

Al cuore di queste argomentazioni etiche sull'illiceità della clonazione riproduttiva, dunque, si pone una concezione culturalmente specifica della persona, che non astrae l'esistenza biologica dell'individuo dal contesto sociale in cui questa viene ad essere. 

Questa stessa concezione, in effetti, pervade molte riflessioni sviluppate nell'ambito della bioetica in Cina. Introdotta nel curriculum universitario dei medici negli anni Ottanta, nella Repubblica Popolare la bioetica ha contribuito a ridefinire in termini moderni il rapporto fra medico e paziente, alla luce delle questioni etiche connesse con l'accanimento terapeutico e l'eutanasia, la donazione degli organi e i protocolli di sperimentazione farmacologica. Anche se il reale rispetto di moderni standard etici è ancora insufficiente nella pratica medica, in particolare nelle aree rurali, lo sviluppo di tali sensibilità ha senza dubbio implicato una rivoluzione culturale, proprio per l'attenzione posta all'affermazione dei diritti dei pazienti. 

Tuttavia, nelle riflessioni bioetiche si è anche riconosciuta la specificità della concezione di persona presente nel mondo cinese, e quindi la necessità di tenere conto di una società e di valori orientati in senso comunitario, definiti come "confuciani", e meno tesi a dare priorità assoluta ai diritti individuali come avviene nel mondo occidentale e, in particolare, angloamericano10. Ne è derivata, ad esempio, una volontà di sottolineare, nelle considerazioni di natura etica che spettano al medico, l'importanza rivestita dai diritti dei familiari del malato e le responsabilità di questo nei confronti della famiglia e della società. 

Tale concezione della persona, infine, spiega la scarsa drammaticità che caratterizza, agli occhi dei cinesi, i problemi etici sollevati dalla sperimentazione sugli embrioni e, di conseguenza, dalla clonazione terapeutica. Nell'ottica cinese, l'embrione umano non può essere considerato una persona; immaginare, dunque, che possa esistere un dilemma morale frutto della contrapposizione fra i diritti dell'embrione e quelli dei malati che potrebbero trarre giovamento da eventuali cure prodotte da tali ricerche, è un esercizio astratto. E anche volendo considerare questa ipotesi, appare chiaro che il diritto alla cura, o in modo più preciso alla ricerca di una cura, di cui devono poter godere i malati, in quanto membri attivi della società, è preminente. 

Va notato che tanto il governo quanto gli scienziati cinesi sono anche consapevoli che proprio questa diversa concezione della persona umana, per cui la ricerca embrionale e la clonazione terapeutica sono molto meno problematiche dal punto di vista etico, possa rappresentare un elemento favorevole per lo sviluppo di tali ricerche in Cina. Fra l'altro, se esistono riserve morali a produrre embrioni solo per scopi di ricerca, i laboratori possono procurarsene con relativa facilità grazie agli accordi con le cliniche per la fertilità assistita nelle aree rurali11

Questa valutazione di un vantaggio culturale oggettivo si accompagna, nondimeno, alla consapevolezza che solo il rispetto di limiti etici precisi potrà dare ai progressi degli scienziati cinesi, in questo tipo di ricerche, l'autorevolezza necessaria a essere accettati e convalidati nell'ambiente internazionale12

2. Limiti etici e libertà di ricerca fra scienza e politica 

Fra le ragioni espresse in Cina per giustificare e legittimare le ricerche sulla clonazione riproduttiva e sulla sperimentazione sugli embrioni vanno pure annoverate la convinzione dell'ineluttabilità del progresso tecnologico e la difesa della libertà di ricerca scientifica. E' tuttavia utile inserire queste argomentazioni nel contesto storico e culturale cinese. Tali richiami, in apparenza universali, assumono agli occhi degli scienziati cinesi anche significati specifici. 

Il particolare significato simbolico attribuito alla scienza come percorso di liberazione dell'uomo tanto dai limiti materiali della sua condizione quanto dai mali dell'oscurantismo, e di conseguenza l'importanza attribuita alla tecnologia come strumento per il superamento dell'arretratezza e della povertà della Cina nel XX secolo hanno, senza dubbio, un ruolo rilevante nelle riflessioni di chi pone in primo piano l'esigenza di non limitare in modo precipitoso le possibilità di progresso aperte dalle biotecnologie applicate all'uomo. 

Va, infatti, considerato come l'esperienza di una contrapposizione fra pratica scientifica e valori, nella storia cinese del Novecento, si sia configurata essenzialmente nei termini di una contraddizione gravida di drammatiche conseguenze fra conoscenza e pratica scientifiche e dogma politico- ideologico. Nel caso delle scienze biologiche, nella Cina maoista proprio la genetica ha incontrato difficoltà di non poco conto per queste ragioni. La ricerca genetica, che nella Cina repubblicana e ancora nei primi anni dopo la fondazione della Repubblica Popolare, aveva conosciuto un grande sviluppo, dalla fine degli anni Cinquanta, viene condannata come deviazione borghese proprio per i suoi fondamenti teorici che sottolineano l'importanza dei caratteri ereditari rispetto all'influenza ambientale e, di conseguenza, la difficoltà a trasformare il mondo naturale in tempi brevi. Le sperimentazioni in questo ambito furono, invece, ispirate alla scuola, di provenienza sovietica e "ideologicamente corretta", del Lisenkoismo, teoria che ipotizzava l'ereditarietà diretta dei caratteri acquisiti nel contesto ambientale13. Nell'ambito delle biotecnologie agricole, ad esempio, si presupponeva che, se si fosse riusciti a coltivare il riso in un ambiente climatico ostile, queste piante avrebbero trasmesso direttamente tale capacità per via ereditaria. 

Come avvenuto in altri ambiti scientifici e culturali, durante la Rivoluzione culturale, anche nei confronti della genetica i preconcetti ideologici hanno determinato un mancato progresso della ricerca in un settore che proprio nello stesso periodo, a livello internazionale, stava iniziando una considerevole ascesa. 

La riabilitazione e lo sviluppo della ricerca genetica nella Cina postmaoista sono state, tuttavia, rapide. I genetisti e i biologi hanno incontrato un clima politico favorevole al loro lavoro e rinnovate garanzie di libertà di ricerca. Proprio le nuove possibilità di intervento sui meccanismi naturali, offerte dalla manipolazione genetica, possono, d'altra parte, aver rappresentato un fattore di promozione specifico per questo settore da parte della dirigenza. Nel contesto culturale cinese, il valore strumentale dell'attività scientifica per migliorare la qualità della vita umana continua, infatti, a rivestire una considerevole centralità. 

Ripensando agli eventi del passato, l'imposizione di divieti alla conoscenza scientifica, in nome di valori culturali come quelli dettati da convinzioni filosofiche o ideologiche, viene ovviamente denunciata come pericolosa per lo stesso progresso dell'umanità14. Il nazionalismo culturale ha, inoltre, una sua parte in gioco. Su questi temi, in effetti, si realizza una parziale convergenza fra l'élite scientifica, il cui patriottismo è indiscutibile, e la dirigenza politica tecnocratica. Per quanto non sia proprio il rappresentante della nuova classe scientifica cinese, in una recente intervista, un accademico piuttosto noto, He Zuoxiu, ha sostenuto in termini espliciti che gran parte delle preoccupazioni dei bioetici cinesi nei confronti della clonazione riproduttiva dipendono da un loro assoggettamento culturale nei confronti dell'Occidente, o ancor più degli Stati Uniti, non essendo in realtà basate su alcuna considerazione di tipo scientifico e decisamente estranee alla tradizione filosofico-religiosa cinese15.

 L'atteggiamento di diversi studiosi stranieri, d'altra parte, mira a sensibilizzare gli scienziati cinesi proprio ai rischi connessi a un assoggettamento, più o meno consapevole, delle ricerche genetiche e delle relative decisioni bioetiche a una volontà politica poco incline a sviluppare sensibilità morali nei confronti dei diritti umani individuali. La possibilità che la riflessione bioetica non riesca a prescindere dalle priorità poste dalla politica, tuttavia, non è percepita come un problema prioritario. E' piuttosto la mancanza di una guida politica in questo ambito a rappresentare un problema per un corretto sviluppo di queste ricerche. 

Gli scienziati cinesi, infatti, sentendosi garantiti dalla visione pragmatica della dirigenza rispetto alle biotecnologie, hanno chiesto proprio alla classe politica di definire i limiti del lecito e dell'illecito e di delineare in questo modo una distinzione fra la vera scienza, animata dal nobile principio di beneficiare l'umanità, e la sperimentazione determinata da volontà di potenza o assoggettata a interessi commerciali ed economici. 

La necessità di porre dei chiari vincoli e di stabilire criteri etici per gli esperimenti è diventato particolarmente acuto a causa della notizia di sperimentazioni limite, quali il reimpianto in utero di embrioni manipolati o la fusione di cellule animali con nuclei umani, e a seguito di un'aumentata percezione del rischio di una commercializzazione incontrollata di materiale embrionale umano fra le cliniche cinesi per la fertilità e i centri di ricerca nei centri urbani e la possibilità di abusi su pazienti e donatori. Nel 2002, proprio notizie di tal genere hanno portato a una rapida moltiplicazione delle iniziative a carattere bioetico, nel tentativo di diffondere una maggiore sensibilità pubblica e delle istituzioni nei confronti della possibilità di derive sperimentali ritenute dannose per la reputazione stessa delle bioscienze cinesi16. Sull'uso degli embrioni e la ricerca sulle cellule staminali sono stati proposti due codici di disciplina per i ricercatori, uno elaborato a Pechino da un gruppo di studio diretto da Zhai Xiaomei del Centro di Ricerca per la Bioetica dell'Accademia Cinese di Medicina e della Scuola di medicina di Pechino, e uno dal Comitato bioetico del Centro Nazionale di Ricerca sul Genoma Umano per la Cina meridionale, con sede a Shanghai. Pur con alcune differenze, lo spirito che ha animato le due iniziative era simile. Esse miravano a delineare un quadro disciplinare, in termini di sicurezza ed etica, atto a costruire un consenso e a dare legittimità allo sviluppo delle ricerche. 

I limiti di sicurezza e i criteri etici imposti dal gennaio 2004 con il regolamento emanato dal Ministero della Sanità e dal Ministero per la Scienza e la Tecnologia, in effetti, rispondono tanto alla necessità di tenere conto della sensibilità popolare rispetto questi temi, imponendo il rispetto per la natura "umana" dell'embrione quanto di non inibire lo sviluppo della ricerca. Il regolamento include, dunque, il divieto di reimpianto in utero e di fusione di embrioni umani con materiale biologico animale, la salvaguardia del consenso informato e il divieto di qualsiasi forma di commercializzazione di materiale genetico o riproduttivo umano. La valutazione degli esperti sottolinea che, allo stato attuale, la clonazione umana sarà difficilmente realizzata in Cina, nonostante la scarsa capacità delle amministrazioni locali di controllare le attività dei centri di ricerca17.

MONDO CINESE N. 120, LUGLIO-SETTEMBRE 2004

Note

1 "China. Messages to China from the West", Nature, n. 428, marzo 2004, pp. 203-222. 
2 Cfr. James Keeley, The biotech developmental state? Investigating the Chinese gene revolution, Institute of Development Studies, Working Paper 207, Brighton, 2003.
3 China's Evolving Biotech Policy. A 2000 January report from U.S. Embassy Beijing; Zhang Tao et Zhou Shundong, "L'utilisation des OGM en Chine: enjeux et débats", Perspectives Chinoises, marzo- aprile 2003, pp. 53-58. 
4 Per un quadro complessivo della produzione legislativa e regolamentare in ambito bioetica, si veda Zhai Xiaomei, "ABA Country Report for China 2003", Eubios Journal of Asian and International Bioethics, n. 14 , pp. 5-9.  
5
Statement by the Representative of the People's Republic of China, Mr. Chen Xu, at the Ad Hoc Committee on the Convention Against Reproductive Cloning of Human Beings, 26.2.2002. 
6  Cfr. Gerhold K. Becker, "Cloning Humans? The Chinese Debate and Why It Matters", Eubios Journal of Asian and International Bioethics, n. 7, 1997, pp. 175-178; Rance P.L. Lee, "Ethical, Legal and Social Implications of Human Genetics. Views of Chinese Intellectuals on Human Genetic Engineering", in Ole Doering (ed.), Chinese Scientists and Responsability: Ethical Issues on Human Genetics in Chinese and International Contexts, Hamburg, Institut für Asienkunde, 1999, pp. 66-81; Shen Mingxian, "Tout ce qui est scientifiquement et techniquement possible ne doit pas nécessairement être entrepris. Commentaire et point de vue du milieu académique chinois sur le clonage de l' être humain", in Mireille Delmas-Marty, Naigen Zhang, Clonage humain. Droits et sociétés. Étude francochinoise. Paris, Société de législation comparée, 2002, pp. 79-85.
7 Cfr., ad esempio, l'elaborazione della metafisica confuciana proposta da Lee Shui-chuen, "A Confucian Perspective on Human Genetics", in Doering, op. cit., pp. 187-198
8 Si veda Zhai Xiaomei, "Kexue yu lunli: bing fei jiandan de ni jin wo tui" (Scienza e etica: un'alternativa non semplice), Xinwen zhoukan, 6.1.2003, in Xinhua wenzhai, 2003, n. 3, pp. 181- 182.
9 Cfr., ad esempio, Xu Zongliang, "Clonage Humain: Possibilités sociales et problèmes éthiques", in Delmas- Marty, Zhang, op. cit., pp. 93-111 ; Gan Shaoping, "Kelong ren: bu ke yuyue de lunli jinqu" (La clonazione umana: un tabù etico invalicabile), Zhongguo shehui kexue, 2003, n. 4, pp. 55-65.
10 Cfr., per una breve discussione, Qiu Renzong, "Medical Ethics in China: Status Quo and Main Issues", in Doering, op. cit., pp. 24-32. 
11
Cfr. Yang Xianzhong, "An Embryonic nation", Nature, n. 428, pp. 210-212; Margaret Sleeboom, "Stem Cell Research in China. An Intertwinnement of International Finances, Ambition and Bioethics", IIAS Newsletter, novembre 2002, p. 49.
12 Cfr. Ania Lichtarowicz, "Chinese cloning control required", BBC News, 16.4.2002.
13 Cfr. Laurence Schneider, Biology and Revolution in Twentieth Century China, Lanham, Rowman and Littlefield, 2003.
14 Cfr., ad esempio, Gao Taoming, "Jishu qumei yu daode qumei. Xiandai shenming jishu daode helixing xiandu fansi" (Il disincanto verso la tecnologia e il disincanto verso la morale: una riflessione sui limiti razionali della morale applicata alle biotecnologie contemporanee), Zhongguo shehui kexue, 2003, n. 3, pp. 42-52.
15 "Kelong ren mei shenma bu keyi. He Zuoxiu fangtan lu" (La clonazione umana non ha nulla di inaccettabile. Cronaca di un'intervista a He Zuoxiu), Huanqiu, 2003, n. 2, ristampato in Xinwen wenzhai, 2003, n. 3, pp. 184- 185.
16 Cfr. il quadro delineato in Human Embryonic Stem Cell Research in China, A September 2002 Report from U.S. Embassy Beijing; Charles Mann, "The First Cloning Superpower. Inside China's race to become the clone capital of the world", Wired, n. 11, 2001. 
17 Ole Doering, "Chinese Researchers Promote Bioethical Regulations: What Are the Motives of the Biopolitical Dawn in China and Where Are They Heading?", Kennedy Institute of Ethics Journal, 14.1.2004, pp. 39-46.

 

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