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“Religioni e Pace”

Simposio internazionale a Pechino, 14- 16 settembre 2000

Pier Francesco Fumagalli, Biblioteca Ambrosiana, Milano (10 ottobre 2000)

L’Istituto di ricerca delle religioni mondiali dell’Accademia cinese delle scienze sociali ha recentemente promosso, in collaborazione con l’Università cattolica del S. Cuore di Milano, un Simposio internazionale, che si è svolto a Pechino dal 14 al 16 settembre 2000, con la partecipazione di una trentina di esperti cinesi e italiani, e di una decina di uditori provenienti da Filippine, Indonesia e Italia. L’Istituto di ricerca delle religioni mondiali, o Institute of World Religions, IWR (Shijie Zongjiao Yanjiusuo), fondato nel 1964 e rapidamente sviluppatosi dopo il 1978, fa parte del quarto settore di studi e ricerche dell’Accademia delle Scienze, che si occupa delle Scienze umane1. Attualmente l’ IWR conta 76 membri, tra cui 18 professori, 25 professori associati e 21 professori assistenti, ed è diviso in otto dipartimenti: per gli studi buddhisti, cristiani, islamici, taoisti, confuciani, di teoria generale delle religioni, di religione contemporanea, di cultura e arte buddista; comprende pure una Casa editrice che pubblica due riviste, Studies on World religions (1979-) e World Religious Culture (dal 1980 al 1994 si chiamava Material on World Religions). L’ IWR non è dunque nuovo a iniziative culturali che toccano temi religiosi, ed il professor Ren Yanli, direttore del dipartimento di studi cristiani, che ha svolto i suoi studi di specializzazione all’Università cattolica di Milano, ha tra l’altro partecipato a altri due simposi precedentemente tenuti a Roma (1995) e Milano (1997). Tra gli altri studiosi cinesi che in modo significativo contribuiscono da tempo all’approfondimento di queste ricerche, si segnalano particolarmente il professor Gu Weimin, del dipartimento di storia della East China Normal University di Shanghai, autore, nel 1995, di una Storia della cristianità in Cina, e di un recentissimo volume di Storia delle relazioni tra Vaticano e Cina2, che meriterebbe una traduzione in lingua italiana, e il professor Chen Cunfu, direttore del Centro studi sulla cristianità fondato nel 1991 all’Università Zhejiang di Hangzhou, dove si pubblica la rivista internazionale Religion and Culture. Il grande sviluppo e il notevole interesse per gli studi di storia del cristianesimo che oggi si compiono in Cina si può rilevare anche dall’iniziativa del professor Paolo Siniscalco, del dipartimento di studi storico-religiosi dell’Università di Roma “La Sapienza”, che ha introdotto tra le iniziative del “Giubileo dell’Università” (Roma, 6-10 settembre 2000) una comunicazione su questo argomento3. In Italia, oltre agli interessi che maturano in ambienti universitari, a Milano, Napoli, Roma, Trento4 e Venezia, vanno pure ricordati gli apporti di associazioni e istituti, come l’associazione culturale Tian Xia yi jia (“Sotto il Cielo una sola famiglia”) di Roma, attivamente coinvolta nella preparazione del Simposio di Pechino su “Religioni e pace”, e a Milano l’Istituto Vittorino Colombo per lo sviluppo delle relazioni culturali, politiche ed economiche con la Cina. Compiacimento e sostegno all’iniziativa sono stati espressi dall’ambasciatore d’Italia a Pechino, Paolo Bruni, e da Mario Sabattini, direttore dell’Istituto italiano di cultura a Pechino, che sono intervenuti a due sessioni di studio.

Nella cornice serena di una Pechino autunnale, il Simposio, organizzato con finezza e cordialità fin nei minimi dettagli, e con efficienza e precisione ammirevoli nei tempi e nelle traduzioni, aveva peraltro un programma molto intenso, comprendente 22 relazioni, su temi generali o specifici; grazie all’impegno dei relatori, e alla collaborazione di esperti interpreti, si poteva disporre, in anticipo, della traduzione degli interventi degli studiosi, in italiano e in cinese, e di un conveniente tempo per il dibattito, a volte serrato e percorso da alta tensione umana. Il simposio si articolava in una Introduzione e tre Sessioni principali su “religioni mondiali e pace”, “religioni cinesi e pace”, e “religioni, etica e nuovo ordine internazionale”. Tre relazioni introduttive hanno toccato le tematiche centrali del convegno, sotto il profilo storico e religioso: il professor Agostino Giovagnoli, direttore dell’Istituto di scienze storiche dell’Università Cattolica di Milano e presidente dell’associazione Tian Xia yi jia, ha fatto notare “come nell’ultimo secolo, sia le religioni mondiali sia il sistema delle relazioni internazionali hanno subìto tali trasformazioni da rendere sempre più rilevanti le une per l’altro e viceversa”. Da parte cinese, il professor Zhuo Xinping, in un’ampia sintesi storico-religiosa, non ha potuto non ricordare, con realismo, che “la guerra santa dell’Islam, e il Cristianesimo, arrivati col suono dei cannoni delle potenze occidentali che ‘occupavano’ la Cina, hanno fatto sì che non pochi uomini sentissero la perdita e la rovina di questo spirito di pace nelle religioni”. A completare il quadro introduttivo generale dei lavori, è intervenuto il cardinale Roger M. Etchegaray, che non ha mancato di accettare la sfida della pace per la Chiesa: quest’ultima “non si stanca di esplorare tutte le dimensioni della pace che si è data dei nuovi nomi per meglio resistere: sviluppo, giustizia sociale, solidarietà internazionale, difesa dei diritti dell’uomo, ecologia”. Le riflessioni del cardinale, che ha pure sottolineato “il grande segno di speranza per la pace e l’amicizia tra i popoli” rappresentato dai due milioni di giovani radunatisi a Roma in occasione del Grande Giubileo dell’Anno 2000, sono state riprese spesso durante le discussioni, e hanno suscitato profondo rispetto e stima per la testimonianza personale che trasmettevano; era ben noto infatti l’impegno da lui profuso nel lungo ministero ecclesiale, come presidente del Pontificio consiglio “Iustitia et Pax”, contro il razzismo5, e per lo sviluppo delle relazioni cattolico-ebraiche iniziate con il Concilio Vaticano II6.

A queste sintesi introduttive hanno poi fatto seguito diverse sessioni di studio, dedicate a temi specifici di carattere socio-economico e teologico: la secolarizzazione (Chen Cunfu), il nuovo umanesimo e l’economia globale (Angelo Caloia), la svolta del Concilio Vaticano II (Ren Yanli), il cristianesimo e la via del dialogo (Bruno Forte). Un’altra serie di relazioni ha approfondito il contributo offerto alla pace dalle tradizioni religiose: l’islam (Wu Yungui e Qin Huibin), l’ebraismo (Pier Francesco Fumagalli), il mondo religioso cinese (Wang Meixiu), l’idea confuciana per la Grande Armonia del mondo (Li Shen), i concetti taoisti (Wang Ka). Alcuni studiosi hanno quindi offerto le loro riflessioni applicando una metodologia, ora storica, ora filosofica, per esaminare i diversi atteggiamenti dei cristiani di fronte alle religioni cinesi (Angelo S. Lazzarotto), dei buddhisti nei confronti della pace (Song Lidao), di studiosi cristiani di fronte alla guerra (Liu Xiaofeng), o per la ricerca dell’armonia tra religione e cultura (Gu Weimin). Un’ultima serie di interventi ha trattato gli argomenti della cooperazione internazionale (Massimo Iannucci), l’azione della Santa Sede per la pace (Alfredo Canavero), le prospettive del dialogo interreligioso dal punto di vista filosofico (He Guanghu), le nuove prospettive dell’universalismo cattolico (Gianni la Bella). Le discussioni hanno toccato moltissimi punti: le responsabilità storiche del cristianesimo in Cina, l’importanza di nuove e più precise traduzioni cinesi di termini teologici occidentali, l’urgenza dell’incontro tra culture dell’Asia e dell’Occidente, la Shoà e l’antigiudaismo cristiano, la questione dei “riti cinesi” condannati nel 1742, l’inculturazione, i modelli di dialogo interreligioso.

Sarebbe forse prematuro, o avventato, tentare di offrire una sintesi del convegno, così ricco di argomenti e di idee, e pertanto conviene auspicare una pronta pubblicazione degli Atti in veste definitiva e completa. Possiamo però almeno cercare di cogliere alcuni spunti particolarmente significativi, ed alcune affermazioni centrali. Si potrebbe cominciare con la citazione, proposta da Gu Weimin, dell’ Istruzione per i Vicari Apostolici della Cocincina, del Tonchino e della Cina: “Non compite nessuno sforzo, non usate alcun mezzo di persuasione per indurre quei popoli a mutare i loro riti, le loro consuetudini e i loro costumi, a meno che non siano apertamente contrari alla religione e ai buoni costumi. Cosa c’è infatti di più assurdo che trapiantare in Cina la Francia, la Spagna o l’Italia o qualche altro paese d’Europa? Non è questo che voi dovete introdurre, ma la fede, che non respinge né lede i riti e le consuetudini di alcun popolo, purché non siano cattivi, ma vuole salvaguardarli e consolidarli” (Lettera di “Propaganda Fide” del 1659). Il secolo XVII segnò l’epoca d’oro, in Cina, per l’affermarsi di questo spirito di dialogo culturale, grazie all’opera di gesuiti come Matteo Ricci, Giulio Aleni, Nicola Trigault e Martino Martini, e di cinesi come Feng Ying-ching, Li Zhizao e Yang Tingyun. In tempi più vicini a noi, Angelo Lazzarotto ha ricordato la figura di Lou Tseng-tsiang (1871-1949), ambasciatore e primo ministro, divenuto monaco benedettino, esempio di genuino patriota e convinto credente, che sosteneva: “Ci troviamo qui di fronte ad un fatto capitale, che ci suggerisce e ci detta una grande iniziativa da prendere e da portare a buon fine; un’alleanza da operare, da stipulare. Il confucianesimo e il cristianesimo debbono incontrarsi. Debbono unirsi ed allearsi”. Anche He Guanghu ha suggerito di ricercare in che modo la compassione di Buddha, l’umanità di Confucio e il filosofico distacco di sé del taoismo, possono incontrarsi, insieme con il rispetto per il Cielo e per gli Antenati, coltivando le cinque virtù della benevolenza, giustizia, temperanza, fedeltà e prudenza, e l’amore familiare; egli ha ricordato che la religione in passato si è presentata, o è stata vista, come alleata di potenze politiche straniere, e sarà quindi necessario un lavoro molto duro per correggere l’inclinazione della storia: “il carico è pesante e la strada è lunga”. Il teologo Bruno Forte ha così riassunto tre conclusioni programmatiche del simposio: 1. La Cina, impegnata nel suo ammirevole sforzo di modernizzazione, ha bisogno delle religioni per trarne contributi etici e spirituali; 2. La Cina ha bisogno anche, in particolare, del cristianesimo, perché esso valorizza la persona umana; 3. Ma anche il cristianesimo ha bisogno della Cina per rinnovarsi nel dialogo e nell’evangelizzazione attraverso l’inculturazione.

È possibile tentare di riprendere e approfondire alcuni di questi spunti del convegno, che è certamente servito a prendere coscienza del cammino da compiere nella via del dialogo interreligioso e interculturale, per una migliore conoscenza e collaborazione fra l’antica tradizione umanistica e sociale del popolo cinese, e i popoli di cultura occidentale. Queste tradizioni cinesi, che recano un messaggio e un appello di giustizia e di pace, tanto necessario e attuale per tutti, meritano attento rispetto; anche le differenze, accolte con animo ben disposto e esaminate con attenzione, si rivelano fonte di progresso per chi cerca l’armonia e la pace. Quando insieme possiamo interrogarci su come sviluppare i tesori dell’umanità, della ragione, dell’aspirazione alla trascendenza, allora anche le nostre mani possono lavorare insieme con maggiore concordia e efficacia per soccorrere il popolo nelle sue giuste necessità. La riflessione storica, inoltre, ci ha mostrato che tutti i grandi movimenti di autentico rinnovamento sono stati fecondati dall’incontro con altre correnti spirituali: pensiamo al cristianesimo nell’impero romano, al buddhismo nell’India, all’islam nel suo incontro con Bisanzio. Oggi, inoltre, pare urgente offrire contenuti spirituali alla globalizzazione, e a questo scopo l’incontro tra l’Asia e l’Europa può essere prezioso e fecondo per la pace nel mondo; il simposio di Pechino, come faceva notare Wu Yungui nelle conclusioni, ha costituito una tappa molto importante in questo cammino, per i suoi risultati scientifici, e perché sono aumentati i sentimenti di amicizia, anche se su alcuni punti non si raggiunge l’uniformità; le contraddizioni, tuttavia, potranno sciogliersi attraverso il dialogo, e “se ogni cuore umano di ispira alla pace, il nostro mondo avrà sicuramente una prospettiva luminosa”.

MONDO CINESE N. 105, SETTEMBRE 2000

Note

1 Gli altri settori sono: Scienze politiche, Scienze economiche, Affari internazionali.
2 Nel mese di settembre 2000 è stata pubblicata a Pechino l’opera di Gu Weimin, Zhonguo yu Luoma Jiaoting guanxi shilue (“Cenni storici sulle relazioni tra Cina e Vaticano”), con fonti in lingua originaria sui rapporti tra la Cina e la Santa Sede.
3 Cf. P. F. Fumagalli, Il posto occupato dalla storia del cristianesimo e della Chiesa nelle Università della Cina, Comunicazione, Roma, 6 settembre 2000 (testo allegato); per i dati esposti nella Comunicazione si rimanda a M. Nicolini-Zani, che nella sua Tesi, la cui pubblicazione sarebbe senz’altro meritoria ( M. Nicolini-Zani, Università di Venezia, Ca’ Foscari, a.a. 1998/99: “Gli studi cristiani e il fenomeno dei “cristiani culturali”: una finestra aperta sul cristianesimo nel contesto della cultura cinese odierna”), concessami gentilmente in lettura, al Cap. II, tratta ampiamente de “Gli studi cristiani prodotti in ambito accademico non ecclesiastico: luoghi, modi e frutti dell’elaborazione culturale sul cristianesimo e la teologia cristiana”.
4A Trento, grazie all’opera principalmente del professor Franco Demarchi, nel 1997 è stato istituito un “Centro studi Martino Martini”, operante in stretto rapporto con l’Università degli studi.
5 Con la pubblicazione, nel 1988, dell’importante documento “La Chiesa di fronte al razzismo”.
6 Egli fin dal 1970 fu uno dei protagonisti ed ispiratori, insieme con il Dr. Gerhart M. Riegner e il cardinale Johannes Willebrands, della costituzione del “Comitato internazionale cattolico-ebraico”; cf. AA. VV., International Catholic-Jewish Liaison Committee, Fifteen Years of Catholic-Jewish Dialogue (1970-1985), Libreria Editrice Vaticana-Libreria Editrice Lateranense, Città del Vaticano 1988; tra i risultati più recenti della riflessione storico-religiosa sui rapporti ebraico-cristiani, si veda AA. VV., Radici dell’antigiudaismo in ambiente cristiano, Colloquio Intra-Ecclesiale, Atti del simposio teologico-storico, (Città del Vaticano, 30 ottobre – 1 novembre 1997), Libreria Editrice Vaticana, 2000.

 

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