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INDICE>MONDO CINESE>CONSOLIDAMENTO POLITICO: GLI INSEGNAMENTI DI 20 ANNI DI RIFORME IN CINA

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Consolidamento politico: 
gli insegnamenti di 20 anni di riforme in Cina*

di Zheng Yongnian

L'ampiezza delle riforme di questi anni, la loro natura politica e l'influenza sul tessuto stesso della dirigenza cinese costituiscono senza dubbio argomento privilegiato di dibattito e discussione non soltanto nei circoli intellettuali della Cina Continentale, ma anche tra studiosi ed esperti cinesi residenti all'estero. A tale proposito ci è sembrato di particolare interesse il contributo del Prof. Zheng Yongnian (Senior Research Fellow- Istituto dell'Asia Orientale - Università Nazionale di Singapore) proprio perché affronta questi temi cruciali da un punto di vista sia 'interno'(da studioso cinese), sia 'esterno' (non risiedendo in Cina, può esprimersi attraverso modalità più aperte e comprensibili anche al lettore straniero).
A.L. 

Sommario - 1. Riforma politica intesa come consolidamento politico - 2. La separazione tra Governo e Impresa è prioritaria rispetto alla separazione tra Partito e Governo - 3. Centralizzazione selettiva e istituzionalizzazione delle relazioni centro-periferia - 4. Democratizzazione delle amministrazioni locali - 5. Conclusione 


La politica di riforme in Cina è in atto da ormai due decenni, un lasso di tempo abbastanza lungo per poter esaminare le riforme introdotte e tracciare il percorso dei cambiamenti politici del paese. Basato principalmente sulle interviste a funzionari del governo cinese, questo articolo cerca di mostrare cosa pensano i leader cinesi della riforma politica del paese e che cosa hanno imparato politicamente dagli ultimi venti anni di riforme. L'articolo cerca inoltre di concettualizzare la riforma politica di tipo cinese - il cosiddetto "consolidamento politico" - e di mostrare i progressi fatti e le difficoltà che si prospettano per una democratizzazione realizzata con un simile approccio. 
L'analisi del consolidamento politico si concentra su tre importanti elementi: separazione tra Governo e Imprese e tra Partito e Governo; istituzionalizzazione delle relazioni centro-periferia; democratizzazione delle amministrazioni rurali.

1 - Riforma politica intesa come consolidamento politico

La politica cinese ha sempre lasciato perplessi studiosi e politici fuori dalla Cina, fin dai tempi in cui Deng Xiaoping avviò il processo di riforme più di due decenni orsono. Negli anni '80 gli studiosi ipotizzarono che la riforma economica avrebbe proceduto di pari passo con la riforma politica e che le leggi di mercato avrebbero necessariamente condotto alla democratizzazione politica. In effetti, "riforma politica" significa cose diverse per persone diverse. In occidente, per molti "riforma politica" indica un processo verso una democrazia di tipo occidentale basata sulla partecipazione politica popolare, ovvero su elezioni generali aperte a tutti. Da questo punto di vista, indubbiamente in Cina non c'è stata alcuna riforma politica. La democratizzazione è certamente il nodo centrale della riforma politica, ma il problema è come e in che termini può essere realizzata in Cina, e quale forma di democrazia è - a giudizio dell'élite al potere o dei leader politici - reputata "buona" per il paese e consona alle loro posizioni di potere? 
I leader politici cinesi, da Deng Xiaoping a Jiang Zemin, si sono sempre fortemente opposti all'introduzione di una democrazia di tipo occidentale. Sono profondamente convinti che essa non si adatti alla Cina, da una parte perché hanno imparato dalla storia moderna cinese e dalla storia recente dell'ex Unione Sovietica che essa non porterebbe da nessuna parte ma genererebbe solo il caos fino a distruggere la nazione, e dall'altra perché temono che, una volta innescata una democratizzazione radicale, possano perdere il proprio potere personale e il Partito possa perdere la sua posizione dominante.
Il discorso della riforma politica è comunque rimasto in piedi dato che, come aveva già affermato a suo tempo Deng Xiaoping, "senza riforma politica la riforma economica non può essere portata avanti". Come la riforma economica, anche la riforma politica cinese non aveva modelli a cui ispirarsi e la leadership ha dovuto definirla nei propri termini e determinarne gli obiettivi nel contesto dello sviluppo economico del paese. Ecco perché si è materializzata come "consolidamento": si procede per tentativi in uno sviluppo in cui la riforma politica non è intesa come apertura immediata del corso politico al pubblico, ma come processo guidato di adattamento istituzionale che mette il Partito-stato in condizione di mantenere la stabilità socio-politica al fine di potenziare lo sviluppo economico e rafforzare il proprio potere e la propria legittimità politica. 
Va da sé che se non si capisce la via cinese alle riforme politiche, è difficile anche dare un senso al boom economico della Cina e alla sua relativa stabilità negli ultimi venti anni. Senza un continuo adattamento, il sistema politico cinese non sarebbe certamente stato in grado di accogliere cambiamenti socio-politici così importanti. Oltre a ciò è importante anche capire la logica per cui la leadership cinese ha messo in atto questa sua versione di riforma politica piuttosto che altre.
Personalmente credo ci siano tre aspetti da considerare. Primo, la riforma politica cinese può essere definita come consolidamento politico mirato a un continuo adattamento del quadro istituzionale per garantire le riforme economiche e la stabilità politica da una parte e per adeguarsi e accettare i drastici cambiamenti determinati dallo sviluppo socio-economico dall'altra. Secondo, non si può valutare se il sistema politico cinese si stia muovendo o meno verso la democratizzazione solo sulla base di eventuali misure dirette di democratizzazione. Al contrario, va tenuto conto di quanto il sistema politico, attraverso i continui adattamenti istituzionali, sia diventato più accomodante nei confronti dei fattori democratici conseguenti ai forti cambiamenti socio-economici. Terzo, i cambiamenti avvenuti nel sistema politico cinese negli ultimi venti anni non sono soltanto sottoprodotti del rapido sviluppo economico. Al contrario, l'adeguamento del sistema politico è stato deliberatamente voluto dai comunisti cinesi per assecondare i bisogni di crescita economica del paese, tenendo conto dei relativi cambiamenti socio-economici.

2 - La separazione tra Governo e Impresa è prioritaria rispetto alla separazione tra Partito e Governo 

Fin dagli anni '80, Deng Xiaoping aveva riassunto la riforma cinese sostanzialmente nella separazione tra governo e imprese e tra Partito e governo. La prima era rivolta a creare una base istituzionale per la crescita dell'economia di mercato, la seconda doveva ridurre l'interferenza arbitraria del Partito negli affari di governo e creare un governo più efficiente.
Non è stato facile per la leadership cinese giustificare la legittimità ideologica di queste due separazioni. Per giustificare la separazione tra governo e imprese, il Partito ha dovuto legittimare l'economia di mercato e rifiutare la vecchia economia pianificata. Il processo è stato molto graduale.
A livello pratico, prima delle attuali riforme di Zhu Rongji, il governo avviò tre grosse ondate di cosiddetta "riorganizzazione amministrativa", ovvero la riforma di Zhao Ziyang nel 1982 e i due tentativi di Li Peng nel 1988 e nel 1993. Tutte queste iniziative furono seriamente ostacolate dalle considerazioni dei vertici politici sulle relazioni tra il governo e il mercato. Il governo intendeva la separazione dalle imprese come un cambiamento delle modalità in cui attraverso le sue istituzioni interveniva nelle attività economiche; così, ogni volta che veniva avviata una nuova riforma si pensava a cambiare le funzioni economiche delle istituzioni preposte con conseguente appesantimento dell'intero apparato. Si calcola che nel periodo 1993-96 il numero di impiegati statali crebbe passando da 8,79 milioni a 9,95 milioni mentre le spese amministrative in percentuale salirono dal 12% a quasi il 15% del totale del budget di spesa.
Più difficile è stato legittimare la separazione del Partito dal Governo. Nel 1980, Deng Xiaoping aveva sottolineato la necessità di questa separazione, "E' tempo di distinguere tra responsabilità del Partito e responsabilità del Governo e smetterla di sostituire il primo al secondo…Questo aiuterà a rafforzare e migliorare la direzione unitaria del Comitato Centrale, faciliterà l'instaurazione di un sistema di lavoro efficace ai vari livelli di governo dal vertice alla base e promuoverà un migliore esercizio delle funzioni e dei poteri di governo…". 
Certamente, il concetto di separazione (dang zheng fenkai) era molto idealistico e la sua realizzazione avrebbe avuto un impatto tremendo sul sistema politico cinese, specialmente sulla democratizzazione. Il programma, comunque, non prese mai corpo e dopo la repressione del movimento pro-democrazia del 1989, il Partito mise in atto un controllo ancora più stretto sul governo.
Il fallimento appariva inevitabile. Era problematico per la leadership cinese realizzare allo stesso tempo due separazioni. Separare il governo dalle imprese significava delegare il potere del governo al mercato, e non solo. Lo stretto intreccio governo-economia tipico del sistema dell'economia pianificata e notevolmente vantaggioso per le istituzioni governative, rendeva impossibile attuare la separazione governo/imprese senza la frapposizione del Partito. A questo si aggiunge che i leader più importanti, da Deng Xiaoping a Jiang Zemin, volevano che il partito vigilasse sulla riforma politica. A questo proposito, fin dal 1981, Deng aveva affermato che "senza la guida del Partito ci sarebbe certamente disordine ovunque e la Cina si disgregherebbe", volendo significare in sostanza che il Partito, come massima fonte di potere del governo, avrebbe potuto da una parte promuovere le riforme politiche e dall'altra servire da garante finale della stabilità (politica) in caso di errori nel processo di riforma.
Realizzando che le due separazioni potevano avvenire contemporaneamente, dopo il consolidamento del potere di Jiang Zemin (XV Congresso del Partito, 1997), la leadership cominciò a ri-orientare l'obiettivo delle riforme. Così, la 9° Assemblea Nazionale del marzo 1998 sancì l'attuazione delle due separazioni in due fasi, prima la separazione tra governo e imprese, poi la separazione tra Partito e Governo. 
Zhu Rongji, allora nominato Premier, sembrava aver imparato dai fallimenti delle riforme precedenti (Zhao Ziyang e Li Peng) e trovò un modo migliore di separare il governo dalle imprese. Per Zhu Rongji, le difficoltà della riforma della aziende statali (SOE) e l'inefficenza del governo erano da attribuire ad un governo sovradimensionato e al lento procedere delle riforme amministrative. Come altri, anche Zhu si accorse che la premessa per la riforma delle aziende statali era la separazione del governo dalle imprese, ma se non venivano liquidate le vecchie istituzioni invischiate nelle aziende statali, ogni misura di riforma sarebbe risultata inefficace. Dopo il suo insediamento infatti, la nuova amministrazione annunciò che avrebbe tentato di istituire un governo di dimensioni ridotte e più efficiente. Secondo il piano, i 40 ministeri originali vennero ridotti a 29 e gli 8 milioni di impiegati statali tagliati di una buona metà.
Le iniziative di Zhu erano rappresentate da due diversi decreti amministrativi. Il primo riguardava la retrocessione a Uffici di sei Ministeri che avevano strette relazioni operative con le aziende statali e la loro successiva incorporazione nella Commissione Statale per l'Economia e il Commercio. Il secondo decreto era volto a spogliare questi Uffici delle loro funzioni di cooperazione con le aziende statali. E' necessario chiarire che l'obiettivo della ristrutturazione non era mirato a una rinuncia al controllo delle aziende da parte del governo. Anzi, Zhu Rongji fece della Commissione l'organo governativo preposto a sorvegliare l'economia in crescita del paese, con funzioni simili al MITI giapponese. 
Questi cambiamenti radicali aiutarono a separare il governo dalle imprese anche dal punto di vista strutturale. Nell'intenzione, le nuove disposizioni avrebbero dovuto risolvere i numerosi problemi delle aziende statali legati alle loro caratteristiche strutturali, problemi che costringevano il governo a finanziarle continuamente con fondi prelevati dal budget statale.
La Commissione Statale per la Pianificazione cambiò il nome in Commissione Statale per la Pianificazione e lo Sviluppo, con conseguenti modifiche delle sue funzioni. La vecchia Commissione per la Pianificazione era un simbolo della vecchia economia pianificata e aveva svolto un ruolo estremamente importante nel controllo delle aziende statali cinesi. In seguito al cambio del nome e alla ristrutturazione, la nuova Commissione perse le sue funzioni gestionali, assumendo come funzione principale quella di formulare piani per le strategie di sviluppo a lungo termine.
Per realizzare un'effettiva separazione tra governo e imprese, il governo dovette tagliare anche altre sue funzioni non essenziali rinunciando ad interferire con il mercato e permettendo alle forze di mercato di svolgere un ruolo più importante. Riducendo l'ingerenza del governo, Zhu Rongji di fatto concesse maggiore libertà al mercato di indirizzare le politiche economiche future. 
E' probabile che il successo della separazione tra governo e imprese abbia un forte impatto sulla separazione tra Partito e Governo. Se Zhu Rongji riesce a poerate a termine la separazione tra il governo e le imprese "liquidando" le varie burocrazie coinvolte negli affari economici, il prossimo compito spetterà a al successore di Jiang Zemin, Hu Jintao. La sovrapposizione a diversi livelli delle funzioni del Partito e del Governo, rende ardua se non impossibile la loro separazione, ma in ogni caso, dipenderà in gran parte dal successo di Zhu Rongji nelle iniziative di riforma tuttora incorso, se il Partito avvierà o meno una simile revisione.

3 - Centralizzazione selettiva e istituzionalizzazione della relazioni centro-periferia

Molti studi hanno evidenziato che lo sviluppo della Cina nell'era delle riforme è stato caratterizzato dalla centralizzazione. Zhu Rongji ha tentato di ricentralizzare il potere economico fin da quando nei primi anni '90 ha cominciato ad occuparsi dei problemi economici della Cina e soprattutto da quando è diventato premier nel marzo del 1998. Dopo l'insediamento al potere della terza generazione di dirigenti, il centro ha cominciato a istituzionalizzare le relazioni con le entità locali attraverso quello che io chiamo la "centralizzazione selettiva".
Negli anni '90 il centro aveva fatto notevoli sforzi per ricentralizzare il potere, innanzitutto politicamente e poi economicamente. Alla centralizzazione politica fu data priorità assoluta nei primi anni '90 - dopo il movimento pro-democrazia del 1989 - perché la leadership riteneva che solo una soluzione politica potesse assicurare stabilità alla società cinese. Il gruppo dirigente non voleva più il vecchio tipo di controllo fortemente centralizzato ma non essendo capace di trovare una nuova strada si concentrò sul rafforzamento del vecchio sistema della nomenklatura, un metodo tradizionalmente usato dai comunisti per controllare i quadri locali di partito e i funzionari di governo. 
La tavola N°1 mostra come sia nel XIV Congresso (1992), che nel XV Congresso(1997) i leader provenienti dai diversi uffici centrali rappresentassero il nucleo principale mentre i leader locali rimanevano in minoranza.
Ancora più importante è che il governo centrale rafforzò il sistema di gestione dei quadri (ganbu guanli). Il concetto del "Partito che gestisce i quadri" (dang guanli ganbu) è uno dei principi organizzativi più importanti e conferisce al governo centrale l'ultima parola sulle decisioni relative al personale. Nel 1995 il governo centrale emise un documento intitolato "Regolamenti temporanei sulla selezione e nomina dei quadri dirigenti di Partito e di Governo", dove si ri-enfatizzava il sistema di trasferimento o scambio dei quadri (ganbu jiaoliu zhidu) che permetteva al centro di rafforzare il controllo sui quadri locali.
Il trasferimento è focalizzato principalmente sui membri dirigenti dei Comitati di Partito e di Governo. In base ai regolamenti del 1995, il dirigente di un comitato locale di partito o di governo deve essere trasferito dopo aver ricoperto per 10 anni la stessa posizione. Lo statuto del PCC stabilisce inoltre che le cariche nei comitati di partito a livello di distretto e superiori hanno una durata di 5 anni. Di conseguenza se un quadro a livello provinciale alla fine del suo secondo mandato non ha ancora raggiunto l'età pensionabile, deve essere trasferito. Il trasferimento può essere originato da esigenze di lavoro in primo luogo, dalla necessità di arricchire l'esperienza di lavoro e migliorare le capacità direttive in secondo luogo oppure da altre ragioni. Comunque sia, esso è un efficace strumento per il centro per contenere l'insorgere di localismi e per controllare i funzionari provinciali.
Il sistema dei trasferimenti presenta d'altro canto notevoli difficoltà. In primo luogo, il rafforzamento dell'Assemblea Nazionale tende a indebolirlo perché i membri provinciali dell'Assemblea preferiscono votare per i quadri della loro zona piuttosto che per altri. In secondo luogo, il miglioramento del sistema elettorale provinciale fa sì che i leader provinciali siano sempre più orientati ad appoggiare gli interessi locali, altrimenti rischiano di non ottenere il sostegno necessario. Rimane quindi molto forte il problema di come conciliare il controllo centrale con gli interessi locali. 
Così il centro mise in atto la ricentralizzazzione selettiva, che può essere sintetizzata nelle due principali riforme di Zhu Rongji, la riforma della tassazione e la riforma del sistema bancario centrale. Nel 1994 il governo centrale cominciò a implementare il nuovo sistema di tassazione che prevedeva una ripartizione delle tasse secondo un sistema di tipo federale. 
Il nuovo sistema di tassazione ebbe un importante impatto, e cambiò le interazioni tra il centro e le province. Innanzitutto, le tasse furono divise in tre categorie: centrali, locali e condivise. Le tasse centrali erano destinate alla cassa centrale, le tasse locali ai budget locali e quelle condivise venivano suddivise tra centro e province in base ad accordi prestabiliti. In secondo luogo, l'amministrazione fiscale veniva centralizzata. Invece di autorizzare gli uffici erariali locali a raccogliere virtualmente tutte le tasse, il centro ora raccoglieva le tasse tramite propri organismi, indipendenti dalle province. Il centro cioè aveva creato le proprie agenzie per la raccolta delle tasse - il Servizio fiscale nazionale. Il nuovo sistema riconosceva comunque un potere provinciale indipendente e perciò le autorità provinciali potevano raccogliere diversi tipi di tasse senza interferenza da parte del centro. In altre parole erano stati creati due sistemi paralleli e indipendenti di riscossione e amministrazione delle tasse, uno centrale e uno locale. Le tasse condivise erano raccolte dal governo centrale e poi suddivise tra centro e province. 
Questi cambiamenti istituzionali spostarono il potere fiscale dalle province al centro. Le entrate complessive del governo aumentarono in maniera impressionante e il fatto che molte di esse erano raccolte e ri-distribuite dal centro, aumentò fortemente la dipendenza delle province dal governo centrale. 
Sforzi analoghi sono stati fatti per la riforma del sistema bancario centrale. Fin dalla fine degli anni '80, il governo centrale introdusse dei cambiamenti all'interno del sistema bancario centrale e decise che tutti i direttori delle filiali locali sarebbero stati nominati dalla banca centrale piuttosto che dai governi provinciali come avveniva in passato. A fronte di queste misure, il governo centrale si aspettava che tutte le filiali locali si adeguassero alle direttive centrali e si liberassero dell'influenza politica locale. Ma non fu così. Le filiali locali avevano sviluppato i propri interessi istituzionali indipendenti e preferivano usare le proprie risorse per sviluppare le economie locali - fonti per esse di grandi benefici. Questo stato di cose determinò alla metà degli anni '90 la crisi della gestione macro-economica. Dopo che Zhu Rongji divenne premier e nel marzo del 1998 si insediò il nuovo governo, il governo centrale propose la misura più audace per riformare il sistema finanziario cinese: tutte le filiali provinciali della banca centrale venivano abolite e sostituite da nuove filiali a livello regionale-provinciale. Nel dicembre del 1998 il governo centrale dichiarò formalmente che le 31 filiali provinciali della banca centrale sarebbero state rimpiazzate da 9 filiali di area. Le misure cercavano di imitare il modello federale americano rivolto a disfarsi degli strumenti istituzionali dei governi provinciali che interferivano col sistema bancario centrale.
Queste iniziative fornirono al nuovo governo potenti mezzi istituzionali per contenere il crescente localismo. Nel 1998, il nuovo governo avviò due campagne contro il contrabbando e la corruzione con l'obiettivo di distruggere le potenti reti di potere locali. Apparentemente, il contrabbando rafforzava gli interessi locali attraverso la promozione dello sviluppo economico dell'area ma era profondamente dannoso per l'economia generale nazionale. Tuttavia fino a che la vecchia guardia comunista rimase in vita, fu impossibile attaccare questi localismi rafforzati proprio dalle sue politiche di decentralizzazione e delle "Zone Economiche Speciali". Solo alla scomparsa della vecchia guardia e con il consolidamento del potere della nuova leadership, il governo ha potuto avviare una campagna di repressione contro di essi.
….
E' ancora difficile dire che tipo di relazioni centro-periferia la leadership cinese voglia impostare ma tutta questa serie di adattamenti istituzionali suggerisce che ci si sta muovendo verso un federalismo economico. Ovviamente lo sviluppo in Cina di un sistema federale, dipenderà da come le innovazioni politiche possono essere inserite nella complessa realtà delle relazioni centro-periferia. 

4 - Democratizzazione delle amministrazioni locali

Per molti osservatori, la nascita del sistema elettorale nelle campagne può servire come punto di partenza per una democratizzazione di tipo cinese, ovvero una democrazia proveniente dal basso. Come è accaduto a Taiwan, la democrazia dal basso si potrebbe estendere a livelli più alti per arrivare alla fine alle elezioni a livello nazionale. Tuttavia al momento non c'è alcun segnale che indichi che il governo cinese espanderà le elezioni dirette dal livello di villaggio a livello di città e tantomeno di contea. Il governo ha adottato nei riguardi della democrazia rurale un approccio di "consolidamento": i leader politici vogliono consolidare la democrazia rurale prima di prendere in considerazione l'espansione delle elezioni dirette a livelli superiori.
Un importante aspetto da non sottovalutare è che i leader cinesi hanno creato un sistema di elezioni nelle campagne mirato a ristrutturare l'amministrazione rurale piuttosto che a democratizzare l'intero sistema politico. La riforma nelle zone rurali iniziò alla fine degli anni '70 ed era basata sul cosiddetto sistema di responsabilità familiare. La sua rapida diffusione generò l'immediato collasso del vecchio impianto di governo, cioè del sistema delle brigate di produzione, e alla fine il crollo del sistema delle comuni. Lo stato centrale decise di ristrutturare il sistema amministrativo e di governo di base creando una forma di governo più tradizionale - cioè il sistema delle città - per riempire il vuoto istituzionale lasciato dal fallimento del sistema delle comuni. Ma è importante sottolineare che questo non significò tornare alla vecchia tradizione. Al contrario, servì a ristrutturare il sistema. Il potere dello stato si ritirò dai villaggi e i villaggi divennero unità di auto-governo. 
Nel 1987, l'Assemblea Nazionale approvò la "Legge Organica (sperimentale) dei Comitati di Villaggio della RPC". In base a questa legge "nelle aree rurali cinesi devono essere creati comitati di villaggio per salvaguardare le opportunità dei contadini e i loro diritti di partecipazione politica. Il controllo dei contadini sui quadri di villaggio e il livello di autogoverno degli abitanti sarà migliorato attraverso le elezioni dirette di direttori, vice-direttori e membri dei comitati di villaggio innalzando così la qualità della partecipazione politica dei contadini". 
Anche se l'amministrazione rurale non apparteneva più all'amministrazione statale, la leadership era stata molto attenta nell'assicurarsi che la ristrutturazione della società rurale servisse ad assicurare un quadro politico stabile entro il quale accogliere e adattare i cambiamenti derivanti dalla crescita economica. E' stato un processo in cui si sono succeduti tentativi ed errori.
Certamente, la legge sopra menzionata era piuttosto generica e vaga e doveva essere completata dai regolamenti provinciali di implementazione. Questo era stato voluto intenzionalmente dal governo centrale per dare ai governi provinciali lo spazio per occuparsi delle questioni legate alle diverse condizioni locali. Per favorire una espansione tranquilla del sistema, il governo centrale designò diverse località come "siti campione" da usare come modello. Dal 1990 al 1995 qualcosa come 63 distretti, 3.917 città e 82.266 villaggi furono designati come siti campione.
Poiché il governo non cercò contemporaneamente di implementare la legge a livello nazionale, i regolamenti provinciali vennero implementati gradualmente. Alla fine del 1995, 24 province avevano promulgato le proprie leggi sull'organizzazione dei comitati di villaggio. Mentre alcune province come Fujian, Jiangsu, Liaoning e Sichuan avevano fatto progressi impressionanti nell'istituzionalizzazione delle elezioni rurali, altre come Pechino, Shanghai e il Guangdong erano rimaste indietro, e questo rese molto disomogeneo lo svolgimento delle elezioni rurali nelle diverse regioni del paese. Il sistema elettorale rurale si era comunque sviluppato in maniera impressionante. Le stime relative alla sua diffusione sono diverse. In base ai dati del Ministero degli Affari Civili - responsabile dell'implementazione di questo sistema - nel marzo 1997 in oltre l'80% dei 930.000 villaggi cinesi c'era stato almeno un giro di elezioni relativamente democratiche. Ma un resoconto del Dipartimento di Stato statunitense afferma che si tratta di circa un quarto o un terzo di questa cifra. La differenza tra i due dati può essere spiegata da una valutazione fatta da un funzionario dello stesso Ministero degli Affari Civili per cui "circa il 30% delle elezioni si sono svolte in maniera esemplare, il 40% sono nella media e il 30% inferiori alla media".
Per il governo centrale, le elezioni rurali dirette erano mirate alla ristrutturazione del sistema di governo. Questa democrazia di base è assimilabile a un fenomeno che può essere chiamato "legittimazione politica del centro a livelli bassi" e cioè che più si è a livelli bassi di governo più è alto il livello della sua legittimità politica. Essendo eletti direttamente dagli abitanti del posto, i funzionari di governo a livello basso possono dire "no" alle autorità più alte perché la loro legittimità politica non è più basata su nomina o riconoscimento da parte di queste ultime ma sul voto popolare. Le autorità ai livelli più alti, a loro volta, trovano sempre più difficile confrontarsi con i funzionari di base e ne sentono fortemente la pressione. In questo senso, si può dire che il sistema delle elezioni locali promuove la democratizzazione. 
Non è però certo se nel prossimo futuro si ricorrerà ad elezioni dirette per scegliere funzionari di governo ai livelli più alti. Anche se ci sono spinte per l'espansione del sistema delle elezioni dirette a livello di città, il governo cinese ha dato priorità al consolidamento della democrazia rurale piuttosto che alla sua espansione. E questa considerazione ha una sua logica.
Innanzitutto, la democrazia rurale rappresenta solo un aspetto del piano della leadership per la ristrutturazione del suo sistema di governo. Senza l'entusiasmo degli abitanti locali e la loro attiva partecipazione, la democrazia rurale non si sarebbe sviluppata così velocemente ma allo stesso tempo, senza il supporto politico del vertice, il funzionamento della democrazia rurale sarebbe diventato problematico. La società cinese è ancora dominata dallo Stato e la democrazia tende a non essere un sistema politico creato per volontà di forze sociali significative; pertanto ogni ulteriore sviluppo della democrazia rurale è fortemente influenzato dalla volontà politica dei dirigenti al vertice. Quando i leader politici valutano se espandere o meno verso l'alto la democrazia di base, devono tenere conto degli altri aspetti di sviluppo per verificarne la compatibilità. Dopo venti anni di riforma, la leadership ha imparato che è auspicabile uno sviluppo più bilanciato.
In secondo luogo, la democrazia rurale si è sviluppata in modo disomogeneo. Fino a questo punto, le autorità locali sono state molto autonome nello sviluppo del sistema delle elezioni rurali dirette. Non esiste alcun regolamento centrale né alcuna politica unificata e gli sviluppi diversi nelle varie province hanno reso impossibile per il centro implementare regolamenti e politiche unitarie. La leadership centrale ha deciso di consolidare il sistema prima di espanderlo a livelli più alti, espansione che comporta l'applicazione indiscriminata di certi aspetti dei regolamenti e delle politiche ad ogni località. Quando le elezioni rurali raggiungeranno un grado di sviluppo omogeneo tra le diverse regioni, allora sarà il momento di espandere il sistema verso l'alto.
In terzo luogo e sfortunatamente, lo sviluppo della democrazia rurale ha coinciso con lo sviluppo di gruppi sociali organizzati come i clan e diversi tipi di "società segrete". In molte realtà rurali, queste organizzazioni si sono guadagnate la legittimità a governare attraverso le elezioni e i loro capi spesso si comportano come piccoli imperatori. In altri posti, ex quadri di partito e funzionari di governo controllano le risorse economiche principali e sono in grado di influenzare le preferenze degli elettori. Gli elettori a loro volta sono costretti a votare per questi forti personaggi locali, altrimenti ne potrebbero risentire sul piano dei benefici economici. Molti studiosi in Cina hanno semplicemente attribuito l'insorgere di queste "pericolose forze" rurali all'allentamento del controllo da parte del governo sulle società locali. Indubbiamente esse preoccupano i vertici politici che, temendo di perdere il controllo nelle campagne, eviteranno di espandere la "democrazia rurale" fino a quando non avranno la certezza che il governo è in grado di mantenere la stabilità e l'ordine in queste aree. In effetti, consolidare la democrazia rurale implica anche la repressione di queste "forze pericolose".
Infine, dal punto di vista delle politiche di potere, lo sviluppo della democrazia rurale si trova spesso in contrasto con i piani originari del governo. Come abbiamo visto, la decisione della leadership di sviluppare la democrazia rurale aveva l'obiettivo di ristrutturare il sistema delle amministrazioni locali ma ha finito col creare conflitti enormi tra gli organismi politici eletti e le altre istituzioni governative come le unità locali di partito e le organizzazioni economiche del governo. L'aumento della conflittualità ha frenato il vertice nello spingere ulteriormente la democrazia rurale tanto che la Legge Organizzativa degli Abitanti dei Villaggi adottata nel 1998 dall'Assemblea Nazionale stabilisce che il Partito deve rafforzare il suo ruolo nelle aree rurali. 

5 - Conclusioni

Ho parlato di come il consolidamento politico ha permeato vari aspetti degli adattamenti istituzionali negli ultimi venti anni. Adeguamenti politici si sono verificati sia all'interno che all'esterno del regime. Per mantenere l'ordine e la stabilità, il governo deve mettere in atto un adeguamento-interno-al sistema in modo da consolidare il proprio potere e aumentare la propria efficienza amministrativa. Per far posto alle forze sociali derivanti dal rapido sviluppo economico, il governo deve invece implementare un adeguamento-esterno-al sistema e cambiare le sue relazioni con la società.
Anche se tutti questi adeguamenti non sono finalizzati alla democratizzazione del paese, il processo di continuo adattamento ha reso la leadership più accomodante verso i cambiamenti sociali e gli sviluppi democratici alimentati dal crescere e diffondersi nelle aree rurali del sistema delle elezioni dirette. Il problema è che il Partito è restìo ad accettare che le forze sociali emergenti influenzino e interrompano il suo programma di riforme. In un contesto di rapidi cambiamenti economici, il Partito vuole seguire la propria strada nel cammino verso la democratizzazione politica e non tollera spinte da parte di alcun movimento democratico spontaneo in questo senso. Questo è il motivo per cui il Partito ha adottato misure molto brutali contro le sfide politiche provenienti dalla società, come dimostra la recente repressione degli sforzi dei dissidenti di organizzare un partito di opposizione. 
Drastici cambiamenti socio-economici creano una forte richiesta di cambiamenti politici: questo è quanto i leader cinesi hanno imparato dal movimento pro-democrazia del 1989. Tuttavia essi hanno anche imparato dall'ex-Unione Sovietica e dagli altri paesi dell'Europa dell'Est che riforme politiche radicali e democratizzazione non solo avrebbero tolto il potere al Partito Comunista ma avrebbero trascinato l'intero paese nel caos. Da qualsiasi punto di vista si guardi, ciò che potevano fare rispetto alla riforma politica era di adottare un approccio di consolidamento e cioè soddisfare l'esigenza sociale di riforme politiche attraverso adeguamenti istituzionali. Non è ancora sicuro se questo sarà sufficiente a tener testa alla maggiore delle sfide politiche, la democratizzazione. 

(traduzione di Rosa Cascino)

* il saggio è apparso sul sito:
http://www.future-china.org/csipf/activity/19990408/mt9904_1-1.htm

MONDO CINESE N. 113, OTTOBRE-DICEMBRE 2002

 

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