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Spigolature da Pechino

di Mauro Marescialli

1 - Un tetto per tutti

Nessuno è a conoscenza dell'attuale numero di 'laowai' (stranieri) che vivono a Pechino. Le stime ufficiali riportano cifre intorno ai trentamila ma, in realtà, le voci che girano nella comunità straniera della capitale parlano di una presenza di molto superiore alle 150 mila unità. Un fatto è comunque certo: Pechino ospita il più alto numero di stranieri rispetto a ogni altra città della Cina. A occhio e croce, mettendo insieme il personale di centinaia di ambasciate, di ditte private e multinazionali straniere, le armate di studenti, e le flottiglie di cosiddetti 'slackers' (pseudo-bohemiennes che si trastullano tra impieghi precari e una vita sociale iperattiva) le stime ufficiose sembrano di gran lunga quelle più vicine alla realtà dei fatti, ossia di una capitale vieppiù cosmopolita.
Tuttavia, per la maggioranza degli stranieri - ove per tali vadano intesi quelli non dotati dei principeschi contratti da diplomatici o da espatriati deluxe - risiedere a Pechino non è sempre stata un'impresa fra le più semplici. L'amministrazione municipale della capitale proibiva per legge agli stranieri di alloggiare in abitazioni al di fuori dei complessi condominiali esclusivamente preposti ad ospitarli. Ma di fronte agli affitti spesso altamente proibitivi di tali abitazioni, migliaia di stranieri si sono spesso trovati costretti ad optare per alternative più economiche, vedasi abitazioni 'cinesi', ossia quelle non ufficialmente omologate a prova di laowai: normali abitazioni di proprietà di privati cittadini. 
Dalla metà degli anni '90 fino ad oggi, Pechino ha assistito all'espansione più o meno sommersa di un mercato affittuario esterofilo di tutto rispetto. 
Nondimeno, in quanto illecita, tale pratica esponeva gli affittuari stranieri alla potenziale seccatura di vedersi piombare in casa la polizia che, con modi più o meno spicci, intimava all'inquilino di turno di sloggiare il giorno dopo. Le leggende urbane narrano anche di azioni di sgombero poliziesco in grande stile in cui decine di stranieri venivano sorpresi nel cuore della notte in abitazioni 'illegali' e costretti lì per lì ad evacuare le loro dimore alla stregua di inermi terremotati. 
Nella larghissima cerchia degli stranieri inclini ad optare per alloggi a buon mercato, era pratica diffusa dividere la città in zone di, rispettivamente, 'relativa sicurezza', di 'pericolo', o di 'allarme rosso'.
Le zone di 'relativa sicurezza' consistevano nell'area del centro poco più a nord della Città Proibita - al momento, una sorta di vera e propria enclave estera - e di Tuanjiehu, nell'area est della città. Il distretto di Haidian, quello con la maggiore concentrazione di università, era la zona di 'pericolo' ove centinaia di studenti stranieri preferivano convivere in appartamenti economici piuttosto che nelle esose camere dei college. Ma la zona a più alto rischio di sgombero era quella di Huajiadi, un'area periferica a nord-est di Pechino. Per uno straniero, scegliere di abitare a Huajiadi rappresentava una sorta di consapevole quanto rassegnata accettazione di un contrappasso impietoso: gli affitti per stranieri più bassi di tutta Pechino ma con il più alto tasso di rastrellamenti notturni mai registrato nella capitale. 
In un tale contesto urbano, vi lascio immaginare il respiro di sollievo tirato all'unisono da migliaia di inquilini 'illegali' nell'apprendere la notizia che dal 1 Settembre 2002, la storica quanto insensata divisione tra appartamenti 'per stranieri e per cinesi' è stata ufficialmente abolita dalle autorità municipali, autorizzando virtualmente chiunque a vivere ove più gli aggrada e convenga.
"Avevo subdorato che qualcosa di grosso stava per accadere - mi racconta divertito Jacopo, inquilino di un appartamento situato nella 'zona di sicurezza' di Jiaodaokou - all'incirca un mese fa, il mio padrone di casa fu invitato dal comitato di quartiere a un'assemblea generale dei proprietari immobiliari dell'intero circondario allo scopo di discutere nuove direttive e regolamentazioni in tema d'affitto. Un evento di per sè assai inusuale e che aveva fatto tremare le ginocchia anche al mio padrone di casa…Per fortuna, tutto è andato per il meglio, sia per lui che per il sottoscritto".
Insomma, per una volta, il buon senso degli amministratori di questa città è venuto a galla. Se sia merito del WTO, delle Olimpiadi, o della pressione sulle autorità locali di una porzione del mercato immobiliare dall'alto potenziale economico è difficile a dirsi. Di certo c'è che per la maggiorparte degli stranieri che risiedono a Pechino la vita è divenuta un po' più facile. 
"Cambiamenti di questo genere forse contano poco nel quadro dell'immenso, irrefrenabile sviluppo di questa megalopoli - afferma Clark Westwood, un giornalista australiano da dieci anni a Pechino - ma quando tali cambiamenti vanno ad incidere su consuetudini talmente radicate nella cultura urbana di una città come questa, trascurarne la portata significherebbe sottovalutare l'effettiva profondità della sua stupefacente trasformazione".

2 - Futuro Immobile

Se vi trovate a Pechino, provate a dedicare cinque minuti del vostro tempo a sfogliare le pagine di un qualsiasi quotidiano locale. O quelle patinate di una rivista. O di uno degli innumerevoli supplementi allegati a pubblicazioni di vario genere e natura. Scoprirete così che tali periodici, oltre a carta, immagini e parole, condividono una caratteristica assai appariscente: l'essere letteralmente infestati di pubblicità che promuovono nuove e scintillanti proprietà immobiliari. Grattacieli uso ufficio, ville, villette, loft, appartamenti, monolocali, abitazioni tradizionali, ce n'è per tutti i gusti e (più o meno) per tutte le tasche. Pechino è attualmente nel pieno di uno sviluppo edilizio senza precedenti e il cui passo, con tutta probabilità, non darà cenni di rallentamento almeno fino al 2008. La capitale ha di nuovo indossato la sua veste impolverata fatta di mattoni, cemento, gru e scaffalature metalliche. Il pulsare metropolitano della Pechino del nuovo millennio viene scandito ventiquattr'ore su ventiquattro dall'eco petulante delle martellate, dallo strascichio ozioso delle ruspe e dal ritmico perforare delle trivelle.
Conteggiare il numero effettivo delle nuove proprietà immobiliari è impresa improba, e - di certo - non è spassoso quanto scorrerne i rispettivi nomi, partoriti con tutta probabilità da menti vittime di un vaneggiamento onomastico tanto insensato quanto stupefacente. Si oscilla dalla diplomatica discrezione di 'Embassy House', al carattere yankee di 'Soho' e 'Central Park'; dall'opulenza mitica di 'Legend Garden Villas' al decadentismo pseudo-modaiolo di 'Oriental Kenzo' fino a raggiungere le più scellerate vette del delirio con 'Top Aristocratic' e 'American Rock'. 
Di certo c'è però che in questa sarabanda 'palazzinara' emerge su tutti un nome solo, o meglio, un acronimo che desta meraviglia e ammirazione in tutta la popolazione pechinese: il CBD. Oltre alle Olimpiadi del 2008, il CBD è l'altro fiore all'occhiello degli amministratori della capitale. Ma cosa sarà mai questo CBD? Immaginate un'area di 4 chilometri quadrati a soli 5 chilometri ad est di piazza Tian'anmen. Immaginate grappoli di grattacieli tra i 100 e i 300 metri di altezza. E immaginate migliaia di uffici a rappresentanza delle multinazionali dell'industria e della finanza più potenti del pianeta. Ecco a voi il Central Business District, una delle pietre miliari del decimo piano quinquennale di sviluppo della capitale cinese. La stampa locale e nazionale si è affrettata a definire il CBD la futura 'Manhattan d'Oriente' e se i piani resi noti a Settembre dalle autorità si tramuteranno in realtà da qui al 2008, si può essere certi che tale appellativo per una volta non sarà esagerato. Infatti, lo sviluppo del CBD rappresenta per Pechino un affare da migliaia di miliardi di dollari. Al solo fine di completare le infrastrutture necessarie ad ospitare il nucleo principale del CBD (30 ettari) la città si impegnerà a spendere 2400 milioni di dollari, pari a circa 800mila dollari al metro quadro. Una ventina tra i progetti immobiliari già avviati nell'area o in via di approvazione riassumono da soli un valore pari a 5600 milioni di dollari. A questi se ne aggiungeranno molti altri per far da perfetto complemento a quelli attualmente esistenti e che già occupano 3 milioni di metri quadri di superficie abitabile.
"Di fronte a questi numeri non so se spaventarmi o andare orgogliosa della mia città - rivela Liu Bing, imprenditrice trentenne - Spero solo che gli anni da qui al 2008 passino in fretta perchè della polvere e il frastuono di tutti i cantieri sparsi in giro già non se ne può più."

 

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