Si è aperta il 28 febbraio al Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano un’importante mostra dedicata a Chen Zhen. Curata da Jean-Hubert Martin, critico d’arte con un’attenzione particolare alle culture extraeuropee, la mostra - aperta fino al 18 maggio - ospita circa settanta opere tra installazioni e disegni.
Chen Zhen, scomparso alla fine del 2000 a soli 45 anni, è ricordato in Italia soprattutto per l’installazione realizzata alla Biennale di Venezia nel 1999 e per la mostra alla Galleria d’Arte Continua di San Gimignano pochi mesi prima della sua morte. Nato a Shanghai e formatosi nel periodo della Rivoluzione Culturale, Chen Zhen ha vissuto e lavorato fra Shanghai, New York e Parigi, città nella quale si è trasferito dal 1986, muovendosi sempre con rara apertura e agilità tra Oriente e Occidente. Come lui stesso ha affermato: "Se ho lasciato la Cina, non è stato per confinarmi in un altro paese o in un’altra terra; l’ho lasciata per abbracciare il mondo intero."
Tutte le opere esposte al PAC, provenienti da collezioni private italiane e straniere o dagli eredi dell’artista, appartengono agli ultimi dieci anni della sua attività e dunque si collocano nel periodo in cui maggiormente lavora e viaggia in tanti paesi.
In Brasile, ad esempio, Chen Zhen realizza con i bambini delle favelas Oltre la vulnerabilità (1999-2000), una serie di piccole architetture costruite con candele colorate che nell’esposizione milanese risaltano per l’intenso valore poetico.
"La riflessione dell’artista - scrive Jean-Hubert Martin - sulle specificità culturali e sul modo in cui queste vengono recepite all’esterno l’ha indotto a superare le vecchie problematiche enunciate dalla generazione precedente, quale quella del dogma dell’incomunicabilità al di fuori del contesto culturale dato. La sua posizione è, al contrario, orientata verso la relatività e si spinge fino al concetto dell"‘eterno malinteso". Chen rimette in questione la credenza tipicamente occidentale secondo cui a ciascun oggetto a vocazione simbolica sia possibile adattare un senso preciso e descrivibile."
"Eterno malinteso" (yongheng de wuhui) è la scritta incisa al centro di una delle grandi installazioni presenti alla mostra: composta da due tavoli rotondi incastrati uno nell’altro e circondati da sedie diverse, provenienti dai cinque continenti e incuneate nelle strutture dei tavoli, quest’opera suggerisce la complessità del dialogo tra le culture.
Nelle sue installazioni Chen Zhen utilizza oggetti di uso quotidiano come sedie, tavoli, letti, calcolatori inseriti in composizioni che per lo più li privano della loro funzione originaria o li trasformano in qualcosa d’altro come nel caso di una serie di tamburi, ricavati da sedie e letti ricoperti da pelli di animali. Una sala è riservata all’esposizione di questi prodigiosi strumenti che i visitatori possono liberamente suonare producendo all’interno degli spazi espositivi suggestive atmosfere sonore. II suono è un elemento presente anche in altre opere esposte: rumori e suoni allusivi eppure molto concreti, registrazioni di frammenti di vita quotidiana raggiungono i visitatori di fronte a diverse opere come in
Biblioteca musicale, composta da una serie di vasi da notte cinesi, montati su un supporto di elementi elettronici. Intorno si diffonde una melodia sorda e incessante che è quel rumore intenso delle spazzole con cui le donne di Shanghai, al mattino presto, ai bordi delle strade, puliscono i pitali. Oppure ancora in
Ruota di preghiera, una sorta di tempio formato da un’esile struttura di metallo ricoperta da strati di carta velina che nasconde al proprio interno un grande mulino di preghiera tibetano rivestito da calcolatrici e abachi di legno, simboli del commercio nel mondo. II rumore dei registratori di cassa unito a quello degli abachi contribuisce a creare la percezione di trovarsi in un "luogo di culto del denaro".
L’interesse di Chen Zhen per la medicina e gli studi sul corpo umano caratterizza una grande parte della sua produzione artistica. Le opere
Ossessione di longevità, Giardino Zen e Paesaggio di cristallo del corpo interno sono accomunate da una concezione del corpo visto attraverso due tradizioni mediche differenti, quella orientale e quella occidentale. Una intera sala è occupata da quest’ultima opera realizzata nel 2000, quando la ricerca artistica di Chen inizia a insistere maggiormente sui temi legati alla medicina: su lettini realizzati in cristallo e ferro, dotati ognuno di una scaletta, si trovano riproduzioni di organi umani in fragili ed eleganti cristalli, le stesse forme ripetute molte volte ma con disposizione sempre diversa compongono altrettanti paesaggi umani.
I numerosi disegni e gli studi esposti testimoniano di una ricerca e di una progettazione accurata e originale.
Alla mostra si accompagna una serie di eventi collaterali e in particolare una ricca programmazione di attività per bambini e ragazzi con laboratori didattici in cui i bambini possano creare loro opere o ascoltare favole cinesi avvicinandosi al pensiero e alla cultura di Chen Zhen.
Catalogo: Chen Zhen, Edizioni Gli Ori, Prato-Siena, 2003, 160 pagine.
MONDO CINESE N. 114, GENNAIO-MARZO
2003