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Spigolature da Pechino

di Mauro Marescialli

1 - Mondiali e Pubblicità

Lo storico esordio della nazionale di Bora Milutinovic ai mondiali di calcio non è stato tra i più incoraggianti. Nondimeno, mentre milioni di tifosi cinesi erano alle prese con la prima, profonda delusione mondiale della loro storia calcistica, c'è stato qualcuno che, nonostante il peso della sconfitta, ha avuto modo di esultare. 
Trattasi con tutta probabilità del capo contabile della CCTV, la televisione di stato cinese. Infatti, secondo quanto pubblicato dai giornali all'indomani di Cina - Costarica, il canale sportivo che ha trasmesso l'incontro in diretta TV (CCTV 5) ha incassato la modica cifra di 4,5 milioni di dollari dai 720 secondi di 'consigli per gli acquisti' trasmessi durante il match. A conti fatti, si tratta di circa 6000 dollari per secondo di pubblicità.
Per la televisione cinese si tratta di un record assoluto.
Per la Cina si tratta della definitiva consacrazione del calcio quale fenomeno di inaudite potenzialità commerciali. 
Ma oltre a ciò 'l'effetto mondiali' ha stimolato la produzione di una vera e propria ondata di campagne pubblicitarie in tema pedatorio, spesso arricchite dalla presenza di stelle calcistiche locali.
Questa nuova tendenza pubblicitaria, che fa leva sulla smisurata passione cinese per il calcio, si è andata delineando massicciamente all'indomani della qualificazione della Cina ai mondiali di Corea e Giappone. Dozzine tra marchi internazionali e 'made in China' hanno scatenato una vera e propria caccia al testimonial d'eccezione, primo fra tutti 'Milu', l'allenatore della nazionale. Il buon marpione serbo ha pensato bene di sfruttare al meglio la sua immensa popolarità divenendo l'esoso protagonista di campagne pubblicitarie per conto di, rispettivamente, riproduttori DVD, grappe cinesi, condizionatori d'aria e registratori. Sulla scia di Milu tutta una serie di campioni di calcio locali sono stati assoldati per pubblicizzare di tutto, dalla birra alla Coca Cola, dall'abbigliamento sportivo ai climatizzatori.
Agli occhi di un occidentale tale fenomeno può forse apparire del tutto normale. Tuttavia in Cina mai prima d'ora si era evidenziato in maniera così esplicita un simile dispendio di soldi ed energie nel disperato tentativo di affiancare campioni sportivi a generi di consumo. 
"Milu e I calciatori della nazionale hanno fatto benissimo a sfruttare commercialmente la loro popolarità - rivela Zhang Xinghai, giornalista sportivo - Il calcio è senza dubbio lo sport più amato in Cina e questi atleti, assai più di quelli del ping-pong, del badminton o della ginnastica, sono divenuti giocoforza i veicoli preferiti dalle aziende per promuovere le loro serie di prodotti". Considerati i rispettabili ma quanto mai magri risultati conseguiti dalla nazionale cinese all'esordio nella massima competizione calcistica mondiale c'è però chi prevede che al loro ritorno in patria Milu e la sua squadra non saranno più riveriti da sponsor e tifosi come in passato. "Il periodo delle vacche grasse per loro è finito - dice sconsolato Zhou Ren, un giovane tifoso pechinese - Vederli ancora in quegli spot per climatizzatori mi dà proprio sui nervi...".

2 - 'Antiche Rivalità e Sviluppo Incerto'

La prematura eliminazione dalla Coppa del Mondo di calcio ha lasciato un segno in tutti quegli appassionati cinesi che avevano identificato nella squadra di Milutinovic una delle possibili sorprese della competizione. E in Cina non erano pochi.
La netta sconfitta con il Costarica, la squadra che qui era ritenuta alla portata della nazionale cinese, ha spazzato via tutti i sogni di gloria e le illusioni cullate da un'intera nazione lungo i sei mesi di preparazione psicologica all'evento.
Su giornali e televisione si avvicendano quotidianamente servizi, interviste e analisi dettagliatissime delle ragioni alla base di una performance decisamente non all'altezza delle aspettative nazionali. Ma all'amarezza per l'eliminazione si va giorno dopo giorno ad aggiungere un sentimento nuovo e supremamente indigesto per questo paese: la definitiva e ineluttabile dimostrazione che il livello calcistico delle acerrime rivali asiatiche della Cina - Corea e Giappone - sia di molto superiore a quello cinese.
Tale affronto duole agli addetti ai lavori e agli appassionati di calcio cinesi forse in misura maggiore della stessa eliminazione dai mondiali.
Le vittorie di Corea e Giappone contro squadre europee di un certo calibro hanno creato lo scompiglio in terra di Cina. Giornalisti sportivi, opinionisti e i semplici tifosi, pur cercando di mantenere un (precario) equilibrio nei loro giudizi, non riescono proprio a digerire gli exploit mondiali delle loro avversarie tradizionali, soprattutto alla luce dei tutt'altro che brillanti risultati conseguiti da Milu e soci.
Facendo buon viso a cattivo gioco, i rappresentanti della Federazione calcistica cinese si affrettano a rilasciare dichiarazioni che tendono ad individuare nell'esempio delle loro rivali nuovi stimoli e speranze per il calcio locale all'insegna del ragionamento 'se ci sono riuscite loro, fra quattro anni ci riusciremo anche noi'.
Tuttavia, la questione è assai più complicata di quanto potrebbe sembrare. 
Com'è facile immaginare, il problema del calcio cinese non risiede esclusivamente nelle evidenti lacune tecniche di giocatori, preparatori atletici e allenatori. Come spesso evidenziato in modo quanto mai diretto e spietato dai giornali sportivi cinesi, l'intero sistema calcistico nazionale è gestito da un pugno di 'burocrati inetti' (leggi Federazione calcistica) poco inclini ad adeguarsi ai principi organizzativi e manageriali funzionali a uno sviluppo moderno e organico del 'pianeta calcio' cinese.
"Corea e Giappone hanno attuato da parecchi anni un'accorta politica di sviluppo globale del calcio professionale nei rispettivi paesi e i risultati sono sotto gli occhi di tutti" afferma Zhang Feng, responsabile di un'agenzia di marketing sportivo inglese che cura l'immagine della nazionale cinese. "Sotto quest'ottica, in Cina siamo ancora molto indietro. Mancano l'esperienza e la volontà di attuare cambiamenti radicali nelle politiche finora adottate soprattutto nel settore giovanile, praticamente ignorato da tutti".
Visto il risentimento che serpeggia tra tifosi e addetti ai lavori si può quindi prevedere che dopo il ritorno in patria della squadra cinese si assisterà quantomeno a un rimpasto in seno alla Federazione calcistica cinese. "Se ciò sarà sufficiente a risolvere i problemi è difficile a dirsi - dice Zhang Feng - Ma alcune teste dovranno per forza cadere: per una questione di decenza e soprattutto per il futuro del nostro calcio".

 

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