1. Un fenomeno allarmante
Un enorme cumulo di sabbia si è formato dietro al muro della casa e preme con forza contro
la debole struttura in legno e fango, minacciando di abbatterla inesorabilmente. Un pastore tibetano ci
mostra rassegnato e impotente l'interno della sua abitazione pericolante e i pochi animali che gli sono
rimasti. Intorno solo dune di sabbia e qualche raro ciuffo di erba sparso qua e là: la drammatica realtà che
ogni cosa stia per essere inghiottita dal deserto è sotto i nostri occhi. Siamo nella parte orientale
dell'altopiano Qinghai-Tibet, in un villaggio della Prefettura autonoma tibetana di Hainan
(Hainan zangzu zizhizhou), provincia del Qinghai1. Qui, a più di tremila metri di altitudine, fino a trent'anni
fa l'erba era alta e i pascoli rigogliosi, come ci racconta con profonda tristezza la gente del luogo.
Adesso invece, e non solo a causa della tremenda siccità che si è abbattuta su tutta la regione per tre anni
consecutivi, l'erba non cresce più o cresce troppo in ritardo nella stagione e gli animali muoiono perché
non c'è abbastanza foraggio. Per la popolazione nomade o semi-nomade, che ha nella pastorizia l'unico mezzo
di sostentamento, il degrado della prateria, con la conseguente diminuzione della superficie utilizzabile
per i pascoli, e l'aumento della desertificazione costituiscono un problema enorme e sono la causa di un
tragico impoverimento. Soltanto nel distretto di Gonghe (Gonghe xian, nella prefettura di Hainan), 2.410.000
mu di pascolo2 si sono trasformati in deserto negli ultimi anni (su un totale di 19.281.500 mu)
e nel distretto di Guinan si sono formate dune di sabbia alte anche un centinaio di metri. Sull'altopiano le
popolazioni tibetane hanno vissuto per secoli in completa armonia con la natura, una natura dura e difficile
per le condizioni climatiche estreme, ma in cui esisteva un buon equilibrio nella gestione delle risorse. Ma
i recenti, profondi stravolgimenti dell'ambiente stanno avendo conseguenze drammatiche per la stentata
economia della regione. Prime vittime sono le fasce più povere della popolazione, ora ridotte a uno stato di
pura sopravvivenza o costrette ad abbandonare i modi di vita tradizionali per migrare nei centri abitati più
grandi.
Purtroppo il fenomeno della desertificazione è estesissimo e tocca molte altre regioni, facendo della Cina
uno dei paesi più colpiti al mondo. Secondo l'ultimo studio riportato dal China National Action Program to
Combat Desertification3 le aree desertiche coprono circa 2.622 milioni di chilometri quadrati,
il 27.3% dell'intero territorio cinese. Di queste solo una parte è deserto naturale, come nel caso del Gobi;
le altre lo sono diventate in conseguenza della desertificazione. Ne sono interessate le regioni del nord,
nord-ovest e nord-est della Cina e in particolare le provincie della Mongolia interna, Ningxia, Gansu,
Shaanxi, Shanxi, Qinghai, Tibet e anche parte dello Hebei a nord di Pechino. Il fenomeno per il momento
sembra inarrestabile: le stime più recenti dicono che attualmente il deserto avanza di 2.460
km2 all'anno, mentre negli anni settanta l'espansione era di 1.560 km2 all'anno, con un
aumento del 58% rispetto al 1950. Sotto la sabbia spariscono pascoli e campi coltivati; in diverse aree a
rischio o confinanti con aree già desertificate, il degrado è in uno stato avanzato e la produttività della
terra è fortemente ridotta. Dal 1949 in poi sono stati inghiottiti dalla sabbia 667.000 ettari di terra
arabile e 2.353 milioni di ettari di prateria, mentre sono in stato di avanzato degrado 105 milioni di ettari
di prateria4. Un'indagine del 1994 ha rivelato che soltanto in 10 anni il degrado del manto erboso
ha toccato 46.7 milioni di ettari di praterie e, senza andare tanto lontano dalla capitale, nell'area di
Bashang, a nord, un'area sabbiosa è aumentata del 89% negli ultimi nove anni5.
Le violente tempeste di sabbia, che in particolare negli ultimi due anni hanno colpito Pechino e altre città
della Cina orientale, sono anch'esse un segnale allarmante della gravità della situazione. I forti venti
che in primavera soffiano da nord, nord-ovest hanno da sempre trasportato terra verso oriente. Le tempeste
di sabbia non sono quindi una novità ma recentemente sono diventate molto più frequenti e devastanti con
danni ingenti all'economia e disagi notevoli per la popolazione. Quella che si è abbattuta nel marzo del
2001 sulla capitale è stata così forte da attraversare l'oceano Pacifico; gli scienziati del laboratorio
del National Oceanic and Atmospheric Administration a Boulder nel Colorado hanno riferito che uno strato
di polvere proveniente dal nord della Cina aveva ricoperto le ampie zone tra il Canada e
l'Arizona6.
Per Lester Brown, direttore dello Earth Policy Institute a Washington, le tempeste di sabbia in Cina, segno
evidente del sempre più rapido processo di desertificazione, stanno addirittura minacciando il futuro
dell'intero paese. "La Cina deve sfamare 1,3 miliardi di persone e non è cosa da poco, se la desertificazione
condiziona la produzione di
cibo"7.
Le conseguenze sulla produzione agricola e sulla pastorizia e più in generale sull'economia del paese sono
molto pesanti. Le stime ufficiali parlano di perdite economiche direttamente collegate alla desertificazione
equivalenti a circa 54 miliardi di renmimbi (6.52 miliardi di dollari Usa)
all'anno8. La vita di 400 milioni di persone è messa in serie difficoltà dal progressivo degrado
della terra; 170 milioni ne risentono in maniera molto grave.
Il fenomeno può presentarsi in maniera diversa a seconda delle regioni colpite ma le conseguenze sono le
stesse: è diminuita e continua a diminuire l'area utilizzabile sia per quanto riguarda l'agricoltura che
per i pascoli; la qualità della terra nelle aree limitrofe è peggiorata diventando meno produttiva. Tutto
l'ecosistema si sta degradando e le infrastrutture, come i bacini di riserva per l'acqua, sono continuamente
minacciate da vento e sabbia e molte di esse sono oramai fuori uso. Migliaia di case hanno dovuto essere
abbandonate negli ultimi trent'anni, 1.300 km di ferrovia e 30.000 km di strade sono a rischio continuo di
essere sommersi dalla sabbia e hanno bisogno di manutenzione costante durante tutto l'anno. Tutto questo si
è ripercosso sull'economia locale: nelle aree più colpite la povertà è cresciuta drammaticamente e la
popolazione che vive nelle province toccate dalla desertificazione è fra la più povera dell'intera nazione.
Come sottolinea Ci Longjun, vice presidente della Chinese Academy of Forestry, "nel 1995 il valore della
produzione agricola pro capite nelle regioni occidentali dove il deserto si sta espandendo era il 34.2% della
media nazionale, pari a un quinto di quello delle regioni
orientali"9. Come ho potuto personalmente constatare in alcune zone rurali nella prefettura
di Tongliao (Tongliao shi) nella Mongolia Interna, la produzione di mais per mu nelle aree in cui il terreno
è più degradato può arrivare perfino a 1/4 in meno rispetto ai terreni più fertili all'interno della stessa
regione, senza contare i casi più gravi dove non c'è stato alcun
raccolto10. Questa situazione ha generato una migrazione interna di una parte della popolazione
che si vede costretta ad abbandonare campi che non producono più o non sufficientemente, per riversarsi
nelle città più sviluppate industrialmente. I costi economici e sociali di queste migrazioni sono enormi.
2. Cause naturali ed errori umani
Ma quali sono le cause principali di questa catastrofica avanzata del deserto? Sicuramente
i fattori naturali hanno una parte di responsabilità, ci sono state delle variazioni di clima a livello
mondiale, e in particolare nelle regioni occidentali e nord-occidentali della Cina si è assistito fin dagli
anni settanta ad un fenomeno di aumento della temperatura e contemporaneamente di diminuzione delle
precipitazioni. Questo ha fatto sì che si deteriorasse la salinizzazione del suolo in seguito
all'accelerazione dell'evaporazione con un conseguente graduale impoverimento del terreno. Inoltre, per la
diminuzione delle piogge da una parte e per lo sfruttamento delle riserve acquifere dall'altra, fiumi e laghi
si stanno
prosciugando11. Nel distretto di Naiman, a Tongliao nella Mongolia Interna, un lago, sulle cui
rive imprenditori intraprendenti ma poco lungimiranti avevano recentemente costruito alcuni alberghi e
strutture turistiche, è da due anni completamente secco e le barche e i pedalò giacciono abbandonati e
coperti di ruggine. I venti sono più intensi e più frequenti causando quell'erosione da vento che colpisce
tutte le regioni del nord. La desertificazione dovuta a erosione causata dall'acqua è invece gravissima
sull'altopiano del Loess; la quantità di sedimenti che scorre nel fiume Giallo continua ad aumentare e il
letto nel basso corso del fiume si alza di 10 cm. all'anno. La posizione geografica delle regioni più
occidentali, così distanti dagli oceani e dalle loro evaporazioni, fa sì che queste siano fra le aree più
secche e aride al mondo.
Ma mentre le cause naturali e geografiche operano lentamente, negli ultimi quarant'anni sono state
soprattutto le attività umane ad accelerare e aggravare il processo di desertificazione. Il rapido aumento
della popolazione è la prima e principale causa perché ha determinato un eccessivo sfruttamento delle
risorse naturali e un irrazionale utilizzo della terra, che non è più in grado di sopportare tale pressione.
In agricoltura ci sono stati lo sfruttamento intensivo dei campi e la coltivazione su terreni non adatti che
hanno contribuito all'erosione del suolo. Il cattivo uso delle risorse idriche, che in certe aree ha
provocato la perdita totale dei sistemi d'irrigazione, si è accompagnato alla deforestazione, alla
distruzione della vegetazione per aumentare la superficie coltivata, all'eccessivo numero di animali da pascolo in certe regioni, e più recentemente allo sviluppo edilizio e al turismo: tutte attività fra di loro collegate e direttamente responsabili, a livelli diversi, del degrado della terra. Politiche sbagliate, la mancanza di una visione d'insieme e l'attenzione agli interessi immediati piuttosto che ai benefici a lungo termine hanno purtroppo contribuito alla situazione attuale.
Negli anni sessanta le politiche del governo centrale indicavano nell'agricoltura intensiva la via da seguire. Intere foreste e molte aree adibite a pascolo sono state trasformate in campi coltivati. Ora studi recenti, come sostiene Ci
Longjiun12, hanno dimostrato che la desertificazione attuale è il risultato dell'uso insensato della terra nel recente passato. Aver destinato all'agricoltura terre per varie ragioni non adatte alla coltivazione si è rivelato un fallimento; ben il 50% di queste terre è stato in seguito abbandonato perché diventato inutilizzabile per mancanza di acqua, povertà del suolo, erosione e così via.
Nella zone che ho visitato e dove ho lavorato - sull'altopiano Qinghai-Tibet, nella prefettura di Hainan- questa situazione è particolarmente visibile e drammatica. L'intervento del governo ha promosso una politica agricola in zone dove la popolazione era da sempre dedita alla pastorizia; questo ha costretto i nomadi a trasformarsi in contadini, stravolgendo abitudini e modi di vita tradizionali. Nei distretti dove l'agricoltura ha sostituito i pascoli, la popolazione è ridotta in uno stato di estrema povertà: non si hanno più animali e i campi non producono abbastanza. Attualmente la maggior parte dei terreni trasformati in campi coltivati si è a poco a poco desertificata non essendoci acqua sufficiente per l'irrigazione e tre anni di siccità hanno aggravato uno stato di degrado già grave; ad esempio nel distretto di Guinan, nei campi coltivati a colza, nei due anni passati non c'è stato alcun raccolto.
A causa del disboscamento selvaggio sulle montagne della regione, iniziato negli anni sessanta, non c'è più oramai alcuna protezione contro le violente tempeste di sabbia provenienti dal deserto del Gobi. Nel distretto di Gonghe, e soprattutto nei distretti di Qieji e Tiegai, la sabbia sta inghiottendo a poco a poco la prateria.
Conscie della gravità della situazione le autorità stanno prendendo nuovi provvedimenti per cercare di ristabilire un equilibrio naturale: ora è vietato coltivare sui pascoli e anzi la parola d'ordine che si sente ripetere ovunque, nello stile tipico della propaganda cinese, è "ricostituire le foreste eliminando le coltivazioni"
(tui gen huan lin) e "ricostituire i pascoli eliminando le coltivazioni"
(tui gen huan cao). Come sempre, direttive più facili da enunciare che da attuare: sicuramente ci vorranno anni prima che si ricostituisca il tessuto erboso, ma almeno c'è una volontà politica che si sta muovendo in questo senso. Le autorità locali di Guinan ci hanno detto che stanno lavorando da due anni in questa direzione e chi si impegna in questi tentativi viene aiutato con un sussidio: 100 kg. di cereali e 20 renminbi per ogni mu su cui viene piantata dell'erba. Il problema infatti non è solo quello di controllare l'avanzata del deserto ma anche quello di riabilitare le aree perdute.
Già da alcuni decenni il governo cinese aveva avviato studi finalizzati a combattere scientificamente la desertificazione; per formare generazioni di esperti e scienziati ha istituito dipartimenti e corsi specifici nelle università e nelle accademie. Particolarmente importante è l'Istituto di ricerca sul deserto dell'Accademia delle Scienze Sociali di Lanzhou dove è attivo anche il Centro Internazionale per la Ricerca e l'Educazione sul Controllo della Desertificazione. Alcune stazioni di monitoraggio e ricerca sono state istituite nelle zone strategiche. Per esempio a Shapotou, nel nord del Ningxia, è stata costruita nel 1956 la Stazione di Shapotou con lo scopo di studiare sistemi di protezione per la ferrovia che passa attraverso il deserto del Tengg'er, continuamente minacciata dal vento che spinge la sabbia sui binari. Dopo vari esperimenti, gli scienziati sono riusciti a trovare una soluzione efficace: delle barriere frangivento fatte di paglia a forma di scacchiera spuntano dalla sabbia per 10/15 centimetri. Questo sistema, visibile lungo l'intero tratto ferroviario tra Baotou e Lanzhou, si è dimostrato a lungo termine il più efficace e quello con costi minori per stabilizzare le dune in quell'area. Qualche successo lo si è quindi ottenuto, ma anche se si è riusciti a controllare la desertificazione in particolari zone, nel complesso, come abbiamo visto, è un processo che si sta espandendo.
Come continuano a ribadire, in questi ultimi anni, numerosi studiosi cinesi13, è molto importante, se non si vogliono ripetere gli errori del passato, che vengano prese misure adatte alle condizioni locali. Per la riforestazione e il ripristino dei pascoli nel piantare nuova erba è essenziale la scelta delle specie di alberi e di erba che meglio si adattino alle condizioni del terreno e alla disponibilità d'acqua nelle aree di intervento. Fin dal 1978, il governo cinese aveva considerato il "piantare
alberi" come l'arma migliore per controllare l'attacco del deserto, lanciando campagne di massa organizzate che mobilitavano ogni anno milioni di persone, anche studenti, impiegati, dirigenti provenienti dalle città. Con questi interventi di riforestazione si sono ottenuti buoni risultati in certe aree (secondo Zhou Shengxian, responsabile dell'Amministrazione Statale delle Foreste, alla fine del 2000 erano stati piantati 27.8 milioni di ettari di
foreste14), ma in altre si sono rivelati un fallimento. Gli alberi hanno bisogno di molta acqua per raggiungere la maturità e molti di quelli piantati nelle zone aride e semi-aride o comunque inadatte non sono sopravvissuti. Più efficace e con minor investimento economico sarebbe stato, in quelle zone, piantare erba e arbusti.
3. Una nuova legge, un primo passo
Inaugurato appunto nel 1978 e lanciato con grande enfasi come il più grande progetto ecologico del
mondo15, la realizzazione di una "grande muraglia verde", una cintura di alberi lunga 4.480 km. nel nord del paese, si pone l'ambizioso obiettivo di portare l'area coperta da foreste dall'attuale 7% al 15% entro il 2050 e entro quella data di avere sotto controllo le aree desertificate. Il compito è arduo e non pochi sono scettici verso l'effettiva efficacia di questo mega-progetto, oltre tutto dai costi molto elevati. Bisognerà poi vedere come lo si concilierà con la povertà delle zone affette dalla desertificazione e con lo sviluppo dell'economia locale: perché se si obbliga la popolazione a piantare alberi e a non coltivare la terra, bisogna sostenerla con dei sussidi, che al momento sembrano non essere sufficienti.
Un altro passo avanti è stata l'emanazione di una nuova legge, entrata in vigore il 1 gennaio 2002, per prevenire, controllare e combattere la
desertificazione16. Alcuni articoli sono particolarmente significativi perché affrontano il problema dell'utilizzo della terra, anche se poco si affronta quello della sovrappopolazione. La nuova legge sancisce che chiunque utilizzi la terra ha il dovere di prevenire la desertificazione e se usa terreni già desertificati ha l'obbligo di intraprendere misure riparatrici. Le autorità forestali e altri organismi dei governi locali dovranno fornire gratuitamente delle direttive tecniche; i governi a livello provinciale dovranno varare politiche preferenziali quali l'esenzione dalle tasse e sussidi vari per compensare tutti coloro che saranno coinvolti in progetti di riabilitazione. Politiche preferenziali sono previste per la conversione delle coltivazioni in alberi e pascoli.
Non saranno permesse nuove coltivazioni ai margini del deserto. Le aree già desertificate e nelle quali non si può intervenire diventeranno aree protette e al loro interno non sarà autorizzato il ritorno degli emigrati; da queste aree i governi locali dovranno spostare contadini e pastori e risistemarli in maniera appropriata. All'interno delle aree protette non potranno passare linee ferroviarie e strade e non potranno sorgere costruzioni.
In accordo con i programmi di prevenzione e riabilitazione, i governi a livello di distretto dovranno destinare una parte del terreno per erigere delle cinture di protezione di alberi, arbusti o erba. In queste cinture il taglio della legna è proibito.
Nelle aree desertificate, i governi potranno concedere l'uso della terra per una durata di 70 anni se coloro che la occupano si impegnano in progetti di recupero. Previsione, questa, particolarmente importante perché se la popolazione si sente più "proprietaria" della terra è anche più incoraggiata a proteggerla.
Diversi organismi, tra i quali il Ministero delle risorse idriche, il Ministero del suolo e delle risorse, il Ministero dell'agricoltura, l'Amministrazione statale della protezione dell'ambiente dovranno collaborare tra loro sotto la direzione dell'Amministrazione statale delle Foreste. La legge prevede infatti che il progetto di prevenzione e riabilitazione sia parte organica del piano nazionale di sviluppo economico e sociale. Viene cosi sancito un approccio di pianificazione e gestione integrate, indispensabile per ottenere buoni risultati.
Ma solo l'effettiva applicazione della legge, con la disponibilità dei fondi a questo scopo necessari, potrà portare al successo la battaglia contro la desertificazione e impedire che la popolazione delle aree colpite diventi ancora più povera.