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EDITORIALE

Campionati e anniversari, viaggi e discorsi...

di Alessandra Lavagnino

Nulla sicuramente ricorda il giovane Li Tie, stella nascente della nazionale cinese che, insieme ai coraggiosi e atletici compagni di squadra, lo scorso 4 giugno ha inaugurato lo sfortunato Campionato del mondo di calcio con una netta sconfitta (2 a 0 dal Costarica), di un altro 4 giugno, quello di 13 anni fa. Era il 1989, e proprio quella mattina i carri armati dell'Esercito Popolare di Liberazione facevano irruzione, per la prima volta con le armi spianate, nella Piazza Tian'anmen di Pechino, per disperdere sanguinosamente gli studenti che da più di un mese e mezzo la presidiavano: "sedare la rivolta controrivoluzionaria" rimane sempre la formula ufficiale che le fonti governative adottano per trattare di quello che ancora oggi resta come uno dei momenti più bui della storia della RPC, uno dei nodi cruciali che, probabilmente, solo i prossimi mesi vedranno sciogliersi con il pensionamento di Li Peng, allora Primo Ministro e oggi Presidente dell'Assemblea nazionale del popolo, presto dimissionario per raggiunti limiti d'età, nella primavera del 2003. Il giovane Li Tie, e suoi compagni di squadra, dovevano avere circa una decina d'anni allora...
E sembrano ormai rimasti in pochi, tra le centinaia di milioni di cinesi che questo 4 giugno si accalcavano ai televisori di case, strade, piazze e quartieri gridando "jiayou" alla loro squadra che per la prima volta velocemente attraversava il Campionato senza purtroppo riuscire a insaccare neppure un pallone nelle reti degli avversari1, a voler riaprire ancora una volta quella ferita dolorosa: ricordare il malaugurato liu si ( "6.4", ovvero "quattro giugno"), una data che comunque sa di morte (si "quattro", omofono di si "morte"). Mentre poliziotti sempre più distratti continuavano, come ogni anno, a presidiare la piazza2, gruppi sempre più sparuti di dissidenti venivano arrestati3, e ancora una volta si incrudeliva la ricerca dei trafugatori di quei controversi documenti la cui pubblicazione in occidente col nome di Tian'anmen papers ha di recente riaperto il dibattito sul quel lontano "liu si"4. Peggiore data il sorteggio del Campionato non poteva pescare per l'esordio cinese nell'arena mediatica mondiale, anche se la partecipazione, pur breve e sfortunata della squadra cinese al glorioso Campionato contribuisce molto più della chiusura di prestigiosi contratti internazionali a inserire la Cina nel colossale affare plurimiliardario di sponsorizzazioni e pubblicità planetarie, in una vera autentica globalizzazione dei consumi, e delle aspettative: qiumi (tifosi) di tutto il mondo unitevi!5 
E questo Campionato ha davvero costituito la prova più evidente di quanto la Cina di oggi sia determinata a bruciare le tappe6 per entrare a pieno titolo anche se - per questa volta - sconfitta nelle partite di calcio tra i paesi che contano nella comunità internazionale. Ma soffermiamoci, almeno brevemente, sui principali avvenimenti che hanno scandito questi ultimi mesi, mesi nei quali, peraltro, la Cina continua a essere la grande assente dalla pagine della stampa internazionale (quella italiana, in particolare, sembra quasi averne cancellato anche il nome, a parte rari "pezzi" di colore). L'intensa attività di politica internazionale che la diplomazia cinese sta in questi mesi compiendo, infatti, entra solo di sfuggita nelle pagine dei quotidiani, nonostante l'intenso calendario di viaggi all'estero e visite ufficiali che i leader del paese e del partito intraprendono con un preciso scadenzario, ritmato da ormai noti equilibri di rango e di precedenze7. Mentre Jiang Zemin ad aprile si recava in Germania, Libia, Nigeria, Tunisia, Iran8, il Premier Zhu Rongji viaggiava in Turchia, Egitto e Kenia9. Nello stesso periodo Hu Jintao, Vicepresidente della RPC e indicato dagli osservatori come "erede designato" alla successione di Jiang alle più alte cariche, arrivava finalmente dopo una sosta in Malaysia e a Singapore, in terra americana per la sua prima visita ufficiale negli Stati Uniti. Qui, al di là di tutti gli adempimenti di rito, tra colloqui ufficiali ai massimi livelli, conferenze stampa previste e prevedibili, visite canoniche e banchetti sterminati, l'impomatato e imperscrutabile "delfino" dell'aristocrazia post-comunista aveva finalmente modo di mostrarsi direttamente anche alla potente lobby dei cinesi d'America, pegno e garanzia vivente per un indolore futuro passaggio di consegne ai vertici del potere10
Gioverà allora ricordare brevemente i tratti salienti della biografia di quello che, probabilmente, nel prossimo autunno verrà eletto dal XVI Congresso del PCC come nuovo Segretario generale, se ancora una volta avranno ragione i pronostici dei pochi China watchers ormai rimasti nella Hongkong post-coloniale11
Hu Jintao, nominato nel marzo del '98 Vice presidente della RPC, membro dell' Ufficio di Segreteria e del Comitato permanente del Politburo del PCC, nasce nella provincia dell'Anhui nel 1942, da una famiglia di piccoli commercianti. Dal 1965 membro del PCC, inizia la sua carriera politica presso la prestigiosa Qinghua Daxue, dove si laurea in ingegneria idraulica ("the golden boy of Qinghua network" viene definito dai biografi), ma viene presto inviato fuori sede, durante gli anni della rivoluzione culturale, che trascorre nella provincia del Gansu. E' negli anni '80 che la sua carriera prende vigore, grazie al patrocinio di uno dei "grandi vecchi" della aristocrazia maoista, il "conservatore" Song Ping, che lo appoggerà fino a che Hu ne prenderà il posto nel Politburo, (1992), come coronamento di un percorso che lo aveva visto crescere politicamente nei ranghi della Lega delle Gioventù comunista (ne sarà Segretario nei primi anni '80) e poi maturare come Segretario nel Guizhou, allora una delle province più povere del paese, e poi dall'88 al 92 in Tibet, notoriamente difficile da governare, come segretario del PCC. La sua formidabile ascesa al XIV Congresso del PCC desta la curiosità degli osservatori, che per la prima volta ne apprezzano la sicurezza, la tranquillità e soprattutto la capacità di mantenere un basso profilo nei momenti cruciali. Dal '93 è anche Presidente della Scuola quadri del Comitato Centrale, incarico che ne suggella la continuità ideologica con l'ortodossia comunista. Sposato con una compagna di università, Liu Yongqing, che ormai, da protocollo, lo accompagna nei viaggi internazionali, ha un figlio e una figlia, completamente al di fuori, per ora, dalle cronache12. Il recente viaggio negli USA è stato quindi la prima grande occasione per farsi conoscere senza la mediazione della potente propaganda ufficiale cinese, che mantenendone sempre riservata la figura e il profilo, ha anche lasciato molto all'immaginazione. Ricordato come sostenitore del nazionalismo e del patriottismo, suo è il discorso ufficiale agli studenti dopo le dimostrazioni davanti all'Ambasciata americana di Pechino nel maggio del 199913, la sua formazione politica nei ranghi della élite del partito ne ha affinato le capacità di sviluppare una forte retorica nazionalistica, che potrebbe costituire uno dei temi cruciali su cui impostare la sua possibile dirigenza futura. 
Una diplomazia a tutto campo, che si muove su più tavoli, ma soprattutto, attualmente, sul fronte asiatico, dove la minaccia del separatismo con contatti terroristici nel Xinjiang fa rafforzare ulteriormente i legami con la Russia di Putin e con le repubbliche centroasiatiche: Jiang Zemin, nei primi giorni di giugno, vola prima ad Alma-ata per la prima Conferenza dei capi di16 paesi asiatici sulle misure per la sicurezza nella zona14 (proprio per mostrare chiaramente quanto importante debba essere il ruolo della Cina come elemento di stabilità nell'intricato groviglio di alleanze trasversali che si articolano nell'attuale scenario centroasiatico15) e poi a San Pietroburgo dove firma un importante accordo "contro il terrorismo, il separatismo, l'estremismo16" con i paesi dell'Asia ex sovietica che aderiscono alla Shanghai Cooperation Organization (SCO). Qualche giorno prima il Quotidiano del popolo recava in prima pagina una intervista esclusiva a Putin il quale, reduce dal vertice Nato di Roma, teneva a riaffermare a chiare lettere il rapporto assolutamente privilegiato tra la Russia e la Cina17, un evidente riposizionamento della Russia nello scacchiere asiatico, con lo scopo evidente di non perdere il filo diretto tra le due grandi potenze, che non deve essere mediato da terzi.
Sempre ai primi di giugno, il ministro degli esteri Tang Jiaxuan si recava in Spagna per una importante riunione dell'ASEM (Asia Europe Meeting) con lo scopo di adottare progetti di collaborazione multilaterale in vari settori, dalla lotta comune al terrorismo, all'immigrazione clandestina, alla droga e alla criminalità, fino alla protezione dell'ambiente, alle comuni politiche culturali, ai problemi del lavoro e del welfare18
Incresciosamente imbarazzanti sono invece diventati i rapporti più recenti con altri paesi vicini, quali il Giappone e soprattutto la Corea del sud, a causa degli incidenti di fronte ad alcune rappresentanze diplomatiche (Consolato giapponese a Shenyang nel maggio, e sud-coreano a Pechino a giugno) che hanno visto coinvolte forze di sicurezza cinesi e personale diplomatico straniero in veri e propri scontri: il contenzioso nasce da una annosa, tragica triangolazione della povertà che vede un numero sempre crescente di esuli nordcoreani che, fuggiti in Cina dalla fame e dalla carestia ormai endemica della Corea del Nord arrivano di nascosto a Pechino, e si rifugiano nelle sedi diplomatiche straniere chiedendo asilo politico, per andare poi nella Corea del Sud. Le autorità cinesi che fino a qualche tempo fa avevano adottato la pragmatica politica di ignorare ufficialmente il problema (38 nord-coreani hanno lasciato Pechino per la Corea del Sud attraverso un paese terzo), si sono trovate ora a dover fronteggiare episodi ormai sempre meno isolati che potrebbero mettere in crisi la tradizionale alleanza con la Corea del Nord: si calcola che attualmente siano rifugiati nelle Ambasciate straniere (Giappone, Spagna, Canada, oltre che Corea del Sud) non meno di 45 esuli nord coreani19, e la diplomazia cinese sta in questi giorni lavorando per non mettere in pericolo le vantaggiose relazioni con i propri vicini, pur mantenendo salvi i propri principi.
Sul fronte interno, il partito celebra a maggio un anniversario senza dubbio meno rischioso di altri, i sessant'anni dei "Discorsi a Yan'an sull'arte e la letteratura" di Mao Zedong, con una serie di iniziative, mostre, convegni e interventi20, che appaiono persino sulla stampa ufficiale velati di un surreale anacronismo, affiancati, per evidenti ragioni di "mercato", ai "discorsi di Milu" (Milu shuohua), una rubrica sul calcio tenuta da Bora Milutinovic, allenatore-mito della nazionale cinese, non ancora sconfitto!
Fervono intanto i lavori preparatori per il Congresso del prossimo autunno che, come si diceva, dovrà sancire il cambiamento ai vertici della dirigenza. Ecco allora che mentre Hongkong rivela dissapori tra Zeng Qinghong (il potente responsabile del Dipartimento organizzazione del Comitato centrale e notoriamente "pupillo" di Jiang Zemin) e il "delfino" designato, Hu Jintao21, si fanno ormai sempre più ardite le speculazioni sul prossimo futuro: dell'attuale Comitato Permanente del Politburo infatti rimarrebbe, oltre a Hu Jintao, solo Li Ruihuan, nato nel '34, poiché gli altri - Jiang Zemin, Li Peng, Zhu Rongji, Li Lanqing e Wei Jianxing - dovrebbero tutti andare in pensione. La stampa ufficiale continua a pubblicare "importanti discorsi teorici" del Presidente, per consolidare le "tre rappresentatività" (sange daibiao) come strumento fondamentale e guida politica di tutto il partito22 anche, e soprattutto, nella delicata fase precongressuale. 
Vale la pena allora esaminare brevemente l'ultimo di questi interventi di Jiang Zemin23, da cui ci sembra emergano alcuni aspetti interessanti, pur nella consueta iterazione di temi e formule: innanzitutto per costruire in tutto il paese un diffuso benessere (xiaokang shehui "società benestante") bisogna entrare in una "nuova fase della modernizzazione socialista". E soprattutto bisogna rendersi conto che "le tendenze al multipolarismo e alla globalizzazione economica," le nuove tecnologie, la competizione internazionale non lasciano alternative: "noi dobbiamo con decisione stare ben saldi in capo alla corrente dei tempi". La Cina quindi rivendica un posto in prima fila nella competizione mondiale, accettandone in pieno le regole e le sfide, e modificando anche in maniera fondamentale l'impianto teorico che fino ad oggi ne ha costituito le basi. Ecco quindi che nella nuova fase del "socialismo alla cinese" all'economia di piano sempre più si sostituirà l'economia di mercato, che alla proprietà pubblica sempre più si affiancheranno altre forme di proprietà alle quali verrà garantito pieno sviluppo, continuando a "approfondire il processo delle riforme, ampliare le aperture, promuovere lo sviluppo, mantenere la stabilità" (importante l'ordine di precedenza con cui vengono scandite le formule di rito). Tutto ciò va comunque ricondotto alla guida politica del partito comunista che ancora una volta viene riconfermato come unico organismo garante della gestione della vita politica del paese e avanguardia teorica e pratica in un progetto di riforma politica che "mette insieme la guida del partito, il popolo padrone, lo stato di diritto"24. Il tutto, però, va realizzato senza alcun cedimento verso modelli occidentali: "il governo democratico" alla cinese passa solo ed esclusivamente attraverso la guida del partito comunista, un partito che comprende tra i suoi ranghi elementi "avanzati" di ogni ceto e professione e che, quindi, è pienamente in grado di rispondere a tutte (o quasi) le sfide che i tempi impongono: tuttavia, la cocente eliminazione della nazionale cinese da questo Campionato mondiale di calcio dimostra che forse qualcosa dall'occidente la Cina può e deve ancora apprendere!

Note

1Si veda più oltre il contributo di Mauro Marescialli da Pechino.
2Cfr. Barbara Alighiero, "Tian'anmen, Mondiali anche per agenti sulla Piazza", Ansa , 4 giugno 2002.
3Cfr. " Tiananmen and the World Cup a headache for China", Taipei Times, 4 giugno 2002.
4Cfr.Zhang Liang, Perry Link e Andrew Nathan, Tienanmen, Pechino 1989, Rizzoli, Milano 2001. Cfr. Marina Miranda, "I 'documenti di Tian'anmen' e la successione a Jiang Zemin", Mondo Cinese 106, pp. 19-28. Si annuncia (vedi "L'intrigo di Tiananmen" di Marco Lupis, La repubblica, 30 maggio 2002) una versione inglese della lista dei martiri di Tian'anmen che Ding Zilin, madre di uno di essi, e professoressa universitaria a Pechino, con il marito Jiang Peishen, ha compilato da anni, e continua ad aggiornare. Una versione in cinese, con un elenco di 96 morti e 49 feriti, è stata pubblicata col titolo Liusi shounanzhe ming ce, Jiushiniandai chubanshe, Hongkong 1994. Cfr. anche "Book on Tiananmen prompts China crackdown", The Washington Post, 5 giugno 2002.
5L'esclusiva per la trasmissione delle partite è in mano alla CCTV China Central Television, la rete televisiva nazionale governativa, che ne gestisce anche, attraverso una propria Agenzia, gli spazi pubblicitari. Cfr. "With China in World Cup, eyes of advertisers grow huge", Reuters, 7 giugno 2002.
6Impressionanti sono apparsi agli esperti i progressi che la compagine cinese è riuscita a compiere in brevissimo tempo, e ancora più impressionante e rapida è l'aggregazione e la tenacia della tifoseria cinese, in un paese dove fino a pochi anni or sono le partite di calcio, come ogni competizione, venivano precedute dallo slogan maoista scandito a più riprese dagli altoparlanti "Prima l'amicizia, poi la competizione!" (Youyi diyi, bisai dier!).
7Solo di sfuggita l'Italia è stata toccata da questa intensa attività: il viaggio del Vice Premier Li Lanqing alla fine di maggio, e ai primi di giugno quello del Vice Premier Wen Jiabao per partecipare a Roma al vertice FAO sull'alimentazione.
8Cfr. "President Jiang Five-Nation Tour successfull", Xinhua ,23 aprile 2002.
9Cfr. "Premier Zhu travels to Asia and Africa", ivi, 26 aprile 2002.
10Cfr. Elizaberh Economy, "Take a new look at a changing China", International Herald Tribune, 30 aprile 2002, "Listening to Hu", ivi, 6 maggio 2002.
11Sono effettivamente sempre meno gli osservatori di cose cinesi che nella ex-colonia, "tornata alla madrepatria"nel 1997, propongono anticipazioni ed elaborano analisi che vadano più in là del banale gossip. Dopo il licenziamento di navigati commentatori del peso di Willy Wo-lap-lam e di inviati come Jasper Becker, anche il South China Morning Post appare infatti sempre più grigiamente "normalizzato" alle striscianti direttive della propaganda "continentale". Cfr. David Lague, "Soft on China", Far Eastern Economic Review, 23 maggio 2002, pp.43-46.
12Cfr. Hua Ming, Kua shiji Zhongguo lingdaoren shouce, (Manuale dei dirigenti cinesi del nuovo secolo), Hongkong 1998, pp. 11-13. Cfr. anche Cheng Li, China's Leaders, The new generation, Boston, 2001, pp.116-119.
13E' l'ultimo dei quattro discorsi dei primi mesi del '99 di cui il Quotidiano del popolo riproduce i testi, in cui Hu esprime un forte sentimento nazionalista. Cfr il cit. China's Leaders, The new generation, p.119.
14Cfr. " World Leaders gather at CICA summit", International Herald Tribune, 15-16 giugno 2002, "Chinese FM Spokesman speaks highly of CICA Summit", Xinhua, 7, giugno 2002.
15Cfr. Times of Central Asia, 7 giugno 2002
16Cfr. "FM Spokesman: SCO Summit is crowned by success", Xinhua, 11 giugno 2002. 
17Cfr Renmin ribao, 31 maggio 2002.
18"Asia and Europe to agree new cooperation efforts", DPA, 7 giugno 2002.
19Cfr. John Pomfret "Police battlediplomats in Bejing over asylum bids", International Herald Tribune, 14 giugno 2002.
20Esemplare il resoconto del discorso di Ding Guangen, capo della propaganda del PCC, perfetto "centone" della retorica di partito, significativamente intitolato "Sosteniamo la cultura avanzata, gli orientamenti avanzati, la rigogliosa causa dell'arte e della letteratura socialista"(Jianchi xianjin wenhua qianjin fangxiang fangrong shehuizhuyi wenyi shiye), Renmin ribao, 23 maggio 2002.
21Luo Bing, " Zeng Qinghong sferra il primo colpo per rovesciare Hu Jintao" (Zeng Qinghong daxiangdao Hu diyi qiang), Zheng ming, n. 295, maggio 2002, pp.11-13.
22Cfr. Marina Miranda, "Le nuove prospettive di sviluppo del settore privato nella RPC. La politica del partito", Mondo cinese, 108, settembre 2001, pp 18 e sgg. Nell'agosto del 2001 il Comitato centrale ha pubblicato un volume che raccoglie tutti i contributi di Jiang Zemin sul tema. Cfr. Jiang Zemin, Sulle 'Tre rappresentatività' (Lun 'sange daibiao'), Zhonyang wenxian chubanshe, Pechino, 2001.
23Si tratta del discorso pronunciato alla cerimonia di laurea del corso speciale della Scuola quadri del Comitato centrale, il 31 maggio scorso . Il testo completo non è ancora pubblicato integralmente, ma il Quotidiano del popolo del 1 giugno scorso dedica un resoconto con ampi stralci. Cfr. " Teniamo alta la grande bandiera della teoria di Deng Xiaoping, mettiamo completamente in atto le richieste delle 'tre rappresentatività'" (Gaoju Deng Xiaoping lilun weida qizhi quanmian guanche sange daibiao yaoqiu), 1 giugno 2002.
24Ivi

 

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