All'alba del XXI secolo appare
ormai chiaro come lo
sviluppo economico e l'accresciuta
potenza militare non siano
i soli elementi di cui tenere
conto nel considerare il nuovo
ruolo della Cina nel mondo. Il
rapido progresso della ricerca
scientifica e tecnologica nei settori
più avanzati, infatti, non costituisce
solo un fattore importante
di trasformazione socio-culturale
del Paese, ma può avere anche
un impatto significativo negli
equilibri di potere mondiale.
Una persuasione diffusa nell'ambiente
scientifico internazionale è,
ad esempio, che la Cina possa rivestire,
in un futuro molto prossimo,
il ruolo di leader globale nell'ambito
delle biotecnologie e della
ricerca biomedica. Questo sarebbe
possibile grazie al sostegno
governativo e all'emergere di una
giovane generazione di scienziati,
in gran parte formatisi all'estero,
molto abili tanto nell'attività
scientifica quanto nel cogliere le
opportunità commerciali offerte
dal settore. Non a caso, appena
qualche mese fa, una delle più
prestigiose riviste di scienze naturali, Nature, dedicava un'intera
sezione alle rosee prospettive della
ricerca cinese nei più avanzati
campi della biologia, riconoscendo
al tempo stesso l'esistenza di
alcuni ostacoli socio-culturali e
organizzativi e offrendo i suggerimenti
per superarli. Di fatto, tutti
gli autori erano scienziati cinesi
attivi all'estero, e in particolare
negli Stati Uniti1.
Questo progresso della ricerca
biomedica e dell'industria
biotecnologica, la cooperazione
con istituzioni estere e le aspettative
della classe dirigente nei confronti
dell'apporto economico e
sanitario di questi studi al Paese
hanno reso rilevanti le
problematiche etiche, giuridiche
e socio-economiche legate allo
sviluppo delle ricerche biologiche
sull'uomo, in particolare di quelle
genetiche, e delle biotecnologie
nella Repubblica Popolare. Mentre
nel contesto internazionale
sono state avanzate diverse riserve
sulla capacità, o sulla volontà,
cinese di rispondere in modo appropriato
a questi problemi per
evitare pericolose derive sperimentali, nell'ambiente scientifico
e accademico e in parte dell'opinione
pubblica cinese si è manifestato
un notevole interesse ad
articolare riflessioni su questi temi.
Per quanto limitate a settori
minoritari della società, questa
sensibilità culturale assume significati
che travalicano l'ambito
della pratica medica e scientifica.
Vi si può anche leggere, infatti,
l'esigenza degli intellettuali cinesi
di partecipare in modo attivo
ai grandi dibattiti globali della
contemporaneità e di trovare un
ulteriore spazio per discutere di
diritti individuali, dei rapporti fra
individuo e società, dei modelli di
sviluppo economico e sociale nel
Paese.
Il fenomeno è, senza dubbio, lo
specchio di una sempre maggiore
internazionalizzazione culturale
della Cina, come dimostrato dal
fatto che molti autori fanno propri
spunti e considerazioni elaborati
in Europa o negli Stati Uniti.
Tuttavia esso va anche inquadrato
nel particolare contesto della
Repubblica Popolare. La percezione
del tipo di dilemmi etici suscitati
dalle nuove tecnologie è inevitabilmente
connessa ad alcune
caratteristiche specifiche della cultura
cinese e della sua tradizione
filosofica, mentre il significato assunto
dalla scienza e dalla tecnologia,
nella visione di
modernizzante della leadership, e
l'esperienza storica degli scienziati
cinesi influenzano in modo significativo
il rapporto fra etica, politica
e scienza.
1. Le argomentazioni sulla
liceità morale della clonazione
umana e della ricerca sugli
embrioni
L'attenzione ai risvolti etici delle
biotecnologie è rivolta, in Cina,
soprattutto a quegli ambiti di ricerca
che toccano l'uomo. La ricerca,
la produzione di organismi
geneticamente modificati
(OGM), vegetali o animali, di cui
la Cina è un considerevole promotore
anche nel contesto internazionale,
non suscita particolari
preoccupazioni di carattere etico.
Le biotecnologie agricole sono
considerate da parte governativa
una risorsa strategica per la soluzione
dei problemi alimentari e
per lo sviluppo rurale e si innestano
su una tradizione di ricerca
agraria ereditata dal passato2.
Tuttavia si è assistito, di recente,
a una crescente attenzione alla
sicurezza, con maggiore cautela
nella sperimentazione e diffusione
dei prodotti OGM, e alla tutela
della bio-diversità. È stato, inoltre,
constatato come l'accettazione degli organismi geneticamente
modificati da parte dei consumatori
cinesi, o perlomeno la scarsa
sensibilità verso eventuali rischi
per la salute, varino a seconda
del livello di informazione del pubblico3.
Diversamente, l'esistenza di chiare
implicazioni etiche nelle tecniche
di manipolazione genetica
umana, la clonazione in primo
luogo, è riconosciuta in modo
esplicito. L'interesse per la
clonazione umana si espande al
di fuori della comunità scientifica
cinese a metà degli anni Novanta
e, in particolare, dopo la notizia
della clonazione delle pecora
Dolly da parte del Roslin Institute
di Edimburgo nel 1997. Nel 1999,
con la partecipazione cinese al
Progetto Genoma Umano, i problemi
di natura etica legati alla
ricerca genetica hanno iniziato a
richiamare una sempre maggior
attenzione da parte degli scienziati
e dell'opinione pubblica. Infine,
le controversie, a livello nazionale
e internazionale, che hanno
accompagnato l'entusiasmo
del mondo scientifico per le prospettive
terapeutiche aperte dall'utilizzo
di cellule staminali, in
particolare di quelle embrionali,
hanno obbligato anche i ricercatori
cinesi a tenere conto, nello
sviluppare i propri progetti di ricerca
e portare avanti le
sperimentazioni, di quanto dibattuto
su questo tema e deciso dai
governi esteri.
Tale attività intellettuale ha promosso
e accompagnato l'elaborazione
di un quadro disciplinare
mirato a legittimare e, al tempo
stesso, a controllare le attività di
ricerca e le sperimentazioni nell'ambito
della genetica umana.
Questo processo è culminato,
nel gennaio 2004, nella promulgazione
da parte del Ministero
della Sanità e del Ministero per
la Scienza e la Tecnologia di un
regolamento congiunto che vieta
la clonazione a scopi riproduttivi,
ammettendo quella a fini
terapeutici e la ricerca sull'embrione
entro i primi quattordici
giorni di vita, nel rispetto di precisi
limiti morali4.
Nell'atteggiamento cinese verso le
biotecnologie genetiche applicate
all'uomo, la distinzione fra
clonazione riproduttiva e
clonazione terapeutica rappresenta
un criterio discriminante fondamentale.
In Cina, infatti, la prima
rappresenta effettivamente
un'opzione tecnica che richiede
un'approfondita riflessione sulla
sua opportunità e liceità morale;
nel caso della seconda, invece, i
dilemmi etici connessi sembrano
essere meno rilevanti.
Anche prima della promulgazione
del regolamento nel 2004, il governo
cinese aveva dichiarato la
sua opposizione alla clonazione
riproduttiva, sostenendo a livello
ufficiale la proposta in elaborazione
all'ONU per un'interdizione
globale di questo tipo di pratiche
e sperimentazioni, definite
contrarie alla dignità umana5. In
risposta ai sospetti espressi a livello
internazionale di non impedire
ricerche indirizzate in questo
senso nei laboratori del Paese, da
parte di funzionari e scienziati cinesi
si è più volte ribadito lo scarso
interesse a promuovere gli studi
sulla clonazione riproduttiva in un
Paese che ha piuttosto il problema
di contenere la crescita
demografica. Eppure, è innegabile
che sulla liceità morale di
questo tipo di tecnica, almeno da
un punto di vista teorico, nell'ambiente
accademico e scientifico
cinese esistano opinioni discordi,
mentre la stessa opinione pubblica,
per quanto si è potuto constatare,
si dimostra meno refrattaria
che altrove ad accettare, almeno
su un piano astratto, tale
pratica riproduttiva6.
L'accettabilità sociale e culturale
della clonazione riproduttiva viene
in gran parte giustificata attraverso
il paragone con la
fecondazione in vitro e, quindi,
in quanto soluzione tecnologicamente
avanzata per i problemi
più gravi di sterilità. In un Paese
in cui l'incapacità a procreare
viene percepita come una profonda
ferita non solo alla realizzazione
individuale ma anche alla
propria identità sociale - come testimoniato
dal successo, anche
nelle aree rurali cinesi, delle cliniche
per la fecondazione assistita
- esiste certamente un
retroterra favorevole a legittimare
la clonazione se ritenuta tecnicamente
valida a risolvere il problema,
in crescita ovunque,
dell'infertilità. Nell'atteggiamento
possibilista di molti, tuttavia,
non è assente la convinzione che
essa potrebbe comportare diversi
vantaggi in termini di "qualità
della popolazione" (renkou suzhi):
la certezza di mettere al mondo
individui sani e belli, di poter risolvere
squilibri nel sex-ratio, di
poter preservare le caratteristiche
genetiche delle minoranze nazionali
o di individui particolarmente
dotati. In breve, la clonazione
riproduttiva potrebbe rappresentare
una soluzione a problemi
vecchi e nuovi che appartengono
alla sfera di intervento della
"scienza della popolazione" (renkou xue).
La minore ostilità verso la
clonazione riproduttiva da parte
di alcuni settori dell'opinione pubblica
e nel mondo accademico in
Cina viene attribuita all'assenza,
nella sua tradizione filosofico-culturale,
di qualcosa assimilabile
alla concezione di un Dio creatore
della natura. Il senso di peccato
comportato dalla manipolazione
delle leggi della vita, e, in senso
più ampio, dall'arroganza umana
di sostituirsi alla divinità, che
trova molte proiezioni nel mito e
nella cultura popolare occidentali
moderni - si pensi alla pervasività
dello stereotipo rappresentato dal
dottor Frankeistein nel trattare il
tema delle biotecnologie - non
informa l'atteggiamento cinese
nei confronti di queste pratiche.
In tale prospettiva l'idea che l'intervento
umano nei meccanismi
basilari della vita possa comportare
una violazione morale può
risultare, invece, assente nel contesto
cinese. Piuttosto la manipolazione
genetica, entro certi limiti,
potrebbe ampliare le possibilità
di perfezionamento e realizzazione
morale dell'uomo, liberandolo
in parte dalla schiavitù dei
suoi geni7. Il nucleo delle considerazioni
a carattere morale,
dunque, si concentra sul fine che
deve accompagnare questo tipo
di ricerche8.
Lo spettro di argomentazioni contrarie
alla clonazione riproduttiva
va dalle considerazioni sull'impossibilità
a garantire la sicurezza
della tecnica, se non a costo
di tentativi immorali, alla difesa
del diritto alla propria identità
genetica individuale come presupposto
di libertà, non esitando a
mutuare temi e motivi dal contemporaneo
dibattito in Occidente
o a trarre autorità da noti filosofi
e bioetici occidentali. Tuttavia,
nella condanna di tale pratica si
sviluppano anche analisi culturalmente
specifiche, con apporti originali.
Il motivo dominante è rappresentato
dal problema morale
posto dalla difficoltà di un'ipotetica
persona, generata attraverso
la clonazione, di definirsi e
prendere posto, come essere umano,
nella rete basilare di relazioni
che permette il costituirsi dell'individuo
al di là del suo dato
biologico. Le riserve etiche non
risiedono solo nel fatto che il clone
umano rappresenterebbe un elemento
di confusione generazionale
all'interno della famiglia o
della comunità, ma anche nel
dramma psicologico cui il singolo
individuo è condannato dalla nascita,
dato che gli risulta impossibile
definire la propria identità
individuale attraverso le relazioni,
biologiche e sociali, - a partire
dalla filiazione - che sole gli
permettono di costituirsi come
membro di pari dignità dell'umanità9.
Al cuore di queste argomentazioni
etiche sull'illiceità della clonazione
riproduttiva, dunque, si pone una
concezione culturalmente specifica
della persona, che non astrae
l'esistenza biologica dell'individuo
dal contesto sociale in cui questa
viene ad essere.
Questa stessa concezione, in effetti,
pervade molte riflessioni sviluppate
nell'ambito della bioetica
in Cina. Introdotta nel curriculum
universitario dei medici negli anni
Ottanta, nella Repubblica Popolare
la bioetica ha contribuito a
ridefinire in termini moderni il
rapporto fra medico e paziente,
alla luce delle questioni etiche
connesse con l'accanimento
terapeutico e l'eutanasia, la donazione
degli organi e i protocolli
di sperimentazione
farmacologica. Anche se il reale
rispetto di moderni standard etici
è ancora insufficiente nella pratica
medica, in particolare nelle
aree rurali, lo sviluppo di tali sensibilità
ha senza dubbio implicato
una rivoluzione culturale, proprio
per l'attenzione posta all'affermazione
dei diritti dei pazienti.
Tuttavia, nelle riflessioni bioetiche
si è anche riconosciuta la specificità
della concezione di persona
presente nel mondo cinese, e
quindi la necessità di tenere conto
di una società e di valori orientati
in senso comunitario, definiti
come "confuciani", e meno tesi a
dare priorità assoluta ai diritti individuali
come avviene nel mondo
occidentale e, in particolare, angloamericano10. Ne è derivata,
ad esempio, una volontà di sottolineare,
nelle considerazioni di
natura etica che spettano al medico,
l'importanza rivestita dai
diritti dei familiari del malato e le
responsabilità di questo nei confronti
della famiglia e della società.
Tale concezione della persona,
infine, spiega la scarsa drammaticità
che caratterizza, agli occhi
dei cinesi, i problemi etici sollevati
dalla sperimentazione sugli
embrioni e, di conseguenza, dalla
clonazione terapeutica. Nell'ottica
cinese, l'embrione umano
non può essere considerato una
persona; immaginare, dunque,
che possa esistere un dilemma
morale frutto della contrapposizione
fra i diritti dell'embrione e
quelli dei malati che potrebbero
trarre giovamento da eventuali
cure prodotte da tali ricerche, è
un esercizio astratto. E anche volendo
considerare questa ipotesi,
appare chiaro che il diritto alla
cura, o in modo più preciso alla ricerca di una cura, di cui devono
poter godere i malati, in quanto
membri attivi della società, è
preminente.
Va notato che tanto il governo
quanto gli scienziati cinesi sono
anche consapevoli che proprio
questa diversa concezione della
persona umana, per cui la ricerca
embrionale e la clonazione
terapeutica sono molto meno
problematiche dal punto di vista
etico, possa rappresentare un elemento
favorevole per lo sviluppo
di tali ricerche in Cina. Fra l'altro,
se esistono riserve morali a
produrre embrioni solo per scopi
di ricerca, i laboratori possono
procurarsene con relativa facilità
grazie agli accordi con le cliniche
per la fertilità assistita nelle aree rurali11.
Questa valutazione di un vantaggio
culturale oggettivo si accompagna,
nondimeno, alla consapevolezza
che solo il rispetto di limiti
etici precisi potrà dare ai progressi
degli scienziati cinesi, in
questo tipo di ricerche, l'autorevolezza
necessaria a essere accettati
e convalidati nell'ambiente internazionale12.
2. Limiti etici e libertà di ricerca
fra scienza e politica
Fra le ragioni espresse in Cina per
giustificare e legittimare le ricerche
sulla clonazione riproduttiva
e sulla sperimentazione sugli
embrioni vanno pure annoverate
la convinzione dell'ineluttabilità
del progresso tecnologico e la difesa
della libertà di ricerca scientifica.
E' tuttavia utile inserire queste
argomentazioni nel contesto
storico e culturale cinese. Tali richiami,
in apparenza universali,
assumono agli occhi degli scienziati
cinesi anche significati specifici.
Il particolare significato simbolico
attribuito alla scienza come
percorso di liberazione dell'uomo
tanto dai limiti materiali della sua
condizione quanto dai mali dell'oscurantismo,
e di conseguenza
l'importanza attribuita alla tecnologia
come strumento per il
superamento dell'arretratezza e
della povertà della Cina nel XX
secolo hanno, senza dubbio, un
ruolo rilevante nelle riflessioni di
chi pone in primo piano l'esigenza
di non limitare in modo precipitoso
le possibilità di progresso
aperte dalle biotecnologie applicate
all'uomo.
Va, infatti, considerato come
l'esperienza di una contrapposizione
fra pratica scientifica e valori,
nella storia cinese del Novecento,
si sia configurata essenzialmente
nei termini di una contraddizione
gravida di drammatiche
conseguenze fra conoscenza e
pratica scientifiche e dogma politico-
ideologico. Nel caso delle
scienze biologiche, nella Cina
maoista proprio la genetica ha
incontrato difficoltà di non poco
conto per queste ragioni. La ricerca
genetica, che nella Cina
repubblicana e ancora nei primi
anni dopo la fondazione della
Repubblica Popolare, aveva conosciuto
un grande sviluppo, dalla
fine degli anni Cinquanta, viene
condannata come deviazione borghese
proprio per i suoi fondamenti
teorici che sottolineano
l'importanza dei caratteri ereditari
rispetto all'influenza ambientale
e, di conseguenza, la difficoltà
a trasformare il mondo naturale
in tempi brevi. Le
sperimentazioni in questo ambito
furono, invece, ispirate alla scuola,
di provenienza sovietica e
"ideologicamente corretta", del
Lisenkoismo, teoria che ipotizzava
l'ereditarietà diretta dei caratteri
acquisiti nel contesto ambientale13.
Nell'ambito delle
biotecnologie agricole, ad esempio,
si presupponeva che, se si
fosse riusciti a coltivare il riso in
un ambiente climatico ostile, queste
piante avrebbero trasmesso
direttamente tale capacità per via
ereditaria.
Come avvenuto in altri ambiti
scientifici e culturali, durante la
Rivoluzione culturale, anche nei
confronti della genetica i preconcetti
ideologici hanno determinato
un mancato progresso della ricerca
in un settore che proprio
nello stesso periodo, a livello internazionale,
stava iniziando una
considerevole ascesa.
La riabilitazione e lo sviluppo della
ricerca genetica nella Cina postmaoista
sono state, tuttavia, rapide.
I genetisti e i biologi hanno
incontrato un clima politico favorevole
al loro lavoro e rinnovate
garanzie di libertà di ricerca. Proprio
le nuove possibilità di intervento
sui meccanismi naturali,
offerte dalla manipolazione genetica,
possono, d'altra parte,
aver rappresentato un fattore di
promozione specifico per questo
settore da parte della dirigenza.
Nel contesto culturale cinese, il
valore strumentale dell'attività
scientifica per migliorare la qualità
della vita umana continua,
infatti, a rivestire una considerevole
centralità.
Ripensando agli eventi del passato,
l'imposizione di divieti alla
conoscenza scientifica, in nome di
valori culturali come quelli dettati
da convinzioni filosofiche o ideologiche,
viene ovviamente denunciata
come pericolosa per lo
stesso progresso dell'umanità14.
Il nazionalismo culturale ha, inoltre, una sua parte in gioco. Su
questi temi, in effetti, si realizza
una parziale convergenza fra
l'élite scientifica, il cui patriottismo
è indiscutibile, e la dirigenza
politica tecnocratica. Per quanto
non sia proprio il rappresentante
della nuova classe scientifica cinese,
in una recente intervista, un
accademico piuttosto noto, He
Zuoxiu, ha sostenuto in termini
espliciti che gran parte delle preoccupazioni
dei bioetici cinesi nei
confronti della clonazione riproduttiva
dipendono da un loro
assoggettamento culturale nei
confronti dell'Occidente, o ancor
più degli Stati Uniti, non essendo
in realtà basate su alcuna considerazione
di tipo scientifico e decisamente
estranee alla tradizione
filosofico-religiosa cinese15.
L'atteggiamento di diversi studiosi
stranieri, d'altra parte, mira a
sensibilizzare gli scienziati cinesi
proprio ai rischi connessi a un
assoggettamento, più o meno
consapevole, delle ricerche genetiche
e delle relative decisioni
bioetiche a una volontà politica
poco incline a sviluppare sensibilità
morali nei confronti dei diritti
umani individuali. La possibilità
che la riflessione bioetica non riesca
a prescindere dalle priorità
poste dalla politica, tuttavia, non
è percepita come un problema
prioritario. E' piuttosto la mancanza
di una guida politica in
questo ambito a rappresentare un
problema per un corretto sviluppo
di queste ricerche.
Gli scienziati cinesi, infatti, sentendosi
garantiti dalla visione
pragmatica della dirigenza rispetto
alle biotecnologie, hanno chiesto
proprio alla classe politica di
definire i limiti del lecito e dell'illecito
e di delineare in questo
modo una distinzione fra la vera
scienza, animata dal nobile principio
di beneficiare l'umanità, e
la sperimentazione determinata
da volontà di potenza o assoggettata
a interessi commerciali ed
economici.
La necessità di porre dei chiari
vincoli e di stabilire criteri etici per
gli esperimenti è diventato particolarmente
acuto a causa della
notizia di sperimentazioni limite,
quali il reimpianto in utero di
embrioni manipolati o la fusione
di cellule animali con nuclei umani,
e a seguito di un'aumentata
percezione del rischio di una
commercializzazione incontrollata
di materiale embrionale umano
fra le cliniche cinesi per la fertilità
e i centri di ricerca nei centri urbani
e la possibilità di abusi su
pazienti e donatori. Nel 2002,
proprio notizie di tal genere hanno
portato a una rapida moltiplicazione
delle iniziative a carattere
bioetico, nel tentativo di diffondere una maggiore sensibilità
pubblica e delle istituzioni nei confronti
della possibilità di derive
sperimentali ritenute dannose per
la reputazione stessa delle
bioscienze cinesi16. Sull'uso degli
embrioni e la ricerca sulle cellule
staminali sono stati proposti due
codici di disciplina per i ricercatori,
uno elaborato a Pechino da
un gruppo di studio diretto da
Zhai Xiaomei del Centro di Ricerca
per la Bioetica dell'Accademia
Cinese di Medicina e della Scuola
di medicina di Pechino, e uno dal
Comitato bioetico del Centro Nazionale
di Ricerca sul Genoma
Umano per la Cina meridionale,
con sede a Shanghai. Pur con alcune
differenze, lo spirito che ha
animato le due iniziative era simile.
Esse miravano a delineare
un quadro disciplinare, in termini
di sicurezza ed etica, atto a
costruire un consenso e a dare
legittimità allo sviluppo delle ricerche.
I limiti di sicurezza e i criteri etici
imposti dal gennaio 2004 con il
regolamento emanato dal Ministero
della Sanità e dal Ministero
per la Scienza e la Tecnologia, in
effetti, rispondono tanto alla necessità
di tenere conto della sensibilità
popolare rispetto questi
temi, imponendo il rispetto per la
natura "umana" dell'embrione
quanto di non inibire lo sviluppo
della ricerca. Il regolamento include,
dunque, il divieto di
reimpianto in utero e di fusione
di embrioni umani con materiale
biologico animale, la salvaguardia
del consenso informato e il
divieto di qualsiasi forma di
commercializzazione di materiale
genetico o riproduttivo umano.
La valutazione degli esperti sottolinea
che, allo stato attuale, la
clonazione umana sarà difficilmente
realizzata in Cina, nonostante
la scarsa capacità delle amministrazioni
locali di controllare le
attività dei centri di ricerca17.
MONDO CINESE N. 120, LUGLIO-SETTEMBRE
2004