1. Echi di Mao e delle guardie rosse
“Il Punk non nasce in Inghilterra negli anni '70, ma in Cina durante la Rivoluzione Culturale. I primi Punk sono stati Mao e le Guardie Rosse”1. Questa è la provocatoria affermazione che circola negli ambienti underground di Pechino; uno slogan che racchiude in sé la "summa" dei gruppi punk sorti nella prima metà degli anni '90. Un'interpretazione di tale comparazione va probabilmente ricercata nelle tradizioni storiche e sociali che lo stesso Mao ruppe introducendo i temi della Rivoluzione Culturale. II Grande Timoniere fu in grado di creare le condizioni psicologiche, emozionali e mentali per la ribellione giovanile2. Per analogia, il Punk, sottocultura spettacolare nata in Inghilterra e diffusasi successivamente in Europa e in America, rappresenta una sfida concreta all'establishment, una lotta indiretta che si esprime come stile in maniera obliqua. Uno stile che si presenta come forma di rifiuto, l'elevazione ad arte del "crimine", dove per crimine si intende la rottura totale di quei codici sociali che sembrano universali ed eterni; uno stile quindi che, per sua natura, è provocatorio nei confronti dell'ordine sociale proprio perché la sua forza risiede nella sua esaltata futilità. Parole come 'anarchia', 'nichilismo', 'distruzione', 'autolacerazione', 'noia', 'odio' e 'guerra' divennero regole ferree e modus vivendi per coloro che nell'Inghilterra di fine anni '70 si sono posti nella condizione di vivere come se la Terza Guerra Mondiale fosse già avvenuta e loro fossero gli unici sopravvissuti.
I termini della ribellione e della rivolta simbolica che il Punk porta avanti vengono recepiti, assimilati e riletti dai frequentatori assidui di un nuovo ambiente underground che si viene a creare in Cina, e in particolar modo a Pechino, a cavallo tra gli anni '80 e '90. II richiamare in causa Mao e le Guardie Rosse o il 'riesumare' Lu Xun sminuendo la sua opera letteraria definendola punk3, mostra in realtà come la cerchia dei giovani punk cinesi sia impegnata nel trovare espedienti che possano legittimare la propria presenza in Cina.
A voler essere obbiettivi in realtà il canale attraverso cui il Punk giunge in Cina è di ben altra natura. Grazie all'avvio della politica di apertura all'Occidente, molti sono gli studenti stranieri che vengono a studiare in Cina, giovani che portano con loro cassette musicali che al primo ascolto incuriosiscono e stuzzicano la creatività dei loro coetanei cinesi. Generi musicali sconosciuti prima di allora in Cina, come il rock e il country, cominciano a circolare nei dormitori delle università di Pechino. Alla fine degli anni '80 gli adolescenti cinesi cominciano un vero e proprio studio approfondito sul periodo post-rock europeo, leggono libri in proposito e si avvalgono del supporto offerto loro dal mercato nero dei cd pirata e dai da
koudai4. Ed è soprattutto grazie all'arrivo di questi ultimi che il Punk inizia ad essere ascoltato e diviene in breve tempo linfa per i giovani musicisti di Pechino, testimoni alcuni dei fatti di Piazza Tian'anmen, altri, invece, esempio lampante di una Cina che dai primi anni '80 sembra avere messo piede su un acceleratore virtuale e non volersi più fermare. Sono proprio questi artisti, vittime consapevoli delle contraddizioni di un paese impegnato in una 'rincorsa' dell'Occidente, che si armano delle loro doti e delle loro capacità artistiche per gridare al loro popolo che in questa frenesia c'è qualcosa che non funziona.
2. Un "esercito annoiato" per le strade di Pechino
Spinti dal bisogno di trovare un 'rifugio' proprio, individuale, non condivisibile con i dettami del Partito, i punk cinesi si trovano e si raccolgono a Wu daokou, nel distretto di Haidian, zona in cui sorgono numerose università tra cui le note Università di lingue e Culture (Beijing Yuyan Wenhua Daxue) e l'Università di Pechino (Beijing Daxue), ancora oggi frequentate da molti studenti stranieri. Da quel momento in poi, Wu daokou è consacrata la Mecca del nuovo movimento Punk di Pechino.
I primi gruppi Punk tipicamente cinesi che si vengono a formare nella prima metà degli anni '90 cercano di fare proprie le regole del Punk inglese, ma ne tralasciano l'aspetto esteriore coltivando soprattutto l'aspetto musicale e contenutistico. La provocazione di questi primi sperimentatori del genere sarà quasi esclusivamente nei testi delle canzoni e in un modo di vivere in cui primeggiano piacere e interesse strettamente personali. Le istituzioni verranno relegate nella sfera del completo disinteresse e verranno soppiantate dalla passione per la musica. Abbandonandosi agli agi tipici degli scansafatiche, gli esordienti punk cinesi creano musica e testi che corrispondono al primo 'abc' del Punk, semplici, diretti e impulsivi. La provocazione è tutta nei testi, schietti e istintivi. La sfida all'ordine costituito si traduce spesso in un ribaltamento della lingua cinese stessa di cui vengono riprese parole ordinarie che oltre a mantenere un loro significato originale e comune alla comprensione generale, sono utilizzate in modo volutamente offensivo. Un esempio è il testo di
Xiao didi (Fratellino) degli "Underground Baby" dove il titolo, secondo il gergo in uso a Pechino, non indica unicamente uno stretto legame di parentela, ma anche gli organi genitali maschili. Altre volte l'odio verso tutto ciò che li circonda viene reso esplicito in versi come: "Voglio che la mia merda e il mio sangue si spargano completamente su questa bandiera”5.
Questi brani, definiti "masturbazione viscida e maliziosa"6, segnano la nuova generazione di adolescenti cinesi che, ammaliata dall'energia e dalla provocazione del punk, cercano di consacrare questo genere musicale su suolo cinese. Nella seconda metà degli anni '90 molti sono i gruppi Punk che si formano a Pechino, ma involontariamente i nuovi 'adepti' creano un gap con la generazione precedente. Innanzitutto l'età: molto più giovani ed impulsivi, si armano di strumenti musicali tra i 15 e i 16 anni; i leader della generazione precedente, invece, avevano mosso i primi passi incerti ad adolescenza ormai inoltrata. Visibilmente più estremi, si concentrano soprattutto sull'iconografia originale del Punk britannico e cercano di farla propria: un corteo di creste di capelli multicolore e maculati comincia a vagare senza metà per le strade di Pechino per il semplice gusto di provocare, consapevole che le borchie, i lucchetti, le spille da balia, gli anfibi da combattimento e i molti piercing esibiti non solo testimoniano una lacerazione interna che viene gradualmente allo scoperto, ma anche una sfida il cui scopo finale è lo sconvolgimento dell'ordine sociale.
La provocazione di questi nuovi gruppi si concentra nell'azione, nell'esteriorità e nell'apparenza. I concerti, sempre più numerosi, che vengono organizzati a Pechino ne sono una testimonianza tangibile. Appoggiati dal loro pubblico, i gruppi punk di più recente formazione si raccolgono definitivamente e creano quella che diventerà l'etichetta con cui si distingueranno dal resto dei loro coetanei: il
wuliao jundui (L'esercito annoiato). In questo loro crescendo musicale i punk di nuova generazione si avvalgono della presenza di personaggi stranieri, per lo più studenti7, che porteranno il loro aiuto non solo entrando a far parte dei gruppi, ma pubblicizzando il fenomeno con la creazione di una rivista musicale auto prodotta.
Raccolti e consolidatisi sotto il nome di "esercito annoiato", i punk di Pechino trasformano ogni evento musicale in rissa. Rompere gli strumenti, sputare birra sul pubblico, offendere il lignaggio familiare dei presenti diventano condizioni necessarie alla riuscita di un concerto punk.
La fama dell'esercito annoiato si diffonde nelle maggiori regioni cinesi. Molti i musicisti che attratti dall'apparente libertà musicale di Pechino accorrono per assistere ad un evento punk. Nuovi gruppi nascono, sottolineando l'entusiasmo con cui la scena underground di Pechino si colma. Negli anni successivi a questo apogeo, l'ambiente alternativo di Pechino muta; molti musicisti punk di prima e seconda generazione emigrano nelle regioni del sud, specialmente nello Yunnan. L'assenza dei punk nella capitale permette l'insediamento e l'affermazione di un nuovo genere musicale, anch'esso giunto attraverso il canale della pirateria: il rap. I maggiori locali di Pechino reclutano allora gruppi rap perché affascinati dal loro look più pulito, dal loro atteggiamento meno violento e da melodie più vicine a quelle in circolazione nelle discoteche commerciali della città.
Tra il 2000 e il 2001, i punk iniziano il loro pellegrinaggio di ritorno alla Mecca, Pechino. Una certa maturità sembra infondersi in questi musicisti 'ribelli': le creste colorate si trasformano in teste rasate, il loro abbigliamento diventa più sobrio o comunque molto più accettabile. Una nuova generazione di gruppi punk nasce sui resti delle precedenti, ma sembra non avere più nulla da offrire se non un atteggiamento e un modo di fare che riproduce solo parzialmente il Punk originario. Trasformato in una moda come tante altre, il Punk cinese procede continuando a farsi forza sulle convinzioni che il primo punk nella storia mondiale sia Mao Zedong, ma perde consensi cercando di riproporre il boom commerciale di noti gruppi americani di fine anni '90.
3. Case discografiche e censura
Fare musica in Cina può sembrare ad oggi una cosa all'ordine del giorno, ma in realtà la questione è molto più complicata di quanto l'apparato burocratico cinese non voglia far vedere. La realizzazione di album musicalmente alternativi non è stata affatto facile e i problemi che le case discografiche incontrano non sono pochi. La politica culturale sorta dalle riforme degli anni '80, grazie alle quali il Partito Comunista Cinese controlla editoria, radio, televisione, ed ora anche internet, per scopi di propaganda ideologica, costituisce un freno reale allo sviluppo di un settore musicale indipendente e antagonista. Sulla base di tali presupposti, dare vita ad una nuova impresa musicale in Cina significa passare attraverso una delle tante branche del Dipartimento Culturale o di Propaganda per riuscire a pubblicare o trasmettere qualcosa. L'evidenza di certe difficoltà si mostra in diversi modi, ma per quanto riguarda la musica accade questo: tutti gli eventi live devono ottenere un permesso dal Dipartimento per poter essere messi in piedi. Questo non riguarda direttamente le band, ma i bar e i locali che le ospitano. Negli anni passati, tale modo di procedere ha creato un sistema che ostacola lo sviluppo salutare della musica indipendente, bloccata dalla paura di incorrere in guai seri con l'apparato burocratico8.
II fiorente sviluppo della Cina di questi ultimi anni ha fatto sì che l'ostruzionismo nei confronti della musica underground fosse più velato, ma al contempo più incisivo. La prima preoccupazione dei governanti, e cioè raggirare le speranze di un popolo 'sotterraneo' in crescita, viene alleviata colpendo indirettamente i giovani. Come? Le limitazioni al libero mercato imposte dalla politica economica del governo non permettono a locali e bar di ospitare materiale sovversivo o sprovvisto di un permesso 'speciale'. Se questa regola non viene osservata, il bar o il locale in questione viene immediatamente fatto chiudere o messo fuori dal giro.
Le misure di precauzione che il Dipartimento prende nei confronti della cultura musicale underground sono due: la prima, più diretta, è quella di controllare i testi delle canzoni che verranno pubblicate o cantate durante i concerti, parole che dovranno rigorosamente soddisfare i gusti dei burocrati. La seconda misura è invece indiretta: il Dipartimento si muove dietro le quinte e manda all'avanscoperta i magnati della pirateria. Solitamente cd e cassette pirata sono copie piuttosto soddisfacenti di artisti stranieri che arrivano in Cina attraverso Hong Kong e Taiwan, ma in questo caso si tratta di gruppi cinesi che sono così costretti ad affrontare un deficit economico di grande portata, conseguenza della vendita massiccia di copie false. Se al contrario le vendite fossero regolari, le compagnie discografiche potrebbero assicurare ai loro musicisti compensi più alti, concerti più frequenti e strumenti di gran lunga migliori. Queste perdite vanno poi ad aggiungersi al budget piuttosto magro con cui le compagnie stesse realizzano la produzione degli album e la poca distribuzione di questi su territorio cinese (trovare cd anche solo di qualche anno fa è praticamente impossibile, si possono girare diversi negozi di musica, ma la ricerca è vana. Più fortunati quelli che si avventurano nel mercato nero, dove questi pezzi 'rari' sono di gran lunga più diffusi).
A loro modo i dirigenti e i burocrati del Dipartimento si tengono in disparte. Ammettere pubblicamente che il non ostacolare la pirateria giova loro significherebbe distruggere quella parvenza di libertà artistica che si vive in Cina. I concerti allestiti in passato saranno una costante nella vita suburbana della Cina odierna. Da quando i dirigenti del Dipartimento hanno capito che la musica rock Occidentale può rappresentare una grande fonte di guadagno, i permessi 'speciali' di cui locali e bar necessitano saranno concessi. Tuttavia i limiti ad una vera e propria emancipazione artistica e individuale saranno contenuti da una presenza sempre più massiccia di agenti di polizia, pronti a staccare la spina del mixer ad una parola di troppo che stona rispetto ai testi 'epurati', ignorando invece un uso di droghe che in tali occasioni si va largamente diffondendo9.
MONDO CINESE N. 116, LUGLIO-SETTEMBRE
2003
Note
1 Si veda "L'epoca Punk" (Pengke shidai) sul sito www.metalm.163.net
2 Si veda Linda Jaivin "Rock Music In China And Its Audience", Indian Pacific, ABC NAT RADIO, 15-6-1991, già citata in Peter Micic, "A Bit Of This And That: Notes On Pop/Rock Genres In The Eighties In China", in
Chime Journal, n. 8, 1995, pp. 76-95
3 Si veda Zhao Jia, Lu Xun shi pengke (Lu Xun è punk) sul sito www.go4.163.com; Lao Bao,
Lu Xun daodi shi bu shi pengke, (Lu Xun alla fine è o non è punk) sul sito www.qo4.163.com.
4 Cd venduti a prezzo ridotto caratterizzati da un foro aggiunto e che sono avanzi e surplus delle grandi compagnie discografiche straniere. Interessante a riguardo la definizione che ne da Jeroen De Kloet: "II taglio sul margine di questi cd
dakou, come vengono chiamati in cinese, ha portato questa giovane generazione al centro della cultura musicale globale. I prodotti
dakou immettono un milione di giovani in una nuova ondata, in una nuova sensibilità dell'ascolto, in una nuova mentalità e in un nuovo sistema di valori. I
dakou non sono solo cd che infrangono le leggi del copyright, ma indicano un modo di vivere molto in voga tra la gioventù urbana cinese. Essere
dakou significa essere globali dal punto di vista musicali e locali per via del foro. Il foro deforma il cerchio, manca ancora qualcosa, come ascoltatore vuoi di più perché entri in un dominio di illegalità.
Dakou non è solo una metafora per l'ambiguità della musica popolare globalizzata. I cd danno inizio ad una nuova era per ciò che a Pechino viene definito The New Sound Movement. Vedi Jeroen De Kloet, "Red Sonic Trajectories, Popular Music And Youth in Urban China", Leiden, Tesi di dottorato, 2001.
5 Dalla canzone "Juexing" (Risveglio) degli "Underground Baby".
6
Mang Chao, "Guangyu Dixia Yingr" (A proposito degli Underground Baby), in www.fishplay.myrice.com
7 Tra gli studenti stranieri ad offrire il loro aiuto all'emergente "esercito annoiato" spicca il nome di una ragazza italiana, alle cui generalità precise non sono purtroppo riuscita a risalire: era nota come Tina, studentessa all'Università di Lingua e Cultura di Pechino. Si veda www.chinamp3.com
8
Si veda Chow Yu Fai, Jeroen De Kloet, "Sounds From The Margin, Beijing's Rock Scene Faces An Uncertain Future",
Chime Journal, 10-11, 1997, pp.123-128, Peter S. Goodman, "Rieducation Camp, At The Lijiang Music Festival, The Masses Enjoy A Revisionist Woodstock",
Washington Post, ediz. internet, 19-08-2002.
9 Ibid..
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