Dieci lezioni, tenute da specialisti italiani e stranieri, ed una tavola rotonda conclusiva per analizzare diversi aspetti della Cina contemporanea e tentare di metterne a fuoco la rapida evoluzione, le potenzialità e le contraddizioni: in questo modo si è articolato il corso "The Chinese Challenge in the 21st Century", organizzato presso l'ISPI di Milano, nell'ambito del programma Winter School, che si è svolto, con cadenza settimanale, tra i mesi di ottobre e dicembre del 2000. L'iniziativa, ora alla seconda edizione, è coordinata da Maria Weber, e nasce dalla collaborazione tra l'ISPI, l'Università Bocconi, la Stockholm School of Economics e la University of St.Gallen.
Il prossimo ingresso nel WTO rappresenta una tappa decisiva nella prospettiva di un pieno coinvolgimento della Cina nel sistema globale: l'evento, tanto atteso quanto temuto sia dalla Cina stessa che dai suoi partner commerciali, pone il gigante asiatico di fronte a grandi sfide, costringendolo a sciogliere i numerosi nodi irrisolti nel suo sistema economico, politico e sociale. Ne ha parlato Chung Lee della University of Hawaii, sottolineando le opportunità che la Cina offre al mondo, ma anche i rischi connessi all'emergere di una nuova, grande potenza economica. Da un lato, infatti, la maggior facilità di accesso al mercato cinese dovrebbe apportare grandi benefici ai partner commerciali della Cina e al sistema commerciale multilaterale nel suo complesso; dall'altro, aumenteranno le pressioni competitive, soprattutto per i paesi dell'Asia orientale, e i benefici per il resto del mondo potrebbero essere più che compensati dalla crescente competitività delle aziende cinesi. Quel che è certo, le negoziazioni per l'ingresso della Cina nel WTO hanno una portata più ampia rispetto al contesto economico-commerciale, mostrando risvolti di importanza fondamentale anche nel campo della sicurezza.
Tra le principali sfide che la Cina dovrà affrontare nei prossimi anni vi sono la riforma delle imprese statali e del sistema bancario. Come ha illustrato Maria Weber, la determinazione del premier Zhu Rongji nel portare avanti le riforme strutturali si sta scontrando con forti opposizioni e oggettive difficoltà. La riforma delle imprese statali, delineata già nel 1995, non è ancora stata realizzata pienamente per timore degli effetti devastanti sull'occupazione. Il governo cinese intende ora completare la trasformazione delle imprese statali in società per azioni, quotando sul libero mercato le aziende migliori e dichiarando definitivamente in bancarotta quelle insolventi. Nel medio termine, la riforma delle imprese statali rende necessaria la creazione di un sistema di sicurezza sociale, in alternativa all'assistenza "dalla culla alla tomba" fino ad ora fornita dalle imprese statali ai loro dipendenti. La Cina dovrà poi affrontare la ristrutturazione del proprio sistema bancario e finanziario, riducendo l'interferenza politica e aumentando l'autonomia decisionale della Banca Centrale.
Nemmeno l'apparato amministrativo potrà sottrarsi al cambiamento. Alessandra Lavagnino ha illustrato il progetto di riforma, approvato nel 1998 dall'Assemblea Nazionale del Popolo, ed attualmente in corso di realizzazione, che costituisce la ristrutturazione più rivoluzionaria mai tentata dalla Cina negli ultimi vent'anni. Il numero di ministeri e commissioni è stato ridotto da 40 a 29 e le strutture esistenti sono state riorganizzate sulla base di criteri di efficienza, competenza professionale e funzionalità. La riforma ha portato, inoltre, alla creazione di "superministeri" e "supercommissioni" in cui far confluire i compiti di numerose strutture ormai obsolete. Entro il 2001, il personale dell'amministrazione centrale e locale dovrà rispettare il tetto massimo di cinque milioni di dipendenti. Nonostante tutto questo, l'idea di una neutra "burocrazia efficiente" rimane tuttora irrealizzata, a causa della forte influenza del Partito Comunista Cinese. Quanto il partito sia disposto, nel prossimo futuro e soprattutto in vista dell'ingresso nel WTO, a cedere parte del proprio controllo per aumentare l'efficienza dell'apparato amministrativo, rimane questione aperta.
Il pieno coinvolgimento della Cina nell'economia globale implica anche un'evoluzione nella sfera del diritto. Secondo Renzo Cavalieri, la strada da percorrere è lunga: l'istituzione di un sistema competitivo ed aperto richiede l'adozione di strumenti giuridici simili a quelli della tradizione occidentale, affinché sia garantito un minimo grado di certezza, prevedibilità ed uniformità delle regole. Allo stato attuale, il sistema giuridico cinese non sembra in grado di fornire una risposta adeguata alla domanda di certezza delle regole, necessaria per affrontare la sfida dell'integrazione nel sistema globale. Di conseguenza, la dirigenza della Cina di domani dovrà rinunciare, almeno in parte, alla discrezionalità, e porre le basi di una nuova legalità stabile ed efficiente.
L'intervento di Guido Samarani ha messo in luce, della Cina contemporanea, il grande dinamismo dal punto di vista economico-sociale e dei costumi, nei confronti della parziale e lenta trasformazione di un quadro politico, in cui autoritarismo e democrazia continuano a convivere. Occorre, quindi, accettare che i processi di cambiamento procedano a ritmi lenti e graduali. Rimane questione aperta se e in che misura la Cina riuscirà a coniugare l'ormai avviato processo di liberalizzazione dell'economia con una altrettanto significativa apertura in senso politico.
Una parte del corso è stata dedicata alle testimonianze di coloro che operano direttamente sul mercato cinese. Fabrizio Soda, che ha lavorato alcuni anni in Cina, ha illustrato le tecniche negoziali dei cinesi e fornito suggerimenti e consigli per concludere una negoziazione di successo in Cina: prima fra tutti, la necessità di conoscere la storia e la cultura del paese, che ancora influenzano profondamente i comportamenti, anche in ambito economico. Miin Wu della Macronix International di Taiwan, ha raccontato la sua esperienza di imprenditore taiwanese "formato" nella Silicon Valley californiana, in grado di cogliere le sfide dell'integrazione globale e di far acquisire visibilità internazionale alla propria azienda. Paul Hsu, partner di un importante studio legale taiwanese, ha sottolineato l'importanza di incentivare il settore privato e riconoscere il ruolo della proprietà privata per sostenere lo sviluppo economico della Cina. Infine, Giancarlo Grech, Vice Presidente della Camera di commercio Italiana in Cina e rappresentante Montedison a Pechino, ha dedicato il suo intervento ad analizzare nuovi vincoli ed opportunità per le aziende italiane in Cina, sottolineando come le difficoltà operative incontrate dagli imprenditori italiani siano legate prevalentemente a discontinuità di presenza e sottovalutazione della differenza culturale che tuttora esiste tra la Cina e il resto del mondo. In vista dei maggiori benefici che potranno derivare dall'ingresso della Cina nel WTO, le imprese italiane devono dedicare maggiore attenzione alle strategie di delocalizzazione produttiva, di presenza consorziata ed offerta strutturata di prodotti e servizi.
La tavola rotonda che si è tenuta alla fine del corso ha raccolto testimonianze ed opinioni profondamente diverse: Maria Weber, Enrica Collotti Pischel, Corrado Molteni e due imprenditori che operano in Cina. Dal vivace dibattito sono emersi i grandi interrogativi sul futuro della Cina e i più probabili scenari di evoluzione.
Tra i numerosi i iscritti al corso figuravano studenti universitari, giovani professionisti e imprenditori, che hanno partecipato attivamente alle discussioni e agli incontri. "Chinese Challenge" verrà ripetuto nell'autunno 2001.
MONDO CINESE N. 106, GENNAIO 2001