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INDICE>MONDO CINESE>CINA E GIAPPONE: SVILUPPO E PROSPETTIVE DELLE RELAZIONI ECONOMICHE BILATERALI

POLITICA INTERNAZIONALE

Cina e Giappone: sviluppo e prospettive delle relazioni economiche bilaterali

di Corrado Molteni

1. Da minaccia ad opportunità

Nel corso del 2003 la percezione giapponese della Cina e della sua crescita economica è radicalmente cambiata. Se all'inizio dell'anno l'ascesa della Cina era ancora vista come una seria minaccia per l'economia giapponese - minaccia che avrebbe giustificato l'adozione di vincoli alle importazioni di alcuni prodotti agricoli e manufatti cinesi - negli ultimi mesi dell'anno l'atteggiamento è mutato. II temibile e pericoloso concorrente, che Tokyo avrebbe preferito contenere ed imbrigliare, si è trasformato in un partner in grado di offrire un grande mercato di sbocco per le esportazioni e per gli investimenti giapponesi.
II cambiamento si è materializzato gradualmente, senza annunci o svolte clamorose, in un contesto in cui gli interessi economici hanno finito col prevalere sulle preoccupazioni di ordine politico e strategico, che pure permangono. In altre parole, la forza di attrazione dell'economia cinese sembra aver vinto le resistenze politiche e psicologiche di quella parte della classe dirigente giapponese che temeva e teme l'emergere di una Cina assertiva, politicamente ed economicamente forte. Del resto, le opportunità che lo sviluppo economico cinese offre al Giappone e alle sue imprese sono evidenti. La Cina non solo assorbe un flusso crescente di prodotti finiti, componentistica e semilavorati provenienti dal Giappone, ma offre anche abbondante manodopera a basso costo e materie prime alle imprese giapponesi che decidono di investirvi. Tutto ciò porta ad una maggiore integrazione economica che, in prospettiva, potrebbe favorire anche il superamento delle divergenze politiche e promuovere una maggiore cooperazione tra i due paesi.

2. I flussi commerciali da e verso la ‘Grande Cina'

Alle origini del processo di integrazione economica vi è innanzitutto il forte sviluppo dell'interscambio commerciale, che nel corso di un decennio è passato dai 38 miliardi di dollari del 1993 ai 132 miliardi del 2003. Nello stesso periodo le esportazioni giapponesi sono più che triplicate (da 17 a 57 miliardi di dollari), mentre le importazioni dalla Repubblica popolare sono cresciute da 21 a 75 miliardi. Ne consegue che il Giappone apparentemente continua a registrare un notevole e crescente disavanzo (4 miliardi di dollari nel 1993 e ben 18 miliardi nel 2003).1 Solo apparentemente, tuttavia, poiché per cogliere la reale dimensione dei rapporti commerciali tra i due paesi bisogna tenere conto del fatto che una parte considerevole delle esportazioni giapponesi destinate alla Repubblica popolare transita da Hong Kong e Taiwan. Qualora si consideri l'interscambio complessivo tra il Giappone e la cosiddetta 'Grande Cina' (Rpc, Taiwan e Hong Kong), la situazione cambia completamente.
In primo luogo, il disavanzo giapponese si trasforma in un considerevole surplus di ben 28 miliardi di dollari a favore del Giappone (118 miliardi di esportazioni giapponesi a fronte di 90 miliardi di importazioni).2
In secondo luogo, l'avanzo risulta non solo notevole, ma anche in forte crescita. Le esportazioni giapponesi verso la 'Grande Cina' stanno infatti aumentando ad un ritmo ben più sostenuto di quello delle importazioni. Nel caso dell'interscambio con la Repubblica popolare le esportazioni sono cresciute nel 2003 addirittura del 43,6%, mentre le importazioni hanno registrato un più 'modesto' incremento del 21,9%. Nel caso di Hong Kong si è registrato un aumento dell'export giapponese del 17,4% ed un calo del 5,3% delle importazioni, mentre nell'interscambio con Taiwan le esportazioni giapponesi sono aumentate del 19% a fronte di un aumento del 5% delle importazioni.3
In terzo luogo, nel 2003 la 'Grande Cina' è diventata il principale partner commerciale del Giappone. Questo era già vero da alcuni anni per le importazioni, ma, nel 2003, per la prima volta anche il valore delle esportazioni verso la 'Grande Cina' ha superato quello delle esportazioni verso gli Stati Uniti, il paese che per decenni era stato il partner principale e privilegiato del Giappone.4 Si sta dunque verificando un cambiamento, che non è eccessivo definire epocale, nelle relazioni economiche e commerciali tra i tre grandi paesi che si affacciano sul Pacifico. All'intensificarsi dei rapporti fra i paesi della sponda asiatica - paesi che stanno assumendo il ruolo di una grande officina integrata in grado di sfornare ogni tipo di bene - si contrappone infatti il calo, perlomeno in termini relativi, del peso e dell'importanza degli Stati Uniti. Certo un calo relativo, poiché gli Stati Uniti, oltre a mantenere una salda leadership in molti settori ad alta tecnologia, rimangono comunque il grande mercato di sbocco delle produzioni asiatiche: un mercato enorme, la cui crescita tuttavia dipende in misura considerevole dalle risorse finanziarie che Cina e Giappone sono disposte a trasferire attraverso i massicci acquisti di titoli del tesoro americano.
Infine, va ricordato come le esportazioni verso la 'Grande Cina' rappresentino oggi la componente più dinamica della domanda estera che, di fatto, sostiene e alimenta la ripresa economica del Giappone. In particolare, alcuni settori dell'industria giapponese come quello dell'acciaio sono riusciti ad uscire da una lunga recessione, che ha comportato pesanti ristrutturazioni, solo grazie alla domanda cinese, che ha determinato un forte aumento della produzione, dei prezzi e, nel 2003, dopo anni di risultati negativi, dei profitti per tutti i principali gruppi dell'industria siderurgica.5
La forte crescita delle esportazioni ha ovviamente avuto un effetto positivo anche sull'andamento della domanda interna. Se il prodotto interno lordo del Giappone è cresciuto ad un tasso medio annuo vicino al 7% nell'ultimo trimestre del 2003 - un ritmo di crescita da paese in via di sviluppo - lo si deve innanzi tutto alla straordinaria crescita della domanda estera e, in particolare, di quella cinese. Per far fronte alla domanda di prodotti finiti, beni strumentali, intermedi e semilavorati, le imprese giapponesi hanno infatti ripreso ad investire e ci si aspetta che il ciclo positivo degli investimenti possa presto rilanciare anche i consumi, che ancora ristagnano. In altre parole, la Cina sta facendo da traino all'economia giapponese, con un'inversione dei ruoli inimmaginabile anche solo pochi anni fa.

3. Gli investimenti diretti

Gli effetti positivi della crescita cinese non si limitano ai flussi commerciali. Le imprese giapponesi stanno infatti sviluppando nelle regioni costiere della Cina una fitta rete di basi produttive in grado di rifornire sia il mercato locale che quelli esteri. Questo processo, che inizialmente ha riguardato soprattutto alcuni settori tradizionali come il tessile e l'abbigliamento, si è poi esteso a settori tecnologicamente più avanzati come l'elettronica di consumo e i mezzi di trasporto, registrando una notevole accelerazione negli ultimi anni con l'ammissione della Repubblica popolare al WTO.
La presenza giapponese in Cina è così passata dalle 150 società del 1990 (il 5,2% di tutte le società giapponesi localizzate nell'Asia orientale e sudorientale) alle 1.712 del 2000 (il 24,7% del totale).6 In particolare, la Cina è diventata la principale destinazione degli investimenti manifatturieri nella regione, come appare da uno studio della Jetro, l'ente giapponese per la promozione del commercio estero, secondo il quale la percentuale dei nuovi impianti localizzati in Cina è più che triplicata in soli quattro anni, passando dal 10% nel 1999 al 36% del 2002.7
Hanno investito in Cina centinaia di piccole e medie imprese, attratte dal basso costo del lavoro, ma anche le grandi imprese: dalle maggiori case automobilistiche ai produttori di elettronica di consumo, dalla Nippon Steel, il maggior produttore giapponese d'acciaio, alle società produttrici di cosmetici. Le società giapponesi, che spesso operano in joint-venture con imprese locali, svolgono soprattutto attività di assemblaggio che, nel corso degli anni, si è estesa anche ai prodotti dell'ultima generazione. La Hitachi, per esempio, nel 2002 ha avviato in Cina la produzione di pannelli al plasma per televisori, mentre la NEC prevede di realizzare nella Repubblica popolare I'85% della produzione di personal computer entro il 2004.8 La stessa Toyota, una società che ha sempre guardato con una certa diffidenza al mercato cinese, ha recentemente annunciato che costruirà nel Guangdong una fabbrica di motori che dal 2005 esporterà in tutta l'Asia, Giappone compreso.9
Infine, anche le banche stanno creando una rete di filiali per poter fornire servizi ed assistenza ai propri clienti. Alla fine di gennaio 2004 erano già venti le filiali aperte in tutto il paese, da Pechino a Shanghai, ma anche a Dalian, Tianjin, Shenzhen, Guangzhou e in altre località dove sono concentrati gli insediamenti produttivi giapponesi.10

4. Le prospettive future

Da quanto esposto sinora appare evidente che la crescente integrazione economica e gli enormi interessi economici in gioco non potevano non modificare l'atteggiamento reciproco. Ciò vale sia per la Cina che per il Giappone, ma soprattutto per quest'ultimo. Nel corso del 2003 gli imprenditori, i politici e la potente burocrazia giapponesi sono passati dalla diffidenza e dalla preoccupazione per l'ascesa di un potente concorrente ad una maggiore attenzione per le possibili opportunità. Anche la stampa, e quella economica in particolare, tende a sottolineare i benefici che possono derivare al Giappone dalla forza e dal dinamismo dell'economia cinese, la cui crescita dovrebbe continuare ad un ritmo sostenuto almeno fino al 2008, l'anno delle Olimpiadi di Pechino, e molto probabilmente fino al 2010, l'anno dell'Esposizione Universale di Shanghai.11
Tuttavia, vi sono anche elementi che potrebbero causare tensioni tra i due paesi. Non si può escludere la possibilità che la corsa agli investimenti in Cina crei un eccesso di capacità produttiva e, conseguentemente, una brusca frenata dell'economia. Vi sono anche preoccupazioni per l'impatto che la domanda cinese potrà avere sui prezzi e la disponibilità di materie prime.12 Inoltre, nel lungo termine la crescita cinese e i suoi successi tecnologici potrebbero creare seri problemi al Giappone e alle sue imprese. Un giorno interi settori e interi mercati potrebbero essere dominati dai produttori cinesi o da produzioni 'made in China'.13 Per evitare di soccombere le imprese giapponesi dovranno mantenere il vantaggio tecnologico di cui dispongono. E dovranno quindi mantenere su livelli elevati gli investimenti in ricerca e sviluppo: investimenti che già ora rappresentano il 3% del prodotto interno lordo giapponese.
Per il momento, tuttavia, le industrie giapponesi certamente beneficiano dello straordinario sviluppo cinese. La tanto temuta minaccia - Chúgoku no kyói - dal punto di vista economico appare come una possibilità abbastanza remota. Nel breve e medio termine ciò che preoccupa i giapponesi non sono le importazioni a basso costo dalla Cina o l'acquisizione di nuove quote di mercato da parte del potente vicino, ma piuttosto un eventuale rallentamento dell'economia cinese, che danneggerebbe sia le imprese esportatrici sia le imprese che in Cina hanno investito e che da questo paese esportano nel resto del mondo, Giappone compreso.
II forte sviluppo delle relazioni economiche bilaterali spiega anche perché il governo di Tokyo, a differenza di quello americano e di alcuni governi europei, non insista affinché Pechino rivaluti la sua moneta. Le imprese giapponesi temono che una rivalutazione dello yuan possa creare instabilità in Cina e, conseguentemente, danneggiare i loro investimenti e le loro esportazioni.
Certo rimangono serie divergenze su temi politici rilevanti: la controversia sui libri di testo giapponesi, le critiche a Koizumi per le frequenti visite al sacrario shintoista di Yasukuni, alcune questioni territoriali minori, il problema delle armi chimiche lasciate in Cina dall'esercito giapponese. Rimangono inoltre aperte le scottanti questioni di Taiwan e dell'alleanza tra Giappone e Stati Uniti: problemi che ostacolano la cooperazione economica. Tuttavia, la crescita dei rapporti bilaterali e la complementarietà che li caratterizza dovrebbero creare le condizioni per il superamento delle divergenze. Del resto, per secoli il Giappone, pur non rinunciando mai alla propria indipendenza, ha mantenuto relazioni intense e proficue con il potente vicino. Non dovrebbe essere allora così difficile trovare di nuovo un soddisfacente modus vivendi nell'interesse reciproco.

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MONDO CINESE N. 118, GENNAIO-MARZO 2004


Note

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