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INDICE>MONDO CINESE>I "DOCUMENTI DI TIAN'ANMEN" E LA SUCCESSIONE A JIANG ZEMIN

POLITICA INTERNA

I "documenti di Tian'anmen" e la successione a Jiang Zemin

di Marina Miranda

1 - Il misterioso Zhang Liang

La pubblicazione dei Tiananmen Papers1, una raccolta di documenti neibu, cioè altamente riservati e a circolazione limitata all'interno del Partito Comunista Cinese, riguardanti gli avvenimenti che portarono alla sanguinosa repressione del 4 giugno 1989 in piazza Tian'anmen, costituisce senza dubbio il caso editoriale dell'anno, che sta sollevando numerose polemiche in Asia e negli Stati Uniti. La versione in lingua inglese, divenuta subito un best-seller, è stata prontamente tradotta in otto lingue, tra cui la nostra. Accade, purtroppo, assai di rado che un'opera riguardante la Cina contemporanea appaia in italiano quasi in contemporanea con l'edizione originale: sebbene poco accurata in molti punti e non sempre di piacevole lettura, la traduzione italiana2 rappresenta, quindi, una scelta editoriale significativa, che si rivolge al grande pubblico e non solo a quello specialistico. 
A raccogliere i documenti è stato colui che si nasconde sotto lo pseudonimo di Zhang Liang, presumibilmente un alto funzionario del partito; la scelta di tale nome ha un chiaro significato politico: è quello di uno stratega scomparso nel 187 a.C.3, noto per il suo odio contro l'esecrata dinastia Qin (221-207 a.C.), al cui governo tirannico viene paragonato il regime del Partito Comunista. Dato che sulla vera identità del compilatore sussiste il più stretto riserbo, sorprende molto la facilità con cui un giornalista italiano abbia potuto pubblicare, invece, una presunta intervista al signor Zhang Liang4, un'esclusiva che neppure l'aggiornatissima stampa di Hong Kong, che peraltro ha dato grande risalto all'evento5, è stata in grado di assicurarsi. Forse è possibile che dietro questo misterioso pseudonimo non si celi una sola persona, ma più persone: data la varietà dei materiali di provenienza diversa è improbabile che un singolo individuo abbia potuto avere accesso nello stesso tempo a più archivi riservati, quali quelli di uffici subordinati al Comitato Centrale del partito e al Consiglio degli Affari di Stato, di ministeri e commissioni governative. 

2 - La presunta autenticità dei documenti

Dal momento che non possono essere rivelate informazioni sull'identità di colui o coloro che hanno raccolto i materiali, né sulle modalità o i canali attraverso cui i documenti sono arrivati negli Stati Uniti, informazioni che, se divulgate, metterebbero in serio pericolo la vita e l'incolumità di moltissime persone, sono state sollevate non poche perplessità riguardo l'autenticità dei documenti. Inoltre, tali polemiche sono alimentate proprio dalla veste editoriale dei documenti stessi: bisogna sottolineare, infatti, che quelli pubblicati in realtà non sono i documenti originali, ma una ricostruzione degli stessi, effettuata in versione informatica attraverso trascrizioni integrali o parziali degli originali, che ne riportano solo il contenuto, non rispettandone né la struttura né il linguaggio. Il materiale più interessante, ma più controverso, è costituito dai verbali di importanti riunioni del Comitato Centrale, che contengono dichiarazioni dirette degli alti dirigenti del partito; essi sono i più esposti allo scetticismo, sebbene sia noto che quella di stilare verbali (jilu) e sunti (jiyao) delle riunioni svoltesi sia una procedura molto diffusa nei diversi organismi ai vari livelli. Gli altri tipi di documenti comprendono, inoltre, estratti da rapporti dei comitati provinciali del partito, degli uffici governativi locali e dei distretti militari, particolarmente interessanti perché forniscono molte informazioni sul movimento democratico nelle province e contribuiscono a delineare un quadro completo delle reali dimensioni della protesta studentesca sull'intero territorio nazionale.
Come garanzia dell'autenticità del materiale può, tuttavia, essere considerata la fama di serietà accademica di cui godono i curatori del volume, Perry Link, docente di Lingua e Letteratura Cinese all'Università di Princeton e Andrew J. Nathan, docente di Scienza Politica alla Columbia University. Quest'ultimo, che si è assunto la responsabilità di accertare l'autenticità dei documenti, lavorando sui testi e verificando tutti i particolari probabilmente frutto di possibili falsificazioni, nell'introduzione al volume dichiara che il collaborare e l'interagire con Zhang Liang, sul quale erano state inizialmente sollevate non poche perplessità da parte degli stessi curatori, ne ha confermato l'affidabilità durante le varie fasi del processo di pubblicazione; inoltre, come prova deterrente non dovrebbero essere considerati gli errori riscontrati nelle trascrizioni delle conversazioni avvenute tra gli alti dirigenti del partito, errori che potrebbero essere attribuiti a informazioni errate fornite ai personaggi in questione. Ad eliminare le perplessità non contribuiscono, però, affatto le argomentazioni dell'interessante post-fazione di Orville Schell, preside della Facoltà di Giornalismo a Berkeley, che ci fornisce una ben documentata e argomentata ricostruzione storica di altri presunti e clamorosi "falsi": dal diario del mancese Jing Shan6, ai documenti relativi alla morte di Lin Biao7.
L'edizione inglese in realtà contiene solo un terzo dell'intero materiale disponibile8, che confluirà invece integralmente in una versione in cinese, a cura della Mirror Books, casa editrice fondata dall'ex-giornalista He Bin, rifugiatosi prima in Canada e poi negli Stati Uniti dopo il 1989; tale pubblicazione, che sarà disponibile in Nord-America, Europa, Hong Kong e Taiwan, è prevista per il 15 aprile, data significativa per il movimento dell''89, anniversario della morte del deposto segretario Hu Yaobang, le cui commemorazioni diedero il via alle prime manifestazioni studentesche. Paradossalmente la versione cinese, che dovrebbe avvalorare la tesi dell'autenticità del materiale, potrebbe, invece, screditarla, poiché anche in questo caso la veste editoriale non sarà quella dei documenti originali; per di più in essa mancherà la cura redazionale che ha caratterizzato la versione inglese, con l'assenza di note esplicative e bibliografiche, nonché delle numerose aggiunte editoriali iniziali e finali per risolvere i numerosi problemi riscontrati nel testo. Inoltre c'è da chiedersi come mai non sia stato deciso di pubblicare i materiali direttamente in cinese o di riversarli su internet, piuttosto che prepararne prima un'elaborata edizione in una lingua straniera.
La pubblicazione negli Stati Uniti di questo materiale potrebbe rischiare di rendere ancora più tese le già difficili relazioni tra Washington e Pechino. In realtà nel corso di alcune interviste ai curatori del volume sono stati avanzati i sospetti di una possibile ingerenza del governo americano nella pubblicazione dei documenti, sospetti che Nathan e Link hanno decisamente smentito9

3 - Le interpretazioni storiche

Pur accantonando l'ipotesi di un poco probabile complotto internazionale, bisogna cercare, però, di far luce sulle finalità politiche dei Tiananmen Papers. Nella prefazione al volume, Zhang Liang nell'enunciare le cosiddette "quattro lezioni" che dovrebbero essere tratte dai fatti di Tian'anmen10, rende noto in maniera esplicita come la pubblicazione di questi documenti sia stata progettata da personaggi legati a una corrente del partito che si definisce liberale e riformista, sostenendo come il partito stesso non possa essere rovesciato da una forza esterna, ma solo da una al suo interno. Quest'analisi politica trova diretta conferma nella storia recente della Repubblica Popolare: qualsiasi forma di dissenso o di opposizione al sistema, compreso il movimento studentesco dell'89, ha ottenuto, almeno inizialmente, l'appoggio e l'avallo di personaggi o correnti all'interno del partito. 
Anche se il fine più immediato di questa pubblicazione potrebbe essere proprio quello di chiedere la riabilitazione a livello ufficiale del movimento del 198911, sicuramente questo volume non sarà di immediato aiuto a una presunta corrente riformista: la reazione della leadership, infatti, è già stata quella di riconfermare le comuni posizioni sul verdetto ufficiale su Tian'anmen. Basti pensare che lo stesso Jiang Zemin, il quale aveva espresso per la prima volta, nel settembre dello scorso anno, parole di simpatia nei confronti dei dimostranti dell'89, secondo quanto riportato dall'agenzia Xinhua12, ha invece recentemente criticato aspramente la pubblicazione del volume13. Inoltre la reazione ufficiale ai Tiananmen Papers da parte delle autorità di Pechino è stata molto dura: dal portavoce del Ministero degli Affari Esteri, Zhu Bangzao, i documenti sono stati definiti come "materiali falsificati che distorcono i fatti e gettano discredito sulla Cina"14.
A mio avviso, l'importanza di questa pubblicazione non consiste affatto in una diversa e nuova interpretazione storica suggerita dai documenti: infatti altre precedenti raccolte di materiali15 avevano già fatto luce sui retroscena di Tian'anmen e sulle dinamiche che portarono alla spaccatura nella leadership riguardo alla risposta da dare ai dimostranti. Era già noto che tre membri del Comitato Permanente del Comitato Centrale, Zhao Ziyang, Qiao Shi e Hu Qili, si erano pronunciati a favore di una continuazione del dialogo con gli studenti e che, dopo la rottura verificatasi all'interno del Comitato Permanente, su quattro importanti decisioni, quali l'imposizione della legge marziale, l'allontanamento di Zhao Ziyang, la nomina di Jiang Zemin e l'impiego dell'esercito, fosse intervenuto il cosiddetto comitato degli "Otto Anziani": Deng Xiaoping, Chen Yun, Li Xiannian, Yang Shangkun, Bo Yibo, Wang Zhen, Peng Zhen e Deng Yingchao, i quali, anche se formalmente non più membri del Comitato Permanente, avevano però il potere di approvare o respingere le decisioni di tale organismo. Gli elementi di novità forniti da questi documenti consistono piuttosto nella dovizia di informazioni riguardanti i meccanismi del processo decisionale al vertice della leadership; un processo particolarmente interessante perché impone una netta distinzione tra potere formale e potere reale, da cui non si può prescindere nello studio delle istituzioni della Repubblica Popolare. 
Nell'introduzione al volume, Andrew Nathan esamina le figure degli alti dirigenti più direttamente minacciati dal contenuto dei documenti, senza dubbio Li Peng e Jiang Zemin, le cui carriere sono più strettamente legate alla repressione del 1989. Bisogna però considerare che era già noto come la nomina di Jiang da parte degli "Anziani" avesse violato le procedure sancite dalla costituzione del partito e come Li Peng avesse manipolato in un certo senso le informazioni sui dimostranti, per indurre Deng e gli altri "Anziani" a ritenere le manifestazioni un attacco diretto contro loro stessi e il partito e avocare, quindi, l'uso della forza. Inoltre, era già trapelato che, pur avendo autorizzato l'intervento dell'esercito, Deng Xiaoping aveva ordinato di evitare spargimenti di sangue: la sua figura, quindi, conserverebbe un risvolto umano e non risulterebbe infangata, anche se si dovesse arrivare a rovesciare il verdetto su Tian'anmen. Al contrario, invece, non è possibile supporre una rivalutazione di Zhao Ziyang, la cui figura politica non riacquista particolare autorevolezza neanche alla luce di questi documenti: da una parte, pur essendo in disaccordo con Deng e gli altri "Anziani", accettò le loro decisioni ed evitò di sostenere il proprio punto di vista, non avendo la forza politica per farlo e per evitare spaccature al vertice del partito; dall'altra, perse completamente il controllo della piazza a partire già dal 13 maggio, con l'annuncio dello sciopero della fame da parte degli studenti.

4 - Le finalità politiche

Appare, comunque, evidente come la pubblicazione di questa raccolta di documenti sia quasi un tentativo di ingerenza nella politica interna della Repubblica Popolare: a mio avviso, proprio perché è venuta alla luce in questo particolare momento storico, essa è strettamente legata non ad una possibile riforma politica, come auspicato da Zhang Liang nella prefazione al volume, ma alla lotta di fazione all'interno del partito, attualmente focalizzata sul problema della successione a Jiang Zemin. Sebbene quest'ultimo abbia dichiarato di essere intenzionato a ritirarsi in occasione del XVI Congresso del partito previsto nel 2002, nonostante la possibilità di rimanere in carica fino al XVII Congresso nel 2007, Jiang in realtà potrebbe adottare il cosiddetto "modello Deng Xiaoping": il ritiro ufficiale da tutte le cariche dello stato e del partito ad eccezione di quella di Presidente della Commissione Militare Centrale, posizione che gli consentirebbe probabilmente di detenere ancora un enorme potere e di intervenire nei principali affari di stato. Infatti Deng ottenne di essere consultato per tutte le questioni importanti, prerogativa che esercitò fino al '96, dopo essersi ritirato nell''89 dal Comitato Permanente, per non superare lo spazio temporale di due mandati, dieci anni; Jiang, quindi, è stato a capo del partito formalmente dall''89, ma realmente solo dal '96, anno in cui si verificò il vero ritiro di Deng, poco prima della sua morte nel '97.
Nel corso di questi ultimi anni Jiang Zemin ha fatto in modo che avvenisse una sorta di formalizzazione istituzionale della leadership al vertice del partito e dello stato, mediante sia mutamenti costituzionali, come il limite di due mandati per la carica di primo ministro e per quella di presidente della repubblica, sia consuetudinari, come la regola non scritta secondo cui i membri del Comitato Permanente del Comitato Centrale si ritirino a 70 anni, ad eccezione del Segretario Generale del partito16; ma il mutamento fondamentale è consistito principalmente nel fatto che le decisioni importanti siano state prese da organismi ufficiali del partito, del governo e dell'esercito e non da riunioni informali di funzionari a riposo, come è avvenuto, ad esempio, nel 1989. Si potrebbe, però, azzardare l'ipotesi che questo processo di istituzionalizzazione sia probabilmente ancora reversibile17: sebbene nel '97 Qiao Shi sia stato da lui indotto a ritirarsi dal Comitato Permanente al XV Congresso, Jiang potrebbe non fare lo stesso al XVI Congresso oppure non uscire realmente dalla scena politica, rimanendo dietro le quinte. Se ciò avvenisse e non si verificasse un passaggio effettivo del potere ai leader della cosiddetta "quarta generazione", il processo di riforma sia in campo economico che politico potrebbe subire dei notevoli rallentamenti rispetto alle grandi sfide che pone l'imminente ingresso della Cina nel WTO.
Quindi la principale finalità politica di questa raccolta di documenti potrebbe essere non l'attaccare o il gettare discredito su qualche personaggio in particolare, la cui carriera politica è strettamente legata ai fatti dell''89, ma l'attribuire la responsabilità politica della strage di Tian'anmen a un modo peculiare di governare il paese, non attraverso le istituzioni ufficiali, ma mediante organismi informali oligarchici. Il legare strettamente il giudizio su Tian'anmen al problema di un governo degli individui in contrapposizione a un governo delle istituzioni è un chiaro tentativo di influenzare direttamente la successione al XVI Congresso nel 2002. 
In tale data gli unici due personaggi che non saranno costretti a ritirarsi dal Comitato Permanente sono Hu Jintao e Li Ruihuan, rispettivamente al momento il n.5 e il n.4 nella gerarchia del partito. Il secondo potrebbe essere il successore di Li Peng alla presidenza dell'Assemblea Nazionale del Popolo e Hu Jintao è uno dei due candidati favoriti alla carica di Segretario Generale del partito, unitamente a Zeng Qinghong, a capo del Dipartimento Organizzazione, che, però, nello scorso ottobre, non è stato eletto membro effettivo del Comitato Centrale. Hu Jintao, entrato a far parte del Comitato Centrale nel '92 e non coinvolto nei fatti dell'89, non avrebbe il peso politico necessario per impedire che Jiang adotti il "modello Deng"; Li Ruihuan, invece, già dall'89 nel Comitato Centrale, attualmente Presidente della Conferenza Politica Consultiva del Popolo Cinese, potrebbe essere maggiormente interessato ad attribuire la responsabilità della strage a un modo di governo informale piuttosto che a singoli individui. Comunque, allo stato attuale della lotta politica nella Repubblica Popolare, è prematuro poter affermare con sicurezza chi sarà veramente danneggiato o chi beneficerà, invece, della pubblicazione dei Tiananmen Papers.
Nonostante fosse già noto che nell'89 fu un gruppo informale a prendere decisioni cruciali per il paese, il volerlo mostrare apertamente all'opinione pubblica in Cina e all'estero con questa raccolta di documenti pone il problema in una luce particolare e lancia un messaggio politico forte, ma sottile, che potremmo definire "con caratteristiche cinesi".

MONDO CINESE N. 106, GENNAIO 2001

Note

1 Andrew J. Nathan, Perry Link, (a cura di), The Tiananmen Papers - compiled by Zhang Liang, post-fazione di Orville Schell, Public Affairs, New York, 2001, pp.513.
2 Andrew J. Nathan, Perry Link, (a cura di), Tienanmen - Pechino 1989: i documenti segreti raccolti da Zhang Liang, post-fazione di Orville Schell, trad. it., Rizzoli, Milano, 2001, pp.590.
3 Herbert A. Giles, A Chinese Biographical Dictionary, Kelly & Walsh, London-Shanghai, 1898, pp.33-34.
4 Marco Lupis, "Tienanmen tutto in piazza - parla Zhang Liang che ha reso noti i dossier segreti", La Repubblica, 2.3.2001, p.45.
5 Ad esempio, la nota rivista di Hong Kong, Zheng Ming (Discussione), nel numero di febbraio 2001, ha dedicato alla pubblicazione dei documenti un ampio dossier, cui si farà riferimento nelle note successive.
6 John Otway Percy Bland, J. O. P., Edmund Backhouse, China under the Empress Dowager, Being the History of the Life and Times of Tzu hsi, Comp. from State Papers and the Private Diary of the Controller of Her Household, J.B. Lippincott Co., Philadelphia, 1911. 
7 Yao Ming-le, The conspiracy and death of Lin Biao, A.A. Knopf, Karnow, New York, 1983; trad.it., Congiura e morte di Lin Piao. Come furono uccisi il delfino di Mao e i suoi complici, Garzanti, Milano, 1984.
8 Ruan Ming, ""Tian'anmen wenjian" yu 21 shiji Zhongguo" (I "Documenti di Tian'anmen" e la Cina del 21 secolo), Zheng Ming (Discussione), n.2, Feb.2001, p.34.
9 Ming Lei, "Fang Lin Peirui tan "Tian'anmen wenjian"" (Intervista a Perry Link sui "Documenti di Tian'anmen"), Zheng Ming, op.cit., pp.31-32; Xia Zhi, ""Tian'anmen wenjian" de chongji" (L'offensiva dei "Documenti di Tian'anmen"), ivi, pp.47-48.
10 Tienanmen - Pechino 1989, op.cit., p.12.
11 Oltre alle richieste ufficiali da parte dei dissidenti all'estero, nel '97, dalla stampa di Hong Kong era stata diffusa la notizia che fosse circolata tra i delegati al XV° Congresso del partito una lettera scritta da Zhao Ziyang, in cui veniva chiesta la riabilitazione del movimento del 1989. Shi Hua, "Zhao Ziyang xinjian de chongji" (L'offensiva della lettera di Zhao Ziyang), Jiushi Niandai (Anni Novanta), 1997, n.10, ottobre, pp.64-65.
12 Willy Wo-Lap Lam, "A matter of window dressing ", South China Morning Post, internet edition, 6.9.2000; Id., "Jiang's June 4 remarks annoy NPC Chairman", ivi, 7.9.2000. 
13 Jasper Becker, "Secret documents: fact or fiction?", South China Morning Post, internet edition, 14.1.2001.
14 Notizia dell'Agenzia Xinhua del 9.1.2001, riportata dal Renmin Ribao (Quotidiano del Popolo), internet edition, 9.1.2001.
15 Michel Oksenberg, Lawrence R. Sullivan, Marc Lambert, (a cura di), Beijing Spring, 1989: Confrontation and Conflict - the Basic Documents, introduz. di Melanie Manion, M.E. Sharpe, Armonk, N.Y, 1990, pp.403; Jean-Philippe Béja, Michel Bonnin, Alain Peyraube, (a cura di), Le Tremblement de Terre de Pékin, introduz. di Simon Leys, Gallimard, Paris, 1991, pp.589; Suzanne Ogden, Kathleen Hartford, Lawrence R. Sullivan, David Zweig, (a cura di), China's Search for Democracy : the Student and Mass Movement of 1989, M.E. Sharpe, Armonk, N.Y., 1992, pp. 451.
16 Si veda a tal proposito lo speciale forum "The nature of Chinese politics today", cui è stato dedicato l'ultimo numero della rivista The China Journal (n.45, gen.2001), con i contributi di M. Oksenberg, P.H. Chang, L.W. Pye, L. Dittmer, F.C. Teiwes, J. Fewsmith, D. Backman, D. Shambaugh, J. Paltiel, C.L. Hamrin, You Ji e S.L. Shirk.
17 Susan L. Shirk , "Will the institutionalization of party leadership survive the 2002-03 succession?", The China Journal, op.cit., p.139.

   

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